La maschera di ferro e Tessa, accompagnati da Gunvald e Mertin, lasciarono il convento e si inoltrarono nella brughiera quando ormai il crepuscolo avanzava pretese nella disputa tra il giorno e la sera.
Imboccarono e seguirono un sentiero sconosciuto ai più, protetto da sterpi e rovi, che li condusse in un pianoro scosceso, dove si ergeva una vecchia chiesetta di origini Longobarde.
La ragazza bussò e dopo un po' venne ad aprire un frate.
Era un uomo magro, con i segni della lebbra ancora visibili e con indosso uno saio stretto in vita da una corda di giunco.
Nella mano destra teneva una lampada ed in quella sinistra un lungo e robusto ramo di melo selvatico, con il quale si aiutava a camminare.
“Che Dio vi benedica.” Disse a quelle parole di Tessa. “Prego, entrate pure... il mio semplice ed austero eremo è sempre aperto per chi vi bussa e chiede ospitalità.”
I quattro entrarono ed al frate non sfuggì l'uomo incappucciato.
L'ex galeotto infatti indossava quel cappuccio per celare la sua maschera di ferro.
“In cosa posso aiutare voi e la madre Superiora?” Chiese poi Fra' Godwin a quei viaggiatori.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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