Il prigioniero dalla maschera di ferro mi chiese come mai avessi scelto proprio quel nome per lui.
"E' stato un sogno che ho fatto tanto tempo fa, Messere" risposi "credo che Bernard, sia il mio angelo custode".
Allo sguardo interrogativo dell'uomo, iniziai a raccontare.
"Faccio strani sogni, sapete. Così come ho sognato voi che mi chiedevate aiuto, spesso mi è capitato di sognare persone che mi lasciavano messaggi. A volte erano defunti che chiedevano preghiere, altre volte vivi che volevano condividere con me le loro sofferenze, troppo grandi da sopportare. E ogni volta, in ogni sogno, io sapevo, anzi, sentivo, che Bernard era presente, anche senza vederlo. Come so che si chiama così? Non lo so, in verità. Ma quel nome lo sento dentro, come un pensiero dentro al sogno, come una voce interiore. Finché una notte, sempre in sogno, mi prese per mano e mi disse "vi condurrò a casa, non temete". Come vi ho detto, non lo vidi mai, ma in quel sogno, sentii il calore della sua mano e, da quel giorno, so che Bernard c'è e mi protegge".
Un filo di commozione incrinò la mia voce e cercai di ricompormi.
"Ad ogni modo, Messere, temo che per un po' sarete voi a dovervi prendere cura di me. Il convento è troppo lontano perché possa raggiungerlo da sola, con il piede in queste condizioni. Credo che dovreste portarmi con voi alla città qua vicina, indicata dal frate, fino a quando non sarò in grado di rimettermi in cammino da sola"
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Footfalls echo in the memory, down the passage we did not take, towards the door we never opened, into the rose garden.
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