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Vecchio 04-04-2015, 04.40.53   #2090
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Clio cominciò a mangiare, quando ad un tratto si udì una dolce melodia giungere dalla finestra.
Era l'ocarina di Icarius e proveniva dal balcone soprastante la camera della spadaccina.
Era infatti il presunto duca che suonava alle stelle.
O forse voleva solo il loro consiglio per raggiungere il cuore della sua amata.
E quelle note, che sembravano nascondere i profumi e i colori della sconfinata campagna circostante, suscitarono in lei un lontano ricordo.

Era un fresco pomeriggio di inizio Primavera ed il crepuscolo si annunciava con un cielo screziato ed una lieve brezza che soffiava sul bosco, tra i primi boccioli fioriti e i frondosi alberi verdeggianti.
Clio era alle prese con alcuni esercizi imposti dal maestro e da completare prima che la giornata fosse finita.
Ma la giovane veniva continuamente distratta dalle voci dei ragazzini che giocavano.
Da una voce in particolare.
Fra loro infatti vi era anche Icarius.
E nell'udire quella voce, la sua risata che sembrava scimmiottare un giovane Guascone scapestrato e le grida entusiaste degli altri suoi compagni, rapiti da chissà quale gioco in odore di grande avventura, gli occhi della fanciulla accarezzarono il giglio che lui aveva lasciato pochi giorni prima sulla sua finestra.
Ad un tratto qualcosa la destò dai suoi pensieri.
“Ehi...” disse Icarius arrampicatosi sulla finestra “... che fai?”
“Mi esercito.” Sbottò lei.
“Io mi annoierei.”
“Io non sono te.” Fissandolo per un momento Clio.
“Eh, magari fossi te...” sorridendo lui “... passerei tutti i giorni allo specchio... sorridendo però, visto tu non lo fai mai...”
“Che sciocchezza.” Indifferente lei.
“E' la verità.” Fece lui. “Almeno con me. Non mi sorridi mai.”
“Vuoi una risata ebete?” Con una smorfia lei.
“Sembra più un ghigno.” Lui a lei.
“Si vede che questo mi susciti.” Cominciando a fare delle flessioni la ragazza.
Lui restò a guardarla.
“Ma cosa vuoi?” Voltandosi lei.
“Nulla, ti guardo...”
“Perchè?”
“Così?”
“Beh, vattene, mi secchi.”
“Perchè?”
“Mi da fastidio essere osservata...”
“Allora non indossare solo quella camicia quando ti alleni...”
“Ma cosa vuoi?” Alzandosi lei. “Va via.”
“Sennò che fai?” Fissandola divertito lui. “Chiami il maestro?”
“Figurati, per te basto io.” Scostante lei.
“Una ragazza non può battere un ragazzo.”
“Credi?” Lei.
“Certo.”
“Stupido.”
“Cos'hai detto?”
“Stupido.” Ripetè lei. “Devo ripeterlo ancora?” E si voltò a raccogliere pantaloni e stivali.
Ma in un attimo lui scavalcò la finestra ed entrò, cercando di prenderla di sorpresa.
Ma lei, lesta, scivolò dal suo tentativo di presa e lo afferrò a sua volta, facendolo ruzzolare a terra, per poi sedersi a cavalcioni su di lui e bloccandolo.
“Sciocco, non provarci mai a cogliermi di sorpresa.”
“E sia, mi arrendo...” ridendo lui “... mi arrendo, lasciami andare...”
“Vedi?” Guardandolo negli occhi lei. “Voi maschi fate tutti lo stesso errore. Mi sottovaluti, eppure ti ho steso, anche se sono una ragazza.”
Lui smise di ridere e si fece serio.
“Già, sei una ragazza...”
“Già.” Annuendo lei, colpita però dal mutare del suo sguardo.
“Una ragazza...” sussurrò lui.
E cominciò ad accarezzarle le lisce e nude gambe con cui lei lo teneva fermo a terra.
“Smettila...”
“Di fare cosa?”
“Di fare così.”
“Così come?”
“Di guardarmi così...”
“Non ti sto guardando... ma solo toccando...” senza smettere di accarezzarle le gambe.
“Beh, smettila...”
“Altrimenti?” Chiese lui.
“Ti darò davvero una lezione...”
“Non vedo l'ora...” sorridendo appena lui.
“Idiota...” sussurrò lei, chinando appena la testa e facendo scendere i suoi capelli biondi sul viso di lui.
Lui che non smetteva di accarezzare piano le gambe di lei, con leggeri tocchi della dita che andavano su e giù sulle cosce.
Ed i brividi che le causò servirono ad allentare la tensione di Clio.
E lui ne approfittò.
Con un gesto improvviso si voltò, facendo ritrovare lei a terra e lui sopra stavolta.
“Non dovevi distrarti...” piano lui.
“Cosa vuoi da me?” Lei con gli occhi nei suoi.
Lui non disse nulla e la guardò.
La guardò tutta.
E si accorse, dalle forme, che sotto la camicia Clio non indossava nulla.
“Lasciami, per favore...” leggermente lei.
“Dillo più convinta ed io ti lascerò andare...” sospirò lui.
“Clio!” Ad un tratto una voce da fuori. “Dove sei finita?” Era il maestro.
Stavolta fu Icarius a distrarsi e lei ne approfittò subito per capovolgere il tutto.
Lui si ritrovò così con la schiena per terra, mentre lei corse via, uscendo dalla stanza.
Icarius restò allora a fissare la porta spalancata dove Clio era svanita, con ancora il profumo della pelle di lei sui suoi vestiti.

Quel ricordo scivolò via, nell'incanto della sera, tra le stelle scintillanti, la pallida Luna incantata e le malinconiche e dolci note dell'ocarina di Icarius.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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