La Grande Corsa
La cittadina pullulava di lacchè, omini in doppio petto, baffuti e dall'andatura strana, come quelle figure che si vedono scattare nei vecchi filmati in bianco e nero di inizio secolo scorso, col solo audio della pellicola che scorre via.
Le donne erano tutte addobbate con quei larghi cappellini di asburgico ed imperiale gusto, sempre con l'ombrellino fiorito ad una mano, il figlio discolo ed insopportabile a stento trattenuto nell'altra e l'immancabile abitudine di sedersi in una qualsiasi piazza della città, al tavolino di qualche caffè alla moda e dalla clientela borghese.
“Ci pensate, mister Belvet...” disse l'uomo che fissava quello scorcio di città dalla finestra “... realizzare quello che duchi e condottieri hanno sognato per secoli...”
L'altro, seduto ad una robusta scrivania in noce, semicoperto dal fumo della sua pipa e con lo sguardo dubbioso sul suo collaboratore, lo ascoltava in silenzio.
“Un qualcosa che è rimasto sospeso persino nei libri di storia...” continuò il primo “... ed il vostro nome, inciso sotto un busto, magari in bella mostra in Piazza della Miglioria, come emblema, simbolo e riconoscimento per questa leggendaria impresa.” Si voltò entusiasta. “Non realizzata con armate, cavalieri e fanti e neppure tra il Medioevo, il Rinascimento e l'età del Re Sole. No...” scuotendo il capo “... ma ai giorni nostri, agli albori del nuovo secolo... voi, Mister Belvet. L'uomo che ha unito Capomazda e Sygma...”
L'altro scosse il capo.
“Una epica, lunga, straordinaria, fantasmagorica corsa tra miglia e miglia, attraverso città, boschi, borghi e quant'altro che stuzzichi la fantasia della gente ed il denaro di grandi investitori.” Aggiunse il primo. “Una gara che oscurerà tutte le altre... New York e Pechino, Londra e Mosca, tutte le altre direzioni sembreranno scampagnate... no, una corsa da Capomazda a Sygma sarà la meta della fantasia e dei sogni di milioni di lettori, mister Belvet... milioni di lettori che faranno volare il nostro giornale fin verso la Luna!” Esclamò.
“Avete la testa piena di utopie!” Sbottò l'uomo alla scrivania. “La gente vuol sentir parlare di ponti, strade, palazzi, città e così via. Non di corse!”
“Scommettete che vi parteciperanno i migliori piloti del mondo?”
“Certo, può darsi.” Fece l'uomo alla scrivania. “Dopotutto gli uomini sono da sempre attratti dall'assurdo. Ma il premio? Cosa metteremo in palio?”
“Ho già un'idea...” ridendo l'altro “... e poi...” srotolando una cartina sulla scrivania del suo principale “... il percorso... ho studiato tutto, ogni tappa, tragitto, scorciatoia, punti di sosta e così via...”
“Cosa sono queste ics?” Domandò Belvet.
“Oh, queste ics indicano i punti incogniti...”
“Ossia?”
“Beh, i luoghi in cui si trovano staterelli indipendenti che in qualche modo potrebbero avere da ridire al passaggio dei concorrenti...”
“Ma è una follia!” Esclamò Belvet.
“Beh, è una corsa ad ostacoli...” facendo spallucce l'altro “... per questo è la corsa più grande del mondo... e poi c'è il premio... un qualcosa che tutti sognano... qualcosa che solo noi e questa corsa, al vincitore, possiamo offrire...”