Capitolo II: Il Castello della Gioia
“Era nato col dono della risata e la sensazione che il mondo fosse pazzo. A questo ammontava tutto il suo patrimonio.”
(Rafael Sabatini, Scaramouche)
Altea e Shaile andarono a prepararsi e poi tornarono dagli altri, dove le stava attendendo il marchese Ozilon.
Gli abiti ora delle due gitane erano molto più normali, sebbene non proprio austeri.
Questo perchè difficilmente si poteva nascondere la bellezza delle due donne.
Ed infatti, nel vederle tornare, il pittoresco ed esuberante nobiluomo aguzzò non poco la vista.
Poi, finalmente, la compagnia si mise in viaggio, adoperando la bella carrozza di Ozilon.
“Oh, non temete...” disse questi ai gitani “... sono anche io per la libertà individuale e mai vorrei che qualcuno smarrisse la sua. Dunque sarete ospiti liberissimi nel mio maniero. Anzi...” guardando Altea e Shaile “... voi sarete principesse nella mia dimora e tutto ciò che vorrete sarà fatto.”
E mentre l'uomo parlava, Shamon ridacchiava e gli faceva versi senza essere visto.
Percorsero così quel tragitto, fino a quando apparve davanti a loro, dove finiva la strada, un alto e fatiscente castello, monumentale nell'atmosfera, ma decadente nella sostanza, come se non restasse a quelle sue antiche murature null'altro oggi di un remoto e nobile retaggio.