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Vecchio 04-08-2015, 17.48.51   #4068
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Le nuvole.
Alte, spumose, gigantesche e bianchissime.
Come invalicabili muri posti tra il mare e l'orizzonte, simili a titanici pilastri che dagli abissi salivano a sorreggere e a perdersi nella volta celeste, navigavano apparentemente alla deriva, declinando oltre la linea immaginaria che racchiudeva le acque terrestri.
Sproporzionati banchi di vapori che sembravano in balia dei venti e delle correnti, tra i giochi di luce del Sole ed i riflessi dorati del mare, parevano assumere le forme più disparate e variegate, mutevoli e sognanti, di un quadro in continuo divenire.
E più la Divina Misericordia si avvicinava, più esse si aprivano per accoglierla, come fossero i cancelli di un regno fantastico, tra il cielo ed il mare, tra i sogni e la realtà.
Il Sole cominciò a calare verso l'Oriente ed il cielo si tinse di un vago color arancio denso di luminosi riflessi.
Allora poco a poco le nuvole cominciarono a mutare inesorabilmente, divenendo simili a fumo.
E sembravano fuggire, rincorrersi, confondersi, fino a grugnire l'una sull'altra.
Circondarono così la Divina Misericordia e avvolsero, quasi inghiottendo, il vascello.
Una fitta e spessa nebbia piombò attorno a loro.
Silenziosa e sinistra.
Il vascello proseguiva allora così, alla cieca, in quel mondo incantato.
Icarius annuì ad Altea e con un cenno della mano le fece capire di attendere.
Con lui c'era anche Clio.
“Palos...” disse il Taddeide “... controlla le mappe e indicami la latitudine...”
“Dovremmo essere” leggendo le mappe Palos “al largo di Capo Paulypon, dunque ormai fuori dal Mar delle Flegee... ma mi chiedo come mai invece non avvistiamo la costa...”
“Forse a causa di queste basse e dense nuvole...” guardando il mare col betascopio Icarius “... prima le attraverseremo e meglio sarà...”
“Faccio aumentare la velocità?” Chiese Palos.
“No...” scuotendo il capo Icarius “... se siamo davvero prossimi alla costa potrebbero allora esserci degli scogli e ci finiremo contro... teniamo questa velocità.”
“Si, signore.” Annuì Palos.
Era ormai quasi il crepuscolo ed il cielo assumeva un inquieto color cobalto, senza stelle, forse tutte ammutolite dall'intenso e spettrale alone lunare.
Tutti quegli occhi erano fissi sul muro di nuvole che si stagliava ovunque intorno a loro e che sotto i colori del crepuscolo pareva assumere strane ed enigmatiche fattezze.
E proprio da quelle alte colonne di vapore, dai bastioni di fumo e dalle guglie di esalazioni sembrò prendere forma qualcosa.
Prima vaga, poi sempre più chiara e precisa.
Fino a quando davanti a loro apparve una grande isola, le cui fondamenta sembravano ergersi su alti e stretti strapiombi rocciosi che finivano per sprofondare nel mare, come se quell'isola quasi fluttuasse tra le acque ed il cielo.
Un'isola che sfiorava il pelo delle acque e posta come limite, confine, tra il mare, che scorreva sterminato davanti e la terraferma, che si poteva vedere in lontananza dietro di essa.
E la cosa più stupefacente erano le poderose e lunghe catene ossidate e coperte di salsedine che dall'isola scendevano fino in acqua, come se fossero immense ancore per tener ferma quella terra così incredibile e fantastica.
La Divina Misericordia continuò ad avvicinarsi a quel luogo ed allora dalla sua fitta vegetazione fu possibile vedere una cittadina che su di esso si ergeva.
E sotto la chiara e tonda perfezione di una Luna bianca ed incantata prendeva forma la cittadina.
Era immobile e sonnolenta, poco più grande di un villaggio e abbastanza meno estesa di una città, al centro di un misterioso altopiano e circondata da montagne dai profili fantastici.
Le case, i palazzi e la piccola fortificazione che la racchiudeva erano fatte tutte con marmo sepolcrale.
Come se l'intera struttura urbana fosse stata costruita sui resti di un cimitero.
L'aria era calda ed immobile e nelle strade che giravano in tondo all'abitato stavano individui stranamente vestiti, ma dall'aspetto nobile e familiare.
“Che posto è mai questo?” Stupito il pellegrino.
“Capo...” fece Pinto “... la corrente è forte e ci trascina verso quell'isola...”
“Accendiamo i motori allora!” Deciso Palos.
“No, è inutile...” mormorò Icarius, con gli occhi fissi su quell'isola misteriosa “... il vento è contrario e comunque la nostra intenzione è tornare verso il continente... e questa è la strada obbligata...”
E quando il vascello ebbe percorso altra sei leghe, nell'aria cominciò ad udirsi qualcosa.
Un ticchettio, continuo ed ossessiva, che tintinnava attorno a loro.
Tic Tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac...
Un rumore perenne, meccanicamente assillante che in breve divenne insopportabile per tutti i membri della nave.
Tic Tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac...
Un sorta di assurda e acutissima ripetizione di un suono incessante e martellante.
Tic Tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac... tic tac...
“Ma cosa diavolo è questo insopportabile rumore?” Portandosi le mani alle orecchie Palos.
Ma dare una risposta a quella domanda ora era impossibile.
E con queste inquietudini la Divina Misericordia si avvicinava inesorabile a quella incredibile isola sospesa tra mare e cielo.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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