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Vecchio 12-05-2009, 20.16.08   #118
zaffiro
Cittadino di Camelot
 
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Il nespolo cinabro

Nella dimora dove ho trovato alloggio,c'è una stanza con la porta sempre socchiusa,è localizzata nell'ala ovest del palazzo,è un luogo luminoso,caldo,silenzioso,si riversa a piombo sulla scogliera,in questa stanza sono riposti libri vecchi,altri antichi,altri di nuova rilegatura,al centro della stanza c'è un piccolo tavolo,sempre adornato con un vaso di fiori di campo,sempre freschi,profumati,la stanza è quasi sempre vuota,il padrone di casa non vi ci si reca oramai da molto tempo,perchè la sua vista,affievolita dalla senilità,non gli consente più di apprezzare le letture come un tempo.Fui sorpresa quando mi disse che avrei potuto accedervi e, senza che me lo ripetesse una seconda volta,spinta dalla curiosità,vi entrai.La porta dava sul tavolo e sulla biblioteca,passando nel corridoio,avevo sbirciato sull'uscio molte volte,ma senza consenso,non mi ero mai sentita di spalancarla,la porta sempre socchiusa,sebbene quello che la fessura offrisse alla mia vista fosse davvero poco a soddisfare la mia curiosità.
Così,senza indugio,appena mi fu permesso,entrai.
Gli spazi erano enormi,le librerie raggiungevano il soffitto che si erigeva a cupola su mura di almeno dieci metri,il tavolo,piccolo,quello che appariva dalla fessura,non era che un punto nello spazio,la finestra che dava sulla scogliera era la prima di una lunga serie,le tende,che erano lievemente mosse dall'alitare della brezza marina,creavano leggere ombre sui pavimenti di marmo verde,e più in là,verso l'interno,sulla sinistra della porta,si stagliava nei dieci metri di altezza,fino a toccar soffitto,un nespolo cinabro,non ne avevo mai visto uno cinabro,folto di fronde,robusto nel suo tronco radicato nei marmi,colmo di frutti,maturi,appartentemente succosi e dolci,fui tanto incantata da quell'arbusto,che dimenticai di trovarmi in una sala di lettura.Mi ci volle un po' di tempo,prima che smettessi di contemplarlo e decidessi di scegliere ul libro da portar via con me.
Dovevo asportare dagli scaffali un libro dopo l'altro,perchè la sola occhiata senza aprirli non mi permetteva di leggere di quale materia trattasse o di chi fosse l'autore,tutti i libri,infatti,quelli vecchi e quelli nuovi,erano rilegati a mano in una copertina di velluto di vari colori,i primi che riuscii ad aprire,non erano scritti,ma illustrati,in essi c'erano disegni di cose,fiori,figure umane in un ordine sequenziale preciso ma che a me non lasciava tracciare alcuna linea guida,i disengni,tutti a matita,ritraevano belle figure di uomini e di donne intervallate da rose,primule,calici,nuvole,cerchi,linee,davvero non capivo che senso avesse quell'ordine di immagini,ma ogni libro che aprivo era così,pullulante di immagini in ordine casuale,ne riponevo uno e ne prendevo un altro,non so quanti ne ebbi tra le mani,eppure in nessuno trovai degli scritti,l'ultimo che avevo aperto,era rivestito di un velluto operato dello stesso colore delle foglie dell'albero,cinabro,splendente,proprio come un minerale,nella prima pagina,come un segnalibro,vi era una foglia del nespolo,appena dietro la grande foglia lanceolata,scorsi il disegno proprio di un albero,era il nespolo,ma quale meraviglia destò in me la vista di quei tratti a matita che tracciavano sì un albero di nespolo in bianco e nero,ma dal centro di esso,adagiato sui rami più robusti,si diramava la figura di un uomo,i suoi piedi,fino a sotto i polpacci,erano rappresentati uniti all'albero,come se quell'uomo prendesse vita dall'albero come dei rami che si continuassero in gambe,poi tutto il corpo,chino,accovacciato,col volto tra le mani,quasi in segno di disperazione.Cercai traccia di cancellatura,di tratti incerti della mano che l'aveva disegnato,ma non scorsi che una perfetta continuità tra i due elementi che quell'iimagine mi parve ansimante,e l'albero soffocante.
Mentre scrutavo il disengno mi sentii toccare sulla spalla,di scatto mi voltai,ma dalla paura rimasi immobile,ogni intento della ragione a scappare fu abortito dal tremore delle gambe,quando una voce mi disse:"quello sono io".Scorsi così una figura umana che si stagliava in aria dal cuore del grande albero,era un uomo,le sue gambe nascevano dai rami,non aveva i piedi,due rami di increspata corteccia,ben saldi al tronco si continuavano in una pelle trasparente,fresca,giovane,a formare le gambe e poi tutto il corpo di quel giovane che non aveva mai potuto toccare terra.Rimasi senza voce,il cuore palpitante dallo spavento ora sebrava battere di emozione,non solo per la bellezza della creatura che mi si mostrava allo sguardo,ma per quell'ancoraggio,sì fantastico,eppur così infelice,ed infelice era lo sguardo di quell'uomo che non poteva separarsi dal tronco,non ci fu bisogno che gli chiedessi chi fosse e perchè fosse il quella condizione,mi sussurrò,con voce commossa di pianto,che non era altro che il frutto dell'immaginazione di una donna che con una matita aveva reso il suo stato d'animo di prigioniera.
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