La Luna.
Era pallida, silenziosa, bellissima e quasi indifferente.
I due passeggiavano lungo la stradina solitaria, vista l'ora tarda, accompagnandosi nei giochi di chiaroscuro tra le ombre della sera ed il chiarore dei lampioni.
“Diana...” disse Guisgard “... chissà perchè, più che alla dea della caccia, mi fate invece pensare a Dafne...” sorrise “... sarà forse l'etera luce della Luna, il silenzio di questa stradina o l'enigmatico colore dei vostri occhi scuri... ma penso che se ora vi rincorressi, se arrivassi anche solo a sfiorarvi, succederebbe qualcosa... magari non vi vedrei mutare in una pianta di alloro, ma forse potreste addirittura sparire...” rise piano “... farnetico, vero? Non fateci caso, sarà la Luna... e forse è proprio questa meravigliosa ed incantata Luna a spaventarmi tanto...” la guardò negli occhi “... la mia vita dite sia avventurosa? Mah... ogni uomo da un significato diverso alla parola avventura... per gli antichi cavalieri era un segno di individuale predestinazione affrontarne una, mentre per i conquistatori spagnoli significava arricchirsi... infine per i poeti romantici ottocenteschi era la più straordinaria esperienza amorosa...”
Ad un tratto il cielo prese a coprirsi e poco dopo cominciò a piovere.
Guisgard allora si tolse il giubbotto ed avvolse entrambi, per ripararsi dalla pioggia.
Corse poi con Dacey sotto un porticato, affinchè la pioggia non li bagnasse.
E stretti nel giubbotto i due si ritrovarono, così, vicinissimi l'uno all'altra.