Viandante
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Terzo mese invernale... metà della stagione.
Notte tra Sunnudagur e Manudagur.
Accampamento Jorgänsen di Solefald
Non ho voluto fare festa. Non ho voluto festeggiare la vittoria... benchè è stata sempre la mia parte preferita di un'intera guerra il festeggiare la vittoria con Idromele e selvaggina e i miei fratelli d'armi. Invece sono nella mia tenda. E piango. Se mi vedessero gli altri mi coprirebbero di disonore, sebbene i miei singhiozzi non siano udibili e io sia ancora così sporco di sangue e terra da non far intravedere le lacrime.
Ci conoscevamo da quando eravamo due piccoli omuncoli dai capelli corti che giocavano con le spade di legno alla guerra, prima che le nostre madri ci richiamassero per il pasto serale.
Abbiamo combattuto spalla a spalla in ogni battaglia, in ogni dove, su terra e in mare, contro i Cristiani, contro altri Normanni, contro i Germani, contro i Celti, persino una volta contro i Saraceni.
Abbiamo pregato assieme ogni Dio del nostro Pantheon.
Dal propiziarci la guerra pregando Thor, a renderci benevola Freyja per le nostre avventure amorose.
30 anni fianco a fianco.
E ora che mi rimangono i ricordi... il più vivido è quello più immediato e quello più terribile.
Questa mattina eravamo entrambi galvanizzati dalla battaglia imminente, come al solito.
Pieni di vita e dannatamente eccitati. Non pensavamo a nulla che non fosse affondare la mia ascia e la tua spada nel corpo dell'avversario e già cominciavamo ancor prima di incrociare le spade col nemico a conteggiare i corpi che avremo dilaniato coi nostri colpi, accaparrandocci la palma di maggior numero di avversari caduti ai nostri piedi sanguinanti.
Con questo spirito andammo in battaglia... i nostri nemici, erano quel popolo celtico che tanto fieramente porta alti gli scudi e le lance e le barbe e le folte chiome rosso acceso. I Pitti. Abitanti del Nord, come noi, ma niente a che vedere con il NOSTRO Nord. L'inverno più rigido per loro è la nostra estate più mite.
Noi due eravamo in testa, in prima fila, primi nell'impatto contro il nemico.
Combattevamo come al solito, spalla a spalla, falciando celta su celta. Avversari forti, valorosi, ma non erano Vichinghi.
Era tutto perfetto come sempre... ma poi... ma poi... se solo avessi saputo...
Un Pitto, armato di lancia, galoppava verso di te a spron battuto, brandendo la sua arma. E io mi voltai, staccandomi dalle tue spalle, per fendere l'aria dall'alto verso il basso, mozzando la sua lancia. Il colpo lascio così di sorpresa quello che probabilmente era più un coscritto che un vero guerriero, che si sporse, senza darne a mente, verso di me per la sopresa. Un secondo fendente, orizzontale stavolta, distrusse ogni sua pretesa di rendersi veterano almeno della sua prima battaglia.
"23!"
Urlai prorompendo in una sguaiata risata... aspettando il tuo solito commento di ripicca che sarebbe diventato un "24!".
Ma non arrivò. Mi voltai e ora che sarà quella l'immagine che mi accompagnerà per il resto della mia vita e mi caccierà nei miei prossimi sogni.
Una lancia ti usciva dal costato... il codardo figlio di un cane ti aveva preso alle spalle. E tu mi fissavi, con quegli occhi vitrei e la bocca spalancata in un'orribile smorfia di sorpresa e terrore.
E' stato un secondo prima tu ti accasciassi al suolo, neanche tu te ne sarai accorto. Nè tu amico mio, ne il tuo carnefice.
Ma è stata per me è un eternità.
Il Celta dietro di te ritrasse l'arma dal tuo costato, facendoti cadere sulla terra nuda, calpestando il tuo cadavere e brandendo la sua lancia verso di me, deciso a prendere anche la mia carne.
Non ricordò neanche la sua faccia... tant'è che come una furia gli feci volare il cranio con un solo, ben assestato colpo di scure.
La battaglia terminò poco dopo la tua morte, Haaralde... mentre tutti alzavano le armi e gli scudi e urlavano vittoriosi, io ero chinato a urlare di dolore.
Nessuno se ne accorse tanto si confondevano le mie urla con quelle dei nostri fratelli. Fu meglio così.
E ora io che farò?
La nostra religione dice che dovrei giubilare, che hai avuto la migliore morte possibile, che ora starai banchettando con Thor e bevendo con Tyr, che vedrai le lande di Asgard... che dormirai nel grande palazzo Valhalla!
Ma non riesco... non riesco, ti prego di perdonarmi se non posso gioire.
Il compagno di una vita ucciso così.
Abbiamo accettato indirettamente entrando in guerra questo rischio, pur non considerandolo.
Ma ora sono solo... e mi rendo conto della gravità di tale giuramento tanto tacito, quanto importante.
Dirò a Isa di farsi forza... dirò al tuo piccolo Jukka che ora sei uno degli Einherjar di cui tanto gli parlavi, uno dei guerrieri valorosi del Valhalla.
Quanto a me... prima o poi ti raggiungerò.
La mia vita da guerriero è iniziata con la morte dei miei avversari... finirà con la mia. Magari dilaniato da un'arma bianca, magari in un letto affogato nel mio sudore e nella mia urina per la vecchiaia che rende infermi e impotenti.
Ma il presente è che tu sei morto Haaralde. E per quanto mi sforzi di capire perchè... penso che la mia vita da oggi sia cambiata.
La guerra tutto d'un tratto non è più divertente come lo era un tempo.
Non mi sento più il dio che credevo di essere.
Perchè eravamo in due a crederci immortali.
E se tu mi hai dato prova di esserlo... allora mi sa proprio lo sono anche io.
Non leggerai mai tutto ciò... non puoi. Ma penso che nessuno lo leggerà.
E penso proprio lo butterò nel camino se me ne ricordo, perchè....
In quello stesso istante chiamarono Eldred a partecipare alla festa per la vittoria sui Pitti e per la scorreria andata a buon fine.
Poi si rese onore ai caduti... a causa di questi avvenimenti, Eldred non bruciò mai questa lettera, dimenticandosela tra i suoi effetti personali... in attesa di essere riaperta.
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