Il bosco.
Nel cuore della vallata, tra dolci colli, irti cipressi, vecchi casali isolati ed il gorgoglio melodico dello scorrere del fiume.
Una piccola abitazione dove un tempo solo i cacciatori di cinghiali giungevano con i loro cani sorgeva alla fine di uno stretto e zigzagante sterrato.
Lo spiazzo circostante, racchiuso da alti e selvaggi alberi ed al riparo all'ombra di verdeggianti colline era intriso dei colori di vivi girasoli.
Qui giocavano i bambini, scimmiottando i nobili cavalieri e le loro gesta.
E qui la loro madre era solita lavare i panni, dove un canale scavato nel terreno rubava acqua al vicino fiume.
“Presto il padrone tornerà.” Disse il loro padre, asciugandosi la fronte sudata e alzando poi lo sguardo verso il sentiero. “Caccerò il cinghiale più grosso e lo cucineremo per lui e la sua masnada.”
“Cos'è una masnada?” Chiese il più piccolo dei tre bambini.
“I cavalieri a lui fedeli che lo accompagnano.” Spiegò il padre, mentre la madre sorrideva.
“A scuola ieri dicevano che dobbiamo andarcene...” un altro dei tre bambini “... che siamo traditori...”
“Cosa vuol dire traditori?” Sempre il più piccolo dei tre.
“Non badate a queste sciocchezze, bambini.” Intervenne la loro madre.
“Si, sono sciocchezze.” Inquieto il padre. “Il padrone tornerà presto e nessuno oserà più parlare male di noi.” Riprendendo a tagliare la legna.
In quel momento qualcosa attirò la sua attenzione.
Guardò allora verso il bosco, lungo il sentiero che spuntava dalla vegetazione.
Fissò quel punto per un lungo istante.
“Porta i bambini in casa...” a sua moglie.
“Vogliamo giocare ancora, papà!” Uno dei tre piccoli. “Uffa, è ancora giorno!”
“Andiamo dentro, bambini...” la madre “... mi aiuterete a fare un dolce...” guardando il marito preoccupata.
“Che dolce?” Il più grande dei tre bambini.
“La crostata che piace tanto al padrone...” sforzandosi di accennare un lieve sorriso tranquillizzante la donna.
Rientrarono così in casa, dove la figlia maggiore era intenta a cucinare.
Il padre restò invece fuori, tenendo ben salda la scure in mano.
E continuò a guardare verso il bosco.
Un fruscio, il rumore di cavalli e dalla vegetazione emersero alcuni cavalieri che avanzavano a passo lento sui loro destrieri.
Parlottavano e ridevano fra loro.
“I soldati, mamma!” Il più piccolo guardando da una finestra. “Posso uscire a guardarli?”
“Chiudete le finestre, bambini...” tesa la madre.
“Perchè mamma?” Chiese la figlia maggiore.
“Zitta!” Voltandosi di scatto la madre.
La ragazza fissò stupita la madre e poi guardò fuori, dove i cavalieri avevano ormai raggiunto loro padre.
Allora comprese.
Fu sul punto di gridare, ma la madre la schiaffeggiò, per poi stringerla a sé in lacrime.
Poi si chinò sui tre bambini.
“Bambini...” lei con gli occhi rossi “... ricordate il gioco del nascondino? Bene, ora voglio che ci giochiate. E in silenzio. Scendete in cantina e restate lì. Non uscite e non aprite la porta. Va bene, piccoli miei?”
I tre annuirono, mentre la sorella maggiore era con lo sguardo perso nel vuoto.
La madre baciò ciascuno dei tre bambini e li fece scendere nella cantina attraverso una botola nel pavimento, che poi richiuse e coprì con un tappeto.
E lei e sua figlia si fecero il Segno della Croce.
Fu un lungo pomeriggio.
E una lunghissima notte.
All'alba solo poche fiamme restarono di quell'abitazione.
E su un'asse di legno mezza carbonizzata i soldati lasciarono una scritta di sangue.
Una scritta che così recitava ed ammoniva:
“Da oggi i traditori e i morti non posseggono più nulla qui a Sygma...”