"Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso."
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto I)
Quando Ardea e Biago ebbero attraversato buona parte del bosco, in lontananza apparve loro un vago bagliore.
I due compagni allora affrettarono il passo, cercando di avvicinarsi a quel lontano chiarore.
Ma più si avvicinavano, più quel balenio diventava un insieme di folgori che a tratti parevano illuminare a giorno buona parte del bosco.
E quando Ardea ed il suo scudiero arrivarono a meno di una lega videro davanti a loro uno spettacolo spaventoso e allo stesso tempo magnifico.
Da uno stagno putrido, dal fetore insopportabile, si innalzava una parete rocciosa, simile ad un naturale castello pietrificato da qualche remoto incanto, con antri e spuntoni, attorno ai quali sorgevano fiamme e colonne di fumo nero come la pece.
E dal suo interno si udiva un terrificante ruggito di qualche bestia sconosciuta.
“Ardea...” disse Biago.
“Si...” annuì il Taddeide “... questa deve essere la tana di quella bestia...”
Videro allora un basso e consumato ponticello di ciottoli che univa il margine dello stagno con la parete rocciosa.
I due fecero così per raggiungere quel luogo, ma i loro cavalli, come spaventati da qualcosa di malefico che infestava quel posto, si rifiutarono di proseguire.
Alla fine solo Ardea riuscì a far camminare il suo Arante, mentre Biago dovette arrendersi all'incapacità del suo cavallo di proseguire.
Allora lo scudiero si incamminò dietro al cavaliere ed al suo destriero, oltrepassando quel ponte di pietre e ritrovandosi così dall'altra parte, proprio ai piedi di quella infernale parete rocciosa.
E quando raggiunsero un grosso antro, che pareva esserne la porta, lo attraversarono avvertendo il calore sempre più intenso che li avvolgeva ed il fetore di quelle acque, di cui quel luogo era bagnato, che quasi li stordiva e sentirono un forte senso di angoscia e disperazione avvolgere i loro animi.
“Nessun essere umano” fece Biago “potrebbe vivere a lungo in questo luogo maledetto...”
“Già...” guardandosi intorno Ardea “... e forse è l'anticamera degli inferi...”
Ma ad un tratto un boato scosse le pareti attorno a loro, liberando fiammate ancor più alte e gettate di vapore più intense.
“Chi giunge nella mia tana?” Tuonò una voce grottesca e assurda, come se il suo suono li circondasse.
I due però non risposero nulla e continuarono ad avanzare.
“Chi giunge a disturbarmi?” Ancora quella voce grossa e terribile.
“Sono Ardea de'Taddei...” parlando al fuoco ed al fumo il cavaliere.
“Perchè sei giunto nel mio covo?”
“Perchè tu hai preso la mia donna...” Ardea con gli occhi fissi tra le folgori.
“La donna è mia.” Sentenziò come in un grugnito quella voce.
“Nulla qui è tuo” rispose il Taddeide “e neanche questo luogo che hai reso la tua tana...”
Una risata allora echeggiò intorno a loro, al punto che le pareti di pietra cominciarono a scricchiolare.
Ardea si voltò verso Biago e con un cenno del capo gli fece segno di seguirlo.
I due avanzarono ancora, fino a quando il passaggio apparve interrotto da un muro di ciclopiche dimensioni, dalle pietre annerite dai fumi incandescenti che lo avvolgevano.
“Credo che dovrò proseguire io solo...” Ardea a Biago.
“Da solo?” Turbato lo scudiero.
“Si...” avvicinandosi al muro il Taddeide “... mi arrampicherò fino in cima... lassù intravedo come un piccolo antro... tu resta qui e bada ad Arante...”
“E' una pazzia andarci da solo...”
“Biago, non ho altra scelta.” Al suo scudiero Ardea.
“Ardea...”
Il cavaliere si voltò a guardarlo.
“L'aria fetida appesta questo luogo” continuò Biago “e in breve renderà quasi impossibile respirare... se poi come credo all'interno è ancora più mefitica, allora restandoci troppo a lungo finirà per incenerirti i polmoni...”
“Allora dovrò fare in fretta...” per poi sorridere Ardea al suo scudiero, col tentativo di non farlo preoccupare troppo “... aspettami qui... e prega per farci uscire vivi da questo Averno di fuoco...”
I due si scambiarono un lungo sguardo, poi il Taddeide prese ad arrampicarsi lungo quel muro di pietra.
In breve raggiunse l'estremità ed entrò nel piccolo antro posto in cima.
E lì svanì dalla vista di Biago.