Disattivato
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"Non solo nel mondo aristocratico, caro mio... Credi che la figlia del fornaio sia libera? È sempre una donna!" Facendo l'occhiolino.
"Anche se noi aristocratici abbiamo delle responsabilità verso il nostro sangue, per il popolo credo sia un modo di avanzamento sociale" sospirai.
"Ad ogni modo, mi hai salvato, no?" Ridendo.
Poi a quelle parole mi stiracchiai, in effetti aveva ragione, dovevo dormire.
Così mi rannicchiai nel divano, sistemai i cuscini, e chiusi gli occhi per un momento, poi li riaprii e lanciai ad Icarius un'occhiata di rimprovero che in realtà era divertita.
"Vedi di non scappare di nuovo, nè" facendogli l'occhiolino prima di chiudere gli occhi.
La giornata era stata pesante, così, in breve tempo, mi addormentai.
Correvo nella brughiera, come se tutta la mia vita dipendesse da quella corsa, da quella cerca.
Stavo cercando qualcosa.
O qualcuno.
Potevo sentire il mio cuore implodere, scoppiare, il battito impazzito rimbombare attorno a me, invadere l'aria.
Correvo, correvo a perdifiato in quella cerca primordiale.
Il mio sguardo scrutava ogni anfratto, ogni angolo, ogni orizzonte.
Niente, nessuna traccia.
Poi crollai, sentii il mio corpo venire meno e caddi tra l'erba alta.
Avevo fallito, nulla aveva più senso, nulla aveva più importanza.
Potevo percepire dentro di me quel dolore immenso, più forte di qualunque emozione avessi mai provato.
Mi stava dilaniando, come se un mostro invisibile facesse scempio delle mie carni.
Finchè non la sentii: una carezza dolce e infinita sulla mia testa.
"Chi stai cercando?" Una voce, la sua voce.
Alzai gli occhi appannati dalle lacrime, e mi illuminai nel vedere i suoi.
Erano lì, che mi fissavano con uno sguardo prezioso e unico.
Era vivo, lo avevo ritrovato, di nuovo.
Fu allora che compresi quanto mi sbagliassi.
Non era il dolore l'emozione più forte che avessi mai provato: era l'Amore.
"Te!" Riuscii solo a dire, tra le lacrime, prima di buttargli le braccia al collo e farlo cadere all'indietro sul soffice manto della brughiera.
Lui mi tenne stretta, in silenzio, mentre riversavo sulla sua spalla tutte le mie lacrime e lo tenevo stretto come fosse la cosa più preziosa al mondo.
Era lì, era salvo, era accanto a me, mi accarezzava piano i capelli.
"Allora tieni un po' a me, eh.." Disse piano, con un sorrisetto.
Fu allora che alzai gli occhi su di lui, quegli occhi unici, così puliti eppure con quella scintilla che lo distingueva, come se in lui convivessero due anime, e solo chi le conoscesse entrambe potesse comprenderlo appieno.
E io mi ritenevo fortunata, perché le conoscevo e amavo entrambe.
Ormai per me non esisteva l'una senza l'altra.
A quelle parole non risposi, mi limitai a sorridere e a baciarlo dapprima piano, poi con tutta la passione infuocata che ci univa.
Lui mi stringeva con ardore, facendomi sentire incredibilmente sua, poi si fermò di colpo, mi guardò negli occhi e sorrise.
"Andiamo a casa.."'prendendomi la mano e alzandosi.
"A casa?" Guardandolo da terra.
"Sì" porgendomi la mano.
Io la presi, come in un sogno, e mi ritrovai tra le sue braccia.
Continuavo a guardarlo, senza capire.
"La nostra casetta nella brughiera..." Sussurrò lui, prima di baciami, un bacio così vero da far tremare la terra.
Ma allora tutto intorno a noi cambiò.
La brughiera divenne cupa, tetra, una notte perenne scese su di noi, che ci stingevamo l'uno all'altra.
Poi un lungo e primordiale latrato giunse dall'oscurità come a reclamare le nostre anime.
Lo sentivamo avvicinarsi sempre di più, finché tutto attorno a me non divenne fumo e mi ritrovai sola nella brughiera, con solo il suo nome da urlare al cielo.
Mi svegliai di soprassalto, con ancora quella miriade di sensazioni così forti, così intense come non ne avevo mai provato prima.
Corrucciai appena la fronte, restando ad osservare un punto indistinto di fronte a me.
Che strano sogno, forse mi ero fatta suggestionare da tutta quella storia della Gioia.
Dopotutto era strano perché di solito no ricordavo i miei sogni.
Ad ogni modo, non importava.
Sospirai, stiracchiandomi, chiedendomi quanto avevo dormito.
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