Non mi fermò.
Le ferite a cui ero abituata erano niente in confronto a quello.
Perché diavolo mi faceva così male la sua indifferenza?
Perché avevo pensato di contare qualcosa per lui?
Forse mi ero sbagliata, e anche se gli avessi confessato ogni cosa non avrei avuto altro che indifferenza.
Che gli importava dopotutto?
Avevo sbagliato ad andare da lui, mi ero fatta solo del male.
Era quel posto, quell'assurda storia che mi distruggeva, una volta lontani da lì sarebbe andato meglio tutto.
Non risposi alla guardia e raggiunsi in fretta la mia camera.
Chiusi la porta dietro di me e mi buttai sul letto, così com'ero.
Sentii tutte le emozioni di quel giorno affiorare, e furono così forti da sopraffarmi.
Allora piansi, fino a non avere più lacrime.
Mi sentivo incredibilmente sola, e non era poi tanto strano.
Così mi aggrappai all'unica cosa cara che avevo con me, Damasgrada.
La strinsi tra le mani, come se lei avesse la riposta ai tormenti della mia anima.
Lei che mi era stata accanto sempre.
Mi addormentai così, ancora vestita, con la mia spada stretta come una bambina stringe una bambola perché la protegga dai brutti sogni.
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