Tutto quello svegliò in me qualcosa di sopito, recondito, primordiale.
Scalpitavo a restare ferma, il mio cuore accelerava, Damasgrada reclamava il suo posto.
Il buio, il buio totale.
Eppure riuscivo a vedere, non a vedere con gli occhi ma percepivo la gente intono a me, percepivo le armi degli uomini mascherati, i loro passi.
Decisi di unirmi alla danza, che infondo forse era l'unica danza che conoscevo, e con quel misterioso Angelo della Morte, infondo nessuno avrebbe badato a me.
Senza contare che erano abbastanza per tutti e due.
E qualcosa mi diceva che ero in grado di ucciderli senza che emettessero un suono.
Così mi tolsi le scarpe, per essere ancora più silenziosa e scivolai come un'ombra nella notte dal fianco di Ernot.
L'uomo mascherato più vicino a noi cadde in fretta, col collo spezzato, in silenzio.
Lo accompagnai a terra perchè non vi fosse un tonfo.
Poi passai ad un altro, un altro ancora, e avrei potuto andare avanti tutta la notte.
Stando attenta alla luce della torcia.
Stando attenta a non fare il minimo rumore.
Una mossa sbagliata ed ero morta.
Ma in quel momento non mi importava, ero lucida, determinata, letale, esperta.
E non potevo ignorare quel sottile, perverso ed oscuro piacere che tutto quello mi dava.
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