Discussione: L'inizio della fine
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Vecchio 12-08-2009, 22.07.11   #10
Mordred Inlè
Cittadino di Camelot
 
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Mordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella rocciaMordred Inlè è un gioiello nella roccia
Dopo la cacciata di Morgana, Artù quasi si dimenticò di avere anche un'altra sorellastra, la bella Morgause. Le guerre contro i Sassoni e gli sforzi per tenere insieme pacificamente i cavalieri, occupavano tutto il suo tempo. Solo la presenza dei figli della donna sembravano ricordare ad Artù che anche lui aveva una famiglia.
La cucciolata di Morgause somigliava molto di più a re Lot che allo zio re o alla madre. Erano un gruppo molto unito, sempre pronto a spalleggiare quel o quell'altro fratello. Artù non vedeva di buon occhio il modo in cui i più giovani Agravaine e Gaheris tentavano di approfittare della loro parentela per fare successo mentre si accorse di aver trovato in Gawain un amico ed un fido cavaliere.
Gareth invece era sicuramente il più originale. Arrivò fingendosi un lavapiatti per non permettere al nome della sua famiglia di interferire con ciò che voleva fare: farsi riconoscere come il miglior cavaliere di Camelot. Si fece chiamare Beaumanis, belle mani, e si offrì volontario nella pericolosa richiesta di Lynette che temeva per l'incolumità della sorella Lyonesse, tenuta prigioniera.
Dopo che ebbe liberato la dama, Gareth tornò a Camelot e venne fatto cavaliere, sposò Lynette e rivelò a tutti il proprio vero nome.
Artù spesso si ritrovava a pensare a Gareth come al figlio che Ginevra non era mai riuscita a dargli. Gawain era fedele ma Gareth era ingenuo, ambizioso quanto lo era stato lui un tempo e seguiva gli stessi miraggi di giustizia e fratellanza che tanto infiammavano in cuore di Artù.
Nonostante la freddezza di Ginevra e le guerre, furono anni gentili ma vennero bruscamente interrotti in primavera, con l'arrivo di un messaggero dal regno di Sagramor.
Sagramor era uno dei suoi cavalieri ed era figlio di una potente regina, quindi Artù non si stupì quando una guardia gli disse che un messaggero della regina Dorottya Erzsebet intendeva parlargli di persona. Si stupì invece quanto il giovane messaggero, appena un ragazzo, rimase immobile, a fissarlo, con una tale aria di paura e disperazione che Artù sentì il proprio cuore stringersi.
"Siete un messaggero?" domandò, sospettoso ed incerto.
"No," rantolò il ragazzo, con voce rauca e spezzata. Le guardie, dietro al messaggero, si rizzarono, allarmate ed anche Artù si preparò ad estrarre la spada. Non intendeva certo usarla prima di aver sentito cosa avesse da dire il nuovo venuto ma la precauzione non era mai troppa. Già molte volte erano giunti assassini a Camelot, con l'unico scopo di prendere la sua testa come souvenir.
Appena la mano del re toccò l'elsa, il messaggero sobbalzò violentemente e sembrò accasciarsi su se stesso e cadere semplicemente ai piedi del re. Artù lo sentì tremare contro la propria veste ed impallidì, spaventato e preoccupato.
"Non lo fate, vi prego, non di nuovo, vi prego, non vi ho fatto nulla," iniziò a sussurrare il ragazzo.
"Di cosa stai parlando?" tentò di domandare il re ma la sua voce uscì troppo sottile, come un soffio e non fu sicuro che il giovane poté udirlo. Artù si schiarì la gola, tentando di ricomporsi e di ricordarsi che una volta Morgana aveva mandato da lui una damigella supplicante che aveva cercato di ucciderlo mentre piangeva tra le braccia del re, con un pugnale avvelenato.
Come precauzione, staccò da se il nuovo arrivato e tentò di tenerlo sotto la minaccia della propria spada. "Chi sei?" domandò, tentando di sembrare rassicurante.
Lancillotto gli diceva sempre che aveva il cuore troppo debole per i deboli.
"Mordred."
Ed ormai Mordred era in lacrime. Artù aveva visto piangere molte donne e molti uomini, ma solitamente non ne era lui la causa o se lo era sapeva perché.
Trovarsi di fronte quel giovane ragazzo, piangente, lo fece sentire completamente spoglio ed a disagio. Si sentì terribilmente in colpa senza saperne il motivo.
"Non conosco nessun Mordred," tentò di spiegare il re, sperando di avere in risposta qualche altro indizio sull'identità di Mordred.
"Figlio di Morgause."
Ed Artù capì. Lo capì subito e vide tutto. Vide i capelli scuri come i propri, vide Morgause e vide se stesso, vide qualcosa di Uther e vide Morgana. Ed infine vide qualcosa di nuovo: suo figlio.
E capì il perché della paura.
La prima cosa che gli passò per la mente fu anche ciò che disse. Sei vivo. Non sapeva se piangere o ridere, perché per anni, per notti intere, incubi di un infante morto affogato erano venuti a tormentarlo.
Improvvisamente si accorse che tutto ciò che sembrava averlo soffocato in quegli anni era stato proprio la consapevolezza di aver messo a morte un innocente, il suo innocente, per una colpa di cui solo Artù era da biasimare.
"Sei vivo."
"Perdonatemi, perdonatemi," iniziò a rantolare il figlio.
"Mordred," assaporò Artù, spaventato.
Va tutto bene, non è colpa tua. Sei mio figlio. avrebbe voluto dire ma la bocca gli si inaridì.
La sua bocca restò inaridita per molto tempo mentre piangeva abbracciato a quel bimbo, ora quasi uomo, che era sangue del suo sangue. Voleva parlargli, spiegargli ciò che aveva fatto e perché, ma non vi riusciva.
Anche nei giorni e nelle settimane successive, quando fu chiaro che il ragazzo sarebbe rimasto, e Artù non avrebbe voluto che quello, il re non riuscì mai, nemmeno una volta, a guardarlo negli occhi. Temeva di leggervi disperazione, rabbia, accuse.
E mai riuscì Artù a chiedere perdono perché la sua colpa era troppo grande ed il terrore di un rifiuto lo era altrettanto. L'unico modo che aveva, e conosceva, per far capire ciò che provava per il figlio era fare ciò che Uther aveva fatto con lui.
Assicurargli un'adeguata istruzione e costanti allenamenti, dargli soldi e cavalli, stallieri, un titolo. Renderlo cavaliere.
Sapeva che in questo modo gli altri cavalieri si sarebbero fatti domande, sarebbero stati gelosi, ma per Artù non vi era altro metodo che quello per raggiungere il perdono.
"Quel ragazzo è una vipera avida di potere, non rifiuta nemmeno uno dei doni che gli fate," gli disse Bedivere, un giorno. Bedivere era un amico di vecchia data di Artù e Kay e qualche anno prima era stato nominato sovrintendente del castello.
"Si merita tutto ciò che ottiene. Diverrà un grande cavaliere, lo è già."
"L'amore per quel-"
"Bastardo?"
Bedivere arrossì. Voci nel castello spiegavano con vivaci colori come Mordred, in realtà, fosse uno dei bastardi di Artù, nato da chissà quale dama del nord della Britannia. Nessuno conosceva la madre di Mordred.
"Lo mettete davanti a tutti i cavalieri che vi servono da anni. Agravaine ed i fratelli delle Orcadi iniziano a sospettare che voi vogliate nominarlo vostro erede."
"Ed anche se fosse?"
"Potete ancora avere dei figli legittimi con la regina," tentò di convincerlo Bedivere, vedendo minacciato così presto il proprio posto di sovrintendente.
Ed aveva ragione. Artù decise quindi di non legittimare la propria paternità, lasciando credere a tutti ciò che volessero credere. Si disse che lo faceva per proteggere Mordred perché i giovani delle Orcadi, e gli altri cavalieri, avrebbero iniziato una faida contro il ragazzo pur di non avere rivali al trono. Ed in parte era vero. Ma una parte di lui non riusciva a chiamare il ragazzo figlio.
Nemmeno una volta. Aveva troppo peccato per poter ricevere la grazia di un figlio.
Il periodo di dolore ed incertezze mitigò un poco quando Morgause arrivò alla corte. Lot era morto e lei era libera di fare ciò che voleva.
Nessuno dubitò che Morgause sarebbe rimasta ma nessuno capì davvero che la donna decise di rimanere per Artù e non per i propri figli.
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[English Arthurian fandom]

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