Scena II: I giorni del Falco
“Chi fu l'eroe per chilometri e chilometri
a chi però il destino disse no
ma il cuore è più potente di una macchina
e la paura non lo fermerà!”
(Gran Prix e il campionissimo)
“Lei non potrà più correre... lei dovrà dire addio al mondo delle corse automobilistiche...”
Le parole del medico non facevano altro che tornargli alla mente.
Come onde di un mare senza nome che finivano per morire spumose sulla sabbia di una spiaggia deserta, mentre la città indifferente ed impietosa gli girava intorno.
Le mille tabelle luminose, i grattacieli, il traffico, la voce della gente,tutto era una Babele di confusione ed apatia.
Lui camminava a capo chino, col bavero del giubbotto alzato, le mani in tasca e senza una meta.
Ad un tratto qualcosa lo destò.
Una pallone che arrivò rimbalzando davanti a lui.
“Ehi, signore...” disse uno dei bambini che giocavano nel rione “... signore, ci tira il pallone per favore?”
Lui guardò il pallone e poi quei ragazzi con i suoi occhi azzurri ed inquieti.
Si chinò e prese il pallone.
“Signore, il pallone!” Ancora quel bambino.
Lui allora tese il braccio destro, pronto per lanciare il pallone.
“Siamo all'ultimo giro, amici telespettatori! Che gara appassionante! E' un testa a testa ormai tra la Red Bull e la Mercedes! Un momento, colpo di scena! La freccia d'argento è andata lunga e si è ribaltata! Attenzione, uno schianto! Un incidente pauroso!”
Lanciò il pallone, ma una fitta quasi gli immobilizzò il braccio, facendo mancare quel tiro.
Il pallone rotolò mestamente a pochi passi da lui e le risate di quei bambini sembrarono coprire tutti gli altri rumori della città.
Lui così corse via, con rabbia ed un senso d'impotenza.
Raggiunse la sua Corvette e sfrecciò via, zigzagando nel traffico.
Sempre più veloce, al punto che dai finestrini tutto il resto sembrava un vecchio film senza sonoro.
Sempre più veloce.
Poi la sirena della polizia in lontananza.
“Ce ne avete messo di tempo, eh...” mormorò lui con un sorriso sarcastico e beffardo.
Ancora più veloce.
La sua corsa finì infine davanti ad uno squallido bar di periferia.
“Cosa ti servo bello?” Il barista a lui.
“Fai tu, basta che sia freddo...” lui.
“Brutta giornata, eh?” Servendogli da bere.
“Di quelle che non si dimenticano...” bevendo lui.
“Fammi indovinare...” il barista “... la tua bella ti ha lasciato?”
“Si, tempo fa...” sorridendo ironico lui “... ha preferito restare col suo ragazzo...” finendo il suo bicchiere.
“Eh, cosa vuoi farci...” mormorò il barista “... ma tirati su... se io fossi bello come te me ne fregherei altamente...”
“Allora è vero che voi baristi siete un po' come i confessori?” Ridendo senza gioia lui.
“Può dirlo forte!” Annuì il barista.
Entrarono in quel momento due sbirri.
“Affollato qui, eh...” lui fissando il bicchiere vuoto.
“E' sua la Corvette parcheggiata fuori?” Uno dei due poliziotti a lui.
“No, del marito...” e scoppiò a ridere col barista.
“Faccia poco lo spiritoso.” Il secondo poliziotto.
“Com'è che voi piedipiatti siete così brutti?” Divertito lui.
“Su, si alzi e ci segui...” il primo poliziotto.
Lui allora si alzò, gettò un Taddeo sul bancone.
“Addio, amico mio...” facendo l'occhiolino al barista, per poi colpire improvvisamente con un pugno uno dei due poliziotti.
Quelli reagirono, lo immobilizzarono e la portarono via in manette.
Intanto la città continuava il suo solito tran tran e l'Antenna della Radio ne dominava gli umori.
“Buonasera, amici della notte...” la bella speaker “... e dopo quest'ultima notizia di cronaca, con la nostra super star finita nelle grinfie dei cattivi sbirri, chiudiamo con lo sport... i nostri ragazzoni dell'Aristois Martedì hanno vinto ancora... travolta per tre gol a zero la squadra più in forma del campionato che però evidentemente senza l'aiuto dell'arbitro non è poi così forte... è notte, tesorucci miei... ci vuole una bella canzone...”