24-04-2012, 01.44.38 | #1791 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Daniel, con passo felpato e poi con un rapido balzo, salì sul dorso del cavallo per domarlo.
Il sauro, però, subito cominciò a scalciare. Scalciava come un ossesso, con un vigore ed una determinazione mai vista in qualsiasi altro cavallo. Alla fine riuscì a disarcionare Daniel. “Non lo domerai con la forza...” vibrò Giada “... no, devi riuscirci con l'astuzia... hai visto cosa fa quel cavallo quando va ad abbeverarsi? Dal suo comportamento puoi scoprire il suo punto debole per essere domato...”
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24-04-2012, 01.48.57 | #1792 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Parsifal e Lilith avevano vist quella luce.
Esitarono però a raggiungerla. Ad un tratto videro di nuovo l'ombra apparsa precedentemente. Stavolta però restò per qualche istante immobile a fissarli. Un attimo dopo corse via. Però, i due ragazzi erano riusciti a scorgere il suo movimento ed a comprendere la direzione della sua fuga. La misteriosa ombra era sparita in direzione di quella luce.
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24-04-2012, 02.10.13 | #1793 |
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Quel vecchio fissava Guisgard e Talia con uno sguardo cupo ed indagatore, mentre i suoi cani ringhiavano quasi attendendo una mossa falsa di quegli intrusi.
Guisgard, nel vedere apparire quel vecchio, si era subito alzato, facendo qualche passo verso di lui e la stessa cosa aveva fatto Talia, per cercare poi la mano del cavaliere. Guisgard strinse così la mano della ragazza, cercando di tranquillizzarla e fece poi un cenno a Sheylon di stare buono. “Viaggiatori?” Ripeté il vecchio fissando Talia. “Viaggiavate attraverso questi boschi? Con questo tempo? Fuggivate, volete dire!” “Siamo davvero dei viaggiatori...” mormorò Guisgard “... abbiamo da poco lasciato il paese di San Leuciano, ma siamo stati colti dalla tempesta...” “San Leuciano?” Fece il vecchio. “Si...” annuì Guisgard “... precisamente dal palazzo del Belvedere...” “Non conosco nessun Belvedere.” “Ma come?” Stupito Guisgard. “E' famoso in tutta la zona... da lì si dominano tutti questi colli...” “Non mi interesso più di niente del mondo” replicò il vecchio “e non mi riguarda null'altro che non sia questa caverna ed i miei studi.” “Allora vi chiediamo scusa per esserci introdotti nel vostro rifugio...” disse Guisgard “... appena la tempesta si placherà, lasceremo questo luogo...” “E' un trucco per farmi abbassare la guardia!” Fece il vecchio. “Volete derubarmi e uccidere!” “Come osate accusarci in questo modo?” Gridò Guisgard. I cani allora cominciarono ad abbaiare forte. “Tenete a bada i vostri cani” intimò il cavaliere al vecchio “o la mia tigre li sbranerà!” “Vigliacco, cosa sono queste minacce?” Fissandolo il vecchio. Sheylon era pronto ed attendeva solo un cenno di Guisgard.
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24-04-2012, 03.10.43 | #1794 |
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Il fuoco.
Ardeva lento, consumando la legna ed inebriando quell'ambiente con un odore di terra umida. I suoi bagliori rischiaravano a tratti quell'austera penombra, disegnando strane ed enigmatiche figure tutt'intorno che sembravano sul punto di animarsi. Chantal aprì pian piano gli occhi e si ritrovò in un ambiente sconosciuto. Era adagiata su un soffice mucchio di paglia. Accanto al camino acceso vide due figure. “Mamma...” disse la bambina “... Ardea liberò la principessa?” “Si...” annuì la mamma “... dopo aver sconfitto il drago e annullato la terribile maledizione...” “Era bella la principessa?” Chiese la piccola. “Si, era molto bella.” “E io?” “Anche tu sei bellissima.” “E perché nessuno viene a salvarci?” Domandò alla mamma. “Perché sono stata cattiva?” “No, piccola mia...” abbracciandola la mamma “... non sei stata cattiva...” “Papà verrà a salvarci...” mormorò la bambina “... lo so, verrà... mi parli di papà ancora una volta, mamma?” “E' tardi, piccola mia...” baciandola la mamma “... tra poco spunterà il Sole e dobbiamo prepararci...” In quel momento, mentre le fissava, Chantal avvertì una fitta dolorosissima: era la ferita causata dal dardo che l'aveva colpita. La pemombra della stanza rendeva calda ed accogliente l'atmosfeta,e non lasciava trapelare l'austerità dello spartano locale.I profumi di legna arsa,ceneri calde e braci oleose che andavano diffondendosi lievi e conturbanti fornivano la familiarità di un luogo ospitale e rassicurante. Le lingue di fiamme che si levavano tra gli spazi nell'intreccio dei tronchetti danzavano andandosi a posare come dorati riflessi negli occhi lucidi e socchiusi di Chantal,come sottili e avvolgenti nastrine di fuoco a giocherellare a raggiungere la pietra più alta del focolare,tale si riflettevano nelle pupille di Chantal strie luminose che andavano incrementadosi e diminuendo con regolare cadenza tra le rime palpebrali,posandosi ora sulle ciglia,ora sull'iride,lasciando che gli occhi le splendessero pur in quel buio non fitto,ma che turbava appena la ragazza che da poco aveva ripreso i sensi in seguito all' incidente. Il gravoso male avvertito dalla fanciulla che giaceva distesa le causava la contrazione dei lineamenti del viso e mancamento di fiato,tanto che Chantal serrava continuamente le labbra al dolore,agitando appena la testa sul guanciale. Chiuse,allora,gli occhi,cedendo poco a poco alle fitte che le venivano dalla ferita. Per un momento le parve d'aver perduto la cognizione del tempo. Sedute di fronte al focolare stavano due figure. Chantal udiva le loro voci nella stanza,ma giungevano flebili,come eco lontane,alla sua mente intorpidita,e lo stremo la rendeva incapace di discernere con attenzione quel parlare soffuso interrotto solo dallo scoppiettare della legna e lo scricchiolare degli sgabelli ai movimenti di chi vi sedeva. Non distingueva ancora bene le sagome,sebbene le fiamme del camino lambissero con una calda ed ambrata luce le figure adagiate presso il fuoco. Sembravamo abbracciarsi,e muoversi in tenere coccole. Per un momento Chantal sorrise lievemente,emettendo un silenzioso gemito. Tuttavia,la ragazza si abbandonò senza forze,nè volontà di scorgere e discernere oltre i luoghi e le persone che ora l'accoglievano. L'istinto la portò ad affidarsi al Cielo,sollevò,così la mano sul suo petto alla ricerca di quella catenina con l'immagine della Vergine che sempre l'aveva protetta,ma tastò solo la pelle nuda.Lasciò che le dita le percorressero il collo ma della catenina non scorgeva la presenza. Ebbe,così, un sussulto in seguito al quale rammentò ogni cosa,rammentò di Vayvet,della fuga,della catenina,ma ancor più delle immagini che avevano attraversato la sua mente durante il sonno. Tutto era un incubo. Non riusciva a comprendere quanto tempo fosse trascorso dalla sua fuga nel bosco,e non avvertiva altro che un profondo senso di smarrimento. Poi ancora le voci nella stanza la distolsero dagli angoscianti pensieri,sembravano giungere come un candido narrare di fiaba che in Chantal causava un piacevole senso di abbandono,come a voler lasciare che i contorni della sua vicenda fossero sfumati,sospesi tra sogno e realtà,tra visione e accaduto di fatto. E le sembrava incredibile l'aver vissuto quei giorni senza tempo nei quali aveva resistito solo in seno alla sparanza.La speranza di ritrovare la sua libertà,di lasciare che il corso degli eventi portasse alla liberazione lei ed i figgitivi che l'avevano trascinata in un mondo a lei sconosciuto. Ma quando ripensò a ciò che aveva visto in sogno,pur realizzando d'essersi trattato di un incubo,fu angosciata e turbata,le lacrime la presero, cadendo dagli occhi resi già arrossati dalla sofferenza e pesanti dalla stanchezza. Era,indubbiamente,molto provata. E aveva desiderio di farsi forza. Tentò di sollevarsi appena un poco col collo ma non vi riuscì,ricadendondo all'indietro nel giaciglio che l'accoglieva a causa del dolore alla spalla che si irradiava anche al braccio ed al petto.Si abbandonò,così,col capo all'indietro,giacendo immobile e respirando affannosamente.Aveva il volto rivolto verso le travi del soffitto che le appariva in chiaroscuro per il gioco di ombre e luci generato dal fioco lume che btteva sulle sporgenze e sulle rientranze dell'irregolarità del legno.Ardeva,infatti,una vecchia lanterna ad olio su un alto mobile affrancato alla parete che le stava di fronte. Tutto le appariva consunto,anticato ma pulito,infondendo nella ragazza un senso di dolce e mistica placidità. Si sorprese un momento d'essere stata capace di sfuggire ai suoi sequestratori. La ferita pervenutale nella selva era stata leggermente bendata lasciandole,tuttavia,una certa mobilità del braccio,ma era comunque impedita anche nel più accennato movimento poichè tutto il corpo era intorpidito e contratto. Voltando lievemente il capo verso la benda inumidita di sangue,ebbe un lieve senso di inquietudine,e le mancò il respiro. Nella sua condizione fisica e mentale avverrtiva ora un gran bisogno di respirare a pieno petto,ma non ci riusciva a causa del dolore che si rinnovava ad ogni più accennata profondità nell' atto respiratorio.Allora le guance le si velarono di un muto pianto. Fu costretta,infatti,ad abbandonare ogni intento di movimento e a respirare piano e lentamente al fine di calmarsi e frenare il cuore che aveva preso a batterle freneticamente percependosi nelle arterie che serpeggiavano sotto la pelle. Chantal fissò un po' le forme della stanza,ruotando lievemente la testa per seguire l'ambiente con lo sguardo,poi inclinò cautamente di nuovo il capo verso la ferita tenuta coperta da un panno a proteggere la benda.Quel telo ancora emanava un delicato profumo di biancheria pulita e conservata tra le spighe di lavanda.Era un panno grezzo di canapa poggiato sopra la benda a tener coperta la spalla. Chantal lo sfiorò appena,poi lo scostò facendolo scivolare lungo la spalla e scoprendo la camicia che nascondeva la benda. Il luogo era austero,ma quel profumo di fresco le dava conforto e calore. Chantal scrutò a lungo la benda infarcita di sangue ancora vivo,adagiato appena sotto la sua camicia che recava lo squarcio del dardo ancora ben distinguibile in quella larga macchia rossa che aveva impregnato le sottili fibre del leggero tessuto di garza della clamide. Meditava cosa fare,voleva vedere la ferita,scoprirla e realizzarne la gravità.Ma ebbe un momento di esitazione anche a causa del dolore che le procurava il,seppur impercettibile,movimento. Chantal comunque si fece coraggio,sollevò nuovamente lentamente la mano destra,poichè la ferita le era venuta alla spalla sinistra,e piano piano raggiunse prima la camicia per muoverla lievemente in senso riverso e scoprire la benda,e poi sfiorò con le dita la benda stessa che si estendeva dalla fossetta giugulare fino all'acromion scapolare.Poggiò le sue dita su di un angolo asciutto di quello straccetto posizionato sotto i fini ricami che passavano sulla leggereza della garza di cotone e,trattenendo il respiro,sollevò delicatamente la benda fino a che potè, finalmente, vedere la ferita. Poco sotto la clavicola aveva una lacerazione lunga circa quanto la lunghezza del suo palmo,in parte dai contorni lisci,in parte lacerati fino a mostrare piccole frange di pelle appena sollevate dai tessuti carnei sottostanti.Era come se la freccia l'avesse presa di striscio,solo a poche dita dal collo la ferita si faceva più profonda e larga,dai margini ben definiti e incrostati di sangue raggrumato.In quel punto,la ferita sembrava ancora fresca e sanguinante. Le bruciava per tutta l'ampiezza,le dolevano tutte le fibre del corpo,avrebbe desiderato soffiare sopra la lacerazione come se il fresco alito potesse in qualche modo alleviare il senso di bruciore,ma non aveva forza,nè fiato,allora reclinò nuovamente il capo all'indietro lasciando fluttuare alcune ciocche di capelli trascuratamente sciolti ed accomodati dietro la schina,e la mano che aveva sollevato la benda le scivolò dalla ferita fino a posarsi sul petto,inerme e di cinereo pallore,lasciando la ferita un poco scoperta. Sul torace muoveva flebilmente le dita,esplorando cautamente e con impercettibile tatto il petto,alla ricerca dei lacci della camicia,aveva chiuso gli occhi ora,e tastando la pelle avvertiva sotto i polpastrelli d'essere asciutta ma infreddolita,e raccolti i lacci che le ricadevano sul seno,tentò di tirarli lievemente fino a che gli orli della camicia presero a combaciare. Avvertì,così,un senso di protezione. Tremava debolmente,e stringere le dita trattenendo il sottile filo del cordoncino di fibre intrecciate che tratteggiava nei piccoli occhielli sembrava un'impresa ardua. Trattenne,così,un poco i lacci con la punta delle dita serrate,raccogliendo in un pugno blando tutta la lunghezza del cordoncino,ma poi la sua mano perse le forze,le dita si arresero lentamente e il laccio le ricadde in mezzo al petto.Infine,il bracciò le scivolò di fianco. Inclinò la testa ancora verso la ferita,e schiuse le labbra in un sospiro. Non cercava affatto di richiamare a sè l'attenzione delle figure nella stanza poichè non riusciva ad emettere alcun suono con la voce resa muta dal sordo dolore. Cercava,allora,con lo sguardo le figure, sebbene non le distinguesse bene,ma s'accorse che se ne stavano abbracciate,e che erano una madre e la sua bambina abbandonate ad amorevoli effusioni d'affetto. Pur avendo udito,poichè era sveglia,il loro discorrere,Chantal non aveva seguito il filo del discorso,e non ricordava alcuna delle parole da loro pronunciate,solo il tono dolce e delicato,e vagamente sommesso,delle due figure. Inclinò ancora di più la testa,allora,Chantal,fino a che la sua guancia sprofondò nei lunghi capelli sparsi in lenti riccioli nella paglia e lasciò che il suo respiro lambisse quello scorcio di torace che emergeva dallo scollo aperto della camicia, l'aria umida e calda che le proveniva dalla bocca socchiusa accarezzava ed avvolgeva la sua pelle lasciandole un lieve senso di benessere poichè le permetteva di riscaldarsi le spalle nude. Tanto flebile era il suo respiro,tanto impercettibile quell'alito che da esso si generava quanto tanto benefico e sanatorio a smorzare quella sensazione di brivido che attraversava la ragazza. Ora Chantal giaceva completamente abbandonata,con le braccia adagiate lungo i fianchi,priva di forze. Solo gli occhi non cessavano un momento di muoversi per vedere tutto intorno,e sollevato appena un poco il capo senza mai spingersi troppo a tendere il collo e le spalle,Chantal potè chiaramente vedere che ai piedi del letto vi era una cassapanca di un legno povero ma robusto sulla quale erano stati poggiati degli abiti.Riconobbe,allora,i suoi vestiti,meticolosamente ripiegati e disposti uno sopra l'altro in un ordine non casuale tutti i capi che indossava quella notte.C'erano la cappa posta alla base della pila,la sua giacchina di velluto operato,poi il suo corsetto accuratamente allacciato come pronto per essere riposto in cassetto,infine il lungo nastro che usava per trattenere le ciocche di capelli raccolti,sapientemente arrotolato e posto in cima al piccolo corredo che comprendeva quel suo vestiario.Ma più di tutto le saltò agli occhi fino a farla impallidire quel sampler con una lettera ricamata a mano da lei stessa che usava appuntare all'interno di ogni sua veste quando s'abbigliava al mattino,generalmente lo spillava all'interno del corsetto.L'iniziale misteriosa che non richiamava alcuno dei suoi cari serbava un nome che la ragazza aveva nel cuore e che mai aveva rivelato.Era fatta di punti delicati e leggeri, ricamata in bianco su un tessuto di un candore innaturale.Il sampler,piccolo e sapientemente operato,doveva esserle caduto quando le avevano tolto i vestiti per curarle la ferita. Di fianco ai suoi vestiti erano state riposte anche le sue scarpe,delle piccole calzature decolletè arrotondate alla punta,di tessuto di damasco ricamato nei toni dell'avorio e del rosa antico,anch'esse erano state sollevate sulla panca,ripulite dalla polvere e accomodate ordinatamente congiunte. Tutto questo infondeva in Chantal un senso di sicurezza.Di certo chi si era presa cura delle sue vesti non avrebbe potuto ledere alla sua persona. Ma poi,un repentino senso di malinconia la assalì,sollevò così il braccio più libero di muoversi fino a portarne la mano all'altezza della testa,e voltò il viso per farlo poi ricadere sul suo palmo e,piano piano,lasciò affondandare in esso la guancia,mentre ne assaporava l'accennata morbidezza e il calore,essendo la sua una mano scarna e fragile ma calda. In quella posizione la ragazza si ritrovò il polsino orlato di merletto che pendeva dalla manica della camicia a sfiorarle il viso.Esso si susseguiva in piegoline ondulate tenute stetta da una salda cucitura poco sopra il polso.Chantal trattenne l'orlo di quel merletto tra le dita,lasciando che le sfiorasse lievemente la pelle con la sua candida leggerezza,facendole così respirare quella tranquillità e quel profumo del mondo di casa sua. La fanciulla chiuse,allora,gli occhi,le palpebre le cedevano lentamente andando ricreando sotto di esse le immagini dei ricordi..Era come se potesse annusare la boccetta di acqua del lago,l'essenza di fiori di violette che usava come profumo la sua tenera governante,il tabacco che masticava suo padre quando lei glielo porgeva a fine pasto e,fra tutti,le rose freschissime che coglieva al mattino mentre cantava sotto la finestra di Pierre,e il legno di rosa che il ragazzo raccoglieva per ricavarne i grani del rosario quando aiutava i frati del convento a infilare coroncine. Tutto questo accolto in quel candido scorcio di merletto che orlava la sua camicia e che ora sfiorava la guancia di Chantal,profumando delle cose a lei care. Infine,quando fu più rilassata e tranquilla,prese ad ascoltare il racconto che ancora proseguiva,accennato da quella figura femminile seduta poco più in là nella stanza,abbandonata al calore del fuoco e dell'abbraccio per la sua bambina. E per un momento le sembrò di dimenticare ogni affanno,lasciando affiorare un sospiro che racchiudeva una flebile speranza. Buona fortuna,Vayvet..il pensiero la colse prima di cadere addormentata. |
24-04-2012, 03.29.57 | #1795 |
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Porsi la mano a Lilith e la tenni per imprimerla sicurezza....l'incontro con quella oscura figura aveva reso cupo il suo candore.
Senza esitazione ma leggiadri come il vento proseguimmo verso il tortuoso cunicolo.... Un vento gelido passò dinanzi al mio viso, nuovamente la mistica figura apparse a noi anche se stavolta non fuggì anzi...... Oramai, la mia vista si era abituata a qual buio e prima che corresse via, riuscì a leggere il suo movimento andava verso quel bagliore e come se ci volesse aiutare ed indicare la via anche se il suo compito non credo fosse quello di servirci..... sempre con molta attenzione proseguì il cammino, nuovamente applicaì la tecnica del sassolino per vedere se vi era qualche trappola. Tutto procedeva nel silenzio, "che strano sentirlo.....mi infonde sicurezza".... una volta giunti nella stanza del luccichio potrebbe succedere qualcosa..... "Meglio esser pronti"....
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"Covenant's Love"..... le dolci parole di colei che è entrata nel mio cuore..... |
24-04-2012, 09.31.02 | #1796 |
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Il fabbro alle mie parole si voltò e mi salutò, ero leggermente intimorita ma dovevo farmi coraggio.."Si cercavo proprio voi messere, io sono appassionata di spade sapete? Ne avete alcune da mostrarmi...?" dissi avvicinandomi a lui, lo guardai negli occhi...."e siccome mio cugino Fyellon non è nei paraggi ho approfittato per venire da voi, sapete..mio cugino è preso da una strana forma di gelosia nei miei confronti, e...sa che..mi sono innamorata di voi messere" e gli presi la mano, alzando gli occhi al Cielo sospirando. Il mio sguardo però si soffermò sulla corazza, una strana luce penetrava nella fucina e la faceva brillare vistosamente, Fyellon aveva ragione, essa celava qualcosa di veramente misterioso.
"Quella corazza.." la indicai con una mano, mentre continuavo a stringere la sua con l'altra "è di fattura magnifica, ne sono affascinata....messere me la volete mostrare, potrei provarla...in cambio di un mio bacio?" e cercavo al di fuori Fyellon con lo sguardo.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
24-04-2012, 10.03.43 | #1797 |
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Fin diede la sua spiegazione....una spiegazione dettata da una sorta di filosofia che non conoscevo..." Se voglio potrei volare su quei giardini, non preoccupandomi di uno strano lucchetto.........ma amo rispettare le regole, almeno sino a quando non minano la salute delle persone a cui voglio bene ".... Alle finestre del palazzo scorsia ancora una figura femminile.....era leggera e triste...ma in quel posto tutto era triste anche gli splendidi colori di quel magnifico parco...........Reas arrivo' correndo, gia' la magnifica notizia.....ero libera e sotto ricatto ..c'era proprio da stare allegri.....e poi il messo Goza aveva bisogno urgente della mia presenza..........Fin ovviamente non c'era piu' forse stava cantando le sue storie in un'altra parte del Parco........." Reas ascoltatemi, le cose non stanno esattamente come pensate..........io sono una persona libera come un carcerato a cui hanno messo la catena al piede.............la mia liberta' dura sino a quando i patti verranno rispettati.......e se volete sapere come la penso...i Cavalieri del Tulipano non sono persone che amno rispettare i loro patti............E ora perdonatemi, ma Goz ha bisogno di me.....e io ho bisogno di lui , la nostra vita stranamente si e' legata a tal punto.........che il solo pensiero mi fa' inorridire......".......strinsi le mani a Reas...per trasmettergli il mio grande affetto......e seguii il servitore per nadare da Goz
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24-04-2012, 10.40.05 | #1798 |
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Ad un certo punto per la rabbia e per la frustrazione presi Giada e la scagliai contro un'albero con talmente tanta forza che si conficcò fino a metà..
<<Basta! Non c'è la faccio più! Non sono capace a domarlo non ci riesco e tu oltre a darmi ordini non fai! Se non posso usare quello stupido cavallo andrò a piedi!>> E detto questo in preda a una rabbia furiosa cominciai a correre nella foresta incurante dei graffi dei rami sul viso.. Non riuscivo a ragionare sarei andato li e avrei combattuto a mani nude piuttosto che aspettare che quel cavallo cocciuto si decidesse ad accompagnarmi..
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24-04-2012, 11.10.04 | #1799 |
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La situazione era precipitata con una rapidità disarmante... la voce del vecchio si era fatta di momento in momento sempre più aspra e carica di malcelato sospetto mentre il suo sguardo, che avvertivo su di noi con assoluta chiarezza, era severo e diffidente. Anche Guisgard, d’altro canto, si stava innervosendo... aveva alzato appena la voce alle accuse dell’altro ed il suo tono si era fatto duro, mentre la sua mano, intrecciata alla mia, vibrava appena, come pronta a reagire. I cani abbaiavano, intanto, e Sheylon ringhiava pericolosamente, pronto ad attaccare ad un solo cenno del suo padrone...
Io provavo disagio. La pietra rossa, al mio collo, era diventata inspiegabilmente calda, intanto... era una curiosa sensazione... la sentivo bruciare contro la mia pelle anche attraverso il vestito... le mie dita corsero ad essa un istante, poi le riabbassai e, stringendo la mano di Guisgard per indurlo alla ragionevolezza, feci qualche passo verso il vecchio... “Signore...” iniziai allora a dire, con un piccolo cenno rasserenante verso Sheylon “Signore, credetemi... vi ingannate! La tempesta ci ha colti di sorpresa mentre eravamo in viaggio e ci ha spinti qui, con l’unico desiderio di ripararci dalla pioggia e dal vento. Noi non sapevamo che questo luogo fosse il vostro ricovero, o non ci saremmo di certo permessi di importunarvi.” I cani continuavano ad abbaiare, ma io non badai loro... mi sentivo calma... sentivo che, finché avessi detto la verità ed il mio cuore fosse stato sincero, non avrei avuto niente da temere. Feci ancora due minuscoli passi avanti, sollevando gli occhi verso l’uomo... non potevo vederlo, ma lo percepivo con precisione di fronte a me... “Guardatemi...” dissi lentamente, mentre un leggerissimo sorriso mi increspava appena le labbra “Guardate i miei occhi, vi prego... credete davvero che vi stia ingannando? Credete che potrei farvi del male, o che potrei mai farne a qualcuno? Se è questo che credete...” soggiunsi in tono morbido, dopo appena un istante “Se davvero, guardandomi, pensate questo... allora ce ne andremo, nonostante il buio e la tempesta, e non vi importuneremo più. Avete la mia parola!” Un altro breve momento di silenzio... la mia mano corse indietro a cercare Guisgard, ma i miei occhi rimasero sull’uomo di fronte a noi... “Come vedete...” mormorai poi, trovando la mano del cavaliere e stringendola “Come vedete, signore, siamo tutti nelle vostre mani ora!”
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24-04-2012, 11.29.58 | #1800 |
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Guardai Alberigo e dissi vieni qui abbiamo bisogno di te poi guardando gli altri dissi non abbiamo nessuna possibilità dobbiamo fare questo matrimonio se non vogliamo passare degli altri guai voi avete un altra idea? domandai
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fabrizio |
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