28-06-2014, 17.08.41 | #231 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Grazia, prima di rivelare loro ciò che quel libro diceva, chiese a Rinos e a Lion del Fiore Azzurro di cui parlava quell'antico testo.
“Fiore Azzurro...” disse pensieroso Rinos “... non credo di averlo mai sentito prima d'ora... e tu?” Voltandosi verso Lion. “E' la prima volta che ne sento parlare...” rispose questi “... ma perchè ci fate questa domanda, damigella?” Domandò a Grazia. “Forse nel libro si parla proprio di questo Fiore Azzurro?” “Così, sentendone il nome, a me fa pensare ad un Fiore magico...” mormorò Rinos “... tu cosa ne pensi?” Fissando Lion. “Mah...” scuotendo il capo Lion “... mi chiedo cosa possa mai avere di magico un Fiore...”
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28-06-2014, 17.13.32 | #232 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Clio aprì quella lettera che così diceva:
“Caro zio, cara zia, dolce cugina, sono anni che ormai manco da Lortena. Ma anche essendo lontano, mai è trascorso giorno senza che il mio cuore e la mia anima fossero là con tutti voi. Il mio apprendistato è concluso, ma durante il mio viaggio di ritorno verso l'amata Lortena la nave su cui ero imbarcato è stata assalita dai pirati e mi sono ritrovato in catene per novanta giorni. Ma la fortuna mi ha sorriso, mettendo sulla rotta dei corsari una delle navi di Amlot che ci ha liberati. Ora finalmente sto facendo ritorno da tutti voi e non vedo l'ora di rivedervi, sebbene il Tempo ci ha separati per un periodo troppo lungo. Ho passato i giorni a ricordarvi, caro zio e cara zia, ad immaginare come sarà oggi la piccola Clio, della quale rammento i suoi bellissimi e luminosi occhi azzurri nel giorno della mia partenza. Ma a breve, finalmente, vi rivedrò tutti. Con affetto e amore. Imone.”
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28-06-2014, 18.10.26 | #233 |
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Ringraziai e pagai bene l'uomo, uscimmo dalla bottega per cercare questo uomo chiamato Bauon e chiedemmo informazioni a una persona che ci indicò una casa di fronte.."Ahmed. .strano..una arma da parata..ma l'uomo che la dava a chi lo avrebbe battuto diceva la aveva ottenuta da un cavaliere capomazese battendolo..non coincide".
Bussammo alla porta, non capivo se era una specie di bottega ma muovendo il pomello la porta si apri ed entrai ma stavolta chiesi solo la presenza di Ahmed e Korshid. ."È permesso..sono la principessa Altea e cerco messer Bauon". Mi guardavo attorno con la spada in mano..l'ambiente era strano. Poi vidi un anziano intento a studiare e gli sorrisi andandogli vicino, lui ci osservava ma io non intendevo perdermi in chiacchiere. "I miei omaggi, cerco messer Bauon" e le mie mani mostrarono la spada capomazdese.."ci ha mandato un bottegaio qui vicino, vorremmo sapere il suo parere su questa spada e soprattutto se egli sa il significato di queste parole incise sulla lama".. “La mitica Caleidos della Signora dell'Elsa ho veduto. Io conosco dove quel prezioso oggetto è custodito. E quel segreto è racchiuso in me, nell'anima di questa lama, in un idioma sconosciuto e oggi perduto.”
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea Ultima modifica di Altea : 28-06-2014 alle ore 21.38.34. |
28-06-2014, 18.16.18 | #234 |
Disattivato
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Scoppiai a piangere, stringendo quella lettera fra le mani.
Non troverai nessuno qui, cugino mio... Nè i tuoi genitori, né tantomeno i miei.. Mio padre lo adorava, aveva grandi progetti per lui. Avevo pochi ricordi sfuocati, ricordo quanto mi sembrava forte e invincibile. Si allenava a combattere e io lo seguivo con lo sguardo. Come può non sapere? Essere all'oscuro del dolore che ha avvolto questa terra? Lessi la lettera un'altra volta. Con un profondo respiro, mi alzai e lanciai la lettera nel fuoco. Meglio non lasciare prove. Dovevamo agire, se si fosse presentato così l'avrebbero ucciso seduta stante. Lasciai con le mie due ancelle le mie stanze, per raggiungere il tempio dove avevo lasciato Roland. Era un tempio silvano, dedicato agli dei boschivi. Erano i sacerdoti verdi ad occuparsene solitamente. Ma Froster ne aveva uccisi a dozzine, non comprendendo la nostra pluralità religiosa, e ora il tempio era vuoto. Da bambina mi facevano quasi paura gli alberi dipinti alle pareti, la luce della luna che filtrava dall'ampio oculo rendeva l'atmosfera spettrale. Lasciai le mie ancelle all'entrata del tempio. Adoravo quel silenzio, rotto solo dal rumore degli animali che gironzolavano sempre da quelle parti. Bruciai l'incenso, e pregai perché i nostri boschi custodissero i Lupi e fossero impenetrabili per gli invasori. Non sembrava così abbandonato, evidentemente Roland aveva avuto il tempo di metterlo a posto. Attesi in preghiera l'arrivo del mio amico. |
28-06-2014, 22.08.29 | #235 |
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Si arrabbiava proprio.....Oxuid sembrava aver preso la sana e saggia pazienza......la Chiesa a quanto pare aveva preso in giro un pò tutti.....lo diceva a me....la maggior parte di noi era finita al rogo grazie alle torture della sacra inquisizione.....la Chiesa ci aveva creato e la Chiesa ci aveva abbandonato......ma io credevo in Cristo e non nell'uomo...quindi ...per me l'uomo di chiesa era un uomo e in quanto uomo era libero di fare tutto ciò che era nelle sue possibilità per impossessarsi del mondo...."......Vi caspisco...Dottore...capisco la vostra mente da Uomo Libero.....e quella del Clerico ho vissuto come Frate.....vorrei vedere uno spiraglio di vittoria nel vostro discorso ma...ancora non riesco...sapete ancora sono fondamentalmente ancorata ad un mondo che e' molto diverso dal vostro.......io so cos'e' la libertà e la conosco in base alla libertà di culto...cosa che invece ha creato più guerre di chissà quale altra motivazione "......Una città era apparsa......così all'improvviso che sembrava essere uscita fuori dai nostri discorsi......Imperion...." devo dedicarmi ai libri ...quando arriveremo ....?......i vostri discorsi sanno di altro ....".....
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30-06-2014, 02.27.11 | #236 |
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“La libertà, mia cara, è la possibilità che tutti gli uomini hanno di poter vivere in pieno la loro vita e di poter godere anche dei propri errori, senza correre il rischio di essere giudicati da un proprio simile o da qualsiasi altra autorità di questo mondo.” Disse Oxuid ad Elisabeth. “Io, da uomo libero, pretendo dunque di avere il diritto anche di sbagliare, senza per questo dover credere di offendere un qualsiasi Dio ed i Suoi presunti Dettami.”
In quel momento le mura di Imperion apparvero all'orizzonte. Erano di solido granito e parevano svettare verso il Cielo, senza paura di sfidare nessuna delle Angeliche Intelligenze che vi abitavano. Alte torri merlate, rafforzate ciascuna da un poderoso barbacane e collegata a tutte le altre da un ciclopico e continuo muro a scarpa, scandivano la regolare perfezione della cinta muraria che correva intorno alla città, racchiudendola come a volerla preservare dai valori ed i principi che fino a quel momento avevano fatto girare il mondo con le sue società di Antico Regime. La carrozza entrò così in quella babelica città, le cui case, i palazzi, le rocche e le torri apparivano come ammutolite da un'innaturale apatia. Forse a causa delle tante guardie che controllavano le strade, o per i cittadini che parevano muoversi come laboriose formiche tutte uguali, o forse perchè in quel luogo sembrava mancare qualcosa. Qualcosa che invece era presente in tutte le altre città del mondo occidentale. Le chiese. La carrozza, infatti, attraversando le strade di Imperion, mostrò ad Elisabeth come le chiese presenti avessero tutte le porte chiuse con assi di legno o travi di ferro e nell'aria non vi fosse il minimo suono che assomigliasse al rintocco di una campana. E nei cieli di Imperion non sventolava neanche una Croce. Era invece il simbolo di Picche che su stendardi, bandiere e scudi si innalzava quasi come superbo vessillo e monito verso tutto ciò che l'ordine di questa città combatteva. La vettura infine arrestò il suo cammino di fronte ad un grande palazzo in stile comunale, simile ad un'antica rocca medievale rivisitata oggi con gusto rinascimentale. Oxuid scese dalla carrozza e fece cenno ad Elisabeth di seguirlo. I due entrarono così in quel grande palazzo, fino a raggiungere una piccola stanza. Qui Oxuid, senza proferire parola, fu subito riconosciuto dal funzionario seduto ad un tavolo che alzandosi lo salutò rispettosamente con un cenno del capo. “Compagno funzionario...” disse poi il dottore “... annunciami subito al compagno Budkin.” Il funzionario annuì e fece poi un segno a lui e ad Elisabeth per essere seguito. Attraversarono un lungo corridoio, fino a raggiungere una porta dall'aspetto austero. Qui il funzionario bussò. “Compagno Budkin...” aprendo la porta questi “... il compagno Oxuid a rapporto.” “Bene, che entri allora.” Rispose una voce dall'interno della stanza. Qui Elisabeth ed Oxuid trovarono un ometto vestito elegantemente insieme ad una donna, anch'ella ben vestita e dall'aspetto avvenente, sebbene non raffinatissimo, seduta su una bassa poltrona con in mano un vistoso ventaglio che agitava con fare civettuolo.
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30-06-2014, 02.48.28 | #237 |
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Da alcune colonne di libri ammassate disordinatamente su un tavolo e colmo anche di scartoffie, penne di piume d'oca, archibugi e pistole smontate e assemblate poi fra loro, sbucò la testa di un vecchietto.
Fissò Altea e le due persone che erano con lei, mostrando poi un largo sorriso. “Oh, un'arma...” disse avvicinandosi a loro “... quanto tempo che nessuno me ne portava una...” osservando la spada “... posso vederla?” Prendendola dalle mani di Altea “... uh, una spada Capomazdese da parata... questo genere di armi pur non essendo fatto per usarsi in battaglia, viene costruito con molta attenzione, poiché deve ben figurare nelle parate militari...” guardò poi con attenzione la scritta incisa sulla lama “... beh, da questa scritta possiamo di certo dedurre che il proprietario non era una persona comune...” “A chi credete sia appartenuta questa spada?” Chiese Ahmed a Bauon. “Oh, non è semplice a dirsi...” rispose il vecchietto “... forse ad un nobile... o magari ad un chierico vagante... chissà... ma di sicuro, chiunque fosse, era molto vicino alla corte dei Taddei...”
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30-06-2014, 02.50.43 | #238 |
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Clio raggiunse quel tempio dedicato all'antico culto degli dei boschivi.
Poi bruciò dell'incenso e cominciò a pregare. L'atmosfera di quel luogo era particolare. Sembrava in grado di rapire e di condurre lo spirito lontano, indietro verso un tempo remoto, fatto di riti e cerimonie primordiali, dove uomini e donne vivevano in un intimo legame con la natura. Ma adesso a Lortena quei tempi apparivano così lontani. Quasi come se fossero appartenuti ad antichi racconti orali, col pericolo oggi di andare perduti per sempre. Ma ad un tratto un rumore di passi destò Clio dalle sue preghiere. Era giunto Roland.
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30-06-2014, 04.59.12 | #239 |
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Capitolo III: Il magnifico avventuriero
“Era nato con il dono della risata e la sensazione che il mondo fosse pazzo.” (Rafael Sabatini, Scaramouche) “Senza sosta lo cercan qua, lo cercan là, Capomazda tutta si strugge e dov'è non sa. Che sia sbocciato in uno sguardo o in un sussurro, questo inafferrabile e meraviglioso Fiore Azzurro!” La piccola locanda, data l'ora mattutina, appariva vuota e silenziosa, fatta eccezione per quel rumore di posate sui piattini di scadente ceramica che il giovane continuava a fare distrattamente, mentre sfogliava con gesti meccanici quell'opuscolo stropicciato. “Devo dedurre” disse l'individuo seduto di fronte a lui, fermo a guardarlo mentre continuava a tenere lo sguardo fisso su quel piccolo fascicolo “che queste notizie giunte dalla guerra tra Imperion e Nagos debbano suscitare un tal certo interesse...” “Non più di quanto non faccia questa confettura di albicocche sulla mia focaccia...” mormorò l'altro, senza alzare lo sguardo dall'opuscolo “... però ti dirò, Petrin, che mi stuzzica non poco l'appetito... oh, non che questo sia un problema, visto le squisite colazioni che sa servire la nostra madama de Fornì...” abbassando per un momento quel libretto e facendo un occhiolino malizioso alla ragazza intenta a pulire i tavoli vuoti, la quale rispose lesta con un largo sorriso ammiccante “... ma trovo che leggere di queste cose renda il mio umore decisamente gaio...” tornando a guardare quelle paginette. “In pratica cosa dice quella roba?” Chiese Petrin, allungando una mano e prendendo un pezzo di focaccia. “Elenca i propositi liberali ed illuministici del governo di Imperion...” rispose l'altro “... e devo ammettere che lo fa in modo molto convincente, quasi da fare sembrare vero ogni vaneggiamento qui descritto.” “Beh, il popolo che spinto dalla fame e dai soprusi giunge a fare una rivoluzione” mormorò Petrin “credo sia la storia più vecchia di questo mondo...” L'altro smise di leggere ed abbassò il libretto, lasciandolo poi cadere con indifferenza sulla tavola. “Amico mio...” prendendo con un cucchiaio altra confettura e spalmandola su un quadratino di focaccia “... se davvero esistesse una forma di governo aurea e perfetta, allora questi individui di Imperion meriterebbero un posto nella storia come inspirati di ogni tempo... ma dubito che siano riusciti a giungere a tale filosofica ricetta... voglio dire...” assaggiando la focaccia “... cosa hanno scelto per reggere la loro città? Una repubblica, no? Ecco, la migliore fra tutte le repubbliche non può che seguire l'eccelso modello principe di ogni repubblica, ossia quello dell'antica Roma. Riflettici su, Petrin... all'epoca, come adesso, il potere era delle grandi famiglie patrizie che vivevano nel lusso, tenendo per sé benessere, ricchezze, diritti e qualsiasi altra cosa valesse la pena possedere. Poi c'era la plebe, il volgo, oppresso, afflitto, affamato, sanguinante ed infine moribondo nei tuguri e nelle cloache di Roma. E quella era proprio una repubblica. La più potente e grande che mai vi sia stata.” “Beh, lo scopo di una rivoluzione è portare i più deboli ed oppressi al potere immagino...” masticando la focaccia Petrin. “Lo scopo di ogni rivoluzione” sorseggiando del tè l'altro “è quello di sostituire una classe al governo con un'altra. E sai ad Imperion mira a tale privilegio? Te lo dirò io... la borghesia.” Petrin lo guardò sorpreso. “Ma se è il popolo che si è mosso con le armi ad Imperion, spodestando il vecchio regime monarchico!” Esclamò poi. “Certo, il popolo.” Annuì il giovane. “Ma spinto dai propri datori di lavoro. In piazza e nelle strade scendono contadini, operai, artigiani, bottegai, ma tutti mossi come tante marionette da chi sta dietro di loro, da chi per anni, anzi secoli, non ha fatto altro che opprimerli. Gente che si è arricchita sfruttando il volgo con paghe miserevoli, nelle loro botteghe e fabbriche. Oppure facendo commercio di spezie, stoffe, armi e persino di esseri umani come i mercanti di schiavi. Questa è la borghesia. Gente arricchitasi a spese dei più deboli, ingrassatasi all'ombra dell'aristocrazia e del Clero e che oggi muove i fili del volgo ignorante e disperato per giungere ad ottenere ciò che la sua miserabile nascita non gli concederà mai, ossia il potere, il governo.” L'eloquenza del suo giovane amico zittì Petrin. “Bah, io non mi intendo di queste cose...” farfugliò poi. “Anche io amo tenermene fuori.” Sorridendo l'altro. “E direi ora di preparare il tutto per quel nostro viaggio verso Baias...” alzandosi dalla tavola “... ho bisogno di ispirazione e ciò vuol dire che necessito di ammirare qualche bel paesaggio... e naturalmente delle graziose figliole.” “E con quale denaro?” Domandò Petrin. “Oh, bella!” Esclamò l'altro. “Non sai forse, amico mio, che vi sono solo due modi a questo mondo per possedere denaro? Sposarlo o ereditarlo. E fortunatamente io, nella mia condizione di figlio naturale, posso vantarmi di sguazzare in quest'ultima situazione.” Rise appena. “Ora non mi resta dunque che dirigermi dal gentile e disponibile notaio de Gaitan e riscuotere la mia rendita mensile. E dopo nessuno potrà impedirci di correre verso le meravigliose sponde di Baias.” Petris annuì sorridendo. “Ora tu torna pure nella tua bottega” continuò l'altro “mentre io passerò dal mio buon notaio. Ci ritroveremo da tè fra... diciamo un'oretta.” I due allora si salutarono, per poi separarsi. Il giovane eloquente si avviò allora verso il centro cittadino, raggiungendo così la casa del notaio de Gaitan. E appena arrivato nell'androne che dava al suo studio, il giovane si presentò alla governante. “Messere...” mormorò la donna “... non... non avete annunciato la vostra visita questo mese...” “Beh, mia bella signora...” mostrandole un vistoso inchino lui e baciandole la mano “... non capita sovente che mi presenti qui alla fine di ogni mese? E' un atto di riguardo il mio, sapete? Non oserei mai piombare qui mentre magari il nostro signor de Gaitan è occupato con qualche cliente di ottima reputazione. Non vorrei mai che il caso di un figlio naturale si mischi alle pratiche di gente altolocata.” Facendole l'occhiolino. “Ecco io...” farfugliò la donna “... temo che il signor notaio sia impossibilitato ad incontrarvi oggi... non è qui...” “Davvero?” Il giovane. “E' strano... venendo qui ho veduto la sua carrozza in strada... suvvia, non temete, ci metterò poco... il tempo di riscuotere la rendita mensile e poi andrò via.” Di nuovo le mostrò un inchino e poi, senza attendere la sua reazione, entrò nello studio del notaio. “Voi?” Vedendolo entrare il notaio. “Proprio io, signor de Gaitan.” Sorridendo il giovane. “Oggi no.” Scuotendo il capo de Gaitan. “Oggi non posso vedervi.” “Oh e avete provato con una lente?” Scherzando l'altro. “O magari un cannocchiale? Ne vidi uno a Pisa tempo fa davvero strabiliante.” Ridendo. “In questo momento il vostro sarcasmo, come la vostra visita qui, è del tutto fuori luogo, Guisgard!” Alzandosi dalla sedia il notaio. “Non ho nulla per voi oggi!” “Perchè” con sospetto Guisgard “ho l'impressione che vogliate tenermi nascosto qualcosa, signor de Gaitan?” Il notaio non rispose nulla, limitandosi a chinare il capo, senza più fissare il giovane.
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30-06-2014, 15.12.02 | #240 |
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Sentii dei passi dietro di me e sorrisi, per poi voltarmi indietro solo per un secondo, il tempo di riconoscere il mio fidato lupo.
"Hai sistemato bene questo posto.." Sussurrai, quando fu al mio fianco "Potresti quasi sembrare un vero Sacerdote Bianco..." Sorrisi. In realtà, Roland era un armaiolo, e come me pur rispettando tutti gli dei di Lortena, eravamo stati iniziati ad un culto guerriero, a cui solo i migliori riuscivano ad accedere. Era tradizione che i signori di Lortena vi prendessero parte, per dimostrare il loro valore, anche se mio padre non vi dava molto peso, era un uomo semplice, infondo, legato alle sue montagne più che alla spada. Eppure, aveva insistito non poco perché anche io fossi messa alla prova. Se avesse scelto un marito tra i nobili della Valle, non ce ne sarebbe stato bisogno, visto che tutti gli aristocratici mettevano alla prova la loro bravura nella Grotta del Toro. Ma se avesse preferito allearsi con qualche signore straniero, non voleva spezzare la tradizione nemmeno per una generazione, per scongiurare malcontenti. Naturalmente i maestri non avevano visto di buon occhio la mia partecipazione, ma avevano accettato di farmi provare perché tutti erano convinti del mio fallimento. Io, invece, che fin da bambina sognavo gesta eroiche e cavalleresche, avevo sopportato l'allenamento con entusiasmo e dedizione, riuscendo addituttura, non solo a passare la prova, ma a stupire i maestri. E a differenza di mio padre, prendevo la cosa molto seriamente, in quella grotta avevo imparato molto più di quanto non sembrasse. Lì avevo conosciuto Roland, e mi era stato subito simpatico, anche se non potevo Immaginare cosa il destino aveva in serbo per noi. Ma anche per quello, non avevo esitato a fidarmi di lui quando aveva scoperto il mio segreto. E non mi ero mai pentita di avergli concesso la mia fiducia, anzi. "Mio cugino Imine sta tornando in città.." Sussurrai "Per quanto mi sembri impossibile pare all'oscuro degli ultimi avvenimenti.. Dobbiamo mandargli qualcuno incontro almeno ad avvisarlo.. Ci manca solo che arrivi qui a farsi ammazzare.. può esserci utile un alleato da fuori!" Sospirai "C'è un motivo se ti ho fatto venire qui.. Dobbiamo usare le gallerie delle vecchie miniere per arrivare al Castello Eubeo, capire qual'e la situazione e aggiornare i Lupi con le novità.. Abbiamo tempo fino all'alba, ho dato ordine di non disturbarmi, perché ero sfinita per il viaggio.. " mormorai, sempre a voce bassissima, poiché non mi sentivo mai al sicuro. "Se sei pronto,partiamo immediatamente.." Sentenziai. Ultima modifica di Clio : 30-06-2014 alle ore 15.22.52. |
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