03-05-2011, 01.40.22 | #591 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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La vecchia cominciò a ridere.
Prima piano, a denti stretti, per poi abbandonarsi ad una folle e grottesca risata. “La giovane crede nella bellezza, nell’ardore e nella gioia…” disse tirando fuori da una tasca tre fili di stoffa stropicciati “… e crede che tutto ciò possa durare per sempre… questo ci differisce e nulla più! Tu hai la bellezza e l’illusione di poter essere felice…” la fissò, smettendo per un attimo di ridere “… io invece non credo più a queste favole… quelle come te e come me non possono fare gli stessi sogni di tutte le altre donne… tu credi di poter prendere dagli altri in eterno e forse hai ragione… anche io lo credevo in gioventù… ma poi ho compreso che la vita ci succhia l’anima come noi stesse facciamo con gli altri!” Mostrò poi a Melisendra i tre fili di stoffa stropicciati. “Tre fili che si intrecciano tra loro…” continuò “… tre fili distinti, ma che solo slegandoli, uno ad uno, si potrà, forse, mettere ordine in questo caos…” E scoppiò a ridere.
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03-05-2011, 02.36.43 | #592 |
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Sorrisi. Era così pazza che quasi mi piaceva.
"Non è il caos che mi preoccupa, ma chi lo alimenta", sussurrai. "D'altro canto... non ho mai pensato che essere come sono fosse una benedizione. Siamo creature del caso, che ci piaccia o no. E quello che facciamo raramente conduce alla felicità." Tamburellai con le dita sul bracciolo della poltrona. "Sapreste dirmi cosa ha scatenato questo improvviso fermento tra le mura del castello?" Avevo i miei dubbi, ma forse aveva visto qualcosa o sapeva chi lo avesse provocato.
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03-05-2011, 02.56.57 | #593 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Il pugno del capitano Monteguard picchiò con forza sul tavolo.
“Vedo che avete già legato bene, voi due!” Disse sforzandosi di ridere. “Ma è giusto, l’unione è la vera forza di chi combatte insieme per la stessa causa! Peccato però che io non affiderò mai la difesa del ducato a due scapestrati come voi due! E niente mi impedirà di sbattervi dentro per un tempo indefinito!” “Capitano…” provò ad interromperlo Pasuan. “Non mi sembra di aver finito, razza d’idiota!” Tuonò Monteguard. “Capitano!” Quasi prendendo la parola a forza Pasuan. “Ho sbagliato e mi sono dimostrato indegno della vostra fiducia! Accetterò qualsiasi punizione, compresa quella di essere cacciato dai cavalieri del ducato… ma Cavaliere25 non ha fatto nulla di male! Anzi, è grazie a lui se quei tipi non hanno fatto del male a…” “Alla dama di turno, immagino!” Urlò Monteguard. “Chi era stavolta? La moglie di qualche ufficiale? O forse qualche contadinella?” “Capitano, voi parlate senza sapere…” “Silenzio!” Lo zittì Monteguard. “Ora finirete in gattabuia entrambi, a riflettere su ciò che avete fatto!” Chiamò allora una guardia, dando ordine di portare in prigione Pasuan e Cavaliere25. Poco dopo i due furono condotti verso la prigione. “Scusami, ragazzo…” mormorò Pasuan al compagno di sventure. E proprio in quel momento i due passarono a poca distanza da Dafne.
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03-05-2011, 03.28.22 | #594 |
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Il cielo di un azzurro che sembrava infinito ricopriva ogni cosa, nella luminosa e mite calura del Sole di Primavera.
Le risa degli invitati, l’odore dei capretti che si arrostivano sugli spiedi, il profumo della minestra calda, il colore della matura frutta di stagione. Tousil rivedeva ogni cosa di quel giorno. Ed il suo sguardo, tre le occhiate divertite e maliziose degli amici, cercava continuamente il volto dell’amata Rosanna. Era bellissima. I capelli bruni come l’ebano e la pelle scura, sensuale e vellutata. Sorrideva ed era tutta presa dalle chiacchiere delle altre donne, senza però evitare, di tanto in tanto, di voltarsi verso il suo novello sposo. Allora rispondeva con lo stesso sguardo alle occhiate di Tousil, aprendo lentamente le labbra, quasi a volergli sussurrare la voglia di restare sola con lui dopo la festa di nozze. Ad un tratto però il silenziò calò su tutti loro. Alcuni cominciarono a fissare la via che dava alla campagna, che separava l’abitato dal palazzo ducale di Capomazda. Pochi istanti dopo le risate di alcuni uomini a cavallo riempirono quel silenzio piombato sulla festa. Sembravano quattro cavalieri. Attylus, il padre di Tousil, fece un cenno a suo figlio. “Corri dal nipote di sua signoria…” disse “… vagli incontro! Sbrigati!” Tousil raggiunse così il suo signore. “Ehi, sembra che qui ci sia una festa!” Esclamò Icarius fissando i tre che lo accompagnavano. “Si, milord…” mormorò Tousil. “E cosa festeggiate?” “Le mie nozze, milord.” Alcune donne corsero verso il nobile signore e i cavalieri che lo seguivano, porgendo loro delle coppe di vino. “Ci offri solo da bere?” chiese Icarius sorseggiando dalla coppa. “La carne forse è solo per gli invitati?” “Prego, mio signore…” invitandolo “… sapete che qui tutto vi appartiene…” “Come i capretti che stai arrostendo... qual è la punizione per chi caccia nel demanio ducale, Ruk?” Chiese Icarius ad uno dei suoi. “Anche la morte, mio signore!” “Dovrei allora ucciderti per aver cacciato nella mia terra!” In quel momento Rosanna si avvicinò al cavallo di Icarius. “Perdonate il mio sposo, milord…” “E perché dovrei?” Domandò il duca fissando la bella sposa. “Magari potrei farlo per te...” La ragazza chinò il capo. “Non mi intendo molto degli usi della nobiltà…” fece Icarius voltandosi verso i suoi “… ma se non erro un antico diritto mi permetterebbe di… come dire, augurare fertilità alla sposa, vero?” I quattro risero. Poco dopo si allontanarono dalla casa portandosi via la giovane e bella sposa. “Tranquillo, non le farò nulla che lei non voglia…” disse Icarius voltandosi un’ultima volta verso Tousil. Quel ricordo, come una lama che si rivoltava nella carne, attraversò di nuovo, per l’ennesima volta, il suo sguardo. Come se quella scena stesse accadendo di nuovo. Stava immobile sulla grande Porta dei Leoni, confuso tra le guardie che andavano avanti e indietro, i mercanti, gli artigiani e qualche mendicante. Restò lì per un tempo indefinito, fino a quando vide il duca uscire dal palazzo, accompagnato da alcuni dei suoi. E quando il signore di Capomazda passò a pochi passi da lui, Tousil estrasse un lungo coltello, simile a quello che i contadini usavano per tagliare l’edera, e si lanciò su di lui. Forse la disperazione, forse la rabbia, o forse solamente la forza di chi non ha più nulla da perdere permise all’uomo di raggiungere il duca in mezzo ai suoi uomini. “Ora… ti ucciderò…” disse quasi balbettando, mentre fissava Icarius negli occhi. In breve si scatenò il panico. “Cane, allontanati dal duca, o ti sgozzeremo insieme a tutta la tua famiglia!” Lo minacciarono alcune guardie. “Chi sei?” Domandò Icarius. “Uno a cui hai tolto tutto…” “Guardie, arrestatelo!” Gridò August. “Fermi!” Ordinò Icarius, mentre si avvicinava a Tousil. “Cosa cerchi da me?” “Voglio giustizia…” “Ed io te ne darò…” “Allora lascia che ti strappi il cuore…” mormorò l’uomo “… come tu hai fatto a me quel giorno…” Icarius si avvicinò. “In cosa ti ho fatto torto?” “Lei… era bella… ed una vita di felicità ci attendeva… perché? Avevi tutte le donne di questo ducato… perché proprio lei? Da allora nulla è stato più come prima…” Puntò allora il coltello contro il petto di Icarius, mentre questi restava immobile. I loro sguardi si incrociarono, fino a quando Tousil lasciò cadere il coltello e scoppiò a piangere nel terreno. “Perdonami…” disse Icarius accasciandosi accanto a lui. “Il giorno in cui vorrai soddisfazione io te ne concederò…” Restarono così alcuni istanti, poi il duca ritornò verso il palazzo. “August…” voltandosi verso l’amico che gli stava accanto “… dimmi… che razza di uomo sono stato?” “Mio signore, dovete riposare…” rispose August “… andiamo, vi prego…” “Lasciami solo…” e rientrò nel palazzo.
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03-05-2011, 04.13.58 | #595 |
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Quei cupi pensieri mi riempivano la mente. In preda ad essi, o forse solo per trovarvi pace, uscii dalla biblioteca e presi a passeggiare distrattamente per i corridoio, lanciando di tanto in tanto un’occhiata fuori dalle alte finestre a bifora.
E fu così che assistetti a quella scena... fu rapida, tutto si svolse in pochi attimi e per tutto il tempo mi fu impossibile muovermi e respirare... Ero molto distante e non potevo cogliere i piccoli gesti e certamente non le parole che venivano dette... eppure qualcosa in quella scena mi parve strano e ciò mi inquietò profondamente. Esitai appena un istante, poi mi voltai e mi avviai per il corridoio... ero ancora sull’ultimo gradino della scala che conduceva al piano inferiore quando lo vidi: il duca camminava da solo, gli occhi persi chissà dove, il passo dolente... Esitai, incerta se parlare o tacere.
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
03-05-2011, 04.17.13 | #596 |
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Un irreale ed angosciante silenzio era sceso sulla brughiera.
Anche il vento si era fermato ed il grigiore del cielo, reso ancora più cupo con l’imbrunire, sembrava portare con sé funesti presagi. Le torce sulle mura sembravano animate da agitata insofferenza, mentre le sentinelle che le impugnavano scrutavano in maniera ossessiva l’angosciante scenario che si apriva inquieto davanti a loro. La cittadella di Corsus, racchiusa dalle sua antiche mura risalenti alla lontana occupazione latina, continuava a difendersi strenuamente ormai da settimane contro le milizie di Cimarow. Corsus si trovava dove cominciava a sorgere la misteriosa brughiera, confinante dunque con i territori governati da Cimarow e troppo lontana da quelli sotto il controllo dei Taddei. La fedeltà agli Arciduchi e la consapevolezza della malvagità del tiranno traditore, aveva spinto i suoi abitanti a questa drammatica ed infaticabile resistenza. Ma quella sera appariva diversa. Silenziosa, angosciante, inquietante, come attraversata da oscuri presagi di morte, pareva che in essa avessero deciso di ritrovarsi i lamenti e le maledizioni delle anime dannate. Ad un tratto, quell’insopportabile silenzio svanì. Un sordo boato lontano, appena percepibile, cominciò ad annunziarsi. Prima lento ed irregolare, poi sempre più frequente e meccanicamente costante. “Lo sentite? Si, si sente!” Disse qualcuno. “Cosa sarà?” Domandò spaventato qualcuno dalle mura. “Forse è l’esercito di Capomazda che viene a salvarci!” Gridarono alcuni dalle mura. “Forse a quest’ora Capomazda non ha neanche più un duca!” Ammonirono rassegnati altri. “Lo sento… è sempre più vicino…” urlava qualcun altro dalla torre “… è l’eco della primordiale battaglia tra gli Angeli buoni e quelli ribelli… segno che la nostra ora è ormai giunta…” Tutti allora si affacciarono dalle mura e dalle torri, per scrutare l’implacabile brughiera già avvolta da un irreale crepuscolo, il cui avvento era stato anticipato dal cielo grigio. Quegli sguardi, di centinaia, di migliaia di persone, persi lungo quel selvaggio orizzonte, ad un tratto videro una scena apocalittica. Una mostruosa macchina da guerra, coperta da un lungo e massiccio tetto spiovente, trainata dalla forza di decine di schiavi flagellati a sangue, si muoveva verso la porta di Cursus. La testa di quell’orrore era fatta di pietra e ferro e nella foschia della brughiera cominciava, man mano che si avvicinava, a mostrare il suo spaventoso volto. Un infernale ariete da battaglia, sospinto dalla disperazione di quegli schiavi frustati con sadica determinazione, si muoveva contro le mura della cittadella. Dalle mura allora, gli instancabili assediati, cominciarono a vomitare su quell’orrore una pioggia di dardi incandescenti, di olio bollente, pietre e qualsiasi altra cosa potesse in qualche modo ostacolare l’avanzata di quella macchina distruttiva. Ma la robustezza del tetto proteggeva coloro che animavano quel mostro. E se anche qualcuno cadeva, tutti gli altri schiavi, tormentati dai loro aguzzini, spingevano con ancora più forza, forse nell’utopia che presto quel supplizio sarebbe per loro terminato con la presa della sfortunata cittadella. Alla fine, sotto i colpi di quell’ariete, la porta di Cursus si frantumò, permettendo alle armate di Cimarow di penetrare finalmente nella cittadella. Allora grida, gemiti, maledizioni ed invocazioni di disperato aiuto si levarono nella brughiera, mentre alte colonne di fuoco e fumo salirono in breve verso il cielo. Un Cielo che a quel punto, sopra a quell’immane tragedia, lasciò cadere la sua ira. Una fitta pioggia giunse sui lamenti e suoi tormenti di Cursus, facendo scivolare il sangue dei suoi abitanti tra il fango ed il pietrisco delle sue strade. Alla fine, dopo stupri, saccheggi, torture e massacri, la popolazione conobbe il suo atroce destino: tutti i maschi adulti furono sterminati, mentre donne e bambini vennero venduti come schiavi. In quel momento un brivido attraverso il cuore di Melisendra e l’incantatrice avvertì, per un indefinito istante, mille voci che gridavano fino a spegnersi in un agghiacciante silenzio. Strane e confuse immagini allora si accavallarono davanti ai suoi occhi. Immagini di dolore e morte. Melisendra comprese allora che qualcosa era accaduto. Qualcosa di terribile ed inumano. Qualcosa, la cui colpa, sarebbe caduta su tutti loro. Poi la mano della vecchia servitrice lasciò il polso di Melidsendra. “Ecco cosa occupa l’interesse di quei maledetti…” disse la vecchia, fissandola con occhi enigmatici.
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03-05-2011, 04.55.38 | #597 |
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Una pena indicibile calò su di me.
Una pena simile a una gelata che distrugge ogni germoglio di speranza. Non avevo parole, ma mi sforzai di pronunciarne qualcuna. "E' peggio di quanto pensassi..." La mia mente ancora si rifiutava di accettare la visione; quella donna mi aveva mostrato qualcosa che da solo era valso a farmi prendere una decisione. La mia mente iniziava a pianificare lo sviluppo degli eventi e a prefigurare bivi, piani, scelte da compiere. L'addestramento a cui ero stata sottoposta riemergeva e mi offriva le armi da usare contro coloro i quali ci avrebbero trascinati in quel caos. Attentare alla vita del Lord? Uccidere Gouf? Alternative rischiose. Strade che una volta imboccate mi avrebbero condotta alla rovina e a una lenta morte. C'erano alternative? Forse. La verità, a volte, è l'arma più disarmante. Ma anche in quel caso avrei dovuto essere estremamente cauta. Nauseata, mi alzai ed uscii di getto nei corridoi, corsi fino al cammino di ronda sulle alte mura. Quasi senza fiato, con le guance arrossate, mi guardai intorno. Ero quasi certa che, da qualche angolo dell'orizzonte, avrei visto levarsi del fumo grigio di sventura, rovina. Morte.
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03-05-2011, 06.14.28 | #598 |
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Icarius camminava inquieto nei corridoi del palazzo, tra i ritratti dei suoi avi.
Lo fissavano, qualcuno compatendolo, qualcun altro biasimandolo. Altri ancora lo fissavano in silenzio. Un silenzio che sembrava una sentenza di condanna. Una sentenza senza appello. Una condanna per un passato che Icarius aveva solo ereditato per fatalità. Un passato dal quale sarebbe fuggito via volentieri, se non ci fosse stata lei. Già, lei. E se sapesse? Se conoscesse il male che lui ha saputo fare? E se ne avesse fatto anche a lei? Forse per questo lo odiava tanto? Questo si ripeteva, mentre vagava tra quegli austeri ritratti. E camminò fino a quando giunse davanti ad un ritratto speciale. Il ritratto di Talia. Lo fissava ed un mare di emozioni e di sensazioni lo raggiunsero e lo travolsero. Felicità, esaltazione, ma anche smarrimento, paura. Ad un tratto però avvertì qualcosa. Si voltò di scatto e la vide. Talia lo stava fissando. E tutte quelle emozioni e quelle sensazioni divennero ancora più intense. Ma su tutte, ora che lei era apparsa davanti ai suoi occhi, nel suo cuore dominava quella tanto cara e così fortemente negata da quell’oscuro fato ai nobili Taddei: la Gioia.
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03-05-2011, 06.49.05 | #599 |
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Melisendra raggiunse le alte mura e cominciò a scrutare l’orizzonte.
Ovunque dominava la brughiera, tetra, oscura, inquieta e tormentata. Poi, scrutando con attenzione quello scenario sterminato, la ragazza vide alcune colonne di fumo che sembravano giungere fino a lambire i pilastri del Cielo, quasi a chiedere giustizia per i loro morti. “Quel sangue ricadrà sui giusti colpevoli…” disse una voce alle sue spalle “… ma non li troverai qui, quei colpevoli.” Melisendra si voltò e vide Aytli. La ragazza la fissava con uno sguardo indecifrabile ed uno strano sorriso sul volto.
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03-05-2011, 07.13.48 | #600 |
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Guisgard fissò incuriosito Morrigan, mentre Finiwell era già corso ad avvisare il capitano.
“Battuta di caccia? Non sapevo amavate escursioni nel cuore della notte, milady!” Disse Guisgard. “E cosa avete cacciato, di grazia? Forse qualche misterioso animale che vive nella brughiera?” La fissò poi divertito. “Fin dal primo momento vi ho sempre vista come una donna davvero particolare, animata da propositi non proprio adatti al gentil sesso…” continuò “… e poi quella vostra spada… non ne ho mai veduta una simile… come l’avete avuta?”
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