01-09-2011, 05.31.44 | #61 |
Cittadino di Camelot
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Mi guardai intorno. Tutti quei volti sconosciuti mi intimorirono.
Ero stanca e affamata, ma cercai di raccogliere le idee. "Signori..."mi schiarii la voce. "Signori, io non ho occultato niente." Mi sembrò di udire dei mormorii, ma non ci feci caso. "Immagino che tutti voi sappiate il nome di mio marito. Il mio defunto marito." Per un attimo la mia voce tremò. "Quando mi sposò si impossessò della mia dote, che infatti avete trovato nella casa da lui occupata fino alla sua morte. Sono sicura che la maggior parte dei pezzi sia ormai andata perduta." Mi guardai intorno. "Gilbert Lambrois mi sposò per mettere le mani sui tesori di mio padre. E mio padre acconsentì solo per salvarmi la vita. Ciò che avete rinvenuto nella cripta dei Du Blois è stato nascosto da Thierry Du Blois solo per non farlo cadere nelle mani dell'uomo a cui mi aveva data in sposa." Deglutii. "Non ho cercato di fuggire portando con me quei tesori, ma solo di raggiungere ciò che resta della famiglia di mia madre in Inghilterra, dove qualcuno può garantirmi la protezione che la sorte mi ha tolto, trovandomi ad essere sia vedova che orfana." Tacqui.
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01-09-2011, 06.07.48 | #62 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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E quelle furono le parole di Melisendra.
Pallida, provata, angosciata da quella sorte avversa, eppur ancora nobile e bellissima. Quel pallore diffuso, frutto delle sofferenze e dello sconforto, sembrava rendere ancor più luminosi quei suoi meravigliosi occhi chiari. Occhi vivi, che tradivano l’indole e l’ardore del suo animo. E questo arrivò a tutti i presenti: giudice, giurati, soldati ed ai rappresentati del popolo. Ed anche a De Jeon arrivò l’orgoglio e la fierezza di quella ragazza. In quel momento De Jeon avvertì un senso di rabbia e frustrazione. E si sentì inerme davanti a quello spirito aristocratico che né lui, né i suoi compagni, né il boia e nemmeno quelle idee di luminosa razionalità che avevano invaso il paese erano riusciti, almeno in quel momento, a fiaccare e ad estirpare. Dopo il discorso di Melisendra furono ascoltati dei testimoni. Alcuni confusionari, altri incerti, qualcun altro incoerente. Ma pesavano quei gioielli che nessuno era ancora riuscito a trovare. La giuria allora si ritirò per decidere. E durante il dibattimento, contro ogni regola di uno stato di diritto, De Jeon raggiunse i giurati. “E’ colpevole.” Disse. “Non abbiamo prove certe ed i testimoni sono quasi del tutto inattendibili.” Replicò il capo della giuria. “Allora dove sono i gioielli?” Urlò De Jeon. “Ve lo dico io! Sono già in Inghilterra, dove quella donna voleva fuggire! Ma vi rendete conto del pericolo che corriamo?” Con enfasi il capo degli studenti. “Quella donna ha dei parenti in Inghilterra. E sicuramente, una volta raggiunti, tramerà con loro e forse con l’intera aristocrazia inglese contro di noi!” “Cosa proponete dunque?” Domandò il capo della giuria. “L’unica soluzione possibile… la morte.” “Impossibile!” Esclamò il giudice. “E’ pur sempre la vedova Gilbert Lambrois! Se la condannassimo, per di più senza prove certe, scateneremmo la reazione violenta dei Pomerini, gli ex compagni di suo marito!” “I Pomerini oggi sono deboli e non possono farci paura!” Battendo un pugno sul tavolo De Jeon. Allora calò il silenzio nella piccola stanza adibita a giuria. Dopo un po’ la giuria tornò in aula per leggere il verdetto. “Melisendra Yolande Demetra Du Blois, ex Duchessa di Beuchamps e vedova Lambrois, Giselle De Pires… in piedi…” disse una guardia. “Qual è il verdetto?” Chiese allora il giudice fissando i giurati. “Questa giuria ritiene le imputate…” alzandosi in piedi il capo della giuria “… colpevoli di alto tradimento verso la repubblica ed il popolo… e le condanna alla pena di morte… pur tuttavia, dato il legame di parentela dell’imputata Melisendra Yolande Demetra Du Blois, ex Duchessa di Beuchamps con Gilbert Lambrois, eroe della rivoluzione, la pena viene commutata in carcere a vita, da scontare nella fortezza di Arblues, dove sarà condotta alla fine di questo processo.” Un mormorio allora si alzò nella sala e Giselle cadde senza sensi ai piedi della sua padrona.
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01-09-2011, 06.37.16 | #63 |
Cittadino di Camelot
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L'attesa era stata estenuante, anche se ero ormai certa di quel che sarebbe successo. Dentro di me, però, non riuscivo a rassegnarmi e la speranza accresceva il timore.
Ascoltai le parole che mi condannavano come se provenissero da molto lontano. La vista per un attimo si offuscò, mentre ascoltavo la sentenza commutarsi in carcere a vita. Mi aggrappai alla balaustra per non vacillare. Accanto a me Giselle era svenuta. "Voi..." mi rianimai, come scossa da un'ultima scintilla determinata a sopravvivere, "che in nome della giustizia e della libertà avete stravolto un intero paese... come osate chiamare giusto un tribunale come questo? Non mi condannate per la mia colpevolezza, ma esclusivamente per punire il mio nome! Non siete più onesti dei tiranni che avete spodestato, poichè è l'odio che vi guida... e voi! Voi, De Jeon! Che vi ergete a Ministro del popolo... siete Odio e Fanatismo!" La mia voce rimbombava limpida e squillante tra le pareti di quel tribunale. I miei occhi scrutarono la giuria e tutti gli uomini contenuti nella sala. Mi voltai nuovamente verso De Jeon. "Provo pena per la vostra misera anima..." Mi chinai a soccorrere Giselle.
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01-09-2011, 06.39.21 | #64 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Il carrozzone aveva fatto il suo ingresso nella cittadina e subito le stradine di Cardien si riempirono di ragazzini, viandanti, mendicanti, curiosi ed ogni altra varietà di individui che animava quel luogo.
I più giovani accoglievano festosi l’arrivo di quella compagnia di venditori di sogni, come amava definire tutti loro il vecchio Essien, mentre i più anziani, ancora legati a quell’antico ed ingiustificato astio verso il mestiere degli attori, si mostravano perlopiù infastiditi o, nella migliore delle ipotesi, indifferenti a quei nuovi arrivati. “Non è il nuovo regime a rendere liberi tutti loro, ragazza mia.” Fece Essien voltandosi verso Talia. “Ma è la nostra arte che rende liberi. Liberi noi di forgiare sogni e liberi tutti loro” indicando la gente che li circondava “di seguirci a cavallo di quei sogni.” “Perdonate, buonuomo…” chiese poi con forzato candore ad un passante “… potreste indicarci un luogo in cui poter sostare col nostro carrozzone e dove far riposare i nostri cavalli?” “Il demanio regio è stato tutto requisito” rispose il passante “e tutta la terra libera che vedete appartiene allo stato. Ma è severamente vietato prenderne possesso, per via delle ultime leggi contro la proprietà pubblica emanate dal governo.” “Mi parlate di leggi e norme, mio buon Demifone, ma noi siamo attori, non notai o funzionari repubblicani.” Replicò Essien. “Noi ci accontentiamo del poco e ci facciamo bastare il minimo per tirare avanti. Non correrete alcun rischio con noi, per il semplice motivo che siamo troppo svegli per mettere in forse la nostra libertà, decidendo di prendere della terra per stanziarci qui o altrove!” “Come mi avete chiamato?” Domandò stupito il passante che, ad occhio e croce, aveva la stessa cultura del cavallo che il vecchio capocomico montava in quel momento. “Demifone, amico mio!” Rispose accomodandosi la barba Essien e assumendo la sua solita aria di insopportabile Pigmalione quando annusava la possibilità di dar libero sfogo al suo ammuffito sapere di carattere scolastico. “Un celebre personaggio di una commedia di Tito Maccio Plauto!” “E chi sarebbero costoro?” Chiese sempre più turbato il passante. “Altri attori come voi?” “Per Giove!” Esclamò Essien. “Vi state di certo prendendo gioco di me, amico mio!” “Proseguiamo oltre, Essien.” Disse all’improvviso l’uomo che guidava il carrozzone, l’unico della compagnia, ricorderete, che indossava la maschera anche quando non recitava. “Troveremo senz’altro uno spiazzo da qualche parte. I cavalli sono stanchi ed io sono più nervoso del solito.” Il capocomico annuì, conoscendo bene l’umore del suo insofferente amico e di come bastasse un nonnulla per scatenare la sua indole di noto attaccabrighe e testa calda. La compagnia allora riprese a camminare, fino a quando raggiunse la fine della cittadina, in un ampio spiazzo isolato e ben protetto da alcuni cipressi. In quel posto la compagnia itinerante subito mise le tende. Cominciarono così i preparativi per metter su un sipario d’occasione per le loro prove. Erano tutti animati da un’aria di gaiezza e spensieratezza. Motteggiavano e scherzavano sull’incertezza che caratterizzava la loro romanzesca e avventurosa vita di artisti itineranti. Forse davvero, come amava dire spesso il vecchio Essien, appartenevano ad un mondo diverso, lontano dal grigiore e dall’anonimato della realtà circostante. “Alla locanda di Chinon è stata solo una ragazzata” fece Renart avvicinandosi nuovamente a Talia “ed un po’ è stata anche colpa tua…” sorrise “… colpa tua di e quell’abito rosa e giallino che avevi indosso quel giorno… quanto alla signorina di Epuissey, della quale a stento oggi ricordo il viso, fu lei che suscitò le ire di quello sciocco del suo innamorato, visto che non fece altro che fissarmi per tutta la mattinata.” “Avanti, amici miei!” Esclamò Essien. “Basta poltrire! Cominciamo le prove, così da poter offrire al più presto il nostro estro a questa gente! Su, ognuno indossi il proprio costume e metta la propria maschera… si comincia!”
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01-09-2011, 09.42.46 | #65 |
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Daniel ringraziò John della sua gentilezza... Ma non smise di pensare alla frase che gli disse quella Dama... Era una frase di benvenuto? O era una minaccia? Mentre si dirigeva verso la stanza che gli avevano assegnato passò davanti alla sala da pranzo e la vide.. Stava parlando con quell'uomo che prima aveva servito a tavola.. Il Lord? Però si appoggiò troopo alla porta che si aprì di colpo e Daniel si ritrovò con la faccia a terra.. Quando si rialzò tutti lo fissavano sopratutto quella dama..
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01-09-2011, 10.23.13 | #66 |
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Rimasi tra le sue braccia come quasi per voler recuperare tutto il tempo perso.
Ecco adesso si che lo riconoscevo..lui lord Tudor l'uomo che tanti temevano per il suo carattere burbo, era dolcissimo e affettuoso. In pochi conoscevano questa sua dote nascosta, solo chi ha avuto la fortuna di entrare nel suo cuore ne ha potuto assaporare la sua vera essenza. " Quanto mi siete mancato, dissi con un fil di voce, sono tornata per stare con voi, vi prego lasciate che io resti alla vostra corte". Ad un certo punto sentì poco lontano da là , un botto , mi voltai e vidi a terra nuovamente quel ragazzo , che poco prima stava nelle cucine del palazzo. Notai subito il suo imbarazzo e il rossore di cui si dipinse il suo viso..
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01-09-2011, 15.13.01 | #67 | |
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Ascoltai, vagamente divertita, la conversazione tra Essien e quel povero, malcapitato passante... quel pover’uomo guardava il nostro teatrale capocomico con gli occhi spalancati e via via la sua espressione mutò da incuriosita a stupita, giungendo a guardarlo di sottecchi, quasi fosse un pazzo furioso.
Scossi la testa e sorrisi: Essien non riusciva proprio a trattenersi dal bisogno di tener aula! Poi la voce dell’uomo alla guida del carrozzone troncò il discorso... e la mia attenzione tornò, per l’ennesima volta in quegli ultimi mesi, a concentrarsi su di lui: costui era entrato nella compagnia da poco tempo, conquistando in qualche modo la più totale e viscerale fiducia di Essien. Il vecchio attore teneva in grande considerazione quel misterioso giovane che mai, neppure per un momento, ci aveva permesso di vedere il suo volto; tutto ciò che conoscevamo di lui era la voce profonda e calda, dal tono vagamente sbrigativo e tutt’altro che paziente, e gli occhi chiarissimi, tanto intensi quanto fuggevoli. E io sempre più spesso mi ero ritrovata ad osservarlo... chiedendomi chi fosse, perché si fosse unito a noi, e che cosa gli passasse nella mente in quei momenti in cui avevo sorpreso i suoi occhi passare nascostamente al setaccio ognuno di noi, quasi volesse leggerci dentro, oppure quando li spingeva all’orizzonte e restava a fissare il tramonto lontano. Sempre da solo, senza mai una parola in più, senza mai un sorriso... Il fermento intorno a me mi riscosse da tutti quei pensieri. Avevano piazzato il carrozzone su un lato della piccola piazza cittadina e ci apprestavamo ad iniziare le prove... smontai, così, da cavallo e corsi ai bauli per aiutare Fantine a tirare fuori i costumi e sistemarli sulle stampelle... Citazione:
“Certo, Renart... certo! Mai che sia colpa tua, vero?” Senza guardarlo, afferrai da uno dei bauli il suo costume e gliele sbattei sul petto: “Ecco!” dissi “E ora togliti dai piedi che io e Fantine ci dobbiamo cambiare!”
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01-09-2011, 15.14.00 | #68 |
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Padre Adam sorrise a quelle parole di sua nipote.
Chantal era il suo angelo, la sua gioia più grande. “Vedremo…” sussurrò “… vedremo, piccola mia… del resto il teatro di famiglia è un bel po’ che è spento… vedremo, se Dio vorrà… ora va, va che è tardi… non voglio che tu trascuri i tuoi studi…” Baciò teneramente sulla fronte Chantal e si chiuse nel suo studio. Non attese neanche che la ragazza uscisse di casa. Quello studio era quasi tutto il suo mondo. E ripensò alle parole di Chantal, circa quel fiore, mentre fissava un vasetto di argilla con del terriccio, posto sul tavolo davanti a lui. “Quando spunterai, amico mio?” Mormorò. “Quando… fa presto, che non ho molto tempo…”
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01-09-2011, 15.27.58 | #69 |
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La sala si ammutolì e tutti fissarono quel giovane valletto che tanto goffamente aveva tradito la sua presenza.
“E questo chi diavolo è?” Urlò lord Tudor fissando Daniel a terra. “Ci penso io, milord!” Esclamò Jalem il moro, per poi avvicinarsi a Daniel e prendendolo per il bavero. “Dagli una lezione, così impara come ci si comporta davanti al proprio signore!” Fece lord Tudor. “Si, milord!” Rispose Jalem. “Ah, questi sciocchi valletti!” Infastidito il nobile uomo.
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01-09-2011, 15.34.50 | #70 |
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Daniel non capiva più niente! Cosa? Mi avevano già catturato? No!
<<Lasciami stare!>> urlai e spuati in faccia al capitano.. Vidi che la dama continuava a fissarmi... Poi diedi un calcio nelle parti basse del capitano.. Mossa scoretta ma dovevo salvarmi la pelle... Appena il capitano mi lasciò cominciai a correre per i corridoi... Volevo scendere e uscire.. Ma non potevo sentivo le guardie salire e il capitano e il lord urlare.. Allora decisi di salire... Entrai in una stanza con dei bagagli con su scritto: "Lady Gongaza.." Che sia quella dama? Non avevo tempo da perdere.. Aprii la valigia e misi i vestiti alla rinfusa in un sacci lì vicino e mi infilai nella valigia chiudendola.. Appena in tempo.. Le guardie erano già salite per controllare i piano superiore.. E ora cosa dovrò fare? Sono in trappola..
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