25-05-2011, 22.00.05 | #941 |
Cittadino di Camelot
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Quando il sonno mi vinse ero ancora talmente piena di vita e inebriata di forze, passione e tutto ciò che mi dava nutrimento che i miei poteri rimasero vigili.
Prima di scivolare tra le braccia dei sogni, avvinta al corpo del mio amato, rimirai la sua schiena illuminata solo dal chiarore delle candele ormai morenti. Mi addormentai. Un vortice mi rapì, mentre il sonno si era ormai impossessato di me. Capii chi mi stava chiamando. Stavo camminando in un prato e riuscivo a percepire la rugiada inumidirmi i piedi e il bordo della veste. Intorno a me si agitavano bolle trasparenti, come quelle del sapone e i fiori sbocciavano da ogni dove. Cavallini correvano spensierati e io seguii il richiamo fino in cima a una collina, dove troneggiava un albero frondoso e gigantesco, il cui tronco contorto si avvitava su se stesso, quasi a descrivere la chiocciola di una scala. Lui era seduto in cima. Come un principe. I fiori che sbocciarono, quasi a indicarmi il cammino, cessarono di mostrare nuove corolle. Mi fermai. Quando mi vide mi corse incontro. Caddi in ginocchio e lo abbracciai. "Uriel..." sussurrai. Mi guardava con quei suoi occhi profondi ed enigmatici, troppo profondi per un bambino così giovane. La sua consapevolezza, l'abilità con cui aveva creato il sogno e mi aveva evocata era sorprendente. Lo sfiorai quasi con timore. Bastò un tocco, lieve sul suo viso e mi si gettò in grembo. Lo strinsi forte. Mugugnò qualcosa, col volto premuto contro il mio petto. Continuai a cullarlo. "Sono qui... sono qui, amore mio... verrò ogni volta che mi chiamerai." Lo rassicurai. "Non mi dimentico del mio tesoro..." Mi guardò di nuovo con quegli occhi grandi e saggi. Gli spettinai la zazzera, ridendo e lo riabbracciai. "Devi dormire, Uriel... devi dormire... non è tempo di giochi..." gli sussurrai, baciandogli le guance. In tutta risposta si voltò ubbidiente, dopo avermi stretto un'ultima volta, e corse via, fino a quando il turbine non lo portò di nuovo nei suoi sogni ristoratori. Rimasta sola decisi di muovermi. L'atmosfera idilliaca creata dalla fantasia di Uriel si trasformò in un rassicurante prato sotto il cielo stellato. Mi sedetti presso l'albero e attesi. Il turbine che avevo evocato, quel vortice impetuoso, avrebbe presto portato a me la persona che stavo cercando. Arrivò e abbandonò al mio cospetto il visitatore. Feci un cenno con la mano e si avvicinò. "Capitano Monteguard... sono Melisendra, vi ricordate di me?" Sorrisi benevola e gli andai incontro. "Non ho molto tempo... ascoltatemi! Giungerà a Capomazda una donna, una guerriera, con il corpo del vostro nemico Lord Nyclos, l'amato fratello di Lord Cimarow... è una spia. Dovete guardarvi da lei. Ricordatevi: quella donna è una spia. E' uno dei migliori cavalieri al servizio di Cimarow. Seguitela, trovate le prove della sua collaborazione col nemico e arrestatela, probabilmente scoprirete che ci sono altri traditori tra voi." Lo guardai negli occhi e cercai di capire se mi avesse compreso. "Siate cauto, Capitano." Mi diressi nuovamente verso l'albero e mi voltai appena verso di lui. "Ricordate." Il vortice ubbidì al mio cenno e lo ricondusse via. Quello scenario fantastico svanì lentamente e io potei sprofondare in un lungo sonno. Mi svegliai e mi rigirai pigramente nel letto. Avevo percepito un bacio nel dormiveglia. Allungai la mano e sentii il materasso ancora caldo del corpo di Gouf. Doveva essersene andato da poco. Scivolai fuori dalle coperte e spalancai le tende. La luce del giorno brillò e mi abbagliò quasi piacevolmente. Era un bel modo di svegliarsi. Ero felice. Mi dissi che non stavo facendo nessun doppio gioco. Con un po' di fortuna sarei riuscita a evitare quella stupida guerra. Con un po' di fortuna e un po' di astuzia. Iniziava la caccia e la preda sarebbe stata Lord Cimarow. Una caccia silenziosa. Chiamai Freia e mi feci preparare un bagno nelle mie stanze.
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25-05-2011, 22.25.36 | #942 |
Dama
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Ero molto stanca...stanca di tutto quello che stava accadendo intorno e impotente di non offrire il mio aiuto....stanca dell'abito che indossavo e che non sentivo parte di me....
Senza pensare sul da farsi, mi ritrovai a percorrere il corridoio verso la stanza di Pasun..avevo bisogno di chiarimenti. |
26-05-2011, 01.52.54 | #943 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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L’acqua era calda e profumata.
Il tepore del vapore appannava leggermente gli specchi della stanza, mentre Melisendra si immergeva in quel dolce ristoro. Ad un tratto entrò la vecchia Freia. Recava con se ampolle colme di sali ed essenza profumate. Le versò nell’acqua, per poi restare a fissare la bella incantatrice. Ad un tratto entrò qualcun altro nella stanza. Era Gouf. Al suo arrivo la vecchia andò via, quasi infastidita. Ma prima di andare si voltò un’ultima volta verso Melisendra. La fissò per qualche istante per poi uscire. “Rivestiti, voglio condurti in un posto.” Disse Gouf. “Ma sbrigati, non abbiamo molto tempo.”
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26-05-2011, 02.37.11 | #944 |
Cittadino di Camelot
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Freia era sgusciata fuori dalla stanza dopo avermi lanciato l'ennesimo sguardo sospettoso. Non avevo ancora capito per quale ragione continuasse a disapprovarmi, eppure ad aiutarmi.
Gouf mi aveva colta di sorpresa, ma uscii prontamente dalla tinozza e mi asciugai con un telo. Spazzolai i capelli umidi, che scendevano come un manto sulle mie spalle, e indossai una veste molto semplice. Mi osservai nel riflesso appannato di uno specchio, ma non mi curai del mio aspetto. "Sono pronta, Gouf... cos'è tutto questo mistero?" Afferrai il mantello e lo seguii.
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26-05-2011, 02.59.49 | #945 |
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Gouf non rispose niente a quella domanda di Melisendra.
I due raggiunsero le scuderie ed uscirono con due cavalli verso la brughiera. Le lande scoscese e frastagliate da picchi rocciosi che si stagliavano lungo l’orizzonte sembravano voler ingoiare chiunque si avvicinasse a quello scenario selvaggio ed inospitale. Galopparono su un irregolare sentiero, passaggio naturale frequentato un tempo da chissà quale lontana e dimenticata civiltà, l’unica strada praticabile per attraversare quello spettrale paesaggio. Ne seguirono l’aspro zigzagare tra le rocce, gli sterpi e le pericolose paludi. Giunsero infine presso un piccolo dosso naturale, segnato da ciò che restava di una serie di capanne forse risalenti all’età più antica della storia umana, dietro il quale si apriva una vasta vallata dominata da un verdeggiante colle. In cima al colle, nonostante l’aria non fosse limpidissima, era possibile scorgere la sagoma di un maestoso edificio. Era un grande castello, frutto forse delle battaglie e delle vittorie di Gouf e dei suoi uomini. “Quello…” indicò Gouf “… è il maniero di cui ti parlavo… lì ho raccolto le mie ricchezze ed i servitori più fedeli… voglio che tu ed il bambino vi rechiate lì a vivere… almeno fino alla fine di questa guerra… lì sarete al sicuro… giurami che ci andrai col bambino… giuramelo, Melisendra!”
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26-05-2011, 03.17.26 | #946 |
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La musica, i colori, la festa, la gioia.
Quella sala sembrava possedere il favoloso incanto del giaciglio di Amore, dove i sogni prendono forma e riempiono gli infiniti istanti di un momento irripetibile. Ogni cavaliere aveva con sé una dama e si lasciava condurre dalle note che aleggiavano nella sala. Maschere pittoresche, grottesche e sognanti danzavano al buio, guidate dai bagliori che le poche candele accese riflettevano su di esse. Tutto era celato, dalla musica, dalle maschere e dal buio e solo gli occhi erano liberi da quello strano incanto. Un incanto che sembrava aver fermato e dissolto il tempo. E così un soldato ballava con una cortigiana, uno schiavo con una regina, un marinaio con una fata, un contadino con una dama. Ma nel mezzo di tutto ciò, racchiusi dai colori e dai misteri di tutte quelle maschere, danzavano Amore e Ragione. La grande Sala Ducale era illuminata a giorno da lampade e candele come se il buio della sera non potesse mai raggiungere quel mondo fatto di bellezza, giovinezza e sogni. Lei era incantevole con quel suo abito di seta di Persia azzurrissima e luminosa. I capelli, tra il biondo ed il rosso, erano lasciati scendere con naturalezza e grazia, quasi sfiorando le nude e sensuali spalle. Il viso era animato da un vago rossore che rendeva ancora più luminosi i suoi bellissimi occhi dello stesso colore dell’acqua di mare, chiara e trasparente. La maschera era appena adagiata su quegli occhi, quasi dipinta sulla vellutata pelle. “Sei bellissima…” disse quasi sussurrando Ardross “… tutti ti stanno ammirando, amore mio...” “Guardano te, mio signore…” sorridendo Rasyel“… in fondo sei il futuro Arciduca…” “Ti sbagli, guardano te…” sussurrò Ardross “… tutto è per te stasera, Rasyel...” “No, ti prego…” posando delicatamente un dito sulla bocca di lui “… stasera non siamo né Ardross, né Rasyel, né duca e né baronessa… siamo il giorno e la notte, il Sole e la Luna, Amore e Ragione…” Ardross annuì e le sorrise, lasciando che la magica musica della festa li portasse via dal mondo e dalle sue miserie, per condurli in uno dei loro tanti sogni… La sala era semibuia, eppure Icarius non smetteva di fissare i magnifici occhi che spiccavano dalla maschera che stringeva a sé in quel ballo. “La sera e poi la notte…” sussurrò alla dama mascherata che ballava con lui “… si susseguono all’infinito, eppure ti ritrovo qui con me, ad attendermi…” le sorrise. Ma in quel momento qualcosa mutò attorno a loro. Il leggero alone dorato generato da quelle poche candele si tinse improvvisamente di un cupo vermiglio, diffondendo nella sala una tetra e spettrale inquietudine. La musica in quel momento cessò e le due maschere si ritrovarono da sole in quella silenziosa e desolata sala.
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26-05-2011, 03.40.15 | #947 |
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Ero confusa. Fermai il cavallo e riparai gli occhi dal sole con la mano, cercando di scrutare l'orizzonte.
Sembrava seriamente preoccupato. Non era da lui affannarsi tanto. Per un attimo mi fece piacere la sua preoccupazione per l'incolumità mia e di Uriel, ma poi qualcosa dentro di me si ribellò. Il cavallo sbuffò, mentre io lo placavo con una carezza. Raddrizzai la schiena e strinsi le redini, mi voltai verso Gouf e cercai di comprendere cosa celasse nei suoi occhi scuri. "Siamo al sicuro... l'hai detto tu stesso questa notte. Non c'è ragione per la quale debba andarmene da qui, preferisco restare al tuo fianco." Guardai un'altra volta l'orizzonte. "Non posso cambiare improvvisamente e diventare una sorta di castellana... lo sai anche tu che il mio posto è qui." Mi voltai di nuovo verso di lui e incontrai il suo sguardo. "Ti prometto che se ci troveremo in pericolo porterò Uriel al tuo castello, ma se intendi mandarmici adesso... dovrai legarmi e portarmici a forza..." Lo guardai senza sfida o stizza, ero tranquilla, stavo solo ribadendo un concetto ovvio. Avrei dovuto uccidere Lord Cimarow... era l'unico modo per evitare che quella maledetta guerra ci travolgesse. Ma avrei dovuto farlo senza espormi troppo. Gouf non ci avrebbe messo molto a capire cosa stavo combinando e senza dubbio avrebbe riconosciuto un omicidio dove ci fosse stato il mio zampino. Forse era il momento di chiedere aiuto agli spiriti. Girai il cavallo e attesi.
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26-05-2011, 04.08.02 | #948 | ||
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Citazione:
In un momento, dopo due soli giri di danza, avevo già dimenticato quell’orribile visione di un istante prima... avevo dimenticato il sogno, del quale ancora conservavo la ferita sulla mano... avevo dimenticato il palazzo di Capomazda, i ruoli, i compiti, le incombenze... avevo dimenticato tutto ciò che non era in quella sala, stretto a me... Fu un momento magico, meraviglioso... Poi tutto cambiò. Citazione:
Ci fermammo quindi e io mi guardai intorno, stupita... Per un istante rimasi interdetta, quasi incredula... scambiai un’occhiata con Icarius e anche lui mi parve ugualmente sorpreso... poi lo sentii di nuovo: quel freddo, quel sospiro di vento gelido che non si sapeva da dove giungesse... E il cuore prese a martellarmi nel petto. “Andiamo!” mormorai con la voce più misurata che riuscii a tirare fuori, prendendo la sua mano nella mia e voltandomi verso l’uscita “Per carità, andiamo via di qui... immediatamente!”
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
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26-05-2011, 04.13.46 | #949 |
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Gouf fissò la landa desolata, mentre il vento soffiava come a voler rendere tutto sterile e senza vita.
“Stamani lord Cimarow mi ha fatto chiamare…” disse “… la morte di suo fratello ha acceso in lui un odio ancora maggiore per i Taddei… Aytli è partita stanotte col vero cadavere di Nyclos, che useremo come esca per farla entrare al palazzo di Capomazda… al massimo fra tre giorni lei sarà di ritorno con le notizie che attendiamo… dopodichè lord Cimarow darà ordine di attaccare… e quella sarà la battaglia che deciderà le sorti di tutto e tutti…” si voltò verso di lei “… quando ciò accadrà voglio che tu abbia già raggiunto il mio castello… se dovessimo essere sconfitti non ci sarà pietà per noi… conosco i Taddei ed il loro credo… ci ritengono traditori ed eretici… io potrei penzolare da una forca senza più le viscere, mentre tu saresti senza dubbio arsa viva… e poi c’è Uriel…” esitò un istante “… che vita creda che avrà? Sarà figlio di un traditore e di una strega… l’ignoranza e la superstizione rendono folli, intolleranti e crudeli… lo so bene… i Taddei credono che batterci sia quasi una missione divina… ci hanno già bollato come il male assoluto… non avranno pietà se dovessimo uscire sconfitti da questa guerra…”
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26-05-2011, 04.40.24 | #950 |
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Il silenzio.
Profondo, angosciante, insopportabile. Sembrava echeggiare nella sala vuota. Icarius e Talia si sentirono in una morsa spettrale. Tutti gli altri erano spariti e le loro maschere erano ovunque, sui tavoli, alle pareti, per terra. E quelle maschere li fissavano. Mille occhi vuoti e senza vita erano su di loro. “Si, hai ragione…” disse Icarius a Talia “… usciamo da qui e raggiungiamo gli altri… sono tutti in strada… vieni…” I due uscirono così da quella casa, decisi ad unirsi agli altri del borgo che festeggiavano per le strade. Ma quando furono in strada qualcosa di ancora più terribile si mostrò ai loro occhi: il borgo sembrava completamente deserto. Icarius e Talia si guardarono intorno, senza però scorgere nessuno. Lui allora cominciò a gridare per le strade, chiamando la gente che sembrava sparita nel nulla. Ma nessuno rispose al suo appello. “Dobbiamo trovare dei cavalli e lasciare questo posto, Talia.” Rivolgendosi a sua moglie. Ad un tratto udirono qualcosa. Come la risata di un bambino che correva nel buio del borgo addormentato. “Chi è là?” Chiamò Icarius. Di nuovo quella risatina, poi il silenzio. “Chi c’è?” Urlò Icarius. “Sono lord Icarius, Arciduca di Capomazda… vi ordino di venire fuori!” Seguirono attimi di cupo silenzio, poi di nuovo quella piccola figura che correva nel buio. “Mamma, mamma, portami alla Pieve!” Disse la voce di un bambino. Icarius e Talia fissarono quel buio spettrale da dove era giunta quella misteriosa voce.
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