28-10-2011, 01.23.27 | #941 |
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La ragazza fu così condotta, attraverso un lungo e freddo corridoio, nel cortile di quel palazzo e fatta poi salire su un carro.
C’era anche un’altra ragazza. Tremava dalla paura ed un pallore cadaverico sembrava renderla più simile ad un fantasma, che ad una creatura reale. Aveva gli occhi consumati dal pianto e i lineamenti quasi deformati dal dolore. Le due prigioniere furono così condotte via con quel carro. “Signore…” chiamò debolmente quella ragazza ad uno dei soldati che guidavano quel carro. “Cosa vuoi?” “Per pietà, vi supplico…” con la voce quasi contratta per la paura “… dove ci state conducendo?” I due soldati si scambiarono un veloce sguardo. “In un posto.” Rispose. “E dove?” Domandò ancora lei. “Sta zitta!” Con durezza il militare. Lei allora tornò a fissare il vuoto in silenzio. E Chantal, fissandola, si accorse che quella ragazza sussurrava a se stessa qualcosa sottovoce: erano preghiere. Chantal osservò quel vano tentativo di interloquire con chi stringeva tra le dita,incurante,la vita altrui.Scrutò a lungo quella inerme creatura,la sua fragilità e,probabilmente,la sofferenza affratellavano le due ragazze,tuttavia,ella era capace di pregare nella disperazione,laddove Chantal non trovava le parole per invocare il Padre Suo. Da quando era stata condotta in arresto s'era chiusa in un silenzio incorruttibile,le uniche parole pronunciate erano state rivolte alla giovane guardia che l'aveva umiliata,negandole pietà,e chiudendo la porta in faccia alla sua disperazione. Ed ora era lì,deportata come una volgare traditrice e non riusciva ad aprirsi neppure a quella fanciulla che divideva la sua orribile sorte. Rimase a lungo a guardarla,ad ascoltare le sue preghiere,ad ammirarla,quasi,d'essere capace di quella forza di invocare Dio che lei,nonostante la forte educazione religiosa impartitale,non riusciva a fare. Pensava,invece,affranta nel suo dolore,alle miserie che avrebbe lasciato in eredità ai bambini ed alla suora nascosti in casa sua. E si interrogava. Si interrogava sulle sorti di suo zio,sui motivi che l'avevano visto costretto a tacerle una verità tanto cruda quanto la disperazione umana. Disperazione. Questo era quanto la attraversava.Disperazione per la vita di padre Adam,disperazione per quei corpicini deformi di creature del peccato,o forse,disperazione di Angeli,la cui santità era stata deturpata dalla natura. E disperazione per se stessa in quel momento. Si rannicchiò sollevando le ginocchia al petto.Pativa il freddo,ma non riusciva più a scindere da cosa le fosse causato.L'orrore,forse,la miseria di quell'esistenza di cui lei aveva sempre solo udito e che ora non doveva più immaginare,vi era dentro.Ora sì che conosceva le miserie della condizione umana,quelle che passano dalle carceri,dalla dannazione,e dall'ingiustizia,talvolta senza peccato. Ad un tratto fu come se per la prima volta spalancasse gli occhi su quella realtà,le mancò il respiro,si portò le mani alle tempie per strigerle forte,sempre più forte,a voler contenere quella collera che le percorreva le vene e si concentrava nella sua mente come a farle rasentare la pazzia. La carrozza procedeva,l'assordante rumore degli zoccoli e delle ruote stridolanti si confondeva con il mormorio di quella ragazza alla quale avrebbe voluto strigersi.La cercò con lo sguardo,ma lei aveva il capo chino e in quella sua litania era così assorta da non far caso alla presenza di un'altra donna accanto a lei.Chantal pensò,per la prima volta nella sua vita,che il dolore,per quanto accomuni gli esseri umani,fosse un'entità individuale.A ciascuno il suo.Ad ognuno diverso,eppure,dello stesso tormento. Allora abbracciò il suo,confidando solo in ciò che aveva in cuore.Guardò fuori,la campagna addormentata,il cielo nella sua immensità,la natura nella sua placidità facevano di quel giorno un prezioso ricordo di bellezza da legare agli occhi,e ripensò a suo zio,a ciò di cui era stato capace,alla caparbietà che ella gli riconosceva e che,sicuramente gli era stata da maestra per trasportare quei bambini,insieme ad una sorella,da Camelot fino ad Animos.E trovò in quel pensiero la forza di accennare un sorriso.Nessuno sforzo di quell'uomo si poteva ritenere vano,lui,così schietto,così pieno di misericordia,così uomo che riconosceva ai suoi simili le limitazioni dell'opera del divino e li migliorava perchè ritornassero a tendere alla perfezione divina,quell'uomo aveva potuto molto,quell'uomo dal primordiale nome Adam aveva potuto tutto.Ed ora Chantal sapava di quanto era stata parte di quel tutto. Ritornò con gli occhi sulla ragazza e,con un gesto di carità,le prese una mano e la strinse nelle sue.Questo era parte di quel tutto che le era stato impartito ed aveva posseduto ed ora sapeva di dover dividere. |
28-10-2011, 01.24.09 | #942 |
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Io e Tyler stavamo percorrendo la ripida discesa che conduceva al borgo.
Fortunatamente ero una cavallerizza abbastanza abile da non preoccuparmi degli zoccoli del cavallo che talvolta scivolavano sui ciottoli. Mi coprii il volto con il velo. L'aria mi stava scompigliando i capelli. Mi ero lavata e rivestita con gli abiti che Mary aveva tirato fuori da vecchi bauli. Quel vestito poteva benissimo essere appartenuto a qualcuna delle mie partenti, forse addirittura a mia madre. Il broccato era impreziosito da antichi ricami. Il colore scuro faceva risaltare freschezza della mia carnagione. Era un rosso così scuro da apparire nero. Mi ricordava il colore del sangue e, prima di indossarlo, un brivido mi era corso lungo la schiena. Avevo faticato a chiudere i numerosi lacci, ma la nuova ragazza era stata rapida e efficiente. Con pazienza aveva allacciato fino all'ultimo nastro e si era premurata di sbiancare il pizzo che fuoriusciva dalle maniche. Quel colore figurava sullo stemma dei Wendron. Lo avevo intravisto nel salone e lo vedevo spesso negli appartamenti di mia madre: un grifone rosso scuro coronato da tre gocce d'oro. Il motto dei Wendron si trovata ricamato sotto di esso: "Vigila." Considerata la posizione del castello e quella del porto, adesso ne capivo l'origine. "Tyler..." interruppi il silenzio che si era creato da quando avevo rinunciato a cogliere le sue provocazioni e lui si era annoiato a lanciarmele. "Dovresti tornare alla chiesetta che abbiamo visitato... ormai padre Tommaso dovrebbe aver ricevuto il mio messaggio... mi sarei aspettata come minimo una risposta, una lettera... in fondo conosceva mio padre... forse gli è successo qualcosa..." il cavallo esitò e dovetti spronarlo, "E' l'unico collegamento, l'unica traccia che può condurmi dal Giglio Verde... è essenziale trovarlo." Meditai. "Ed è essenziale ricostituire un corpo di guardia al castello... così non si può andare avanti. E' triste e desolato. Mette i brividi." Le luci del borgo erano sempre più prossime. "Credo che domattina partirò per andare a cercare il prete..." sapevo che presto sarebbero giunte delle proteste. "Ma tu... è necessario reclutare soldati per difendere il castello e gli abitanti delle mie terre dalle pretese di Missian e degli altri avidi signori dei feudi vicini, che certamente, in assenza di un erede avranno già pensato a come spartirsi Trafford Bridge. Solo tu puoi occupartene. Io non ti sarei di alcun aiuto." Il mio cavallo nitrì. "E non temere... non correrò rischi... sarò di ritorno entro sera." Udii delle voci e un profumo di stufato provenire dalla taverna della piazza del borgo. In lontananza sentivo le onde infrangersi contro la riva e vedevo il profilarsi di navi e mercantili ormeggiate. "E ora... sarà bene annunciare a questa gente che le terre dei Wendron hanno un legittimo erede. E che non intendo cedere ai compromessi di Magnus o di chiunque altro. Se necessario mi rivolgerò a Camelot per riportare ordine su questo suolo."
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Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente. Ultima modifica di Melisendra : 28-10-2011 alle ore 01.36.06. |
28-10-2011, 01.58.30 | #943 |
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Ad un tratto il carro si arrestò di colpo, per riprendere poi la sua marcia dopo alcuni istanti.
La ragazza guardò prima Chantal poi la finestrella che metteva in comunicazione con i due soldati alla guida della vettura. “Perché ci siamo fermati di colpo, signore?” Domandò. “Perché dovevamo svoltare.” Rispose la guardia. “E siamo dunque giunti?” “Si…” “E dove siamo, signore?” “Guarda tu stessa…” La ragazza allora si accostò alla finestra con le sbarre che dava sulla strada e vide in quel momento la terribile verità. Una scura e spaventosa sagoma si stagliava contro il cielo velato da inquiete e tormentate nebbie. “Oh, mio Dio...” arretrando lei “… la… la Fortezza di Arbou… no, Dio, no…” “Sta zitta, cagna!” Gridò una delle guardie. E giunta davanti al terribile maniero, la carrozza attese che venisse aperto il portone. E come la porta degli inferi mostrò al sommo poeta La Città Dolente, così quell’ingresso si spalancò davanti alla carrozza, pronto ad accogliere quei dannati nei terribili gironi dell’Inferno della Fortezza di Arbou.
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28-10-2011, 02.11.05 | #944 |
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La fortezza di Arbou.
Chantal rabbrividì. Scorse la ragazza al suo fianco,visibilmente sconvolta,che ora taceva.Taceva la sua preghiera. Chantal si strinse a lei,le posò un bacio sulla testa,tra i capelli, e chiuse gli occhi. Quando li riaprì erano colmi di lacrime. L'immaginazione non riusciva a contenere l'orrore delle torture che sarebbero state inflitte ad entrambe una volta varcata la soglia di quel luogo.Posò una mano sulla bocca della ragazza nel tentativo di calmarla,per poi accarezzarla,ma ancora Chantal rimase in silenzio.Nel rispettoso silenzio che avvolgeva il loro destino. |
28-10-2011, 02.16.25 | #945 |
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Melisendra e Tyler erano ormai giunti al borgo dei marinai.
“Il Giglio verde…” mormorò Tyler “… sempre questo nome… sembra ormai un’ossessione…” scosse il capo e scalciò via un sasso che si ritrovò davanti “… e se tu riuscissi a trovarlo, cosa faresti dopo? Lo costringeresti ad arrendersi a Missan ed ai suoi sgherri? Forse il fatto che tu sia l’ultima dei Du Blois, ti ha un po’ dato alla testa! Vuoi andare a cercare quel prete da sola?” Rise forse per la rabbia. “E’ buffo… vuoi circondare il castello di guardie per proteggerlo dai Ginestrini… e poi parti da sola alla ricerca di quel prete, infiascandotene di tutto e di tutti!” Si ritrovarono così nella piazzetta detta Dei Marinai. Era il cuore del borgo, animato da due locande, poste ai margini delle due viuzze laterali che convergevano all’interno della piazzetta. Tutt’intorno vi erano quelle tipiche case di marinai che si possono vedere lungo le coste della Corsica e della Francia Meridionale. Il borgo infatti era abitato quasi del tutto da marinai di origine francese. Sulla piazza dominava una grande statua della Vergine Santissima, illuminata da diversi ceri e candele. “Fermati, se in trappola!” Gridò un bambino. “Sei in nostro potere, maledetto Giglio Verde! Prendiamolo!” Ordinò ai suoi compagni. “Non mi prenderete mai!” Fuggendo via un altro bambino, con in mano una spada di legno e sul volto una maschera.
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28-10-2011, 02.35.31 | #946 |
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Scostai il velo e ravvivai i capelli. Respirai appieno quell'aria frizzante.
"Bè, se mi muovessi con una scorta, temo che sarei eccessivamente identificabile... Vestite la mia cameriera e circondatela di guardie... sarà sufficiente a ingannare l'occhio. Da sola posso passare quasi inosservata... dimentichi tutte le volte che sono scappata da Beauchamps in sella a quel vecchio ronzino che apparteneva allo stalliere? Sono sempre tornata a casa... anche quando papà mandava te o quegli altri a inseguirmi e a trascinarmi a forza davanti a lui." Era vero. Talvolta scappavo, per amore di solitudine e tranquillità. "Da sola non posso liberarmi di Missan, ma con l'aiuto del Giglio Verde... potrei riuscirci. E fornendogli il porto come base per le incursioni nella repubblica di Magnus, posso procurare numerose seccature a quei pomposi repubblicani." Il mio viso si illuminò al solo pensiero di rovinare i sogni di gloria degli uccisori della mia famiglia. Era quasi la stessa macabra gioia che avevo provato nello scoprire che mio marito, il repubblicano Lambrois, era morto. Avevo fatto scivolare nella mano dell'assassino un bracciale d'oro che era appartenuto a mia madre. L'oro dei Wendron aveva vendicato l'assassinio di una di loro. Mio padre, tremai nel pensarlo, ma corrispondeva a verità, sarebbe stato orgoglioso di me. Mi ero subito accertata che la morte di mio marito fosse sembrata avvenuta per una banale rissa nella bisca in cui passava le notti nella capitale. Non intendevo più servirmi di un sicario. Solo se fossi stata io in prima persona a punire gli assassini, i miei cari si sarebbero potuti dire veramente vendicati. E io e loro avremmo riposato in pace. Evitai la traiettoria del bambino che correva e vociava verso i compagni. Mi avvicinai a Tyler e afferrai il suo braccio. Gli strinsi la mano tra le mie. "Tyler, non c'è ragione per continuare a trattarmi come la ragazzina che ero a Beauchamps..." gli sorrisi "Ora abbiamo la possibilità di ricominciare daccapo... vuoi darmi almeno una chance?"
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28-10-2011, 02.44.42 | #947 |
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La carrozza si arrestò e la porta si aprì.
Le due prigioniere furono fatte scendere. Prima Chantal, poi quella ragazza. “Queste vanno nell’ala Ovest.” Disse una delle guardie ai carcerieri. Ad un tratto apparve una figura. Era trasandata e mormorava qualcosa. Erano bestemmie. “Altre prigioniere?” Fissando le due guardie. “Si.” Rispose una di quelle. “Colpe?” “Quella era una novizia…” indicando la ragazza “… è stata trovata mentre si nascondeva in un vecchio convento abbandonato… l’altra…” facendo segno verso Chantal “… è la parente di un chierico. Pare abbia confessato di essere credente proprio davanti al procuratore.” “Bene, almeno mi portate un po’ di vita…” disse l’uomo arrivato per ultimo “… comincio prima con questa!” E prese con sé la ragazza. Questa urlava e si dimenava, ma la presa di quell’uomo era troppo forte. L’uomo e la ragazza allora si allontanarono, tra le urla disperate di quest’ultima. “Andiamo…” mormorò uno dei carcerieri a Chantal. La condusse così in una buia ed umida cella. “Sei credente, vero?” Fissandola il carceriere mentre la rinchiudeva in quella cella. “E noi ti mostreremo l’Inferno.” Aggiunse per poi abbandonarsi ad una grottesca risata. Un attimo dopo Chantal era sola nelle tenebre di quella prigione.
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28-10-2011, 03.07.45 | #948 |
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“Ricominciare?” Ripeté Tyler fissando Melisendra. “Ricominciare cosa? Sono qui, per tua stessa volontà, come tua guardia del corpo. Devo occuparmi del castello e assoldare uomini per la sua sicurezza.” Fissò le luci della piazzetta. “Ma tranquilla… farò appieno il mio dovere…”
Ad un tratto qualcosa finì proprio davanti ai piedi di Tyler: era una spada di legno. La raccolse e la fissò. “Posso riaverla, signore?” Avvicinandosi un bambino. “Tu sei il Giglio Verde?” Fissandolo Tyler. Il bambino si illuminò tutto e sorrise. “Si, sono io!” “C’è posto per me nella tua banda?” Il bambino arrossì e cominciò a ridacchiare. “Dico sul serio…” continuò Tyler “… voglio entrare nella tua banda.” “Dovete però lasciare qui la vostra fidanzata…” fece il bambino indicando Melisendra “… le donne non possono entrare nella banda.” “Credi sia la mia fidanzata?” “Beh, vi tenete per mano…” “Quando diventerai grande” disse Tyler “allora capirai che le donne, per ottenere quel che vogliono, riescono a farci credere qualsiasi cosa.” “Alain, vieni!” Chiamarono da lontano gli altri bambini. “Ora devo andare…” mormorò il piccolo. “Dimentichi la spada…” disse Tyler. “Tenetela voi, messere.” Rispose il piccolo mentre si allontanava. “Così vi difenderete dalla vostra fidanzata.” Tyler allora fissò Melisendra e sorrise sarcastico. “Vieni…” disse alla ragazza “… ti offro da bere… anche se non sono il tuo fidanzato…” Ed entrarono nella locanda.
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28-10-2011, 03.07.55 | #949 |
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Blasfemie,urla,risa..
Ce n'era abbastanza perchè Chantal rompesse il suo silenzio. Quali parole? Quale preghiera? Sgranò gli occhi a sapersi inutile,a sapersi incapace verso se stessa e quelle sue compagne. Si,compagne.Dividevano luoghi,terrore,paura,disperazione e,probabilmente,anche la dannazione. Fu condotta quasi sollevata in peso in quella cella,nonostante il tentativo di dimenarsi,e l'assordante rumore di violenza che ancora le riempiva i sensi non le facevano percepire il silenzio della sua solitudine in quell'angusto e tetro luogo. Era debole,sporca,col volto rigato dal sudore,dal bistro colato,e i suoi capelli..oramai le cadevano sul viso come il velo del lutto. Il buio generava nella sua immaginazione inquietanti immagini,e l'eco delle grida di quelle donne la tormentavano. Si portò le mani sui seni,poi lungo le gambe,aveva paura di quello che le avrebbero riservato. Pianse la sua condizione di donna,la sua femminilità,la sua debolezza. Si accostò ad una parete con la schiena ,era esausta,tanto da stentare a reggersi sulle gambe,ma non cedeva,non permetteva a quella stanchezza di lasciare che si abbandonasse alla nuda pietra.Si sorresse alla parete,e lì immaginò il suo inferno,l'inferno riservato alle donne,forse non meno cruento di quello adottato per gli uomini,ma un inferno umiliante,terribile,disumano che avrebbe attraversato le sue carni,mortificandole,violandole. E lì,poggiata ad una parete,rimase con gli occhi sempre vigili,aperti,sgranati come chi non è più capace di richiuderli neppure dinnanzi alla morte. |
28-10-2011, 03.16.25 | #950 |
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“Si, lo so…” disse una voce a Chantal “… il dolore… questo mondo è solo dolore…” sospirò.
Si intravedeva la sua sagoma nel buio della cella. “Li senti?” Indicando ciò che li circondava. “Gridano… ogni cella di questa fortezza è un girone degli inferi… tutti gridano e maledicono se stessi… i più disperati maledicono anche Dio… già, Dio… dicono che soffra con tutti i suoi figli… qualcuno dei prigionieri afferma di averlo visto… torturato, insultato e poi giustiziato… ma io non l’ho veduto mai… no, Dio non arriva in questo luogo… questa fortezza è stata fatta a somiglianza dell’Inferno… e Dio non giunge mai all’Inferno…”
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