16-09-2014, 16.36.56 | #11 |
Cittadino di Camelot
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E' passato un po' di tempo, e il topic non è stato chiuso, probabilmente tenendo conto delle giuste argomentazioni di chi l'ha scritto.
Dico questo, perché avevo intenzione di dare il mio contributo (la cultura dei samurai appassiona molto anche me), e attendevo solo di vedere se dovevo usare questo topic o aprirne uno nuovo. A questo punto, mi accingo ad esporre una delle storie che più mi affascina tra quelle del Sol Levante, e cioè quella dei 47 ronin, la quale è stata anche parecchio usata nella cinematografia occidentale. L'episodio storico noto in occidente come la saga dei 47 ronin è tra quelli che hanno maggiormente influenzato il costume giapponese ma anche l'opinione pubblica occidentale. Venne conosciuto in Europa già nel 1822 attraverso Illustration du Japon, opera dell'olandese Isaac Tsitsingh che soggiornò a Deshima per alcuni anni come rappresentante della Compagnia Olandese delle Indie Orientali ed al suo ritorno in Europa tradusse e pubblicò in Francia diverse opere giapponesi. Venne ripresa da Mitford circa 50 anni dopo nel suo Tales of ancient Japan. Si tratta della sanguinosa e caparbia vendetta eseguita dai seguaci del daimyo di Ako contro il funzionario shogunale che aveva causato la rovina e la morte del loro signore e del loro feudo. Inizieremo col descrivere succintamente i fatti all'origine della drammatica vicenda, che ha come protagonisti principali tre uomini destinati nel 1701 a passare alla storia per vicende in cui la loro volontà poteva incidere solamente fino ad un certo punto, essendo soggetti alle rigide regole disciplinari ancora conosciute come ritsuryo. La denominazione si riferiva ad una normativa di diritto penale (ritsu) ed amministrativo (ryo), ispirata al sistema cinese, formatasi originariamente tra il VII e l'VIII secolo e notevolmente modificata nel corso dei 1000 anni successivi. Asano Takumi no kami Naganori (1667-1701) divenne signore del feudo di Ako dal 1675, quindi ancora bambino ed ovviamente sotto tutela, fino alla sua morte. Il titolo di Takumi no kami si riferisce all'incarico nominale di intendente alla carpenteria presso la corte shogunale di Edo che gli venne conferito ne 1680. Tutti i daimyo (grande nome, titolo dei signori di un feudo), erano tenuti a soggiornare per gran parte dell'anno alla corte dello shogun, capo del governo, disperdendo mezzi economici ed energie nei continui viaggi e nella sontuosa etichetta di corte, ove parte dei familiiari era tenuta praticamente in ostaggio. Dovevano così forzatamente astenersi da ogni pensiero di ribellione. Oishi Kuranosuke Yoshio (1659-1703), o Yoshitaka, era il primo sovrintendente (ittogaro) del feudo di Ako, che amministrava direttamente in occasione delle frequenti assenze di Asano. Erano alle sue dipendenze circa 260 samurai di rango elevato ed i suoi compiti non si limitavano al comando militare, essendo Ako un feudo di elevata estensione, con una rendita notevole legata a numerose attività commerciali ottenute in concessione dal governo. Kira Kozukenosuke Yoshinaka (1641-1702) aveva l'incarico di cerimoniere (koke) presso la corte di Edo. Incarico che ricopriva effettivamente, non si trattava quindi di un mero titolo onorifico. Va notato, ha la sua importanza, che i titoli (suke) di Oishi e Kira sono gerarchicamente inferiori a quello kami di Asano. Entrambi appartengono alla categoria kokushi, creata nell'VIII secolo per indicare i delegati del governo centrale che amministravano le province (kami) e attraverso subalterni (suke) riscuotevano tasse, dirigevano monopoli, amministravano la giustizia. A partire dal 1748, anno in cui venne rappresentata l'opera bunraku Kanadehon Chushingura, sono innumerevoli le rapppresentazioni teatrali, i film, le produzioni televisive, i romanzi, i racconti e non ultime le stampe che celebrano le gesta dei 47 ronin.Il termine Kanadehon Chushingura, che è in realtà il titolo di solamente uno degli 11 atti in cui si divide l'opera, che raramente viene rappresentata per intero, allude con il primo vocabolo Kanadehon (仮名手本) al 47, essendo gli antichi caratteri dell'alfabeto kana proprio in numero di 47. Chushingura (忠臣蔵) è formato dagli ideogrammi chushin (lealtà) e kura (deposito, tesoro), quindi "tesoro di lealtà" e potremmo tentare di rendere il tutto con "la fedele casata dei 47". Ma va notato anche che una lettura alternativa del primo kanji è Oishi, quindi il termine Chushingura = Oishikura è anche una sfrontata ma inattaccabile violazione della censura, che vietava di fare il nome di Oishi Kura no suke e di definirlo leale: ufficialmente fu un criminale, condannato a morte assieme ai suoi seguaci. Nella stampa, di Utagawa Hiroshige ed appartenente ad una serie, viene chiamato infatti Yuranosuke. Nella rappresentazione per dissipare il timore che stia preparando la vendetta finge di essersi dato alla bella vita e gioca a mosca cieca assieme alle ragazze di una casa da te, mentre dei samurai di passaggio assistono disgustati. Dopo il lungo preambolo, giustificato dalla notorietà dei fatti e dei personaggi, scendiamo nei dettagli. Che sorprendentemente non sono del tutto noti al pubblico, benché la storia dei 47 ronin sia una delle prime che vengono narrate a chiunque si interessi alla cultura samurai, poiché non sono comunemente riportati. Seguiremo prevalentemente la versione riportata da Lord Redesdale in Tales of Ancient Japan a fine 1800. Non è sostenuta da prove sotto molti aspetti, e l'autore è incorso in qualche equivoco, come quando indica il nome di uno dei protagonisti in Kamei Sama (sama è un titolo onorifico, rendibile con don o donna). Ma ha saputo cogliere lo spirito della vicenda. Come detto all'inizio in epoca Edo (1600-1868 circa) era prescritto il sistema detto Sankin Kotai: i feudatari di provincia prestavano periodicamente servizio nella capitale Edo presso la corte dello shogun. I loro incarichi prevedevano la stretta osservanza della rigida etichetta di corte, essi venivano di conseguenza affidati a funzionari esperti che avevano l'incarico di addestrarli e seguirli incessantemente per evitare infrazioni dell'e procedure. Kira Yoshinaka ricevette disposizione di curare l'addestramento di Asano, appena arrivato dalla provincia di Harima (la stessa da cui proveniva Miyamoto Musashi) e di un altro nobile nelle sue stesse condizioni, il signore Kamei, di Tsuwano In attesa di una visita da Kyoto - capitale dell'ovest - di un inviato ufficiale dell'imperatore in visita allo shogun, i due nobili dovevano essere istruiti su alcuni cerimoniali legati all'avvenimento. Ben presto Kira fece comprendere ad entrambi che si aspettava di essere generosamente ricompensato per i suoi servizi. I due rifiutarono sdegnati: era inaccetabile che un nobile samurai dovesse pagare un sottoposto per ottenere quanto era suo dovere fare. Ma per evitare guai peggiori i dignitari al seguito di Kamei diedero di nascosto, dopo aver raccomandato la calma al loro signore che aveva giurato di punire l'affronto con la morte, una generosa mancia a Kira. Immediatamente questi cominciò ad infierire su Asano mostrando invece ogni premura verso Kamei. Per la verità gli studiosi moderni hanno sollevato dubbi su questa versione: il curriculum di Asano non era brillante, sembra che già ad Harima si fosse dedicato soprattutto alla bella vita tralasciando i suoi doveri. Comunque non ha importanza ai fini della comprensione degli avvenimenti stabilire chi fosse in torto tra Asano e Kira. Basti sapere che il primo arrivò al momento di dover svolgere le sue mansioni completamente impreparato. Non sappiamo se per sua incapacità oppure per avere ricevuto da Kira istruzioni insufficienti o deliberatamente erronee. Al termine di una lunga serie di provocazioni, a cui Asano aveva nonostante tutto resistito, Kira gli ordinò di allacciargli una scarpa che si era slacciata. Anche a questo Asano seppe resistere, ma quando Kira si dichiarò insoddisfatto del modo in cui era stata allacciata la scarpa, trattandolo da rude bifolco, perse definitivamente la calma. Estrasse il wakizashi, che tutti i dignitari portavano alla cintura mentre era probito il porto della spada lunga, e si lanciò contro Kira con l'intenzione di ucciderlo. nella stampa di Kuniyoshi (1860 circa) tratta dalla serie Chushingura vediamo Kira, qui chiamato Kono Moronao, che tenta di sottrarsi all'assalto. Asano mancò il colpo per una serie di circostanze: l'impaccio dei vestiti di corte, progettati appositamente per impedire movimenti veloci e quindi attentati da parte di cortigiani e dignitari. La resistenza opposta alla lama dall'eboshi, l'alto cappello cerimoniale indossato a corte). L'intervento dell'ufficiale Kajikawa Yosobei che si gettò su Asano trattenendolo e dando tempo a Kira di mettersi in salvo. Abbiamo una idea più realistica della sontuosa e complicata tenuta di corte, rimasta invariata nei secoli, nella stampa a lato di Tuguchi Yoshimori (1862) che rappresenta l'ingresso a corte del poeta Sugawara Michizane (periodo di Heian, iX secolo) Kira rimase ferito al volto e - sembra - deturpato dalla lama ma senza che la sua vita rimanesse in pericolo. Ma il crimine commesso, una aggressione a mano armata all'interno del castello di Edo (l'aggressione avvenne nel Grande Corridoio dei Pini, Matsu no Oroka) era comunque il più grave che un nobile potesse commettere. Asano venne provvisoriamente messo agli arresti sotto la tutela del nobile Tamura Ukiyo no Daibu, ma la sera stessa gli venne recapitato l'ordine di darsi immediatamente la morte compiendo seppuku. La stampa, di autore anonimo, non è fedele alla realtà. Ad Asano fu riservata una stanza per compiere seppuku, come dovuto ad un nobile del suo rango. Solamente i samurai di rango inferiore erano tenuti a fare l'estremo passo all'aperto, per non contaminare l'interno della casa. Pochi giorni dopo dei messaggeri raggiunsero il castello di Ako in Harima, portando gli ordini dello shogun: la casata di Ako veniva dispersa, e tutti i samurai del seguito dovevano diventare ronin, uomini onda senza padrone, abbandonando al più presto il castello nelle mani degli inviati dello shogun. Ad eseguire gli ordini dovette provvedere il vassallo principale del feudo: Oishi Kuranosuke. Terminato il suo compito, terminava anche la sua vita di fedele vassallo: ormai era anche lui nullaltro che un ronin. Tutto questo accadeva nelll'anno 1701 (le fonti più autorevoli indicano il 14. giorno del terzo mese). Dovevano trascorrere quasi 2 anni prima che Oishi Kuranosuke, alla testa di un drappello di samurai, vendicasse sanguinosamente la morte ingloriosa di Asano. La lunga attesa viene da una parte giustificata con la necessità di dissipare ogni sospetto ed allentare la vigilanza di Kira e dei suoi protettori, che lo avevano immediatamente messo sotto stretta sorveglianza. D'altra parte è stata anche criticata da alcuni, essendo contrario all'etica samurai il ricorso a complicati sotterfugi: se veramente i samurai del feudo di Asano avevano intenzione di vendicare il loro signore, un gesto non solo comprensibile ma considerato anche doveroso dall'etica samurai eppure formalmente proibito, avrebbero dovuto farlo immediatamente. Con un assalto diretto privo di alcun indugio, e senza una dettagliata preparazione che lasciasse trasparire il desiderio di cautelarsi contro ogni inconveniente: il samurai dovrebbe affrontare la battaglia senza alcuna esitazione e non tenendo in conto le sue possibilità di riuscita. Probabilmente queste critiche non tengono conto del fatto che Kira continuava a risiedere nella capitale Edo mentre il feudo - che poteva contare presumibilmente su non più di 300 samurai in assetto di guerra - si trovava a diversi giorni di distanza. Era inoltre politica del governo Tokugawa, all'epoca fortemente consolidato essendo al potere esattamente da un secolo - a partire dalla grande battaglia di Seikigahara - di rendere difficoltose le vie di comunicazione impedendo sia il consolidarsi di forti alleanze in grado di impensierire il potere centrale che il rapido spostamento di uomini armati. Non erano infatti consentiti veicoli a ruote ed era vietata la costruzione di ponti sui numerosi corsi d'acqua. Inoltre la fitta rete di informatori e di barriere alle frontiere presidiate dai Fudai daimyo, dislocati dallo shogun col compito di vigilare gli infidi Tozama daimyo locali, avrebbe consentito di bloccare sul nascere ogni tentativo dei samurai di Harima di organizzare una spedizione punitiva ad Edo. Va tenuto conto inoltre della difficoltà di ottenere a distanza informazioni corrette, considerando l'immeediata esecuzione della sentenza contro Asano ed il rigoroso segreto mantenuto sull'effettivo svolgimento dei fatti. Infine, e forse questo dovrebbe essere l'argomento decisivo, gli inviati dello shogun organizzarono l'immediato scioglimento del feudo e la dispersione dei dipendenti civili e dei samurai del seguito, annullando di fatto ogni possibilità di reazione. La scelta di Oishi Kuranosuke fu quindi obbligata: lasciar trascorrere del tempo per allentare la vigilanza, e preparare nell'ombra, in gran segreto, la vendetta. Il gruppo dei samurai ai suoi ordini si disperse: chi si diede alla vita randagia del ronin, chi abbandonò le due spade per dedicarsi a piccole attività di commercio od artigianato per guadagnarsi da vivere. Oishi divorziò senza apparente motivo dalla fedele moglie. Si trasferì poi a Kyoto - la capitale dell'ovest ove risiedeva l'imperatore, quindi a notevole distanza da Edo. E' universalmente noto a chi ama la pittura giapponese che lungo la tormentata via del Tokaido, la via del mare che univa Edo e Tokyo, si susseguivano 53 stazioni di sosta, immortalate dai dipinti di Hokusai o Hiroshige tra gli altri. La via alternativa delle montagne, Nakasendo (69 stazioni), era inoltre impraticabile per la neve gran parte dell'anno. Se un trasferimento furtivo di un gruppo di armati da Harima ad Edo era teoricamente possibile, attraverso le più sorvegliate vie di comunicazione del paese, che facevano parte del Gokaido, il sistema di 5 vie principali progettato proprio dalla dinastia Tokugawa, era altamente improbabile se non impossibile. Oishi si diede a Kyoto ad una vita sregolata, frequentando giorno e notte i quartieri di piacere. Il suo tenore di vita era talmente dissoluto che i pochi samurai rimastigli a fianco si tassarono per acquistargli il contratto di una geisha nella speranza che questo contribuisse a calmarlo. Apparentemente non ci fu alcun effetto positivo. Un giorno, mentre si trascinava ubriaco per le vie di Kyoto, venne affrontato da un samurai rimasto ignoto del feudo di Satsuma, che gli rinfacciò pesantemente la sua codardia prendendolo prima a male parole e poi mettendogli le mani addosso. Nessuna reazione da parte di Oishi, che rimase inerte e malconcio nella polvere della strada mentre l'ignoto gli sputava addosso: un comportamento codardo inconcepibile in un uomo d'armi.. La stampa che raffigura l'episodio proviene da Tales of Ancient Japan di Lord Redesdale, apparso nel 1871. L'autore spiega di avere affidato le illustrazioni ad un certo Odake, commissionando l'incisione delle matrici ad un famoso artigiano di Edo. L'esame delle matrici da parte di alcuni esperti rivelò che erano state lavorate curando di seguire la venatura del legno, una tecnica che in Occidente era stata utilizzata da Albrecht Durer ma all'epoca era caduta in disuso per la sua complessità. Questo episodio fece sensazione: Oishi Kuranosuke, e con lui tutto il gruppo dei fedeli di Asano, doveva avere definitivamente rinunciato ad ogni proposito di vendetta, e non essere più comunque in grado di rendersi pericoloso. In effetti non era più nemmeno un samurai, essendosi pubblicamente disonorato. Una ulteriore prova che Kira non correva più rischi Non era così. Lo si sarebbe scoperto la notte del 14. Giorno del 12. Mese del 15. Anno Genroku. Corrisponde nel nostro calendario al 30 gennaio 1703. Diverse circostanze favorevoli erano presenti contemporaneamente in quella fredda notte innevata. Il gruppo dei fedelissimi si era trasferito alla spicciolata a Edo, rimanendovi nascosto finché non fosse arrivato il momento della chiamata. Ognuno aveva conservato le armi personali, ma procurandosi nel frattempo altro materiale, evitando quando possibile di acquistarlo per non attirare l'attenzione. Oishi aveva stabilito che il gruppo dopo essersi dato convegno in un punto prestabilito si sarebbe recato compatto verso la residenza di Kira, ancora sorvegliata e presidiata da uomini armati, per quanto il livello di guardia fosse ormai notevolmente calato. Nella stampa di Kuniyoshi il samurai che trasporta l'otsuchi, la grande mazza utilizzata dai pompieri per abbattere porte e pareti, è forseYasubei Horibe figlio di Yahei, il più anziano del gruppo. I due sono raffigurati anche in una stampa di Kunisada. Dovevano apparire quindi come un gruppo di pompieri di ronda: i reparti di pompieri erano armati e rivestivano per proteggersi dal fuoco armature ed elmi di cuoio. Per quanto confezionate alla buona le divise dovevano apparire abbastanza credibili alla incerta luce delle lanterne. Naturalmente erano muniti di scale, uncini, e quanto altro poteva servire per forzare le abitazioni. E' probabilmente quella indossata la notte dell'assalto, celata sotto l'uniforme da pompiere. I cospiratori avevano una pianta accurata della residenza: uno dei ronin era arrivato al punto di sposare la figlia dell'architetto che l'aveva progettata, pur di avere accesso alle informazioni. Erano divisi in due gruppi, che comunicavano attraverso segnali emessi da fischietti. Il gruppo più numeroso si schierò davanti alla porta principale, il secondo, comandato da Yoshikane Oishi che aveva all'epoca 16 anni, davanti a quella posteriore. Il segnale di attacco venne dato da Oishi con un tamburo. Il primo gruppo aveva l'incarico di sfondare la porta, sembra però che qui il maglio fosse manovrato dal giovane Ohotaka Genjo e non da Horibe, forse posizionato sul retro. Contemporaneamente altri penetravano oltre il muro utilizzando le scale. Il grosso del gruppo attendeva la forzatura delle porte per penetrare in massa nell'edificio. Nell'attimo in cui venivano vibrati i primi colpi di maglio dei messaggeri partivano verso le dimore vicine per avvertire di quanto stava succedendo. Uno dei samurai, salito sul tetto, annunciava intanto ad alta voce l'azione a chiunque fosse in ascolto, precisando che si trattava di un katauchi, la doverosa vendetta da parte di un gruppo di samurai intenzionato a vendicare il proprio onore oltraggiato, e non di una volgare rapina. Inoltre ognuno dei ronin portava indosso uno scritto in cui venivano ricapitolate le loro ragioni e dei cartelli vennero affissi per le strade. Nessuno dei vicini intervenne o avvertì le autorità. Si dice che in una delle dimore adiacenti fosse presente un folto gruppo di guardia incaricato di tutelare la sicurezza di Kira, ma che il loro comandante abbia solidarizzato con gli aggressori ordinando ai suoi uomini di ignorare le grida ed il tumulto che provenivano dalla casa assaltata. I ronin, pesantemente armati e perfettamente organizzati, ebbero facilmente ragione di ogni resistenza: uccisero 16 delle guardie del corpo di Kira e ne ferirono 22, senza praticamente subire perdite. I superstiti, gli inservienti e le donne di servizio vennero rinchiusi e tenuti sotto controllo. La stampa di Kuniyoshi rappresenta il ronin Kadono, armato di uno yarite (lancia corta) e protetto dall'armatura, mentre affronta la guardia del corpo Iwata. I nomi, foneticamente vicini a quelli reali ma deformati per accreditare la tesi che si trattasse di un'opera di fantasia sfuggendo così alla censura delle autorità shogunali, provengono da una delle tante versioni del Chushingura. Come possiamo vedere tutti i più grandi artisti giapponesi si cimentarono, e ripetutamente, nella illustrazione delle gesta dei 47 ronin. Ben presto i due gruppi si ricongiunsero all'interno della casa, di cui avevano ormai il pieno controllo. Non vi era però alcuna traccia di Kira. Dopo lunghe ricerche venne finalmente trovato nascosto in una legnaia, assieme ad alcune donne e a due uomini armati che tentarono una reazione ma vennero presto abbattuti. L'uomo più anziano che avevano invano cercato di proteggere venne facilmente disarmato del wakizashi. Nessuno era certo della sua identità, l'uomo rifiutava di dichiararsi, venne comunque fatto il segnale convenuto per il ritrovamento di Kira. Oishi si convinse della sua identita illuminandone il volto con una lanterna: aveva ancora ben visibile la cicatrice del colpo infertogli da Asano. Rivolgendosi a lui rispettosamente, gli rese note la sua identità e le motivazioni dell'assalto, ossia la vendetta per la morte oltraggiosa causata al signore del feudo.di Ako e la susseguente rovina della casata. Propose poi a Kira di darsi onorevolmente la morte, utilizzando la stessa lama con cui aveva compiuto seppuku Asano. Sembra che Kira, in preda al panico, non sia stato in grado di rispondere. A quel punto Oishi lo uccise immediatamente, decapitandolo. Rimaneva ancora da compiere una parte molto importante del rituale della vendetta: recare la testa di Kira sulla tomba di Asano, nel quartiere di Sengakuji presso l'omonimo tempio. Il gruppo riprese quindi l'ordine di marcia ed abbandonò la casa, avendo cura di spegnere tutti gli incendi sviluppatisi durante la breve ma cruente battaglia, per evitare che il fuoco si estendesse Lungo il percorso furono loro tributate molte manifestazioni di stima. Passando davanti alla dimora del signore Matsudaira vennero fermati da un posto di blocco. Dapprima allarmati, ebbero la piacevole sorpresa di essere invitati dal corpo di guardia a riposarsi per un poco e ad accettare di rifocillarsi prima di riprendere il cammino. Mentre attraversava il ponte di Ryogoku il reparto trovò invece la strada sbarrata da un samurai a cavallo, con lo stemma dello shogun sull'uniforme. Non erano in uso in realtà vere e proprie uniformi, ma l'abbigliamento seguiva canoni precisi nella stampa infatti l'artista ha rappresentato il samurai nella tenuta formale detta kamishino. La presenza del mon dei Tokugawa sull'aori, la sopravveste dalle ampie spalline, toglieva infine ogni dubbio. Il rispetto per l'autorità dello shogun era tale che un solo uomo avrebbe potuto arrestare senza dover fare uso della forza l'intero gruppo. L'ignoto samurai si dimostrò però solidale con i ronin: diede loro ordine di passare e di proseguire il cammino per le strade che lui avrebbe indicato, dove non avrebbero trovato altri ostacoli. Per questo, come per altri episodi, è difficile giudicare se siano storicamente provati o non piuttosto rielaborazioni di racconti o dicerie. E' comunque uno dei pezzi più apprezzati del Chushingura, il dramma ricavato dalla tragedia reale non solo rappresentato a teatro ma illustrato in vari album a stampa che non cessavano di essere pubblicati. La stampa a lato, opera del grande Ando Hiroshige (particolare), proviene dalla prima delle cinque serie da lui dedicate al Chushingura, pubblicata nel 1836. Arrivati finalmente a destinazione i 47 ronin lavarono accuratamente la testa di Kira presso un pozzo (la stampa lo rappresenta nelle condizioni in cui si trovava nel 1871), per poi deporla sulla tomba del loro signore. Terminata la cruenta cerimonia la testa venne consegnata ai sacerdoti, che in seguito la resero ai familiari. I samurai lasciarono al tempio anche una offerta in denaro, consistente in tutto quello che era loro rimasto. Sapevano infatti che non ne avrebbero più avuto bisogno. Avevano già deciso da tempo che si sarebbero consegnati alle autorità attendendo di essere giudicati. Vennero divisi in quattro gruppi, affidati alla custodia di altrettanti nobili. La condanna di Asano oltre che praticamente immediata era stata messa in esecuzione il giorno stesso. La casata di Asano era entrata in possesso del dominio di Ako nel 1648 con Asano Naganao, che vi costruì il castello (nella foto) demolendo per ordine dello shogun quello precedente. Venne privata del dominio nel 1701 nei giorni successivi alla morte di Asano Naganori. La sentenza a carico dei 47 ronin venne invece attesa per qualche tempo. Nessun possibile dubbio poteva sorgere sulla loro inevitabile condanna a morte, ma il problema più rilevante era se dovessero essere giustiziati come comuni criminali o se venisse loro concesso di compiere seppuku, ottenendo così una morte onorevole. Numerose mozioni a sostegno della loro causa arrivarono al governo dello shogun Tsunayoshi Tokugawa, seguendo vie più o meno ufficiali. Lo shogun decise infine di concedere loro il seppuku. Venne inoltre concessa la grazia ad uno di loro, perché la memoria di quanto successo non andasse perduta. Kuniyoshi: Terasaka Kichiemon Nobuyuki Le opinioni su chi dovesse essere il prescelto variavano: ci furono esortazioni a graziare i più giovani come Yoshikane Oishi od i più anziani come Horibe Yasuhei. Sembra accertato però che il prescelto fu l'ashigaru (samurai di basso rango, destinato a combattere nelle file della fanteria) Kichiemon Terasaka. Forse immediatamente prima dell'attacco, forse dopo la cerimonia a Sengakuji come fa sospettare la stampa - che comunque non costituisce prova - aveva ricevuto l'ordine di recarsi quanto più rapidamente possibile nel feudo di Ako per dare la notizia che vendetta era compiuta. Terasaka visse fino all'età di 78 anni, 83 secondo altri, e chiese che dopo la morte le sue ceneri raggiungessero quelle dei compagni. Kuniyoshi (Chushingura ed. 1848)Gli altri ronin compirono seppuku nel 16. anno Genroku (1703), nel quarto giorno del secondo mese. Corrisponde nel nostro calendario al 20 marzo. La moglie di Onodera Junai Hidetomo volle raggiungere lo sposo nella morte compiendo jigai, il suicidio rituale riservato alle donne samurai. Le donne utilizzavano il kwaiken, il corto pugnale a loro riservato, per tagliarsi la gola. Le gambe venivano legate per evitare di assumere posizioni scomposte nell'agonia. Inevitabile ricordare che questo era l'uso anche presso i romani: Giulio Cesare quando comprese di non poter sfuggire ai pugnali dei congiurati si preoccupò soprattutto di non cadere scompostamente, coprendosi con la toga. Nel suo poema di addio Onodera Junai, che aveva 61 anni ma fu uno dei più valorosi, uccidendo 2 nemici, scrisse: Diventando vecchio si attende con ansia il giorno della fioritura; Com'e' difficile essere testimoni dell'anno che finisce. Nishimura Shigenaka: rappresentazione kabuki del ChushinguraIl sacrificio dei ronin, oltre a ristabilire l'onore del feudo di Ako, ebbe anche non trascurabili effetti pratici. Molti dei samurai allo sbando trovarono un nuovo impiego presso altri feudatari, dal momento che l'onta che era ricaduta sul nome degli Asano e di quanti li avevano serviti era stata lavata. Trascorso un ragionevole lasso di tempo lo shogun stabilì infine di riassegnare il feudo a Nagahiro Asano, fratello minore del tragico protagonista della vicenda, sia pure limitandone notevolmente il territorio per non ledere i diritti acquisiti nel frattempo da coloro cui era stato assegnato. Come il lettore già sa la prima rappresentazione del Chushingura risale al 1748 e riscosse immediatamente uno straordinario successo, ma fin dal primo momento la straordinaria storia si era diffusa in ogni ambiente ed era l'oggetto di ballate e racconti. Oltre alle rappresentazioni teatrali bunraku e kabuki sono numerosi come abbiamo detto anche i film che trattano di questa leggendaria saga. Abbiamo recensito Akojo Danzetsu (La caduta del castello di Ako) di Kiji Fukasaku, in chiave avventurosa, e 47 ronin di Kon Ichikawa, che tenta una ricostruzione più realistica, approfondendo gli aspetti psicologici della contesa e rinunciando ad attribuire torti e ragioni. Fonte: Musubi
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".....la purezza non si ottiene senza sforzo." Yamamoto Tsunetomo, Hagakure "Il cavaliere è l'uomo che percorre il tremendo cammino del sacrificio, per un bene superiore." Plinio Correa de Oliviera Ultima modifica di Galgan : 16-09-2014 alle ore 16.39.54. Motivo: Tolto alcune immagini non fondamentali. |