02-02-2016, 21.28.56 | #1051 |
Cittadino di Camelot
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Ero tranquilla a mangiare in un angolo, quando vidi entrare un servo, il quale cacciò un urlo e io subito mi avvicinai a lui, bloccandolo e coprendogli la bocca con la mano.
"Ascoltate..." dissi sottovoce "Non sono una ladra, non è come pensate. Una donna della servitù mi ha fatto entrare, mi sta aiutando a cercare una persona, potrà confermarvelo lei stessa. Giurate che non fiaterete, e se dovessero farvi domande direte che avete visto un topo o qualsiasi altra cosa. Giuratelo" dissi con tono duro, determinato e che non ammetteva repliche, guardandolo dritto negli occhi.
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"La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca" BALTASAR GRACIÁN "Sappi che la Luna è il messaggero degli astri. Essa infatti trasmette le loro virtù da un corpo celeste all'altro" ABU MASAR, "Libri mysteriorum" Ultima modifica di Lady Gwen : 03-02-2016 alle ore 00.58.25. |
03-02-2016, 00.09.37 | #1052 |
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Ensa venne a chiamarmi, distogliendomi così dai miei pensieri. Stavo per rivestirmi, quando sentii un rumore provenire da fuori. Con indosso ancora il telo da bagno, aprii la finestra e mi affacciai.
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"Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana [...] Se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato." |
03-02-2016, 00.51.33 | #1053 |
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Portai una mano davanti alla bocca per non ridere, scuotendo appena la testa.
Non era cambiato, pensai, con un vago sorriso. Neanche nell'aspetto. Bello... Eccome se lo era (e lo sapeva bene), era la prima cosa che avevo pensato nel vederlo quel giorno lontano. Col sole Sygma appariva ancora più bella, le sue vie scandite dal vivace via vai dei passanti la rendeva incredibilmente gioiosa e viva. Quel giorno poi, i suoi colori erano amplificati dal temporale del giorno precedente che aveva lasciato il cielo pulito e velato di un roseo bagliore. Camminavo veloce, come ero abituata a fare nella mia città dove tutti andavano sempre di fretta, e superavo spesso i passanti chiedendomi perché diavolo dovessero camminare così piano. Pochi pensieri riempivano la mia mente quel giorno, Fria, che mi aspettava, il libro che avevo trovato nella biblioteca della zia che dovevo assolutamente prestare alla mia amica per poterne poi fantasticare insieme. Quel racconto mi aveva fatto sognare mondi lontani, avventure senza pari, e un amore infinito e vero, di quelli che ti sconvolgono l'anima a tal punto da incontrarlo vita dopo vita, un amore per il quale valeva la pena conquistare il mondo intero. Ed è buffo pensare che i miei ultimi pensieri lucidi fossero rivolti all'Amore. Forse io non lo sapevo, non potevo saperlo, ma messer Amore era lì che mi osservava, e probabilmente rideva. Per anni mi ero chiesta quale torto gli avessi fatto per essere punita in quel modo atroce. Ma io avanzavo, immersa nei miei pensieri, ignara, senza guardare dove stessi andando come al solito, la testa persa ad osservare quella strana sfumatura del cielo di Maggio. D'un tratto qualcosa, o meglio qualcuno, mi urtò e sentii un tonfo. Il mio libro! "Maledizione.." imprecai mentalmente, chinandomi a prendere il libro. Una mano però fu più lesta della mia. Fu allora che alzai gli occhi su di lui. "Perdonate damigella.." con un cortese inchino. Probabilmente arrossi. "No.. io.." balbettai poi "Colpa mia.." con un timido sorriso. "Questo dev'essere vostro.." gentilmente il ragazzo porgendomi il libro, e nel prenderlo la mia mano sfiorò la sua per un brevissimo istante. "Grazie.." dissi soltanto. "Buona giornata.." con un gentile cenno del capo. Risposi soltanto con un sorriso luminoso e un inchino a mia volta, osservandolo riprendere la sua strada alle mie spalle. Per mia fortuna non si voltò, o avrebbe incrociato il mio sguardo. Il mio sguardo vagava nel vuoto ricordando quel giorno. Ricordavo persino i profumi che avevano accompagnato quella mia passeggiata, ricordavo ogni cosa. Avevo pensato a quel giorno mille e mille volte. Era un ricordo dolce, e non ne avevo poi molti. Già, quello era prima, quando ancora non era altro che un sogno senza nome, uno di quelli che ti scaldano il cuore, un sogno colmo di speranza. Prima, quando ancora il mio cuore non sanguinava, quando ancora non sapeva quanto potesse fare male. Prima che mi consumasse. Prima che mi entrasse fin nelle ossa per distruggermi dall'interno. Prima che spegnesse la luce dai miei occhi. Prima che uccidesse ogni speranza di felicità. Prima di.. Basta! La voce imperiosa e furibonda di Clio mi destò da quei pensieri autolesionisti. Lila abbassò gli occhi e tornò a rintanarsi nell'angolino di anima che le avevo concesso che aveva le sembianze di una stanza buia con una finestra simile a quella da cui lei spiava continuamente il via vai da dietro la tenda, sperando di vederlo passare. Serrai la mascella. Non gli avrei permesso di distruggermi di nuovo, di indebolirmi come accadde anni fa. Mi ero liberata di quel sentimento e ora non doveva tornare a tormentarmi per nessuna ragione al mondo. Chiusi gli occhi per nascondere la rabbia che mi ribolliva nelle vene, e strinsi forte la candela che avevo ancora in mano. Quando riaprii gli occhi essi erano carichi di lucida determinazione. Dovevo liberarmi di lui, in un modo o nell'altro. La sua sola presenza mi stava debilitando, quei ricordi mi facevano solo male. E io non potevo permetterlo! Sapevo che cosa dovevo fare: catturarlo e consegnarlo al barone. "Ma... morirà.." con una flebile voce terrorizzata, Lila. "Appunto.." guardandola torva Clio "Almeno avrò pace.." sentenziò. Presi un profondo respiro. Mi serviva un piano, e in fretta. |
03-02-2016, 00.59.18 | #1054 |
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La cena continuava in modo amabile e cortese, nonostante Ferico non facesse nulla per celare o limitare il disprezzo con cui parlava di Guisgard.
Ed in breve, inevitabilmente, il nome del cavaliere divenne l'unico motivo di conversazione a tavola. “Eh, il nostro amabile dignitario” disse il barone riferendosi a Jean “riuscirebbe a convincere un prete a portare fede ai suoi voti. Avete il dono della lingua e della persuasione, messere. Ascoltandovi sembra che la cattura di Guisgard sia cosa fatta.” “Non ho detto questo, milord.” Fece Jean. “Ah, no?” “No, mio signore.” Fissandolo il cortigiano. “Non esiste un piano perfetto. Il tutto dipende dalla bravura di coloro che lo attuano e da una discreta dose di buona sorte.” “Beh...” Ferico “... sperate dunque di essere bravo e fortunato, messere... infatti solo quando avremo catturato e giustiziato quel cane di Guisgard vi sarà concesso di prendere in sposa la bella berbera.” Fissando poi Dacey.
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03-02-2016, 01.02.09 | #1055 |
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Il servo, con la mano di Gwen a tappargli la bocca, annuì alla ragazza.
Ed i suoi occhi sembravano sinceri.
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03-02-2016, 01.03.30 | #1056 |
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Se esisteva davvero una Giustizia allora io sarei dovuta essere libera senza che ciò prescindesse dalla cattura di Guisgard.
Ma la giustizia in queste terre era amministrata da Ferico e dalla sua mente ottusa. Capivo benissimo ciò che il barone disse in modo neanche tanto velato. Sfiorai con discrezione la mano di Jean, sembrava certo che il suo piano funzionasse e io non potevo che fidarmi
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03-02-2016, 01.07.12 | #1057 |
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Udito quello strano rumore, Gaynor, ancora stretta nel suo telo, si sporse dalla finestra.
Era ormai il crepuscolo inoltrato e la campagna appariva silenziosa e calma. Le sagome delle colline avvolgevano quello scenario che l'imbrunire stava ora consegnando alla sera, con le forme dei dritti cipressi che si stagliavano negli ultimi bagliori del cielo prossimo a spegnersi. Qualche lucciola vagava leggera tra i cespugli e le prime stelle si accendevano soffuse e lontane nell'acerbo firmamento. Fu in quel momento che la dama vide un'ombra attraversare le piante sottostanti alla sua finestra.
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03-02-2016, 01.09.24 | #1058 |
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Il servo annuì. Sembrava sincero.
"Molto bene. Spero davvero per voi che siate sincero" sibilai, sempre con gli occhi fissi nei suoi, poi tolsi la mano e lasciandolo andare.
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03-02-2016, 01.19.23 | #1059 |
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Clio, in balia dei suoi ricordi, dei suoi sogni e delle sue paure, tornò a concentrarsi su quanto udiva provenire dalla sacrestia.
“Sygma non è più casa vostra...” disse Frate Roberto, zittendo così la risata dell'uomo incappucciato “... e di nessuno altro viva ora a Capomazda.” La figura incappucciata lo fissò. “E farsi catturare così” continuò il chierico “è un modo sciocco per morire.” “Degno padre...” fece la figura “... San Pietro forse lasciò Roma quando sognò Nostro Signore che tornava nella capitale per farsi crocifiggere di nuovo? Scappò, salvandosi, oppure tornò indietro per morire in Croce come il suo Maestro?” “Voi non siete San Pietro.” Rispose il frate. “San Pietro è un uomo” replicò la figura “come lo siamo io e voi. Ed un uomo non può scappare davanti alla paura, alla verità ed alla giustizia.” “Siete folle ed incosciente.” Scuotendo il capo Frate Roberto. “Forse...” mormorò la figura incappucciata. Ad un tratto si udì un rumore di passi all'esterno della Pieve.
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03-02-2016, 01.19.58 | #1060 |
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Alla luce del crepuscolo, dalla finestra vidi un'ombra muoversi attraverso il giardino. "Chi è la?" gridai in direzione della figura, sperando non fosse qualcuno con cattive intenzioni.
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