30-03-2011, 12.25.30 | #101 | |
Cittadino di Camelot
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Quella visione... tanto viva nella mia mente, tanto potente che quasi mi sentii come se fossi io stessa a precipitare da quella torre in quell’istante... e avvertivo su di me lo sguardo di quel misterioso cavaliere con il mantello rosso, uno sguardo implacabile, inesorabile, fatale...
Poi la voce di quel servo mi destò, con un sussulto, da quell’incubo in cui stavo scivolando... Lentamente mi passai due dita sulla fronte, come a voler cacciare le immagini appena viste, o almeno allontanarle per un istante... Lo congedai con un gesto lieve, inspirai appena e poi, quasi controvoglia, lasciai quel corridoio per raggiungere la sala in cui, credevo, avrei trovato l’abate Ravus. Giunta davanti all’alta porta di legno liscio e prezioso, picchiettai appena sullo stipite ma, non ricevendo alcuna risposta, posai una mano sulla maniglia e la spinsi piano... Due sole persone vi erano in quella sala. Entrando, colsi uno stralcio di conversazione... Citazione:
Feci dunque qualche passo nella stanza e, prima di potermi trattenere, dissi: “Ma forse quel tesoro non è l’unica cosa che interessa lord Cimarow! Egli ha bisogno di una legittimazione prima di tutto, ha bisogno che venga riconosciuto il suo potere personale e che esso risulti maggiore rispetto a quello degli altri baroni. E se egli entra a Capomazda, se si insedia in questo palazzo dopo averti sconfitto, ucciso o anche solo cacciato via... beh, avrà ottenuto ciò che gli occorre! Una volta qui, se è intelligente... e credo che lo sia... si porrà in linea con i tuoi antenati. Potrà dire che tu non eri che un inetto, un incompetente e che egli, invece, è l’erede ideologico di quella nobile stirpe... e così avrà vinto! Quanto al tesoro... sì, forse sarà contrariato di non potervi mettere le mani. Tuttavia non gli sarà difficile accumulare ricchezze continuando a predare e a saccheggiare come sta facendo adesso... imponendo ai suoi sudditi, ai tuoi, balzelli sempre più pesanti, proprio come sta facendo nei suoi possedimenti ormai da decenni!” Tacqui infine e, solo allora, mi resi conto di aver parlato forse un po’ troppo categoricamente... “Questo, almeno, a mio parere!” soggiunsi in fretta. Poi sorrisi conciliante e spiegai: “Perdonami, mio signore, se sono giunta così... mi era stato detto che l’abate Ravus era arrivato a Capomazda e credevo che lo avrei trovato qui!”
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
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30-03-2011, 21.08.37 | #102 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Io, milady? E come mai? Forse mi trovate davvero bizzarro come il Fato, devo credere?”
E detto questo, Guisgard sorrise a Morrigan. Si accomodò la sella sulle spalle ed aggiunse: “Certo che la campagna da queste parti è alquanto mesta… eppure c’è un bellissimo tramonto che dovrebbe destarla da ogni angoscia, non trovate?” “La campagna Capomazdese è viva, milord…” intervenne Ravus “… ed è capace di percepire gli stati d’animo di chi attraversa il suo manto.” “Allora deve essere passata qualche schiera di disperati ultimamente!” Scherzò Guisgard. “E’ quella maledizione che la rende così…” mormorò in quel momento uno dei servitori intento a scaricare i bagagli dalla carrozza. Guisgard lo fissò incuriosito. “Vuoi stare zitto!” Lo richiamò il più anziano dei servitori. “Pensa a scaricare i bagagli se non vuoi essere frustato!” “Gli alloggi sono pronti.” Annunciò Izar ai nuovi arrivati. Guisgard però si separò dal gruppo per raggiungere, dietro proposta proprio di Izar, la caserma dei soldati ducali.
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30-03-2011, 21.22.49 | #103 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Nello stesso momento, Finiwell e Cavaliere25 uscirono dalla locanda in cerca di Pasual.
Chiesero ad alcune sentinelle prima e ad un gruppo di cadetti poi, ma nessuno sembrava averlo visto. "Molto strano..." mormorò Finiwell "... Pasual non si è presentato al posto di guardia... eppure sa bene che il capitano Monteguard non tollera simili leggerezze..." Restò un attimo a riflettere poi esclamò: "Allora non abbiamo altra scelta! Vieni, ragazzo, ti mostrerò come si monta un turno di guardia! Copriremo noi due quello scellerato!" E i due raggiunsero il barbacane posto a Settentrione, dove cominciarono il loro inatteso turno di guardia.
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30-03-2011, 21.26.01 | #104 |
Cittadino di Camelot
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che bello dissi spero di essere al altezza di questo compito dissi rivolgendomi a Finiwell ma poi se riusciremo a trovare pasual ci facciamo spiegare per filo e per segno dove era finito e aspettai che Finiwell mi insegnasse a montare la guardia
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fabrizio |
30-03-2011, 22.00.54 | #105 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Bene bene…” disse Icarius divertito dopo che Talia finì di parlare. “Avete visto, Izar? Abbiamo qui una vera esperta di politica e strategia! Ma d’altra parte come non immaginarlo! Che sciocco, vero? La principessa delle terre di Sygna ha di certo dimestichezza sul modo in cui si governano terre e genti!”
“Se posso permettermi, mio signore…” “Ma prego, Izar!” Esclamò Icarius. “Oggi è giorno di parola per i miei fidati consiglieri! Avanti, dite anche voi la vostra. Vi ascolterò con attenzione.” “Credo che lady Talia abbia descritto perfettamente ciò che potrebbe accadere.” Cominciò a dire Izar. “Il tesoro della vostra stirpe è favoloso, vero, ma il seggio ducale vale ben oltre la semplice ricchezza. E questo, temo, lord Cimarow lo sa bene.” “Quindi dite che sarebbe inutile mettere in salvo il tesoro?” Domandò sarcastico il duca. “Mi consigliate di lasciarlo alla mercè del traditore, magari porgendoglielo su un vassoio d’argento? E perché no!” Rise e continuò: “Magari potrei nascondere invece il seggio, oppure la Corona di Giada simbolo del potere ducale! E, perché no, anche tutte le statue di eroi, duchi ed antenati più o meno mitici! Ma poi…” fissando ironico Talia “… poi però rischierei di perdere l’amore della mia adorata consorte… tuo padre cosa penserebbe se il tesoro andasse perduto? Come potrei mantenere la sua bellissima figlia? Il Giglio di Sygma! Ma che sciocchi siamo… sicuramente scenderanno schiere angeliche a salvarci… magari si scomoderà lo stesso San Michele per aiutarci! Perché preoccuparsi!” Scoppiò allora a ridere. “Sfortunatamente il mondo non va così…” diventando finalmente serio “… il sangue dei Taddei non è diverso da quello degli altri uomini… e se in passato non hanno mai conosciuto sconfitta non vuol dire che non possa accadere ora… sin da piccolo mi hanno riempito di storie e miti sulla grandezza della nostra stirpe… ora non ci credo più… non voglio morire per un sogno… un sogno che non sento neanche mio… non più!” Restò un attimo in silenzio e poi concluse: “E non lascerò il tesoro nelle mani di quei cani… che si prendano le statue e le pietre di questo palazzo… ma non avranno quell’oro!” Ed un lampo, un bagliore, infiammò i suoi occhi. Occhi nei quali, l'azzurro sembrava aver smarrito ogni sogno.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO Ultima modifica di Guisgard : 31-03-2011 alle ore 02.31.52. |
30-03-2011, 22.20.17 | #106 |
Cittadino di Camelot
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Passeggiando nel giardino, mi ero assorta tra le ombre del passato e qualche timore per il mio sempre incerto futuro. Ero tanto pensierosa che quasi non udivo i rumore i provenire dalla taverna, dove la gente vociava e cantava, cercando distrazione dall'atmosfera grave che si respirava in quel palazzo.
Improvvisamente un suono, una sensazione, una lenta malinconia mi travolse. Quasi irresistibilmente. La seguii, curiosa. Si snodava lasciando chiare tracce nell'aria profumata.
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Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente. |
30-03-2011, 22.50.47 | #107 |
Dama
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Dalla cella che mi ospitava ormai da qualche anno riuscivo a scorgere l'orizzonte. A parte i falchetti che volteggiavano ansiosi sui prati circostanti e ai caprioli che guizzavano da una parte all'altra dei margini dei prati, i miei occhi non incontravano anima viva. "Anima viva". Già...non potevo di certo considerare delle "anime vive" le mie compagne di sventura.
Fui rinchiusa in quel monastero qualche anno addietro dal "mio nobile padre". Una vita di preghiera, di devozione, sacrificio e umiltà e pentimento, secondo lui, mi avrebbe purificata da quel "peccato". Amare una persona non della mia stessa classe sociale era un "peccato". Il mio "peccatore" fu costretto ad arruolarsi e ad andare a combattere per una guerra non sua ma che gli avrebbe reso l'"Onore" e invece gli ha reso solo un giaciglio eterno dentro la nuda terra. E io scelsi la via indicatami dal mio nobile padre. Le persone che condividono brevi momenti delle mie giornate hanno lasciato fuori da queste mura il loro essere. Qui vivono e basta. Io ho scelto non solo di vivere, ma di crescere nonostante le regole ferree e le privazioni. Appollaiata sul bordo della finestra della mia cella, svogliatamente fissai l'orizzonte. Non mi sarei aspettata di certo di scorgere uno scenario diverso. Vidi avvicinarsi un uomo a cavallo. Dopo una mezz'ora venni convocata dalla badessa. Il mio nome è Llamrei. |
31-03-2011, 01.14.22 | #108 |
Cittadino di Camelot
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“Io, milady? E come mai? Forse mi trovate davvero bizzarro come il Fato, devo credere?”
Le sorrise, e per un attimo Morrigan sentì di aver smarrito la sua abituale sicurezza. Quell'uomo scherzava. Quell'uomo non la conosceva affatto. Che sciocchezza credere che avrebbe potuto avere una qualche forma di interesse nella sua storia! Esitò nel rispondere, e lui subito continuò, accomodandosi la sella sulle spalle: “Certo che la campagna da queste parti è alquanto mesta… eppure c’è un bellissimo tramonto che dovrebbe destarla da ogni angoscia, non trovate?” Morrigan, meccanicamente, rivolse lo sguardo verso il sole che ormai si era rifugiato dietro la linea lontana e scura dei monti. Il cielo brillava di sottii linee rosse, il cui colore era talmente intenso da far tremare l'anima. Dalle sue labbra sfuggì un impercettibile sospiro. “La campagna Capomazdese è viva, milord…” intervenne Ravus, irrompendo in quel momento e strappandola alla vista di quel tramonto. Parlarono tra loro. E di nuovo Morrigan non potè fare a meno di notare la strana atmosfera che si veniva a creare ogni volta che si accennava alla situazione in cui versava il Granducato di Capomazda. Una sottile, soffocata reticenza aleggiava intorno alle parole... qualcosa di celato, di interrotto... si domandò se non fosse il caso di chiedere di più. In fondo era arrivata fin là, aveva deviato dal suo percorso per raggiungere quel ducato, quindi le sembrava quasi che una spiegazione le fosse in qualche modo dovuta. Si accorse che Guisgard si era separato dal gruppo e si stava allontanando, forse per raggiungere quel capitano della guardia che gli era stato indicato prima. Lo guardò mentre attraversava la corte. Non gli aveva detto nulla, infine. E forse era stato meglio così... forse non era niente più che una sciocchezza senza valore... già... eppure anche quello era un segno, non riusciva a negarselo! Aveva viaggiato a lungo, per terra e per mare. Era giunta fino alle bianche scogliere di Albion, senza mai avere alcuna notizia dell'uomo che cercava. Quando era giunta a Camelot era ormai profondamente scoraggiata. Non aveva alcuna traccia e non aveva alcuna speranza. Poi, tutto d'un tratto, quei segni... Morrigan credeva nei segni. Credeva che nulla accadesse per caso, e che, a ben guardare, il mondo era pieno di indicazioni... buone o cattive, chissà... ma c'erano, non aveva dubbi! E di colpo, dal nulla, in mezzo all'assenza e in mezzo al silenzio, i segni si erano mostrati e quasi affastellati, e tutti dicevano la stessa cosa... che era quella la via! Troppe coincidenze valevano più di una prova... quella donna, Melisendra, e le arti arcane che di certo celava... la rivolta di Lord Cimarow e le sorti di Capomazda, che tanto somigliavano agli eventi che avevano rivoltato le terre di Cassis un tempo... e poi quel cavaliere... quel cavaliere che... ma non è possibile... il mare è pieno di pesci! Con quella frase, Morrigan si rassegnò a seguire i paggi che la condussero nel suo alloggio. Toccare quei broccati le ricordava sua madre. Aveva un ricordo vago e dolciastro di sua madre. E come avrebbe potuto essere diversamente? Aveva solo quattro anni quando lei era morta. Ma ne conservava un'immagine che era fatta di colori, del fruscio dei vestiti, dei lunghi nastri, dei fiori che sempre intrecciava tra i lunghi capelli scuri. Senza nemmeno rendersene conto, avvicinò l'abito al viso, e, chiudendo gli occhi, affondò la guancia in quella stoffa, carezzandola. Disperatamente cercava di nuovo quel profumo, quel profumo che non c'era, che non avrebbe potuto mai esserci... Scosse il capo, si staccò da quella veste, lasciando ricadere la mano. Doveva dunque scegliere uno di quegli abiti? Era questo che ci si attendeva da lei? Si ricordò che, in fondo, era in un palazzo, nella capitale di quelle terre, e con ogni probabilità era quello che ci si attendeva da ogni ospite. Che poi fossero giunti in quel luogo per altri motivi, che la guerra fosse alle porte, che probabilmente gi uomini di Cimarow in quel momento fossero intenti a saccheggiare e distruggere qualcuno dei villaggi vicini, tutto questo sembrava non avere alcuna importanza. A tutti era richiesto di mantenere le forme e il decoro, e per questo, nonostante ciò che accadeva fuori dal palazzo, dentro il palazzo tutto doveva restare immutato e ligio alle tradizioni. Almeno in apparenza. Scelse un abito di un profondo rosso scuro, simile al sangue versato. Le era sempre piaciuto quel colore. Le donne le avevano lavato e profumato i lunghi capelli, ma non aveva permesso loro di acconciarli in alcun modo. Li aveva lasciati sciolti sulle spalle. Era la piccola infrazione alle regole che suo zio Morven le aveva sempre concesso, nonostante non fosse più una ragazzina. Così, abbigliata a quel modo, con un lieve velo che le copriva il capo senza nascondere la sua bellezza, la duchessa Morrigan, erede delle terre di Cassis, raggiunse la corte scendendo le scale con calma glaciale, mentre nella sua testa la curiosità l'assaliva, pungendola con le sue tante domande.
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?" "Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!" |
31-03-2011, 02.23.07 | #109 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Morrigan scendeva le scale per giungere nella sala grande, dove di li a poco il duca e sua moglie avrebbero incontrato Ravus ed i nuovi arrivati.
Dipinti e arazzi animavano quell’ambiente, che al luminoso chiarore delle candele davano alla sala un’atmosfera quasi fiabesca. Il grande ritratto dell’Arciduca Ardeliano dominava tutta la sala dalla parete di fronte le scale. L’Arciduca era in tenuta da caccia, col suo bellissimo falco ed i suoi fedeli molossi. Orgoglio, nobiltà e bellezza erano impresse sul suo volto, mentre uno scenario di lussureggiante bellezza lo avvolgeva. Quasi ignaro del terribile destino che l’attendeva, Ardeliano, signore di Capomazda e Sygna, sorrideva e nei suoi profondi occhi chiari, simbolo della sua nobile stirpe, era visibile una luce non comune. Una luce capace di illuminare tutti coloro che in essa si fossero specchiati. Una luce, però, che di li a poco si sarebbe spenta per sempre, facendo piombare il ducato in un incubo senza fine. Morrigan raggiunse il centro della sala e subito fu salutata dall’abate Ravus. Un attimo dopo arrivarono il capitano Monteguard ed il suo luogotenente sir Augustus, amico d’infanzia di sua signoria lord Icarius. Ravus presentò Morrigan ai due militari, i quali lodarono ed omaggiarono la superba bellezza di quella ragazza.
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31-03-2011, 02.28.58 | #110 |
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Si dice che un suono, un eco, come un sospiro o un pensiero, siano capaci di trasportare frammenti dell’anima.
Nell’incanto di quella sera, silenziosa ed enigmatica, il suono di quell’ocarina attraversava il verziere, mentre le scintillanti stelle restavano mute a guardare. Ad un tratto quel suono cessò ed il cavaliere aprì gli occhi, fissando il vuoto davanti a sé. Ed in quel momento, qualcosa attraversò i suoi occhi. Forse un nome, un’immagine. O forse un sogno. Melisendra era alle sue spalle, nascosta tra i vigorosi arbusti del giardino e l’oscurità della sera, attirata lì dal suono dell’ocarina.
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