30-03-2011, 17.32.12 | #101 | |
Cittadino di Camelot
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[/QUOTE]Quasi quasi un nuovo vostro racconto ci sta tutto[/QUOTE] In effetti, ci sto già lavorando. Sto raccogliendo informazioni sui cavalieri del regno (che sono un riservati, devo dire!)... Attendo però di leggere anche un'altra delle vostre storie! A presto, mia signora! (Con stima, mi inchino ed esco di scena). P.S. - Acc... dimenticavo... avete visto che bel lavoro a fatto Sir Hastatus77, nel raccogliere gli Annali e le regole?
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Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà! (Metastasio) |
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30-03-2011, 22.53.03 | #102 |
Cittadino di Camelot
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Ma no, non dovete sentirvi in colpa!!! è il tempo che mi manca non la voglia di leggere tutte le cose che vengono postate dagli altri cittadini
Sì, Sir Hastatus ha fatto un ottimo lavoro!! Ora è molto più chiaro!
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"Gli uomini che meglio riescono a stare con le donne sono gli stessi che sanno starci benissimo senza" Baudelaire |
01-04-2011, 14.31.28 | #103 | |
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@Emrys Contraccambio con voi i ringraziamenti... perché siete voi che mi avete dato lo stimolo.
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"La Morte sorride a tutti... Un uomo non può fare altro che sorriderle di rimando..." Sito Web: http://digilander.libero.it/LoreG27/index.html Libreria on-line: http://www.anobii.com/people/gelo77/ |
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03-04-2011, 21.09.58 | #104 |
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Emrys,messere!!! Veramente interessante il vostro racconto, interessante e sorprendente.
Uffi troppi pensieri e troppe domande che nascono , si rincorrono e si accavallano... appena riuscirò a fare chiarezza vi sommergerò di domande, con vostra licenza s'intende... Mi inchino a voi messere e prendo licenza...
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04-04-2011, 08.31.44 | #105 |
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Grazie infinite, mia signora!
Sono a vostra disposizione per ogni chiarimento. Forse ho messo troppa carne al fuoco in poche righe. Il prossimo racconto sarà meno presuntuoso. Sto tentando di rimanere coi piedi per terra (beh, pur rimanendo in questo fantastico reame), però la trama mi ha un po' preso la mano! Ci vorrà ancora un po'!
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03-07-2011, 22.31.04 | #106 |
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Dopo tanto tempo, ecco uno nuovo racconto per gli Annali del Regno di Camelot. Per chi non li conoscesse o li avesse dimenticati, qui http://www.camelot-irc.org/forum/showthread.php?t=1591 li troverete in bell'ordine, grazie al nostro amatissimo Sir Hastatus77. E vi troverete anche il regolamento per potervi partecipare o per dare il vostro benestare per comparire in una storia. Questo nuovo racconto è diviso in tre parti (per la seconda dovrete aspettare qualche giorno; la terza seguirà abbastanza rapidamente, perché già scritta in gran parte). La narrazione fa riferimento ad alcune vicende occorse nelle precedenti puntate (quelle scritte da Lady Dafne e da me), quindi se non le ricordate, fareste bene a rileggerle. Bene, spero lo gradirete e, per semplificare la vita a Sir Hastatus77 — almeno spero! —, pubblico la prima parte in un “post” separato.
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Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà! (Metastasio) Ultima modifica di Emrys : 03-07-2011 alle ore 23.26.15. |
03-07-2011, 22.31.29 | #107 |
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[L'ARPA E LA SPADA] "Il coraggio non è la grande quercia che vede la tempesta arrivare e passare, ma è il fragile fiore che si apre nella neve." Alice M. Swain PARTE I Il cielo color del piombo, il forte vento, ancora freddo ma non gelido, e il mare agitato, che ancora rendeva impossibile la pesca, lasciavano intendere che l'inverno non fosse ancora passato. Eppure, ad un occhio attento, gli indizi che annunciavano il cambiamento della stagione non sarebbero passati inosservati: piccoli ciuffi di un verde intenso si facevano largo tra rocce e zolle grigiastre; qualche insetto si muoveva nervosamente alla ricerca di qualcosa; altri sembravano intontiti dal freddo e come in attesa, sorpresi e speranzosi, di un sole che tardava ad arrivare. E alcuni uccelli erano già tornati e riempivano l'aria di richiami. A Cerdic non era necessario osservare tutto questo. Alla sua giovanissima età, la primavera, la si sente arrivare in anticipo: il corpo freme, impaziente di movimento e, nel suo caso, di lotta e di avventura. A undici anni, se il sole latita, ci si scalda da sé o con l'immaginarne uno già carico d'estate. E la fantasia a Cerdic non mancava di sicuro. La fantasia gli era necessaria. Necessaria per alimentare i suoi sogni, perché lui ne era certo: un giorno sarebbe diventato un cavaliere! Avrebbe difeso la sua terra. Avrebbe salvato un damigella in difficoltà. Avrebbe servito fedelmente Re Artù e, forse, avrebbe trovato posto alla Tavola Rotonda. La fantasia gli era necessaria anche per sopravvivere ai momenti di sconforto. Se, in precedenza, farsi accettare dai suoi coetanei non era stato facile, in quei giorni, quando era fortunato, veniva ignorato o allontanato dai giochi comuni. Altre volte veniva bersagliato con pietre e insulti. Tutto era cambiato, da quando, sei mesi prima, era morto suo padre... Tredici anni erano trascorsi, da quando Horad, il padre di Cerdic, arrivò a Chilfach Cudd aggrappato ad un asse di legno, in un mare ancora in tempesta: unico sopravvissuto di una piccola flotta di sassoni alla ricerca di una nuova terra dove stabilirsi. In quei giorni, i rapporti tra i due popoli non erano ancora diventati così burrascosi, ma la diffidenza verso gli estranei era già radicata negli abitanti del piccolo villaggio. Tuttavia, soccorsero lo straniero in difficoltà. Lo curarono. E col tempo, vista la sua intenzione a trattenersi presso di loro, visti il suo carattere socievole e l'abilità con cui svolse ogni lavoro in cui si impegnò, riuscirono ad accettarlo e ad accoglierlo all'interno della loro comunità. Dopo un paio d'anni, solo le sue caratteristiche fisiche lo distinguevano dagli altri. I capelli biondi, così chiari da sembrare bianchi, spiccavano tra capigliature nero corvine, castane o rossicce. Spiccava anche a causa della sua statura, di una testa più alto di chiunque altro. Gli occhi azzurri, invece, non erano rari da queste parti; ma le sue iridi non ricordavano il colore del cielo, piuttosto sembravano scaglie di ghiaccio. In molti si domandarono cosa attirò l'attenzione di Gwen, la madre di Cerdic, e perché s'infiammò d'amore per quello straniero; ma lei non lo confidò mai a nessuno. Neppure ad Horad, che non glielo chiese mai, ma ne ricambiò il sentimento come un dono insperato, vivendo la loro relazione come se gli fosse concessa solo per poco tempo. Di tempo, invece, gliene venne concesso; seguirono più di dieci anni di gioie e soddisfazioni: la nascita di un figlio; la stima degli abitanti di Chilfach Cudd; il riconoscimento dei suoi meriti, sia per le sue capacità di pescatore e cacciatore, sia per la sua abilità di guerriero; soprattutto, gli furono riconoscenti quando difese il villaggio dai tentativi di invasione del suo popolo d'origine, quando i sassoni divennero più ostili o si unirono alle scorribande dei pirati. Già, i pirati! Sei mesi prima, il demone biondo, Virno il Guercio, sassone pure lui, a capo di sette galee, attaccò il villaggio e uccise quasi tutti gli uomini: tra questi, il padre di Cerdic e i padri dei suoi amici, che da allora, nonostante il rispetto che ancora provavano per suo padre Horad, mal sopportarono le sue origini, i suoi lineamenti e, soprattutto, quei capelli biondi, che ricordavano loro l'aspetto di quegli assassini. Il ricordo di quella notte era ancora vivo in tutti loro. E non meno in Cerdic: il buio del nascondiglio in cui l'avevano spinto i suoi; le urla della madre; l'agonia di suo padre, inchiodato con due arpioni alla parete della loro camera da letto, e da cui, nei suoi ultimi istanti di vita, tentava inutilmente di porre fine alle violenze che subiva Gwen. Cerdic ricordava gli scherni dei sassoni; le risa dei sassoni; e ancora i sassoni che lo tiravano fuori dal suo nascondiglio. Poi, il lungo e penoso viaggio verso Camelot... e, dopo tutta quell'oscurità, finalmente un raggio di luce, di speranza, di giustizia: il castello; l'affetto e la dolcezza delle dame; i cavalieri che partivano per liberare il villaggio dai predoni del mare! E due giorni dopo, quando riabbracciò sua madre, quando dovette tornare a Chilfach Cudd e abbandonare le dame, i cavalieri e le torri di Camelot, Cerdic ne fu ancora più convinto: vi sarebbe tornato! E avrebbe combattuto a fianco del suo idolo: il vendicatore, l'uccisore di Virno il Guercio... Cavaliere25! Cavaliere25, ogni dieci giorni, circa, disponeva di una giornata tutta per sé. Libera dagli impegni ufficiali, ma non dagli impegni cavallereschi: fare la corte alle dame, andare a caccia, allenarsi con gli altri cavalieri, bisbocciare alla taverna. Insomma, le tipiche attività di un giovane cavaliere in libera uscita. Per meglio dire, queste erano le sue attività preferite fino a sei mesi prima. Infatti, in molti notarono che Cavaliere25, da qualche tempo, in quelle giornate libere, usciva sempre di buon'ora, molto prima dell'alba, per una meta ignota, da cui faceva ritorno soltanto nel primo pomeriggio. Le premature illazioni sulle sue cacce sfortunate — visto che rientrava sempre senza prede —, lasciarono subito il posto ad ipotetiche fanciulle di qualche vicina contrada. Ma nessuno poté immaginare dove realmente si recasse e in quali attività fosse impegnato durante quelle sue assenze. La gelosia, il disappunto, le battute, i pettegolezzi di alcune dame sarebbero cessati all'istante, anzi il loro cuore sarebbe esploso d'amore, se avessero saputo... Come difatti avvenne, quando si seppe! Né pioggia, né neve, né le minacciose tempeste, come quella di quel giorno, gli impedirono nei mesi precedenti di raggiungere la costa per tener fede ad una sua promessa, al suo nuovo impegno. In realtà, non aveva ancora capito cosa lo spinse, in quei lontani giorni autunnali, ad interessarsi della sorte di un particolare ragazzo e del suo sogno — del suo impossibile sogno! — di diventare un cavaliere. Qualche giorno dopo l'uccisione di Virno e la liberazione di Chilfach Cudd, Cavaliere25 tornò al villaggio per accertarsi di persona che, nonostante la terribile sciagura, i sopravvissuti fossero in grado di superare la crisi. Per assicurarsi che le donne e i pochi uomini scampati alla strage — perché lontani dal villaggio, a caccia o per commerciare —, grazie anche all'aiuto giunto dai villaggi vicini, si stessero preparando all'inverno, ormai non troppo lontano. Accadde al termine di quella prima visita, mentre salutava il nuovo capo-villaggio e lasciava Chilfach Cudd per ritornare a Camelot. Accadde sulla cima della collina alle spalle del villaggio, dove gli si parò dinanzi un ragazzino biondo, a gambe divaricate, pugni stretti e lo sguardo inchiodato su di lui. Rimasero a fissarsi per un tempo che parve lunghissimo. Poi, anticipando la domanda già sulle labbra di Cavaliere25, il ragazzo sbottò: "Sono Cerdic, figlio di Horad, e voglio diventare cavaliere!". Un'altra lunga pausa di silenzio. Poi, Cavaliere25 sorrise, allentando la tensione del ragazzo. "Tra una settimana... All'alba... In questo stesso luogo!". Il viso di Cerdic esultò, gli occhi lucidi. Il ragazzo non disse nulla, non riusciva a parlare dalla gioia; emise solo una specie di singhiozzo e corse via, verso il villaggio. Iniziò così il loro strano rapporto. Ogni sette o dieci giorni, a seconda degli impegni di Cavaliere25; in ogni sua giornata libera, senza eccezioni; con qualsiasi condizione atmosferica o stato di salute; dall'alba a mezzogiorno; sulla cima di quella collina. Né pioggia, né neve. E neppure l'immane stanchezza di quel giorno. Stanchezza dovuta al cattivo riposo dell'ultima settimana; dovuta agli incubi ricorrenti che, ogni notte, da sette notti, gli impedivano di riposare. Sogni. In realtà, si trattava sempre dello stesso sogno, che si ripeteva in continuazione. Dapprima fiamme; fiamme che si trasformavano in immagini. Un drago e un cavaliere che l'affrontava e ne veniva sconfitto. Poi, voci. Quella di una donna e quella di un vecchio, che recitavano una sorta di cantilena. Nelle notti precedenti era solo una di quelle voci a recitarla... o almeno così gli sembrava di ricordare. Ma nella notte appena trascorsa c'erano entrambe e si alternavano: iniziando da quella femminile, ognuna recitava un verso, per così dire. E come nelle notti precedenti, risvegliarsi una prima volta dall'incubo non era servito: appena richiudeva gli occhi, si ripeteva. Così, Cavaliere25 finì con l'imparare a memoria quella sorta di filastrocca. Anche nella luce incerta di quella mattina, mentre si arrampicava lungo il fianco della collina — sulla cui cima, sicuramente, l'attendeva Cerdic —, quella maledetta cantilena riecheggiava nella sua mente: "Cavaliere, Un drago? Un drago bianco, per giunta! I sogni sono proprio strani. Un drago non l'aveva mai visto in vita sua. Bianco, poi... Eppure aveva la sensazione d'aver già sentito parlare di draghi bianchi, ma era troppo stanco per cercare di ricordare. E stanco di quello stupido sogno che lo perseguitava anche ad occhi aperti. Stanco di tutte quelle fiamme. Stanco di quella litanìa di sconfitte, di sangue e di morte. Ed eccolo! Il rimedio che già stava esorcizzando quell'incubo: un ragazzino che gli correva incontro, col viso illuminato dal sorriso; un ragazzino che lo ritemprava appena compariva all'orizzonte, riempiendolo di nuova forza — come un sonno ristoratore, come una bevanda corroborante. Cavaliere25 ne era sempre più convinto: quel che provava per Cerdic era un affetto vero; simile, immaginava, a quello di un padre per il proprio figlio. Provava gioia nel rivederlo; nel passare con lui quei ritagli di tempo; nell'ascoltare i racconti delle sue giornate; nell'ascoltare i suoi sogni e le sue paure; nel dargli consigli; nel contribuire alla sua evoluzione di uomo con aneddoti, storie, rimproveri e, naturalmente, con i loro esercizi di combattimento, con i loro finti duelli. E quanto era cresciuto, quanto si era irrobustito negli ultimi mesi e quanti progressi con la spada. Se fosse cresciuto a corte, se fosse stato figlio di un nobile, sarebbe già paggio da un paio d'anni e, tra altri tre, sarebbe diventato scudiero; e, un giorno, cavaliere! Non voleva illuderlo. Presto o tardi avrebbe dovuto affrontare l'argomento e fargli capire che il suo sogno era destinato a rimanere tale. Il suo futuro sarebbe stato diverso. Sarebbe diventato un grande combattente — questo, sì! —; avrebbe difeso la sua gente e, magari, avrebbe potuto aspirare al titolo di capo-villaggio. Horad, il suo vero padre, ne sarebbe stato altrettanto fiero! Sì, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare anche questo discorso, ma non oggi. Oggi era il giorno del duello. Oggi avrebbero esorcizzato i loro incubi con la fatica, il sudore, il ritmo dei colpi delle loro spade di legno, dei loro scudi, e con il fragore delle loro risate. Risate portate lontano dal vento, che cominciava a farsi impetuoso e a schiaffeggiarli con mani d'acqua gelida, complice la pioggia. Lo stesso vento che spingeva le nuvole a correre più veloci delle Furie; e, come furie, fondersi con le onde del mare e infrangersi contro gli scogli. Lo stesso impeto dei colpi che si scambiavano Cerdic e Cavaliere25, dimentichi del tempo e delle intemperie; lo sguardo dell'uno fisso negli occhi dell'altro: intenso, concentrato e... felice! La fine della pioggia coincise con quella del duello. Cerdic, la spada impugnata saldamente con entrambe le mani, parò un colpo laterale, che dal basso verso l'alto, tentava di forzare la sua guardia. Bloccò ed attirò verso di sé la spada di Cavaliere25 e lo sorprese, roteando la propria lama intorno alla sua e, con uno strappo veloce e con forza insospettata, gliela fece volar lontano, dall'altro lato, facendo perdere l'equilibrio al suo maestro, mentre questi poggiava incautamente il piede su una pietra malferma. Il cavaliere piombò a terra, pesantemente, in un piccolo avvallamento del terreno. Nessun danno, solo l'orgoglio un po' ammaccato. Rise. Una risata di gusto, liberatoria; gli occhi lucidi per la gioia, mentre guardava Cerdic ancora saldo nella sua posizione, con la spada puntata verso il naso di Cavaliere25. Poi, anche il ragazzo scoppiò a ridere e abbassò l'arma. Ridevano ancora, quando uno squarcio tra le nuvole liberò un raggio di sole, alle spalle di Cerdic. I capelli sfolgorarono d'oro e dell'accecante biancore della neve. Cavaliere25, abbagliato, fece scudo con la mano e girò lo sguardo verso il terreno, alla sua destra, dove lo stesso raggio illuminava un ciuffetto di trifoglio, tra i quali ne spiccava uno con quattro foglioline. Improvvisamente, a squarciarsi fu il velo che annebbiava la mente. "...combatterete il figlio del drago bianco, E un altro ricordo si fece strada, seguendo il primo. La leggenda sull'adolescenza di Merlino. La sua profezia per re Vortigern. Il drago bianco,... cioè il popolo sassone! Profezia. Questa parola incupì Cavaliere25. Si preoccupò per le implicazioni di ciò che andava congetturando la sua mente; si preoccupò della sua sanità mentale, perché lui non credeva a queste cose; si preoccupò, perché, se mai ci fosse stato del vero, l'aspettava un lungo viaggio e, da qualche parte, sangue e morte. Ma non poteva essere vero! Quello doveva essere stato solo un caso. E checché andasse cianciando quel vecchio bardo, a Camelot, sull'inesistenza del caso, quella era assolutamente una pura coincidenza. Pensare al vecchio bardo, gli fece tornare alla mente il dono che, ogni volta che si recava a trovare Cerdic, gli giungeva da parte sua, tramite Dysgor, il ragazzo che serve alla Taverna dell'Orso Stanco. Quel mattino aveva con sé due focacce d'orzo, un paio di mele, fichi secchi, formaggio e del latte di capra. Cavaliere25 si rese conto di avere una gran fame; e la fame scacciò tutti i cattivi pensieri. Lui e Cerdic scesero alla spiaggia, si sistemarono su una barca capovolta e, godendo degli intermittenti e tiepidi raggi, mangiarono, chiacchierarono e risero ancora, fino a quando il sole, dopo aver raggiunto il punto più alto dell'arco tracciato nel cielo, cominciò la sua discesa verso l'orizzonte. Come al solito, il tempo era trascorso troppo velocemente per loro. Ma cominciava a farsi tardi e Cavaliere25 risalì sulla sua cavalcatura e riprese il cammino già percorso, per rientrare a Camelot: non prima, però, di aver rinnovato il suo impegno, con la promessa di tornare presto. Ma non si sarebbero rivisti tanto presto! A tutto questo stava ripensando Cavaliere25, quando, quattro giorni dopo, si ritrovò nei pressi di Caer Wrygion, la Viroconium dei romani. Alle spalle tre giorni di viaggio e di pioggia ininterrotta, immerso in una oscurità perenne che, anche di giorno, non aveva nulla da invidiare alla notte. Lasciata Camelot, s'era diretto dapprima verso Caerllion (che i romani chiamavano Isca Silurum), per recapitare un messaggio urgente per il re, che, per impegni ufficiali, si trovava nella fortezza che tutti consideravano l'altra Camelot. Cavaliere25 aveva attraversato lo stretto braccio di mare — primo ostacolo sul suo cammino —, a bordo di una grossa chiatta carica di merci, il mattino successivo al duello con Cerdic. C'era ancora il timido sole del giorno precedente e non ebbe problemi durante la navigazione. Môr Hafren, il Mare dell'Hafren, così chiamano questa vasta insenatura. Solo le sue acque salate e le incredibili maree — capaci di risalire l'estuario e invertire il corso del fiume Hafren — ne rivelano la natura; altrimenti sembrerebbe solo un enorme canale, prolungamento ideale del più grande fiume del regno. Era sbarcato nei pressi di Venta Silurum, la città-mercato voluta dai romani e che gli abitanti del luogo ribattezzarono Caer Went. Poi, raggiunta Caerllion, l'aveva lasciata immediatamente, prendendo un antico cammino sfruttato anche dai romani, che l'utilizzarono per collegare Isca Silurum a Deva, poi nota semplicemente come Caer: la città-fortezza da loro costruita nel nord del Dyfed. La pioggia era iniziata subito dopo: ancora visibili le mura del castello di Caerllion. Nel procedere sull'antica via, deserta da giorni, continuava a chiedersi per quale insano impulso avesse preso quella folle decisione. Condizionato da un sogno, poi, che, da quando era partito, aveva smesso di perseguitarlo. Invece, quella maledetta cantilena gli tornava alla mente ogni volta che ripensava a tutta la vicenda e, soprattutto, ogni volta che pensava a Cerdic. Le coincidenze di quella giornata e un'altra notte di tormenti, lo convinsero a confidarsi con Sir Guisgard, che in quei giorni era già Comandante dei Cadetti, ma non sedeva ancora alla Tavola Rotonda. Meno di due ore dopo attraversava le porte della città, con il beneplacido di Sir Hastatus77, che gli affidò il messaggio per re Artù e il compito di tornare con un rapporto sulle condizioni dell'antica via e dei punti di ristoro. Non sapeva quanto tempo sarebbe stato lontano da Camelot e da Chilfach Cudd. Quindi, aveva chiesto a Dysgor di portare un suo messaggio a Cerdic. Dysgor aveva accettato di buon grado, anche se tra i due evidentemente non correva buon sangue. Orfano di entrambi i genitori (sua madre s'era suicidata dopo quella maledetta notte), da quando era andato a vivere a Camelot — accolto da Hynaws, l'oste, e da sua moglie Claudia, che pensavano di adottarlo —, Dysgor sembrava più sereno; e felice del suo lavoro alla taverna. Di tanto in tanto, poi, si recava al villaggio natale per qualche commissione per conto di Hynaws e per far visita ai suoi compagni rimasti laggiù. Ricordando il desiderio di Claudia e Hynaws di adottare Dysgor, Cavaliere25 tornò a pensare a Cerdic. Durante il viaggio, più volte, aveva preso in considerazione questa idea. La legge, quella militare, glielo avrebbe permesso: adozione militare! Al compimento dei suoi quattordici anni, Cerdic poteva essere adottato da Cavaliere25, che gli avrebbe trasmesso così i privilegi della sua casata. Dopotutto, volendo darle un minimo di credito e volendo interpretarla, anche se era restìo a farlo, la maledetta litanìa non recitava forse: "Mentre sarà seduto al vostro fianco, "Tre anni... Sarà questo il tempo che trascorrerà prima del mio ritorno a corte? Prima dei decantati giorni di gioia?" — così rimuginava Cavaliere25, mentre una parte di sé rifiutava a priòri ogni riferimento a sogni e profezie. All'improvviso, con il riforzare del vento, la pioggia prese a rovesciarsi con più violenza, sferzandogli il viso con acqua gelida. Non durò a lungo, ma quando diminuì d'intensità, ebbe l'impressione che l'assordante scrosciare della pioggia persistesse nelle sue orecchie. Proseguendo sul suo cammino, il suono cambiò timbro e si trasformò in un rombo continuo e minaccioso: erano le acque tumultuose dell'Hafren, il grande fiume. Finalmente! Tra poco avrebbe avuto un rifugio; un luogo dove ristorarsi e asciugarsi da tutta quell'umidità. Era mattino inoltrato, ma il mondo era immerso in una luce fioca, crepuscolare. Nonostante la pioggia, che cadeva di nuovo fitta, riuscì a vedere il ponte. Oltre, vide le prime abitazioni di Caer Wrygion e la taverna dove si sarebbe fermato. Fuori dalla Taverna dei Corni c'era movimento. Gli sembrò che fosse giunta una piccola comitiva. Vide le finestre e l'ingresso della taverna illuminate dall'interno. Sull'uscio un uomo con una lanterna, che osservava un gruppetto di persone e dei cavalli. Di lì a poco, proprio mentre Cavaliere25 iniziò l'attraversata del ponte, il gruppetto si congedò dall'uomo sulla porta e si diresse a nord. "Per mettersi in viaggio con questo tempo," — pensò Cavaliere25 — "devono avere davvero qualcosa d'urgente da fare". L'uomo sulla soglia, che stava chiudendo la porta, mentre rientrava, lo vide arrivare e si apprestò a riaprirla e ad accogliere il nuovo cliente. Cavaliere25 si rilassò di colpo e già pregustava un bagno caldo, un fuoco, del cibo e un'intera giornata di riposo. (continua)
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Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà! (Metastasio) Ultima modifica di Emrys : 03-07-2011 alle ore 22.41.01. |
03-07-2011, 22.37.41 | #108 |
Dama
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eravate in vena di buttar giù due righe, Emrys?
Lodevole operato direi! Devo stampare il tutto per poterlo leggere e lo farò domani o al più tardi dopo domani....sapete...i miei poveri occhi...fanno i capricci |
03-07-2011, 22.43.20 | #109 | |
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Se è la dimensione del carattere a preoccuparvi, ricordate che mentre lo leggete on-line potete digitare "ctrl +" per ingrandire; "ctrl -" per rimpicciolire; "crtl 0" per riportare tutto alla normalità.
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03-07-2011, 22.54.01 | #110 | |
Dama
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