07-02-2011, 03.49.04 | #1101 |
Cittadino di Camelot
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I nostri migliori contro i loro... tzè! Che grande illusione... che immensa finzione!... non ci sarebbe stato alcun combattimento, nè alcuno scontro leale. Non lo aspettava alcuna morte gloriosa, nè alcuna prova di coraggio.
Non poteva far nulla, nemmeno darsi la morte di proprio pugno... Restava lì, incatenato a quella colonna. Vedeva volti e sagome passargli davanti in quella grande sala, mescolandosi in immagini senza significato. Udiva voci, vicine o lontane... sembrava essere il grido di Guisgard o la risata odiosa di Dukey, ma Morven non volse nemmeno il capo per guardare... non avrebbe fatto differenza! Una strana, pesante atmosfera riempiva la sala. Morven lo sentiva. Sentiva salire il panico e la febbre, l'orrore per ciò che stava per accadere e la smania di trovare un modo, un qualunque modo per sfuggire a quella sorte. Quando vide che trascinavano Gaynor nella sala per legarla ad un grande altare, Morven chiuse gli occhi per non vedere. In quello stato, che era vicino al delirio, strane visioni cominciarono a turbinargli nella mente, trascinandolo sempre più nel buio, lontano da quella sala e da quella realtà di morte... "Samsagra..." Morven cominciò a mormorare, ma quasi non sapeva più se avesse parlato sul serio o solo nella sua allucinazione... "Samsagra... dove sei finita? Quale destino attende te, compagna, sorella, amica? Dovrai restare anche tu qui sepolta, perduta, dimenticata?" Chiuse gli occhi, ormai sfinito da tutto quel viaggio, così provato da non riuscire più a restare lucido... e in quell'oblio, Morven sognò... Era ancora legato alla colonna, ma ogni cosa intorno a lui era scomparsa. Era solo, in una sala di cui non scorgeva le pareti, che non possedeva nè porte nè finestre, e che tuttavia risplendeva di una intensa luce. E in quella luce, Morven vide disegnarsi una figura di donna, bellissima ed eterea. Con i capelli sciolti, la ventilata veste, si muoveva con rapidità eccezionale, senza perdere per questo la grazia del movimento. In un battito di ciglia, la donna gli fu davanti, gli prese il viso con una mano e lo baciò dolcemente sulle labbra. Morven chiuse gli occhi, si sentì mozzare il respiro da quel bacio. Istintivamente tese le braccia per afferrare quella bellissima creatura e stringerla a sè, ma ne ottenne solo un dolore lancinante, quando la carne fu tagliata dalle pesanti catene. Morven spalancò gli occhi, e vide che la fanciulla si era ormai allontanata. "Non te ne andare!" disse. Lei rispose con una risata argentina, lieve e vivace. "Io? Io non me ne sono mai andata..." Morven non comprese. La fissò con sospetto, come si guarda qualcosa che non si sa se appartenga al Cielo o all'Inferno. "Ma tu chi sei, che arrivi qui sotto, bella e intatta come un angelo? Non sai che in questo luogo potresti perdere la tua vita? E io sono legato, non potrei nemmeno salvarti!" Lei smise di ridere, e gli sorrise dolcemente. Distese la mano a sfiorargli il viso. "Io sono colei che ti ha scelto... io sono Samsagra. E non temere, Morven, perchè io non posso nè andare smarrita nè essere dimenticata. Io non posso essere spezzata nè posso essere annientata, perchè il mio spirito è forte come la terra, più forte dell'aria che infuria e del fuoco che brucia... e io so che si può uscire da queste viscere... basta desiderarlo, con tutto il tuo cuore..." Morven la fissò stupito, senza quasi poter articolare parola. "Dimmi come..." implorò con un filo di voce. Ma lei non lo guardò, raccolse le vesti e si voltò. "Dimmi come!" urlò. Samsagra non si mosse, non si voltò. Con la stessa eleganza con cui gli era apparsa, si immerse nell'ombra fino a sparire. "... con tutto il tuo cuore..." riecheggiò la sua voce nell'aria intorno... ... Morven spalancò di colpo gli occhi e da quel sogno precipitò nell'incubo. Un incubo in cui la voce di Dukey ordinava ai suoi di iniziare il rito. E a quel punto, svegliato così dolorosamente dalla sua visione, Morven urlò.
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?" "Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!" |
07-02-2011, 04.02.34 | #1102 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Era il giorno di Pentecoste e due cavalieri erano nella cappella dell'Arcangelo.
Si chinarono per pregare presso l'altare, quando accadde qualcosa. "Morven..." Comincò a dire una voce possente. E quella voce fu preceduta da una luce vivissima. Una spada, avvolta da bagliori sconosciuti all'occhio umano era conficcata in una pietra quasi fino all'elsa. "Morven, Mio cavaliere e servitore..." diceva quella voce "... hai custodito la Fede ed Io ti dono la Mia spada..." Il giovane cavaliere fissava l'altare come rapito. "Questa Altissima Visione" continuò quella voce "è concessa solo a chi è puro di cuore. Fanne tesoro, Mio cavaliere..." Un attimo dopo tutto svanì. "Cos'avete?" Chiese Guisgard a Morven. "La spada, la vedete?" "Non vedo nulla." Rispose Guisgard. "E la luce..." mormorò Morven "... quasi mi acceca..." "La cappella è immutata!" Esclamò Guisgard. "Ho visto e udito qualcosa di divino..." Il fuoco delle candele e le grida di quei fanatici. Tutto questo riportò Morven alla realtà. Era stata una visione. Una visione interrotta dal suo grido. Ed ora si ritrovava di nuovo in quel delirante incubo di morte. Il sacrificio di tutti loro era prossimo.
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07-02-2011, 04.24.10 | #1103 |
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Ero di fronte alla finestra e guardavo fuori... guardavo il bosco oltre le mura di Cartignone, scrutavo le cime di quegli alberi lontani come se avessi potuto oltrepassarli con lo sguardo e andare oltre, fin dentro le profondità della terra, là dove sapevo essere colui a cui, con tanta intensità, pensavo...
Il rumore leggero della porta che si apriva mi fece voltare di scatto... "Guxio!" dissi, tentando invano di reprimere un brivido. Lo osservai in silenzio mentre parlava... Quando ebbe concluso, rimasi immobile per qualche istante... poi lentamente mi avvicinai a lui... "Senza Frigoros..." gli mormorai quando gli fui di fronte "Né tu, né io siamo niente! Non potrai avanzare nessuna pretesa su Cartignone se uccidi Frigoros e io non ti servirò più a niente! E lo sai, questo! ...Quanto a Guisgard..." inspirai appena, i miei occhi erano glaciali nonostante la mia anima tremasse "Tu fai in modo che stia bene, o non potrete fare affidamento su di me per mettere le mani su Cartignone! Il mio matrimonio con Bumin non segnerà anche l'ascesa al trono, lo sai! Servirà tempo per questo... E io potrei anche... potrei subire un incidente prima di tale ascesa! Sai, i cadaveri non ereditano i principati! E così ogni tuo piano sarà stato inutile e tu avrai perso comunque..." Lo scrutai ancora per un istante, lo sguardo fermo: "Puoi ricattarmi, puoi spaventarmi e costringermi a piegarmi ai tuoi piani... ma non fare l'errore di sottovalutarmi, Guxio!" Infine lo oltrepassai e mi avviai verso la porta: "Vado dal principe, ora..." dissi, senza più voltarmi "Gli parlerò!"
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
07-02-2011, 04.24.12 | #1104 |
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Gaynor pregava.
Pregava intensamente, mentre le grida di quei fanatici echeggiavano intorno a lei. Le fiamme delle candele sembravano danzare al suono di quella melodia diffusa nell'aria. Ad un tratto la grande porta si aprì ed un'altra giovane fanciulla fu portata presso l'altare. Era Giselide. Il volto appariva contratto per l'orrore. La ragazza fu legata accanto a Gaynor. Allora un grande calderone fu scoperto e il fumo da esso fuoriuscito invase la vasta sala. Alcuni di quegli uomini raggiunsero le colonne dove erano stati legati i prigionieri ed estrassero dei lunghi coltelli. Dukey si portò davanti all'altare e bagnò una spada cerimoniale in un'anfora contenente acqua benedetta da qualche oscuro rituale. Fissò allora i suoi ed annuì. "Tutto è pronto, fratelli!" Urlò guardando in alto. Ed a quelle sua parole tutti i suoi fedeli gridarono ancora più forte il loro folle fanatismo.
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07-02-2011, 05.16.50 | #1105 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Intanto, nel bosco, Bethan aveva bussato alla porta di quella cappella.
E pochi istanti dopo le parole della dama, quella porta si aprì. Apparve così un vecchio monaco, di robusta corporatura, con i capelli bianchi e cortissimi. "Ah, entrate, figliola..." mormorò facendo segno di entrare "... vedete, questi sono luoghi solitari..." mentre richiudeva la porta "... attraversati da lupi o da briganti... ed un povero monaco come me, armato solo della sua Fede, sebbene questa permise mirabolanti imprese, come l'apertura del mar Rosso e la caduta delle mura di Gerico, deve essere prudente... voi mi capite, vero, dolce signora?" La condusse dunque in una piccola stanza, riscaldata da un braciere sul quale bolliva una rozza pentola, il cui profumo celava la cottura di una ricca minestra. Nel vedere la dama, un robusto mastino, che stava accanto al braciere, cominciò a ringhiare. "Sta buono, Tuk!" Lo ammansì il monaco. Fece allora sedere Bethan davanti al braciere e le offrì un piatto di quella minestra. "Avete ragione, mia signora..." mormorò mentre riempiva un piatto anche per sè "... il male è ovunque... viviamo in tempi tristi, dove gli antichi valori e gli ideali che reggevano il mondo sembrano andati perduti..." Assaggiò un pò di quella minestra e chiese: "Ma voi da dove venite, mia signora? Cosa vi ha spinto in luoghi tanto remoti e dimenticati, tutta sola ed indifesa?"
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07-02-2011, 06.01.19 | #1106 |
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Nel frattempo, a Cartignone, Frigoros era sempre appartato in quella stanza da solo, in balia di dubbi e di pensieri.
Dal passato, sempre troppo idealizzato e rimpianto, giungevano voci e volti lontani. Echi passati, tramutati in fantasmi che ora tormentavano il vecchio principe. Si sentiva inquieto, come se qualcosa si celasse attorno a lui. Qualcosa che stentava però a comprendere. Qualcosa di oscuro che come un velo sembrava voler ricoprire ogni cosa del suo regno. Ma tutti questi pensieri, all'improvviso, furono interrotti dall'arrivo di Talia. "Entra..." disse Frigoros nel vederla "... ti attendevo, ragazza mia..."
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07-02-2011, 13.38.44 | #1107 |
Cittadino di Camelot
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iniziavo a innervosirmi sempre di più cercavo di liberarmi e sfoderavo la mia forza per spaccare le corde che mi legavano a quel pilastro
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fabrizio |
07-02-2011, 13.39.19 | #1108 |
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"Ho ucciso un uomo e ho perso mio figlio, Padre" disse Bethan al monaco. "Da quel giorno vago di paese in paese, in cerca di pace e redenzione. Avevo tutto, nella vita: ricchezza, un uomo che amavo e un figlio in arrivo. Adesso non ho più niente, solo le mani macchiate di sangue."
E finalmente, dopo tanti anni, Bethan aprì il suo cuore e raccontò la sua storia... "Ucciderò il tuo uomo e ti violenterò, maledetta sgualdrina!"E dopo aver affondato la spada nel petto di suo marito, ormai a terra, dopo le percosse del branco di balordi, si avventò su di lei. Ci furono attimi di colluttazione, in cui Bethan tentò di resistere all'uomo con tutte le sue forze. Alla fine, stremata, pregò la Madonna perchè quel martirio finisse in fretta, ed incrociò le braccia sul grembo, per difendere la sua creatura. Poi, all'improvviso, udì un calpestio di cavalli e vide due cavalieri venirle incontro, brandendo le spade. I due cavalieri si fecero addosso al gruppo di balordi, mentre Bethan, fu scagliata in un angolo. I due cavalieri ebbero la meglio sui ladroni, forniti solo di vecchi coltellacci e, probabilmente, anche ubriachi. In tre finiro trafitti per terra e Bethan ebbe un sussulto, poichè uno di loro le finì ai piedi, lasciando cadere un pugnale coperto del sangue di qualche ferita. "Guarda come resistono questi due miserabili!" esclamò uno dei cavalieri, rivolto ai due furfanti che ancora resistevano imperterriti. Nella battaglia, però, nessuno si accorse dell'uomo che voleva violentare Bethan, nascosto dietro un gruppo di cespugli. Quando Bethan sentì il rumore delle frasche e l'urlo selvaggio che lanciò l'uomo, prima di gettarsi contro di lei, con un gesto fulmineo raccolse il pugnale ai suoi piedi e, con la forza della disperazione, lo affondò nella gola dell'uomo, non appena le fu addosso. Con un rantolo spaventoso, il malvivente di accasciò a terra e Bethan si accorse di essere sporca di sangue ovunque. Uno dei cavalieri le si fece incontro per soccorerla. "State bene" le chiese. "Sì, credo di sì... E' solo sangue, io... io credo di averlo ucciso... è solo il suo sangue..." Una fitta lancinante le trafisse il basso ventre e per un attimò si sentì mancare il respiro. Non era solo sangue dell'uomo che aveva ucciso. Bethan aveva perso il suo bambino. Si risvegliò molti giorni dopo, in un convento di monache, che si erano prese cura di lei. Chiese più volte chi fossero quei cavalieri che le avevano salvato la vita, ma le monache non seppero dirle niente. Bethan sopravvisse, con il grembo vuoto, numerose ferite nell'anima e senza la possibilità di ringraziare chi per lei si era battuto con tanto ardore. Ultima modifica di Lady Bethan : 07-02-2011 alle ore 14.57.53. |
07-02-2011, 14.16.08 | #1109 | |
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Le parole di Guxio continuavano a frullarmi in mente mentre mi dirigevo a passi rapidi verso la biblioteca del palazzo, dove ero certa avrei trovato il principe...
La biblioteca... per un attimo le immagini del sogno fatto poco prima mi invasero la mente e la rapirono, ma subito le ricacciai indietro: occorreva esser lucidi in quel momento, occorreva esser totalmente presenti. Mi fermai un attimo di fronte alla pesante porta chiusa... il principe doveva sapere ciò che ci minacciava, su questo non c’era dubbio: dopo tutto quella era la sua città e io sapevo bene quanto egli amasse ogni singola pietra di Cartignone, sì come ogni suo singolo abitante... e tuttavia bisognava esser cauti: probabilmente Guxio possedeva orecchie sparse per tutto il palazzo e di certo sarebbe venuto a sapere ciò che io e Frigoros stavamo per dirci... Cautela, mi ripetei, cautela e circospezione! E poi c’era Guisgard... e poi c’erano gli altri... tutti loro erano in pericolo quanto, e forse più di me e Frigoros... cosa fare per loro? Per il momento, pensai, non c’era che da assecondare il volere di Guxio per cercare di portarli fuori dall’inferno in cui ancora erano segregati... perciò l’avrei fatto! Avrei fatto qualsiasi cosa! Alzai pieno una mano e picchiettai sul battente, poi spinsi la porta e feci capolino dentro... Citazione:
“Mio signore, sono qui!” mormorai, con un piccolo inchino. I miei occhi vagavano sul volto di quell’uomo che era sempre stato tanto buono con me... gli volevo bene, dopotutto, lo stimavo e lo rispettavo... e lo conoscevo abbastanza da sapere che la sua mente onesta e sincera avrebbe faticato ad accettare il tradimento del suo più fidato consigliere! Lentamente mi avvicinai e presi la sua mano tra le mie... “Perché non vi sedete, milord?” proposi, accennando all’ampia poltrona che troneggiava a centro stanza “Vi prego!” In quel momento i miei occhi caddero sulla scacchiera sistemata in bell’ordine su un basso tavolino lì accanto... e sobbalzai: il pezzo del re bianco era stato spezzato in due parti. Posai leggermente le dita sulla ricca cornice di legno che circondava le tessere di lucido alabastro e, distrattamente, ne seguii il contorno... “Gioco interessante, quello degli scacchi...” mormorai “Insegna la strategia! Insegna a prevedere le mosse dell’avversario e a usarle a proprio favore... peccato che io non lo abbia mai imparato bene!” Tornai a guardarlo, con occhi che volevano trasmettere mille cose. Rimai in silenzio solo per un istante, poi soggiunsi... “Una cosa, però, l’ho imparata! Ho imparato che talvolta una situazione che sembra disparata può risolversi con un piccolo sacrificio! Anche se, ovviamente, non tutti i pezzi sono sacrificabili... alcuni sono indispensabili e preziosi... la torre, invece, talvolta è sacrificabile!” Gli sorrisi. Avevo la morte nel cuore, ma ero decisa a concludere quella faccenda in fretta... '...prima lo fai e prima potrai chiedere che Guisgard e gli altri escano da quell’inferno... è la sola possibilità che hai... fallo, fallo e basta!' mi ripetevo. Mi avvicinai al seggio del principe e mi inginocchiai ai suoi piedi... “Concedetemi la grazia di sposare sir Bumin, milord! Vi imploro! Concedetemi di sposarlo domani stesso!”
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07-02-2011, 22.56.09 | #1110 |
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Sogno e visione, illusione e realtà, delirio e follia, dolore e morte...
Morven non riusciva più a distinguerli... la sua mente passava ormai da un'immagine all'altra. Quella che prima si era manifestata alle sue orecchie come una voce instancabile, un suono che non dava tregua alla sua mente, adesso si era tramutata in visioni che si susseguivano senza sosta. Per un istante gli parve di impazzire, o forse era già pazzo, e questo era soltanto il frutto del suo delirio… Luce, luce dovunque… e quella donna, che diceva di essere Samsagra… quindi quell’angelica visione si era bruciata in un fascio di luce, e tutto era nuovamente cambiato intorno a lui. Poi aveva sentito una voce… non una voce qualunque… ma quella voce, quella voce del suo sogno di tanti anni prima! E gli parlava di nuovo… "Questa Altissima Visione è concessa solo a chi è puro di cuore. Fanne tesoro, Mio cavaliere..." … farne tesoro… Tesoro perché? Tesoro per quando?... Si voltò, fissò Guisgard che era immobile, al suo fianco, e lo guardava stupito. "La spada, la vedete?" "Non vedo nulla" rispose Guisgard. "E la luce..." mormorò Morven "... quasi mi acceca..." "La cappella è immutata!" esclamò Guisgard. Eppure era tutto così chiaro… perché Guisgard non riusciva a vedere? Morven si passò le dita sugli occhi, ma quella luce non cessava di brillare, e lui, lui desiderava soltanto che Guisgard potesse sentire e vedere ciò che vedeva anche lui… … se solo potessi dargli i miei occhi, le mie orecchie… Ma poi ricordò e comprese… Lancillotto e Parsifal… sì, era davvero andata così… Lancillotto, Parsifal e il Santo Graal! Ricordava ancora quella leggenda, che tante e tante volte aveva letto da bambino… quella cerca che lo faceva restare sveglio la notte, con gli occhi spalancati nell’ombra, a sognare di quei cavalieri! E adesso, ecco qui… era come Parsifal, e le sue visioni non poteva condividerle! Il suo amico Lancillotto, come quello delle leggende, non poteva vedere… e a Morven non restava che una sola cosa da fare… ... un atto di Fede… richiede un atto di Fede! In quel momento, tutto gli fu chiaro… la prima visione, sposata alla seconda, cominciava a disegnare un chiaro messaggio nella sua mente. Entrambe le parti di quel sogno gli dicevano qualcosa, e se fosse riuscito a leggere correttamente… Cominciò a gridare, a gridare… Il fuoco delle candele e le grida di quei fanatici. Tutto questo riportò Morven alla realtà. Era stata una visione. Una visione interrotta dal suo grido, che risuonò per un istante nella sala. Il suo grido… “Guisgard! Guisgaaaaaard!” ... fu come una lancia che tagliava l’oscurità, come un brivido irrazionale sulla pelle... “Guisgard!” continuò ad urlare come un ossesso, in fretta, temendo che quei mostri lo avrebbero messo a tacere prima che riuscisse a dire tutto. “C’è un passaggio… c’è un passaggio da qualche parte! Qualcosa che abbia a che fare con la roccia e con la luce… o una luce e una pietra… non so… ma devi credermi… devi credermi, adesso! Richiede…” e qui la voce gli si mozzò per un istante, così turbato com’era dall’ansia e dalla paura “…richiede un atto di Fede!”
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