15-03-2013, 17.15.42 | #111 |
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Madonna Elisabetta,
in questo contesto virtuale di anime in disuso e vortici di parole spesso oltraggiate dalla futilità e della convenienza, chiedo venia alla vostra smisurata sensibilità nella storia da me trattata, per essermi perso nei meandri lessicali e temporali e non avere letto la vostra emozione, ma, come si suol dire, non è mai troppo tardi per rimediare... Taliesin, il bardo
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"Io mi dico è stato meglio lasciarci, che non esserci mai incontrati." (Giugno '73 - Faber) |
15-03-2013, 17.21.57 | #112 |
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LE FIGLIE DELLA CARITA': LUISA DE MARRILLAC.
Si racconta che Napoleone, in un giorno di quiete, si trovò ad ascoltare un gruppo di persone qualificate culturalmente che cominciarono a discettare di filosofia, di politica, di scienza e con entusiasmo esaltavano l’Illuminismo che aveva prodotto nella società un sentimento filantropico. L’imperatore li ascoltava ma si mostrava sempre più impaziente e anche infastidito da tutte quelle parole. Ad un certo punto li interruppe dicendo: “Tutto questo è bello e buono, ma non farà mai una Suora Grigia!”. Si chiamavano così le Figlie della Carità, fondate, nel 1633, da Vincenzo de’ Paoli e da Luisa de Marrillac, da più di un secolo già famosissime e stimatissime in Francia per la loro opera di carità verso i più bisognosi e per i poveri rottami della società, che pure si fregiava dell’appellativo di illuminista, cioè illuminata dal lume della ragione. Una seconda curiosità. Verso la metà del 1600, quando ormai le Suore Grigie operavano già da qualche decennio, alleviando tante sofferenze e salvando tante vite umane, viveva a Parigi, nella quiete e nella sicurezza, il filosofo inglese Thomas Hobbes. Di lui è rimasta la teorizzazione filosofica dell’assolutismo dello Stato (il Dio mortale sulla terra) nella sua opera Il Leviathan (1651). Tutto doveva essere sottomesso allo Stato (anche l’autorità religiosa). Uno Stato assoluto con poteri assoluti sui singoli individui era necessario per evitare che gli uomini si sbranassero a vicenda alla ricerca inevitabile dei propri diritti. Sua è la famosa frase: “Homo homini lupus”, l’uomo è un lupo per l’altro uomo, pronto, pur di affermare i propri diritti alla sopravvivenza, a sbranarlo. Le Figlie della Carità o Suore Grigie, sapendo che lo Stato non è tutto, erano dei veri angeli, che alleviavano il dolore in ogni angolo dove l’autorità politica e civile non entrava o ne ignorava il bisogno. E in questa loro opera così importante e socialmente così utile e illuminata seguivano le orme e gli esempi dei loro fondatori: San Vincenzo de’ Paoli e Santa Luisa de Marillac. Due grandi figure che hanno illuminato con la loro santità operante socialmente quel secolo francese grande anche per altre figure come Pascal e Cartesio, Richielieu e Mazzarino, Moliere e Corneille, card. De Berulle e Jacques Bossuet, San Giovanni Eudes e altri. Santa Luisa, che per più di trenta anni lavorò con San Vincenzo de' Paoli ebbe con lui lo stesso obiettivo: mostrare il volto misericordioso e buono di Dio verso i bisognosi, specialmente quelli più abbandonati e soli, e in questo erano ambedue mossi dallo stesso e unico grande amore a Gesù Cristo. Il matrimonio sbagliato e per interesse Louise de Marillac nacque nel 1591. Non ebbe come si dice un’infanzia e un’adolescenza serena. Il padre apparteneva ad una delle più importanti famiglie della Francia. Della madre non si sa niente: era quindi una figlia naturale, riconosciuta premurosamente dal padre ed anche aiutata da lui con una rendita che le assicurasse una certa sicurezza. Era una bambina intelligente e saggia. I suoi primi studi furono fatti nel convento delle domenicane di Poissy. L’atmosfera raccolta, devota e culturalmente stimolante le piacque da subito. Ma, forse, la spesa era eccessiva per lei. Venne infatti ritirata e affidata ad una maestra abile anche nell’insegnarle i lavori tipici femminili. Perdette il padre all’età di 11 anni, e, fatto che complicò ancora il suo stato di orfana, la famiglia della matrigna e gli altri parenti (sembra) non si preoccuparono eccessivamente di lei e del suo destino. La ragazza cresceva molto devota e aveva fatto voto di consacrarsi al Signore: all’età di 18 anni Luisa si preparava quindi ad entrare in un convento. Fu però sconsigliata e respinta in questo suo proposito a causa della sua salute non robusta. Se non poteva diventare suora allora bisognava maritarla. E così fu. Ecco quindi un matrimonio non voluto da lei ma combinato da altri, quindi solo di interesse. Era il 1613 e Luisa aveva 22 anni. Il nome del marito Antoine Le Gras, senza alcun titolo nobiliare. Nacque ben presto anche un figlio. Luisa conduceva una vita di devota nel bel mondo che la portava a frequentare prelati, signori dell’ambiente dei Marillac e di Madame Acarie, il tutto mentre si prendeva cura del figlio, debole di salute. Sembrava tutto facile. Ma Luisa cresceva negli scrupoli, nei rimorsi per non essere potuta entrare in convento sempre oppressa da quelli che lei credeva peccati. Era in crisi, insomma. Aveva una buona formazione intellettuale e spirituale, ed una vita cristiana buona. E purtroppo il matrimonio non era diventato un sostegno per lei ma fonte di difficoltà e di ansietà. Cercava quindi la salvezza nell’ascesi, nell’umiltà, nell’abnegazione. Spesso anche in maniera esagerata. E in più aveva sviluppato un attaccamento verso suo figlio che qualche autore chiama addirittura di natura nevrotica. Era un’anima in difficoltà spirituale, in grande pena e dalla psicologia ferita profondamente. Ebbe anche la possibilità di incontrare addirittura due santi (e anche grandi): il vescovo di Ginevra, Francesco di Sales, e specialmente Vincenzo de’ Paoli. Avrà con quest’ultimo l’incontro decisivo e provvidenziale per la sua vita. E veniamo all’anno 1623, anno importante per Luisa. Quello dell’illuminazione. Scrisse lei stessa: “Compresi che... sarebbe venuto un tempo in cui sarei stata nella condizione di fare i tre voti di povertà, castità e obbedienza, e questo assieme ad altre persone... Compresi che doveva essere in un luogo per soccorrere il prossimo, ma non riuscivo a capire come ciò si potesse fare, per il fatto che doveva esserci un andare e venire...”. Un segno dall’alto di avere un po’ di pazienza per coronare il suo sogno di diventare religiosa. Luisa capì il messaggio e infatti cominciò ad aderire, con umiltà e serenità e nella pace interiore, alle circostanze della vita, che in quel momento significava stare a fianco del marito (dal quale pensava di separarsi). La malattia del marito intanto continuava e Luisa lo assistette con molta più dedizione e tenerezza di prima, per altri due anni, rimanendogli accanto fino alla morte santa (1626), della quale lei parlava come di una grande grazia del Signore. L’incontro con Vincenzo de’ Paoli Fu certamente la Provvidenza, che non lascia niente al caso per realizzare i propri progetti di salvezza, a far incontrare Luisa con Vincenzo (intravisto, senza capire di chi si trattasse, in quella famosa illuminazione del 1623). Avvenne nel 1624, durante gli ultimi due anni della malattia del marito. Lei 33 anni, lui 43, famoso in tutta la Francia, che trattava con re, regine, ministri e grandi personaggi. Una coppia che avrebbe funzionato molto bene per il Regno di Dio e che sarebbe rimasta unita indissolubilmente e animata visibilmente dall’unico e indistruttibile e comune amore per il Signore Gesù. Luisa sarebbe diventata la vera compagna di Vincenzo per le opere di carità sociale. Le fu vicino con molta discrezione, con molta saggezza e anche tenerezza spirituale, rasserenando il suo spirito col richiamo continuo all’amore di Dio per ciascuno di noi e quindi anche per lei (per farle vincere il suo moralismo, gli scrupoli e il ricordo dei propri errori). La invitava sempre ad esser lieta, semplice ed umile, le ricordava continuamente l’importanza della “santa indifferenza” davanti a quello che Dio avrebbe voluto per lei. Lei stessa avrebbe trovata la strada e la missione che Dio voleva. Un po’ di pazienza. Anche Dio ha i suoi tempi per agire e per far capire il suo progetto. Il Cristo non era vissuto trent’anni nell’oscurità di Nazaret prima della missione? Anche Luisa poteva e doveva aspettare. Intanto conosceva sempre di più l’opera e la metodologia di Vincenzo con i poveri. E il miracolo avvenne. Arrivò proprio il giorno in cui Luisa intuì il proprio compito o meglio la missione nella Chiesa. Lei, Luisa de Marillac, di madre sconosciuta, orfana a 11 anni del padre, una suora mancata, una giovane donna maritata per interesse, madre di un figlio che dava e aveva problemi... sarebbe diventata la “Madre dei poveri”. Grazie a Dio (e a Vincenzo, mandato da Dio) una trasformazione totale. Naturalmente comunicò l’intuizione a Vincenzo. Era proprio quello che aspettava. Le rispose: “Sì che acconsento, mia cara damigella, acconsento sicuramente. Perché non dovrei volerlo io pure, se Nostro Signore vi ha dato questo santo sentimento?... Possiate essere sempre un bell’albero di vita che produce frutti d’amore!”. E così sarà veramente per Luisa, per tutta la vita e per tanti poveracci che incontrerà e aiuterà. L’opera maggiore (che continua ancora oggi) che questa santa “coppia di Dio” ha fatto insieme è stata la fondazione delle Figlie della Carità, nel 1633. Un Istituto religioso, diretto da loro due insieme per 27 anni fino al 1660, quando morirono entrambi a poca distanza di mesi. Fu una vera rivoluzione per la Chiesa (uscire fuori dai conventi e per di più donne), perché andava al di là dai soliti schemi mentali e gabbie organizzative ecclesiali vigenti fino a quel tempo. Vincenzo e Luisa a tutti chiedevano quello che potevano dare: ai re e regine, ai borghesi e alle dame dell’alta società francese, ai nobili ricchi e ai ricchi non nobili. Alle figlie chiedevano di essere “serve dei poveri”, come se essi fossero i veri padroni. Ma tutto questo Luisa lo chiedeva dicendo o scrivendo “In nome di Dio, sorelle... siate molto affabili e dolci con i vostri poveri. Sappiate che sono i nostri padroni...”. E questi poveri erano i derelitti, gli abbandonati, i senza dimora, i malati, i pazzi, i galeotti, bambini trovatelli, feriti di guerra e altre categorie affini a forte disagio sociale. Era un’assistenza piena di amore e di carità, che nessuna ideologia o anche filosofia illuminista poteva inventare o giustificare ma solo l’amore di Dio. Ed era un lavoro che le Figlie della Carità, quelle suore grigie che Napoleone “sognava”, facevano, e sempre faranno, “in nome di Dio”. tratto da:www.santiebeati.it di Mario Scudu Taliesin, il bardo _______________________
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15-03-2013, 18.16.54 | #113 |
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Vi ringrazio per aver risposto ad un mio pensiero verso cio' che avete scritto....ma non averei mai temuto che foste dimenticato di me......cio' che ancor oggi avete postato mi ha incantata.....la donna a cui ogni giorno mi ispiro e' Madre Teresa......una grande forza per la sofferenza...ed ecco che oggi ne ho conosciuta un'altra......vi ringrazio mio Amato Bardo...
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19-03-2013, 14.30.05 | #114 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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@Taliesin
Negli ultimi post, sempre interessanti, siete uscito dal contesto del topic.
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19-03-2013, 15.30.48 | #115 |
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Cavaliere della Carretta,
vi ringrazio per la vostra continua e paziente presenza che qualvolta riesce a ricondurmi nel giusto sentiero. La cosa è molto gradita anche se prefisco il fatto che troviate interessanti questi miei scritti e relativi commenti. Taliesin, il bardo
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16-04-2013, 13.57.25 | #116 |
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BOADICEA, LA REGINA DEGLI ICENI.
Giulio Cesare aveva iniziato l'invasione della Gran-Bretagna in 55 a.C., ma non era mai realmente riuscito ad imporre la sua dominazione sopra i Britanni. Nel 43 d.C. che l'imperatore Claudio ha ordinato che la Gran-Bretagna dovesse essere conquistata. È durante questa seconda invasione che nasce la storia di Boadicea. Boadicea è stato descritta come donna potente. Questa descrizione viene da uno scrittore romano, Dione Cassio: "...era molto alta. La sua voce era dura ed alta. I suoi capelli spessi e bruno-rossastro sono appesi giù sotto la sua vita. Ha portato sempre un torc dorato grande intorno il suo collo e un mantello tartan fluente fissato con un brooch." Boadicea Boadicea o Boudicca , sposa di Prasutago, re della città di Iceni (ora Norfolk) ancora indipendente al potere di Roma. Quando Prasutago morì nel 60 d.C. senza eredi maschi lasciò tutte le sue ricchezze alle sue due figlie ed all'imperatore Nerone, confidando con ciò di guadagnarsi la protezione imperiale per la sua famiglia. Invece i Romani annetterono il suo regno,umiliarono la sua famiglia, e saccheggiarono il territorio. Mentre il governatore della provincia, Svetonio Paulino, era assente nel 60 Boudicca organizzò una ribellione in tutta la regione dell'Anglia Orientale. Gli insorti bruciarono Comulodunum Verulamium (Colchester), e parte di Londium (Londra) e molti avamposti militari, massacrarono (come riporta Tacito) 70.000 tra Romani e Bretoni simpatizzanti romani facendo a pezzi la Nona Legione. L'esercito comandato da Paulino si scontra con i rivoltosi nella zona corrisponde oggi al centro di Londra e in una disperata battaglia riconquista e sottomette di nuovo la provincia. Si dice Boudicca morì per l'enorme dolore, assumendo de veleno. Dai documenti è riportato che questa donna fosse alta e possente dalla voce decisa. Durante la battaglia si spostava sul carro combattendo con la lancia. Essa era anche dotata di un'ottima eloquenza e attraverso le sue parole inspirava sia coraggio che lealtà. Si dice che ha tenuto questo discorso a loro prima della battaglia: "Britannici siamo usati ai comandanti delle donne nella guerra. Sono la figlia degli uomini d'onore. Ma ora non sto combattendo per la mia alimentazione reale... Sto combattendo come persona ordinaria che ha perso la sua libertà. Sto combattendo per il mio corpo battuto. Gli dei ci assegneranno la vendetta che ci meritiamo. Pensate a quanto di noi stanno combattendo ed al perchè. Allora vincerete questa battaglia o morirete..." Taliesin, il bardo
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16-04-2013, 14.25.19 | #117 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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@Taliesin
Mi ricollego a quanto detto in precedenza. Siete ancora off topic.
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16-04-2013, 14.48.17 | #118 |
Cittadino di Camelot
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Cavaliere della Carretta,
spero che crediate alle mie precedenti parole, la mia non è una domanda irriverente o sarcastica, ma reale...cosa vuol dire quel sistema di parole e cosa debbo fare per rimediare? Taliesin, il bardo
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16-04-2013, 14.55.36 | #119 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Vi riferite a "Off topic"? Beh, semplicemente siete fuori argomento.
La discussione è incentrata su "Donne nel Medioevo", quindi di queste dovreste parlare.
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16-04-2013, 15.45.17 | #120 |
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Avete ragione Cavaliere della Carretta...
Ma dovete perdonare la mia memoria diroccata in cui mi rimane spesso difficile identificare in un semplice spazio temporale creato di dotti illuninisti compreso tra la caduta dell'Imero Romano d'Occidente e la scoperta delle Americhe. Comunque grazie per la vostra puntuale supervisione, come sempre... Taliesin, il bardo
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