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Vecchio 04-12-2009, 02.30.06   #131
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XLV


Appena giunto d’avanti all’antro della sua grotta, la grottesca figura gettò uno sguardo alle pendici della collina.
Gettò di istinto la sua cacciagione sul pietra levigata, che adoperava solitamente per scuoiare le sue prede, e si portò le mani fra i nerissimi e folti capelli.
“Il mio gregge!” Gridò disperato. “Quella maledetta bestia non ha saputo custodirlo!”
E per la rabbia sdradicò quasi un albero con un calcio.
“Se il mio gregge si è disperso” continuò a gridare, mentre inveiva e bestemmiava “batterò a sangue quella maledetta bestia! E se le mie pecore sono state rubate da quei vermi che abitano la contrada allora per loro sarà lutto e pianto!”
Detto questo, l’orrendo Tramanto, si accinse a scendere dalla collina.
“Ehi!” Urlò Ardea, saltando da uno spuntone di roccia, dietro il quale si era nascosto.
Tramanto si voltò di scatto.
“Il tuo gregge non è stato disperso dagli uomini della contrada” gli gridò Ardea “ma da me!”
“Chi sei tu?” Chiese stupito Tramanto. “Perché hai fatto questo? Cosa ti ho mai fatto di male?”
“Sei giunto come un predone su queste lande” rispose Ardea “lasciando le tue immonde bestie a pascolare e ad insozzare tutta la terra! Ora dovrai risponderne al padrone di questo luogo!”
“Ora questa terra è mia!” Tuonò il gigante.
“Un essere come te non possiede nulla” rispose Ardea “nemmeno l’anima! E ora la renderai, dannandoti per sempre!”
Ma all’improvviso, come risposta a quelle parole, Tramanto sfoderò la sua immane scure e lanciò un fendente verso il cavaliere.
Solo la sua rapidità permise ad Ardea di evitare, per pochissimo, quel colpo mortale.
Lesto ed agile, il cavaliere si rotolò nella polvere fino a giungere a delle rocce, che gli offrirono un momentaneo riparo.
Tramanto in tanto continuava a fendere l’aria e a tranciare alberi con i suoi fendenti, nell’intento di colpire quel cavaliere.
“Maledetto” gridava “vieni nella mia casa, disperdi il mio gregge e mi minacci! Farò orrendo scempio del tuo misero corpo!”
Ardea si guardava intorno. Sapeva che quel riparo non avrebbe potuto difenderlo a lungo dalla furia di quel mostro.
Allora, rapido, si lanciò lontano da quelle rocce ed attese il suo nemico nel piccolo spiazzo che dava al sentiero che scendeva dalla collina.
Con un grido attirò l’attenzione di Tramanto. Lo attendeva imbracciando il suo lucente scudo e impugnando la favolosa Parusia.
Il gigante, nel vederlo d’avanti a se, gli si lanciò contro, gridando e bestemmiando.
Gli sferrò un colpo così rapido e forte che Ardea non ebbe il tempo di scansarlo.
Affidò così le sue difese allo scudo che imbracciava.
Ma quel fendente fu così possente che deformò lo scudo e gettò a terra il cavaliere.
Tramanto allora, vedendolo nella polvere, colpì ancora il suo avversario.
Stavolta lo scudo non resse il nuovo colpo e si spaccò in due.
La violenza di quell’impatto aveva fatto compiere un movimento innaturale al braccio di Ardea.
Intontito e indolenzito da quell’assalto, Ardea tentò di sottrarsi dagli attacchi del suo orrendo nemico, ma il dolore al braccio era intenso e la sua corazza sembrava pesare dieci volte di più.
Allora, impossibilitato a fuggire, tentò di parare il nuovo fendente del mostro.
La scure di Tramanto si abbatté con inaudita violenza su di lui, che riuscì però a bloccare quel colpo opponendosi con Parusia.
La forza di Tramanto era tre volte quella di un uomo normale e la sua scure poteva frantumare con facilità la nuda pietra.
E solo la straordinaria resistenza di Parusia fece si che il colpo del gigante non arrivasse a perforare la corazza di Ardea ed a lacerarne le carni.
La pesante scure premeva sulla divina spada, facendola scricchiolare.
Le due armi a contatto, strofinandosi, generavano intense scintille che andavano a spegnersi sulla corazza inumidita di Ardea.
Tramanto allora, sentendo il suo nemico allo stremo delle forze, sollevò le braccia e si preparò ad un nuovo colpo, che stavolta sarebbe stato definitivo.
“Ora o mai più!” Pensò Ardea.
Tirò allora un fendente nelle viscere del gigante, causandogli un taglio profondissimo.
Tramanto lanciò un urlo disumano e lasciò cadere la scure dietro di se.
Questa, legata alla sua cintura da una robusta catena, gli scivolò lungo la schiena, avvolgendogli il collo.
Allora Ardea si lanciò dietro il suo nemico e incastrando Parusia tra gli anelli della catena, iniziò a farla girare come se fosse un perno.
La catena allora iniziò a stringersi sempre di più attorno al collo del gigante.
Questi, sentendosi la mortale morsa al collo, tentò di liberarsene, ma il sangue che fuoriusciva dalla ferita gli toglieva pian piano ogni forza.
Ardea con tutte le sue forze faceva girare Parusia tra gli anelli della catena, stringendo sempre più il tozzo collo del suo nemico.
Questi aveva gli occhi rossi, intrisi di sangue e le orbite come se volessero esplodere, mentre una delirante smorfia gli deformava l’orrendo volto.
All’improvviso getti di sangue iniziarono a fuoriuscirgli dalla bocca e lentamente iniziava a scemare ogni sua resistenza.
Ardea teneva ferma Parusia nella catena con tutta la sua forza, fino a quando non sentì più la resistenza del mostruoso Tramanto.
Lasciò allora Parusia e l’orrendo mostro, senza vita, cadde pesantemente al suolo.


(Continua...)
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Vecchio 07-12-2009, 02.07.06   #132
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ARDEA DE' TADDEI

XLVI

“Ma tu, Signore, sei mia difesa,
tu sei mia gloria e sollevi il mio capo.
Al Signore innalzo la mia voce e mi
risponde dal suo monte santo.”
(Libro dei Salmi, 4 e 5)


Ardea restò a terra per alcuni istanti. Fino a quando sentì un caldo raggio di Sole, che iniziava a squarciare le alte nubi del cielo, riscaldargli il sudato volto.
Si alzò ed iniziò a pregare.
“Gloria a Te, mio Signore e mio Dio.”.
Estrasse poi Parusia dalla catena e liberò il collo del gigante.
E con un colpo solo lo decapitò.
Pulì poi la lama di Parusia dal sangue di Tramanto e la baciò.
“Grazie, amica mia…”. Sussurrò tenendola fra le mani.
Dietro la grotta vi era un limpido ruscello, che scorreva attorno alla cima della collina.
E in quell’acqua fresca e pura, che sembrava non contaminata dal fetido di quel luogo, lavò con cura il suo bel viso.
Bastarono quei pochi istanti per portargli sollievo e ridargli un po’ delle forze spese nell’immane battaglia.
Poi, osservando il corso di quel ruscello, si accorse che il malvagio Tramanto ne aveva deviato il corso, issando alcune pareti di legno lungo l’argine.
Il ruscello in precedenza scendeva dalla collina fino al piccolo fondovalle. Ora, quella struttura in legno ne impediva il normale corso.
Corse allora all’interno della grotta e con uno grosso martello appartenuto all’orrido gigante iniziò a colpire la parete di legno, fino a quando, sotto quei poderosi colpi, si spaccò, permettendo al ruscello di ripercorrere il suo corso naturale.
L’acqua così scese fino al fondovalle ripulendo la terra dagli escrementi del gregge di quell’infernale mostro.
Intanto a Caivania, Biago e Giuspo avevano condotto le pecore del marrano, precedentemente radunate.
La gente era incredula, stupita e felice nel vedere una simile cosa.
“Sono in pena per il mio amico.” Disse Biago a Giuspo.
“Si, anche io…” Rispose questi.
“Io ritorno alle pendici della collina!” Aggiunse deciso Biago.
Ma all’improvviso in lontananza, dalle lunghe ombre del bosco, emerse una figura a cavallo.
Tutti si voltarono verso di essa.
Poi dopo qualche istante Biago gli corse intorno.
Correva con tutte le sue forze, mentre il cuore gli batteva forte nel petto.
La figura a cavallo, nel vederlo, spronò il destriero che aumentò subito la sua andatura.
“Dio sia benedetto in eterno!” Esclamò Biago.
Ardea sorrise.
E appena lo ebbero riconosciuto, tutti gli abitanti di Caivania lo raggiunsero, cantando e ballando attorno a lui.
“Siete il nostro liberatore! Vi manda a noi l’Onnipotente!” Gridavano in un delirio di esultanza.
Ardea allora scese dal suo fedele Arante.
Recava con se un grosso sacco e la scure che era appartenuta a Tramanto.
Con gesto deciso aprì il sacco e rivoltò in terra il suo contenuto.
Era la testa del grottesco gigante, intrisa di sangue e con un’espressione che sembrava raccontare la dannazione, a cui era destinato, che aveva visto quel mostro nel suo ultimo istante di vita.
A quello spettacolo tutti esultarono e cominciarono a sfogare tutta la sofferenza patita fino ad allora facendo scempio di quell’orrenda testa.
Ardea allora saltò su un carro e cominciò a gridare:
“Uomini e donne di Caivania, da oggi il miserabile giogo impostovi dalle forze del male è cessato per sempre!”
Tutti esultarono a quelle parole.
“Sappiate” continuò a dire Ardea “che chi vi ha liberato fu inviato dal vostro signore, il duca Taddeo d’Altavilla! A lui quindi resterete per sempre grati e fedeli!”
“Viva il duca! Viva il nostro signore!” Gridava festosa quella gente.
“In ricordo a questo evento, il primo Venerdì di ogni mese celebrerete una solenne messa come ringraziamento all’Onnipotente!” Disse Ardea.
“E come tributo al vostro duca” aggiunse “un terzo di queste pecore lo invierete nella sua nobile dimora alle Cinque Vie! Così sarà saldato anche ogni arretrato!”
Tutti gridarono per la gioia e benedicevano il nome dell’Altissimo, invocando ogni bene sul casato del duca.
“Io stesso mi occuperò di condurre le pecore dal duca nostro signore!” Gridò Giuspo.
Quella sera ci fu un grosso banchetto per festeggiare la liberazione di Caivania.
Tutti fecero festa, fino alle prime luci dell’Alba.
A Caivania la luce era ritornata a dominare l’oscurità ed un nuovo tempo, di pace e prosperità, avrebbe avvolto i suoi abitanti.
Tutto ciò grazie alla Fede ed al coraggio di colui che tutti conoscevano come il cavaliere Ripudiato.


(Continua...)
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Vecchio 21-12-2009, 02.14.55   #133
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ARDEA DE' TADDEI

LXVII


SECONDA QUESTIONE: CARDIZIA, LE DAME DELL'INCERTOCUORE

"Amore stravolge ed abbatte
solo ciò che è di ostacolo alla
felicità degli uomini."
(Anonimo)


Il giorno dopo, salutati da tutta Caivania, Ardea e Biago lasciarono quella contrada per riprendere il loro viaggio.
La felicità e la spensieratezza, frutto dei colori e della musica della notte precedente, cederono presto il posto ad una velata e sottile inquietudine.
L’effimera gioia che quell’impresa aveva dato ad Ardea svanì appena ripresero il loro viaggio.
Quella perenne ombra che Ardea portava sul cuore, scese di nuovo ad offuscare i pensieri di quel cavaliere.
Quando il passato ritorna avvolto dai ricordi di un vita che oggi appare solo un’eterea illusione, allora tutto assume le immagini di uno spettrale e desolato deserto.
Un deserto sterile di speranza, di sogni e di fiducia.
Ovunque, in questo deserto, l’orizzonte appare come un’infinita distesa aliena del susseguirsi delle stagioni e la vita diventa un arido e buio istante di un giorno senza tempo.
La primavera vissuta nelle Cinque Vie, con i suoi verdeggianti prati, l’azzurro dei monti lontani, il cielo terso e luminoso, era svanita come neve al Sole.
La calda e vivace estate della corte di Afragolignone, con la spensieratezza e le promesse che solo madonna Giovinezza sa sospirare, sembrava essere stata spazzata via da un forte ed impetuoso vento.
Un vento che al suo passaggio aveva lasciato sinistri lamenti nel cuore di Ardea.
Una vita senza slanci, un domani senza speranze rendono arido di vita il cuore di un uomo.
Ardea lottava contro i suoi demoni e contro un’esistenza che, se prima era ricamata d’oro e d’argento, oggi appare fredda ed impoverita.
Ciò che di bello vi era nella sua vita solo fino a pochi giorni prima, oggi sembrava aver ceduto il posto alla desolazione ed alla miseria più cupe.
E tutto ciò appariva ad Ardea come un’inesorabile punizione per le sue colpe.
Come un insopportabile anticipazione dell’Inferno.
“Ecco” disse all’improvviso BIago, destando Ardea dai suoi pensieri “qui inizia la via che conduce a Cardizia, la seconda contrada che incontreremo nel nostro viaggio.”
Ardea fermò il suo cavallo e cominciò a scrutare la zona.
“Si” disse “dovrebbe essere questa la strada giusta. Tra un po’ dovremmo trovarci nella zona detta I Verdi Pascoli.”
“Perché questo nome?” Chiese Biago.
“Per la fertilità della sua terra e per la qualità del latte dei suoi armenti.”
Ad un tratto, dai cespugli che affiancavano e racchiudevano quella via, uscì un contadino.
“Sai dirci se questa via conduce a I Verdi Pascoli?” Chiese Ardea.
“No, miei signori” rispose il rustico viandante “questa via conduce ad un luogo conosciuto come l’Incerto Pascolo.”
“Sei sicuro?” Chiese stupito Ardea. “Non è questa la via che conduce a Cardizia?”
“Si, mio signore.”
“Allora per forze di cose” disse Ardea “da qui si arriva al luogo detto I Verdi Pascoli!”
“No, mio signore.” Ribatté ancora il contadino. “Da qui giungerete all’Incerto Pascolo.”
Ardea e Biago si scambiarono uno sguardo confuso.
“Questa via è vecchia di secoli” disse Ardea “la percorrevo spesso con mio padre da fanciullo! E sono certo che conduce a I Verdi Pascoli!”
“Mio cavaliere” rispose il contadino “questa strada giunge a Cardizia e da tutti è conosciuta come l’Incerta Via. Ed è vecchia come il mondo!”
“Mondo illuso!” Tuonò Ardea. “Vecchia come il mondo? Ti prendi gioco di me, villano!”
“Non potrei, mio bel signore!” Rispose intimorito il contadino. “Vi giuro sui miei figli che questo è il nome di questa strada.”
“E da quando?” Chiese sempre più irritato Ardea.
“Da quando a Cardizia comanda una nuova stirpe di signori.”
“Che stirpe?” Chiese Ardea. “Noi veniamo dal palazzo di sua signoria il duca e nessuno ci ha parlato di nuovi vassalli a Cardizia.”
“Non mi meraviglierei di questo!” Rispose il contadino. “Sono ormai due lunghi anni che il duca non passa da queste parti. A Cardizia sono successe un bel po’ di cose nuove!”
“Che genere di cose nuove?”
“Nuovi signori e nuove leggi” rispose il villano “ed anche le strade e i fiumi hanno nuovi nomi. Così, questa strada è conosciuta come l’Incerta Via ed il luogo del quale mi domandavate è chiamato l’Incerto Pascolo.”
“Perché con nomi tanto singolari hanno battezzato questi luoghi?” Chiese sempre più turbato Ardea.
“Perché ormai a Cardizia è stato rovesciato l’ordine naturale di tutte le cose. Non mi meraviglierei se in quella contrada domani il Sole sorgesse ad Ovest e lo scirocco soffiasse da Nord!”
“E tu non sai da cosa dipendono questi strani cambiamenti?” Chiese ancora Ardea.
“Preferisco, come tutti gli altri qui intorno” rispose lesto il contadino “di tenermi lontano da quel turbolento asilo! E vi consiglio di fare lo stesso, miei signori!”
Ardea allora fissò Biago e un momento dopo spronò il fiero Arante.
Così i due si incamminarono lungo l’Incerta Via che li avrebbe condotti verso la misteriosa Cardizia.


(Continua...)
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Vecchio 23-12-2009, 01.24.58   #134
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ARDEA DE' TADDEI

LXVIII

“Bianche, via più che neve in giogo alpino,
avea la sopravveste, e la visiera
alta tenea dal volto; e sovra un’erta,
tutto quanto ella è grande era scoperta.”
(La Gerusalemme Liberata, canto IV)


La strada, detta dell’Incerata Via, tagliava in due la grande foresta che abbracciava tutt’intorno Cardizia.
Il canto degli uccelli sembrava un’inebriante inno alla gioia di vivere e la lussureggiante vegetazione dominava in ogni dove, come un vero e proprio trionfo della bellezza di Madre Natura.
Il Sole troneggiava nell’infinito cielo vestito di un azzurro sfolgorante ed in lontananza, come un delicato alone turchese, i monti sembravano avvolgere quel bellissimo paesaggio.
Quell’atmosfera pastorale ed idilliaca sembrava negare tutto ciò che aveva raccontato poco prima quel contadino.
Ardea e Biago, nell’attraversare quella strada che sembrava incantata, si sentivano accolti nel seno di una natura incontaminata e primordiale.
Una natura incapace di contenere la più piccola ombra.
Ad un tratto i due giunsero in una radura piccola ma accogliente.
Alte querce, che la racchiudevano come in un mistico anello, avevano intrecciato tra esse i nodosi rami, rendendo quella radura un fresco e riparato giaciglio dalla calura del mezzogiorno.
Li vicino poi scorreva un limpido e mite ruscello, che dai vicini colli raggiungeva la campagna sottostante.
L’acqua chiara e fresca sembrava accarezzare i levigati ciottoli che facevano da letto a quel trasparente corso d’acqua.
Così, i due viaggiatori, scesi dai loro cavalli, si diedero ristoro bagnandosi le mani ed il volto in quel brioso rio.
“Quest’angolo di foresta” prese a dire Biago totalmente rilassato da quel bucolico luogo “è la cosa più accogliente che abbiamo visitato da quando questo viaggio è cominciato!”
Ardea sorrise.
All’improvviso, tra i rigogliosi cespugli, due lepri fiondarono via.
“Per Diana!” Esclamò Biago. “In questo luogo non manca niente! E ora che ci penso il mio stomaco è vuoto come un otre e leggero come un sacco di piume!”
“Tranquillo” disse Ardea “Cardizia non è lontana. Quella laggiù è Verdi Pascoli!”
“Perché poi quel contadino affermava che ora è chiamata Incerto Pascolo?” Chiese Biago.
“Non ne ho idea.” Rispose Ardea. “Ma più di tutto mi preme conoscere chi siano i nuovi signori di Cardizia…e come mai al palazzo ducale nessuno ne sapeva niente!”
Ma in quello stesso momento un galoppare furioso quanto deciso sembrò rompere l’incanto di quel luogo.
Proprio dove il ruscello raggiungeva la campagna sottostante, alcuni cavalieri, ben armati e rivestiti di lucenti corazze, inseguivano due uomini a piedi, che tentavano di fuggire nella foresta.
In breve quei cavalieri raggiunsero i due fuggitivi e li immobilizzarono a terra.
Li disarmarono dei loro bastoni e li legarono per bene.
E quando i prigionieri furono ben saldi dietro i loro cavalli, li portarono via con loro.
Ardea e Biago, che avevano assistito dall’alto a tutta la scena, si scambiarono una rapida occhiata.
Lo scudiero era sul punto di dire qualcosa, ma Ardea lo zittì con un cenno.
Infatti due di quei cavalieri non avevano seguito il resto del drappello ed erano rimasti presso il ruscello.
E credendosi soli iniziarono a togliersi le pesanti e lucide corazze.
Mostrarono così una cascata di capelli, morbidi e luminosi.
I corpi, sebbene asciutti e ben levigati, tradivano una grazia ed una gentilezza aliene ad un maschile portamento.
Le forme, per quanto forgiate e sagomate dal peso di quelle e corazze e dall’utilizzo delle armi, erano vellutate e tenere.
“Che io sia dannato!” Esclamò Biago.
Ma subito Ardea lo zittì con una mano sulla bocca.
I due si fissarono per un momento.
“Si” sussurrò con un filo di voce Ardea “sono proprio due donne.”
Le due cavaliere si bagnarono nelle limpide e fresche acque del ruscello, liberandosi così dalla calura e dalla fatica imposta loro da quelle corazze.
Ardea e Biago le osservarono per tutto il tempo, fino a quando, asciugatesi e rivestitesi con le loro bardate armature, andarono via.
“Per Diana e per tutto l’Olimpo!” Esclamò Biago. “Mai visto donne indossare corazze!”
“E sono anche bellissime!” Aggiunse Ardea.
“Ma chi saranno?” Chiese Biago.
“Vorrei saperlo tanto anche io.” Disse Ardea. “Ma soprattutto mi chiedo perché stessero dando la caccia a quei due uomini…”
“Beh” disse Biago “non sono mai stato inseguito da una donna…mi chiedo che effetto faccia.”
“Voglio andare in fondo a questa storia!” Disse Ardea alzandosi in piedi. “Riprendiamo il cammino e raggiungiamo Cardizia. Sono sicuro che quella contrada è la chiave di tutto…”
Così, ripresa la via, attraversarono il luogo conosciuto ora come l’Incerto Pascolo e si diressero verso Cardizia.
In quel momento ad Ardea quel paesaggio, tanto idilliaco ed armonioso, apparve come una sorta di specchio riflesso di una realtà ben diversa.


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LXIX

“Il padre gliele diceva; ed egli, avendolo udito, rimaneva contento e domandava d’un'altra. E
così domandando il figliuolo e il padre rispondendo, per avventura si scontrarono in una brigata di
belle giovani donne e ornate, che da un paio di nozze venieno; le quali come il giovane vide, così
domandò il padre che cosa quelle fossero.”
(Decamerone, IV giornata)


Quelli che un tempo erano chiamati Verdi Pascoli avevano conservato in pieno la loro verdeggiante e florida bellezza.
Il Sole sembrava concedere un privilegio del tutto particolare verso quella terra, baciandola con il suo caldo e vitale alito ogni giorno dell’anno.
Quella lieve brezza che soffiava dai vicini monti rendeva tiepida e mite l’aria, mentre l’orizzonte tutt’intorno, schiarito da quel benefico zeffiro, sembrava delicatamente ricamato nella straordinarietà di quel pastorale paesaggio.
L’azzurro sbiadito dei monti più lontani, con una sottile foschia simile ad un etereo manto, arrivava a toccare il brullo verdeggiare dei colli più vicini .
E quel trionfo di colori sapeva ridestare il cuore da ogni suo turbamento o pensiero.
Tuttavia, in quel paesaggio che sapeva di favola, Ardea non riusciva a dimenticare ciò che angustiava il suo cuore.
Qualcosa era cambiato a Cardizia. Forse era opera di quella nuova stirpe di signori che in essa dimorava.
Forse essi non avevano più intenzione di riconoscere il potere del duca su queste terre. Ecco perché non arrivavano più i tributi di Cardizia alle Cinque Vie.
Queste ed altre domande simili, come spine ardenti, laceravano la mente ed il cuore di Ardea.
“Se qui ora vi regna un nuovo casato” pensava “non basterà da sola la mia spada a imporre ai suoi membri di rendere omaggio al duca.”
Ad un tratto Ardea fu destato dai suoi pensieri. Aveva avuto la strana sensazione che qualcuno li stesse osservando attraverso il verde della foresta.
“Hai notato qualcosa?” Chiese a Biago.
“Non direi” rispose questo “ma da un luogo che viene chiamato l’Incerta Via mi attenderei qualsiasi cosa!”
Di nuovo quella sensazione.
Ardea si voltò di scatto e vide un’ombra sgattaiolare tra i cespugli.
“Sembra siamo osservati!” Disse fermando di colpo il suo fido Arante.
E all’improvviso con un gesto fulmineo lanciò il suo pugnale contro la corteccia di un albero.
“Aiuto!” Gridò una voce tra i rovi. “Non ho fatto niente di male!”
Era un ragazzo, con il colletto della sua giubba inchiodato dal pugnale di Ardea all’albero dal quale spiava i due forestieri.
“Aiuto! Liberatemi!” Gridava, mentre tentava di estrarre il pugnale dalla corteccia dell’albero.
Ardea e Biago gli si avvicinarono.
“Liberatemi! Non ho fatto nulla di male!”
“Spiare la gente è per te nulla di male?” Chiese Ardea.
“Non vi stavo spiando. Lo giuro!”
“Ci stava solo osservando.” Intervenne a dire con un filo di ironia Biago. “Del resto la differenza è abbastanza sottile tra i due concetti. Questo ragazzo diventerà un ottimo cortigiano!”
Ardea rise di gusto.
“Liberatemi o i miei compagni ve la faranno pagare!” Minacciò il ragazzo, sempre intento nel vano tentativo di liberarsi da quella scomoda posizione.
“Chi sono i tuoi compagni?” Chiese Ardea.
“E’ gente a cui non fanno paura quelli come voi!” Rispose il ragazzo.
“E sia” disse Ardea “non ti faremo nulla. Ti lasceremo qui e vedremo sei tuoi compagni ti troveranno prima di qualche animale affamato. Certo, ci perderò un bel pugnale, ma se sopravvivi puoi tenerlo, ragazzo.”
“Aspettate!” Gridò il ragazzo. “Non potete lasciarmi qui! Non potete!”
“Beh” disse Ardea “dipende da te. Chi sei e cosa ci fai qui?”
“Non facevo nulla di male…volevo solo…si, insomma, volevo solo vedere le donne!”
“Che donne?” Chiese Ardea.
“Quelle che vivono a Cardizia.” Rispose il ragazzo.
“E perché non vai a Cardizia a vederle?” Domandò ancora Ardea.
“Perché non vogliono che nessun uomo giunga lì.”
“Che storia è mai questa?” Chiese stupito Biago.
“E’ la verità!” Rispose di getto il ragazzo. “Hanno catturato stamani due dei nostri, dopo averli visti attorno alla contrada.”
Ardea strappò il pugnale da quell’albero e liberò il ragazzo.
Questi, vedendosi di nuovo in gradi di muoversi, scappò via, sparendo nella vegetazione circostante.
“Ehi, fermo!” Gli gridò Biago. “Quel ragazzino ci ha giocati!”
Ma Ardea non prestava attenzione a tutto ciò. Le parole di quel ragazzo avevano addensato nuove nubi nei suoi pensieri.


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ARDEA DE' TADDEI

LXX

“Fresco e verde lettuccio, la gioiosa campagna
si lasciava ammansire dal docile rio, tra eriche
sempreverdi e profumate margherite e il soave
canto degli usignoli era musica per le orecchie
dei viandanti.”
(Pastorale)


“Quel ragazzo si è voluto prendere gioco di noi!” Sbottò Biago.
“Non credo.” Disse Ardea.
“Non vorrai credere a quella sua assurda storia?” Chiese Biago.
“Ricordi la scena di stamane? Le donne in armatura ed i due uomini che hanno catturato?”
“Per la barba del demonio!” Esclamò Biago. “Ora che ci penso…”
“Già…” disse Ardea “…forse quel ragazzo non ci ha raccontato bugie.”
“Che pensi?” Chiese Biago.
“Non so.” Rispose Ardea. “Comunque è inutile star qui…ripartiamo verso Cardizia.”
“Sei impazzito?” Protestò Biago. “Non sappiamo nemmeno cosa si nasconda in quella contrada!”
“Da quando ti fanno paura le donne?” Chiese sarcastico Ardea.
“Mio padre mi diceva sempre di guardarmi prima dalle donne e poi dal demonio!” Rispose Biago.
“Tuo padre diceva così perché era un buon Cristiano e non aveva nulla da temere dal demonio.” Rispose Ardea. “Andiamo…Cardizia ci aspetta.”
Ripresero così la strada verso quella contrada, attraverso l’Incerta Via.
Poco dopo avvistarono la porta di Cardizia.
Arrestarono allora il loro cammino e cominciarono a decidere sul da farsi.
“Dobbiamo trovare un modo per entrare nella contrada.” Disse Ardea.
“La porta principale sarebbe un ingresso verso l’Inferno.” Ribatté Biago.
“Infatti” rispose Ardea “entreremo a Cardizia per un’altra via.”
“Ma quale?” Chiese dubbioso Biago.
Ardea si guardò intorno, cercando di scrutare il territorio circostante.
Fino a quando notò un piccolo corso d’acqua che penetrava nel sottosuolo.
“Da lì arriva l’acqua nella contrada.” Disse Ardea, indicando il corso d’acqua a Biago.
Così i due raggiunsero quel piccolo rio e attraverso un’apertura fangosa nel duro tufo scesero in una galleria sotterranea.
“Questo corso d’acqua” cominciò a dire Ardea “è probabilmente tutto ciò che resta di qualche antico acquedotto romano. Percorrendo questa galleria dovremmo giungere sotto la contrada.”
“Come fai ad esserne sicuro?” Chiese Biago.
“Perché gli acquedotti giungevano nel punto più alto della città” rispose Ardea “ da dove poi l’acqua veniva inviata nelle case e in altri edifici.”
Percorsero così quella semibuia ed umida galleria, fino a giungere ad una sorta di cava sotterranea.
Le pareti erano coperte da melma e rocce, mentre il fango sul terreno rendeva quasi impossibile camminare.
Ardea allora illuminò con la torcia ogni angolo di quel luogo, fino a quando notò qualcosa di strano sul soffitto.
“Sembrano incrostazioni.” Cominciò a dire.
Poi con il pugnale iniziò a tastare quel soffitto roccioso.
“Ecco!” Esclamò. “Qui c’è qualcosa!”
“Cosa?” Chiese Biago.
“Una lastra di ferro.” Rispose Ardea. “Deve trattarsi di una botola.”
Così i due forzarono quella porta e si issarono lungo quel passaggio.
A fatica risalirono lungo un’aspra e stretta galleria, fino a raggiungere una grata.
Spostatala, Ardea e Biago si ritrovarono in un’ampia anticamera.
Essa appariva di magnifico aspetto.
Preziosi e rari mobili di raffinato gusto bizantino ornavano quel luogo, mentre soffici tappeti, ricamati alla maniera persiana, erano stesi lungo i pavimenti.
Un gran numero di candele illuminavano quell’ambiente e le pareti erano rivestite da magnifici arazzi.
“Che posto è mai questo?” Chiese Biago.
Ma per tutta risposta si udirono dei passi provenire dal corridoio antistante.
“Siamo perduti…” Disse Biago.
Ardea non rispose nulla ed estrasse Parusia dal suo ricco fodero.
Intanto quel rumore di passi si era fatto più vicino, arrestandosi dall’altra parte della porta che dava a quell’anticamera.
Un attimo dopo la porta si aprì.
Ardea e Biago tennero il fiato sospeso, attendendo il verdetto di quella porta.


(Continua...)
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Vecchio 04-01-2010, 00.54.53   #137
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LXXI

“Ho visto la donna più bella che sia mai nata.
Ella è il desiderio che ho espresso.”
(Le Geometriche, libro V)


Nella sala entrò un uomo di mezza età.
Si muoveva con fare guardingo tra i lussuosi arredi di quell’ambiente.
Scrutava con i suoi grandi occhi dilatati ogni angolo della sala.
Era magro ed indossava una giubba chiara e sgualcita, mentre dei larghi pantaloni consumati gli scendevano a stento fino alle caviglie.
Ai piedi calzava dei vecchi sandali allacciati dietro i talloni.
Quell’uomo sembrava alla ricerca di qualcosa.
Forse era stato attirato dalle voci all’interno della stanza, o forse stava solo perlustrando quel luogo.
Questo pensava Ardea.
Lo strano uomo intanto sembrava davvero alla ricerca di qualcosa, visto che continuava a scrutare con maniacale attenzione ogni parte della sala.
E all’improvviso, con rapido e silenzioso movimento, Ardea sbucò da una tenda ed immobilizzò quel curioso visitatore.
“Una parola o un grido” minacciò Ardea “ed il mio pugnale ti aprirà da orecchio a orecchio!”
“Folli!” Disse quell’uomo. “Siete solo due folli!”
E una grottesca risata deformò il suo volto.
“Zitto, maledetto!” Gli intimò Ardea.
“La vostra sorte è segnata!” Delirava quell’uomo. “La sorte di noi tutti è segnata!”
E continuava a ridere, quasi insensibile alle minacce di Ardea.
“Costui è pazzo!” Esclamò Biago.
“Si” rispose l’uomo, sgranando ancor di più i suoi stralunati occhi “e presto lo sarete anche voi.”
E riprese a ridere.
Ardea allora lo zittì portandogli una mano sulla bocca, mentre con l’altra gli teneva stretto il collo.
“Ridi ancora, maledetto” intimò Ardea “e ti spezzo il collo con un colpo solo!”
L’uomo tentò ancora di ridere, mentre si divincolava dalla morsa del cavaliere.
Ardea lo tenne stretto fino a quando, come se si fosse sfogato, sembrò calmarsi.
“Che il diavolo ti porti!” Esclamò Ardea. “Giuro che stavo per ucciderti davvero!”
L’uomo fece una curiosa smorfia.
Sembrava davvero aver esaurito la sua delirante agitazione.
“Chi sei e che posto è questo?” Chiese Ardea.
“Uccidimi” disse quell’uomo ancora ansimando per l’agitazione “e sarò finalmente libero!”
“Sei dunque prigioniero in questo palazzo?” Chiese Ardea.
“No” rispose quell’uomo “sono rinchiuso in una prigione ben più salda ed imprendibile di questa!”
Biago fece un cenno ad Ardea come a dire “costui è pazzo”.
“Chi sei?” Chiese ancora Ardea.
“Non lo so più…e forse non ha nessuna importanza…presto anche voi sarete apatici alla vita ed al vostro destino!”
“Comincio a credere che tu sia davvero folle!” Esclamò Ardea.
“Si” rispose l’uomo “folle! Non ho più né un cuore, né un anima! Non ho più nulla! Ciò che vedete è solo il fantasma di quel che fui io!”
“L’unica cosa che hai davvero smarrito” disse Ardea “è il senno!”
“Parlate così” disse l’uomo lasciato libero da Ardea “perché non l’avete veduta! Ma quando la vedrete…anche voi smarrirete l’intelletto e la lucidità. E con essi le vostre anime!”
“Di chi parli?” Chiese incuriosito Ardea.
“Della donna più bella e sensuale che sia mai nata!” Rispose quell’uomo, con gli occhi che tornavano a manifestare delirio e fanatismo.
“Che donna?” Chiese Ardea.
“L’unica donna che valga la pena amare!” Gridò l’uomo. “Anche solo per una notte! Anche solo per un istante!”
“Non strillare, maledetto!” Intervenne Biago preoccupato.
“Di quale donna parli?” Chiese con insistenza Ardea.
“Il mio tormento e la mia estasi!” Vaneggiò l’uomo.
“Insomma, dannato, di chi parli?” Chiese quasi con rabbia Ardea.
“Il solo nominarla” disse l’uomo con un folle ghigno “e udire il suo nome, anche se non l’hai mai veduta, ti rende eccitato e nervoso!”
“Questo è tutto suonato!” Sbottò Biago.
“Di chi parli, dimmelo!” Intimò Ardea.
“Parlo di lei…Alaida…la regina di Cardizia!”
E rise come il più fanatico dei visionari.
In quell’istante nella sala giunsero delle donne, abbigliate solo con dei veli trasparenti.
Recavano delle candele che bruciando diffondevano nell’aria un aromatico profumo.
Un momento dopo, Ardea e Biago caddero a terra senza conoscenza.


(Continua...)
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Ultima modifica di Guisgard : 05-01-2010 alle ore 01.05.13.
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Vecchio 05-01-2010, 01.25.11   #138
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LXXII

“Il sogno è un incanto, frutto
dell’incontro tra il giorno e
la notte.”
(Novalis)


Il prato era di un verde vivissimo, reso ancor più brillante dall’intensa luminosità che il Sole diffondeva ovunque.
Il cielo, vestito di un azzurro imponente, sembrava riflettere come uno specchio le meraviglie di un mondo incantato, sito al di là dei sogni, su tutta la terra.
Ardea camminava accarezzando le alte foglie che crescevano selvagge su quella verdeggiante distesa.
Era senza la sua armatura e si sentiva leggero, fresco e libero.
Ma soprattutto si sentiva sereno.
Il suo cuore gli appariva come l’infinito orizzonte che si apriva davanti a lui: libero da nubi.
La vecchia e stretta via che tagliava quel prato, racchiusa da due fila di bianchi e levigati sassi, conduceva in un piccolo spiazzo, dove sorgeva una vecchia chiesetta.
Accanto cresceva un robusto ulivo, che sospinto dal vento, sembrava voler diffondere nell’aria il benefico influsso delle sue foglie.
Ardea avrebbe voluto entrare nella chiesetta, ma non lo fece.
La porta era chiusa e non si vedeva nessuno in giro.
Sul tetto, accanto al crocifisso di legno che cigolava sotto il soffio del vento, stavano appollaiate tre colombe bianchissime.
La calura però cominciava a farsi più intensa ed Ardea si sedette ai piedi dell’ulivo, cercando ristoro dal Sole sotto la tenue ombra di quell’albero.
All’improvviso, nello spiazzo, giunse un uomo.
Aveva indosso una lunga tunica nera. I capelli erano di un delicato grigio. Così come la sua barba.
“Di grazia, signore” prese a chiedere Ardea “sapete quando aprirà la chiesa?”
“Perché?” Chiese con tono severo quell’uomo.
“Volevo entrare per pregare.”
“Non aprirà oggi.”
“Una chiesa non può restare chiusa un giorno intero!”
“Se può restare chiuso il cuore di un uomo” rispose stizzito quell’uomo “allora può benissimo restare chiusa anche una chiesa.”
“Ma è mattino” disse Ardea “e durante il giorno deve pur essere celebrata una messa!”
“Oggi non verranno celebrate messe.”
“Ma non siamo nel Venerdì Santo!” Esclamò Ardea.
“Già” rispose l’uomo con uno sguardo inclemente “e questo è il tuo dramma!”
Ardea restò colpito e turbato da quelle parole.
L’uomo riprese a camminare, scomparendo dietro le mura della chiesetta.
Ardea intanto ritornò a sedersi ai piedi dell’ulivo, sentendo nel cuore una forte oppressione.
All’improvvisò udì un dolce riso.
Si voltò e vide una fanciulla intenta a raccogliere fiori nel campo accanto alla chiesetta.
Ardea le si avvicinò, mentre ella rideva e cantava una gentile canzone.
“Milady” prese a chiedere Ardea “sapete dirmi se questa chiesetta aprirà oggi?”
La ragazza smise di ridere e di cantare, senza però voltarsi verso Ardea.
Poi, dopo un attimo di silenzio, rispose:
“Non aprirà oggi.”
Intanto il Sole, proprio in quel momento, venne coperto da alte e scure nubi.
“Qual è il vostro pasto preferito, messere?” Chiese la ragazza.
“Le focacce con frutta e miele.” Rispose Ardea.
“C’è qualcuno che le prepari per voi?”
“No.” Rispose Ardea. “Non vi è nessuno.”
La gradevole brezza di qualche istante prima si mutò in un forte e gelido vento che cominciò a sibilare nell’aria.
La ragazza allora si alzò da terra e si voltò verso Ardea.
Era la bellissima ragazza che lui aveva visto quella notte a Caivania e alla quale aveva giurato eterno amore.
“Ora devo andare.” Disse con un filo di voce quella ragazza. “Mio padre mi attende ed ha bisogno di me.”
Detto questo, si coprì il capo con un velo nero.
“Non andate via.” Disse Ardea. “Non mi lasciate solo anche voi.”
La ragazza si voltò e lo fissò per alcuni istanti.
Ardea tentò di avvicinarsi a lei, come a volerla toccare, ma il vento in quel momento soffiò più forte.
Ardea si svegliò proprio in quell’istante.
La stanza era dominata da un penombra che sembrava camuffare ogni suo contorno.
Si accorse che era disteso su un soffice e profumato letto.
Ed accanto a lui riconobbe, nell’incerta luce della stanza, una donna che lo fissava in silenzio.


(Continua...)
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Vecchio 07-01-2010, 02.30.39   #139
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LXXIII

“La bellezza è il divino alone della creazione
che aleggia su tutte le cose.”
(Pindaro)


Ardea per qualche indefinito istante restò adagiato sul morbido cuscino, quasi rasserenato dall’eterea atmosfera di quel luogo.
Poi, fissando quella misteriosa donna che gli stava accanto, chiese:
“Dove sono?”
“Nel palazzo della regina Alaida.” Rispose la donna con una delicatezza ed una gentilezza che sembravano soffiare sull’animo di Ardea.
“Cosa è successo?” Chiese confuso Ardea. “Non ricordo…”
La donna si avvicinò al letto ed il sottile alone luminoso, tiepidamente diffuso nella stanza, si posò sui suoi occhi.
E quegli occhi, di un intenso verde, simile a gocce di quel mare vergine che accoglie e culla le bianche isole greche dell’Egeo, finalmente incontrarono gli occhi del cavaliere.
Ed egli ne restò rapito.
“Siete stato trovato all’interno del palazzo con il vostro compagno.”
“Biago!” Disse Ardea alzandosi di scatto. “Dov’è ora?”
La donna lo fermò posandogli una mano sul nudo petto.
Poi, delicatamente, lo spinse a stendersi di nuovo sul letto.
Quella mano, morbida e soave, quasi come una carezza si era posata sul suo petto, causandogli un intenso brivido.
“Dov’è Biago?” Chiese Ardea. “Voglio sapere dove si trova!”
La donna accese una candela che si trovava su un mobiletto accanto al letto.
E, quasi come un incanto, tutto intorno ad Ardea prese forma e colore.
Egli vide così il bellissimo volto di quella donna.
Il suo viso era morbido e soffice, tondo e perfettamente proporzionato.
La pelle era vellutata come una pesca e le sue labbra erano superbamente dipinte sul quel volto di classicheggiante splendore.
Una cascata di capelli ricci e luminosi, di un biondo leggiadro ed armonioso, simile al lucente oro di un rigoglioso campo di grano, incorniciavano ed impreziosivano quel miraggio di rara bellezza.
Ed un diadema, adornato di piccole ma preziose pietre colorate, teneva spinta all’indietro quella folta e luminosa chioma, conferendole riflessi aurei che sembravano aleggiare attorno a quella celestiale figura.
Quella donna era un inno alla bellezza più alta e più viva.
Un immagine di sensualità, fascino e piacere, privilegio per pochi eletti.
Ardea restò senza parole, mentre vigorosi brividi percorrevano il suo corpo.
“Il vostro compagno” rispose la donna con il suo delicato accento “sarà presto processato.”
“Processato?” Ripeté Ardea. “Per cosa?”
“Siete stati entrambi sorpresi nel palazzo” rispose la donna “ed il processo decreterà se il vostro compagno sia o meno una spia.”
“Ma c’ero anche io!” Disse Ardea. “Anche io dovrei essere processato!”
“La vostra sorte” rispose con un filo di voce quasi sussurrato quella donna “sarà deciso direttamente dalla regina.”
“Perché?” Chiese turbato Ardea.
“Perché questa è la volontà di Alaida.”
“Come può quella donna essere tanto potente?” Chiese Ardea. “Chi le ha conferito tale potere?”
La donna fissò per qualche istante Ardea con il suo luminoso sguardo.
“Solo il duca può investire qualcuno di un simile potere sulle sue terre” aggiunse Ardea “e di certo non lo ha fatto con quella donna!”
La misteriosa donna allora accostò il suo volto a quello di Ardea, quasi a sfiorarne le labbra.
“Cosa rende più forti, secondo voi?” Chiese la donna, mentre il suo alito accarezzava le labbra di Ardea. “Il potere o la bellezza?”
Ardea, come rapito ed incantato da quella donna, non rispose nulla.
Poi, dopo qualche istante,disse:
“Se la mia vita dipende da quella donna, allora voglio vederla!”
La misteriosa dama soffiò sulla candela, spegnendone la fiamma.
“La vedrete presto, non temete.” Rispose con una voce che sembrava vivere di sensuali sospiri.
Battè poi le mani ed un istante dopo si aprirono le porte di quella stanza.
Ed insieme alla luce, che invase ogni angolo di quell’ambiente, entrarono anche quattro donne, vestite come soldati ed armate di scintillanti ed alte lance.


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Vecchio 07-01-2010, 21.43.24   #140
elisabeth
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elisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella roccia
E' una storia appassionante Sir Guisgard, sapete descrivere ogni cosa in maniera reale e minuziosa, ogni particolare reca colore e sentimento e' un bellissimo racconto, leggo con passione ogni episodio...quindi vi esorto a continuare
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