23-10-2016, 04.02.49 | #141 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Allora ci rivediamo con entrambe” disse Aolo ad Altea e a Carlotta “domattina. Naturalmente non qui, ma Baias Beach per un servizio fotografico preparatorio. Ok?”
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23-10-2016, 04.06.18 | #142 |
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“Si, Clio, resterai qui a casa.” Disse Anellos. “Torneremo in serata, non faremo tardi. Beh, avrai la casa a tua disposizione, no? Potrai fare ciò che più vorrai.” Sorridendo.
Lo scienziato allora preparò alcuni documenti e poi, fattasi l'ora dell'appuntamento, uscì con Alan 71.
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23-10-2016, 04.07.38 | #143 |
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"Perfetto...bellissimo scenario direi" mi alzai e diedi la mano ad Aolo.."Arrivo presto, verso le 7.30 così vedrò pure il mare".
Uscimmo dall' ufficio e guardai Carlotta.."Speriamo bene..ce la farò..e pure tu..vuoi ti porti a casa? Non è un problema amo correre con la mia Ferrari sportiva..a volte faccio pure gare con certi amici..beh sono un pò scapestrata lo so..comunque come vuoi tu...posso pure venire a prenderti domattina" aspettando la sua risposta e ormai avevamo raggiunto la gialla auto fiammante.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
23-10-2016, 04.13.51 | #144 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Oh, ti ringrazio.” Disse Carlotta ad Altea. “Io sto in un albergo, poiché sono giunta a Capomazda City apposta per questo colloqui di lavoro, quindi te ne sarei grata per questo passaggio.”
E andarono via con la Ferrari fiammante.
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23-10-2016, 04.16.56 | #145 |
Disattivato
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La casa tutta per me, in effetti non capitava poi così spesso.
Eppure avrei preferito poter uscire e mischiarmi liberamente alla folla, invece che starmene lì tutta sola. Ma era per la mia sicurezza, mio padre lo diceva sempre. Tuttavia non mi demoralizzai, mi misi seduta sulla poltrona accanto alla finestra, col mio libro preferito tra le mani. Era un vecchio libro, che mi era parso subito speciale. Lo avevo letto tutto d'un fiato un pomeriggio di qualche settimana prima, e ora nessuno riusciva a darmi le stesse emozioni. O comunque, l'impressione di provare emozioni, pensai con un velo di tristezza. E ora mi divertivo ad aprirlo a caso e leggere da quel punto, per poi richiuderlo e riaprirlo. Mi piaceva vedere che cosa sarebbe saltato fuori. L’attesa. Lei odiava aspettare, e ancor di più aspettare invano. Aveva passato gran parte della mattina ad aspettarlo, guardando continuamente la finestra per poi sospirare. Ormai il meriggio si allungava sulla brughiera, e di lui nessuna traccia. Lei si era seduta su una poltroncina vicino alla finestra a leggere, ma il sonno l’aveva colta senza che se ne accorgesse. Fu una carezza leggera a svegliarla, un dolce contatto di mani che la sollevavano per portarla sul letto a riposare. “Ciao..” farfugliò lei aprendo gli occhi, mentre lui si stendeva accanto a lei. “Perdonami, ho fatto tardi..” gli sorrise lui, prendendola tra le braccia. “Non importa..” sussurrò lei, beandosi di quel contatto “Mi sei mancato…”. “Anche tu..” continuando ad accarezzarle i capelli. Lei resto a godersi quella dolce felicità, finchè non alzò lo sguardo su di lui, che era insolitamente calmo e silenzioso. “Ehi…” osservando i suoi occhi assenti “Va tutto bene?” preoccupata. “Sì..” rispose distrattamente lui, sforzandosi di sorridere. “Mmmm..” mormorò lei, facendosi seria “Non me la racconti giusta.. che è successo?”. Lui esitò per un lungo istante, ma poi cedette, in un lungo sospiro. “Hanno rubato una preziosa reliqiua..” ammise alla fine. “Che cosa?” scioccata lei “Come?”. “Erano destinate a una nuova cattedrale..” con sguardo lontano lui “Ma la nave è stata attaccata, e la reliquia è stata rubata..” sospirò. “Pirati?” chiese lei. “Già..” a denti stretti lui, cercando a stento di nascondere la rabbia. Poi si voltò verso di lei e sorrise. “Scusa, non dovrei parlarti di queste cose..” sfiorandole il viso. “Se non parli di queste cose con me, con chi pensi di farlo?” sorridendo lei. Lui sorrise e la baciò piano. “Piuttosto..” continuò lei “Non sai chi ci sia dietro l’arrembaggio?”. Lui scosse la testa “Se lo sapessi..” stringendo i pugni. “Fammi indovinare, nessun sopravvissuto?” alzando un sopracciglio. “No, qualcuno è sopravvissuto…” guardandola come non capisse il senso di quella domanda. “Beh, che hanno detto?” incalzò “Com’era la nave? La ciurma? Il Jolly Roger.. la bandiera..” mimando con la mano. “Non lo so…” sbuffò lui, per poi corrucciare la fronte e tornare a guardarla “Un serpente.. hanno parlato di un serpente insieme al teschio.. sì, ora ricordo!” esclamò. Lei rise piano. “Capitan Cobra..” annuendo “Un vero pallone gonfiato, dai retta a me..” scuotendo la testa. “Lo conosci?” stupito lui. “Certo che lo conosco, che domande!” esclamò lei, alzando gli occhi al cielo. Lo strinse a sé e lo guardò dritto negli occhi, in quegli splendidi occhi azzurri che tanto amava. “Quella reliquia è importante per te?” gli chiese. “Moltissimo” “Allora andiamo a riprendercela!” “E come?” sconsolato “Che posso fare? Chissà dove sarà ora..”. “Sai cosa dovresti fare?” divertita lei. “No…” “Avere più fiducia nella tua donna…” sussurrò sulle sue labbra, prima di incatenarle in un bacio appassionato “Vado a vestirmi…”. Lui cercò di trattenerla “No.. ehi.. dove vai?” protestò. “La vuoi quella reliquia o no?” con tono perentorio lei “Ecco” senza aspettare risposta “Allora preparati..” aprendo l’armadio. “Ma..” stupito lui “Dove andiamo?” chiese. “A Portuga!” esclamò lei, con un sorrisetto divertito, mentre dal fondo di un baule tirava fuori abiti che non metteva da molto tempo. Bastava poco per sentirsi di nuovo se stessi, pensò lei, mentre si vestiva. E infondo aveva ragione: un paio di stivali neri in puro cuoio spagnolo, una gonna bianca rimboccata da una parte per agevolare gli arrembaggi, una camicia di seta nera con dettagli bianchi e uno sbuffo davanti al collo, bianco anch’esso, qualche bracciale per vantare le proprie vincite, la bandana e naturalmente il suo inseparabile basco che la distingueva dagli altri capitani che usavano invece il tricorno. “Andiamo?” sorrise, l’Angelo della Tempesta. Così, i due lasciarono la loro Casetta per incamminarsi verso il litorale fleegeese, dove avrebbero trovato il famigerato porto di pirati, da cui lei mancava ormai da anni. Eppure, non appena la pittoresca atmosfera della città pirata li avvolse, lei si sentì di nuovo quella ragazzina sola e spaventata che non aveva altra scelta se non quella di diventare un fuorilegge, o il capitano rispettato e temuto che era stata per tanti anni. Si voltò a guardarlo. Aveva rinunciato a molto, aveva rinunciato a tutto, ma infondo aveva qualcosa di molto più prezioso ora. “Eccoci..” disse lei, smontando da cavallo davanti alla sudicia porta di un locale. “La vecchia piovra..” lesse lui, per poi voltarsi dubbioso verso di lei che lo guardava ridendo. “Spero che Sua Signoria possa trovarsi bene in questa umile dimora…” con fare teatrale lei, e lui scosse la testa, divertito. “Mi raccomando..” sussurrò, avvicinandosi a lui, fino a cingergli i fianchi con le braccia “Ricorda che qui il capo sono io..” con voce calda e maliziosa. “Sì, capitano..” con il medesimo tono basso e caldo, mentre la sua bocca si avvicinava pericolosamente a quella di lei, per poi virare rapidamente a sfiorare il suo orecchio “Solo in pubblico però..” in un sussurro. Lei non rispose, limitandosi a girare la testa verso di lui e lasciare che fosse il suo sguardo divenuto improvvisamente ardente a dimostrare quanto quelle parole la accendessero di desiderio. Dopo un lungo istante, si voltò verso l’entrata del locale. Non appena i due aprirono la pesante porta di legno, si ritrovarono immersi in un ambiente sporco e umido, dove l’odore del rum e del sudore si mischiava con i profumi forti e per nulla raffinati delle donne che ci lavoravano, si potevano inoltre ascoltare canti di pirati, gare di gargarismi gutturali, apprezzamenti alle suddette fanciulle, frasi senza senso di chi aveva ormai la testa annegata nel rum. Eppure lei guardava tutto quello come fosse una visione celestiale: in quel momento si accorse di quanto le mancasse essere se stessa, poi si voltò verso di lui e lo guardò di sottecchi con un sorrisetto divertito, aspettandosi che tirasse fuori il suo fazzoletto di batista da un momento all’altro. “Seguimi..” disse solo, lei. Si diresse a passo deciso verso un angolo del locale, dove un leggero soppalco era dominato da una larga e solitaria poltrona, occupata in quel momento da un pirata non molto visibile dietro le due signorine che gli erano sedute in braccio. Eppure lei gli si avvicinò, e quando fu a un passo da lui tirò fuori la pistola e la puntò dritta verso l’uomo. “Uno..” cominciò a contare “Due…”. Nel sentire quella voce, quel tono e quel conto, le due donne si alzarono di scatto in piedi, voltandosi verso di lei. “Voi qui..” balbettarono “Noi..” guardandosi le due “Chiediamo scusa, ce ne andiamo subito..”. Il pirata, che si rivelò essere piuttosto attempato, la guardò con un’espressione ebete e scocciata. “Proprio adesso dovevi tornare?” sbuffò. Ma lei di tutta riposta preparò il colpo nella pistola. “Sì sì, me ne vado..” sbuffò, alzandosi e sistemandosi i vestiti. Lei non aveva detto una parola, e il suo sguardo era duro e incrollabile. Sguardo che si trasformò completamente mentre si voltò verso di lui, allora divenne disteso, rilassato, dolce. “Tu siediti..” indicando la poltrona che si era appena liberata “Faccio portare qualcosa da bere, e faccio due chiacchere..” guardandomi intorno. Si avvicinò poi a lui con una luce divertita e maliziosa negli occhi “Non toccare niente..” sfiorandogli le labbra con le sue. Lui socchiuse gli occhi senza ricambiare quel bacio, forse vedendola per la prima volta nei suoi veri abiti, per poi sedersi su quella poltrona. Lei restò a fissarlo per un lungo istante, con uno strano sorriso e poi si diresse al bancone. Tornò dopo alcuni minuti, con una bottiglia di rum e alzò gli occhi al cielo nel vedere che un altro paio di ragazze gli si erano avvicinate. “E tu chi sei, dolcezza?” ridevano, civettuole. “L’ultima cosa che vedrete se non tenete le mani a posto..” con un tono perentorio che ebbe il potere di farle voltare con un’espressione terrorizzata e impaurita. “Sciò..” con un inequivocabile gesto della mano. Quelle non se lo fecero ripetere due volte, e se ne andarono quasi correndo. Lui rise, mentre lei si accomodava in braccio a lui. “Le hai spaventate…” divertito. “Potevo fare di peggio, credimi…” con uno sguardo intenso. Com’era strano essere lì con lui, in quell’angolo di mondo così rumoroso e sporco, che però le aveva sempre infuso un sentore di pace. Restò in silenzio per un lungo istante, mentre lui la teneva tra le braccia e giocava con le dita sulle sue gambe. “Scoperto qualcosa?” le chiese, chinandosi su si lei, che annuì. “Domani all’alba ci sarà l’asta in cui Capitan Cobra venderà la reliquia…” sorrisi. Lui sospirò, e lei si limitò ad accarezzargli piano quel bellissimo viso, per poi afferrargli il collo e baciarlo con passione ed impeto. “E fino a domattina?” sussurrò lui sulle sue labbra. “Mmm..” mormorò lei, guardandolo negli occhi “Abbiamo una notte tutta per noi..” sorridendo. “Non una notte qualunque…” sorrise “Una notte speciale…” guardandola negli occhi. “Davvero questo è il miglior posto di Portuga?” dubbioso lui. Lei scosse la testa “No, non lo è… ma questo è il posto in cui avremmo trovato le informazioni che ci servivano..” sorridendo, per poi afferrare la bottiglia di rum poco distante “Senza contare che sono gli unici ad avere il mio rum preferito…” porgendogliela. Lui sorrise e la assaggiò. “È dolce..” stupito, poi “Sembra quasi..”. “Miele..” lo precedette lei “Viene direttamente da alcune isole spagnole..”. “Mi piace..” disse lui, prendendone un altro sorso. “Sì, sì..” allontanandogli la bottiglia, per portarla alle labbra “Non finirmelo, né..” rise piano. Passarono così lunghi e intimi istanti, in cui quella poltrona divenne tutto il loro mondo, fatto di risate, aneddoti raccontati, baci rubati. “Dai, che vuoi fare?” disse lui, sorridendo “Che si fa a Portuga in una sera come questa?”. Lei sorrise, si alzò e le porse la mano “Vieni con me..” sussurrò, con una strana luce negli occhi. Lui non se lo fece ripetere due volte, e la seguì per le strade cittadine, fino a raggiungere una piazzetta in riva al mare, e la trovarono in festa. Con musica, saltimbanchi, rum a più non posso, canti, luminarie, e tutto quello che non deve mancare in una festa che si rispetti. “Che si festeggia?” stupito lui. “La vita, ragazzo mio!” rispose un vecchio marinaio ormai fin troppo ubriaco. “È sempre festa a Portuga..” gli fece eco lei, abbracciandolo. Eppure tutto le appariva diverso, più bello, più luminoso, ora che lui era lì con lei. “Sai, mi ricorda quella festa al paese, quando eravamo ragazzi..” disse lei, osservando i ragazzetti che ballavano e poco distante un chiosco che vendeva frittelle. “Sì, è vero…” sorrise lui, stringendola a sé. “Avevo messo un vestito solo per catturare il tuo sguardo..” in un sussurro lei, posando la testa sulla sua spalla “Che sciocca..” con un sorriso amaro. Lui si voltò e sorrise. “Ricordo quel vestito..” disse, mentre lei alzava lo sguardo, incredula “Era azzurro, con del pizzo bianco qui..” sfiorandole il seno con uno sguardo intenso e appassionato. “Davvero lo ricordi?” con gli occhi lucidi lei. “Ricordo ogni cosa di te…” sorrise, chinandosi a baciarla. Allora lei lo strinse a sé, una stretta prima dolce, poi forte e sempre più appassionata, poi man mano che il tempo passava in quel turbinio di baci infuocati, tutto si fece più dolce, più profondo e intenso. Finchè non si ritrovarono stretti in un dolce abbraccio, in cui lui le cingeva i fianchi, e lei il collo. “Credi di poterlo fare?” sussurrò lei, seguendo il filo dei suoi pensieri. “Che cosa?” con voce dolce e calda lui. “Dimenticare tutto… il ducato, la reliquia, persino la maledizione.. per una sera..” con il cuore in gola lei. Le sembrava così strano di essere abbracciata a lui davanti a tutti. Abituata com’era a vivere nascosta, celata agli occhi di tutti, un fantasma che non avrebbe dovuto nemmeno esistere. Com’era bello invece essere lì e sognare, anche solo per una sera soltanto, una vita normale, accanto all’uomo che amava. Una vita in cui non esistevano le differenze di ceto, di sangue, in cui lui non aveva dei doveri verso un popolo, e lei non aveva condanne su condanne da scontare. Un mondo fatto solo d’amore, del loro amore, che impavido sfidava la più potente ed oscura delle maledizioni. Lui sorrise, dopo averla scrutata per un lungo istante, forse per seguire il filo dei suoi pensieri nei suoi occhi chiari. “Lo faccio sempre…” sussurrò, sfiorando le labbra di lei con le sue “Sempre.. quando sono con te..” sorridendo. Lei allora lo abbracciò, un abbraccio capace di far sciogliere anche il dubbio più incrostato, anche le paure più radicate. “Vuoi ballare?” gli chiese dolcemente lui. “Sì!” rispose inaspettatamente lei, pensando a quanto aveva sognato di ballare con lui in quella festa lontana. Lui allora la prese per mano, e la condusse al centro della piazza, mischiandosi così alle coppie che ballavano spensierate. Eppure c’era chi avrebbe giurato di vederli brillare di una luce diversa, di una luce così potente da oscurare le stelle del cielo. Lei volteggiava, spensierata, tra le braccia del suo Amore, e si rendeva conto di non essere mai stata più felice che in quel momento, mentre lui rideva, e il suo volto era disteso, rilassato, felice. La notte corse così, tra le luci della festa, i balli che non sembravano avere mai fine, una frittella mangiucchiata in riva al mare, e una piccola mansarda che vide una luce ancor più potente dell’alba illuminare i loro giochi d’Amore. Ma l’alba, quella vera, li raggiunse abbracciati e felici, l’uno tra le braccia dell’altro. Lui aprì gli occhi e sorrise, nel vederla ancora addormentata accanto a sé. Allora capì che i sogni più belli non svaniscono con l’arrivo dell’alba. I sogni più veri, all’alba sopravvivono. Sospirai, emozionata da quella storia come sempre. |
23-10-2016, 04.38.21 | #146 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Quelle pagine di romanzo, di avventure esotiche e d'altri tempi, di Amori sognanti e terre lontane fecero sospirare Clio, portandola in quel mondo.
Lei, esternamente un tripudio di bellezza ed internamente un trionfo di tecnologia, stava lì a fantasticare, a sospirare e a sorridere senza neanche saperne davvero il perchè, come qualunque altra ragazza innamorata. Ad un tratto squillò il telefono, rapendola dai suoi sogni.
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23-10-2016, 04.44.47 | #147 |
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Adoravo quel libro, quella storia d'Amore così speciale.
Adoravo il fatto che nonostante tutte le avversità che la vita aveva messo davanti ai due amanti, loro erano sempre riusciti a stare insieme. Nonostante il ceto, nonostante i doveri, persino nonostante la maledizione, ma anche più banalmente nonostante chi voleva a tutti i costi mettere i bastoni tra le ruote e non lasciarli vivere nella loro unica felicità. Quanto mi commuoveva poi la seconda parte, quando si innamoravano di nuovo, dopo che lui aveva perso la memoria, segno che l'Amore era così grande che non poteva essere cancellato. Sospirai, guardando fuori con aria sognante. Ma uno squillo di telefono mi riportò alla realtà. Così mi alzai e andai a rispondere. "Pronto?" alzando la cornetta. |
23-10-2016, 04.52.07 | #148 |
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“Pronto, parla il commissariato di Capomazda City...” disse una voce al telefono “... lei è la figlia del professor Anellos Terran?” A Clio. “E' accaduto qualcosa di spiacevole. L'auto su cui viaggiava suo padre è finita fuoristrada, per poi precipitare oltre il cavalcavia. Crediamo si sia trattato di un incidente. Tuttavia il corpo del professore non è stato ritrovato.”
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23-10-2016, 04.59.32 | #149 |
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Silenzio.
Restai in silenzio ad ascoltare quella voce che parlava. No, era impossibile, non poteva essere. "Come?" mormorai dapprima, incapace di emettere anche un minimo suono. Iniziai a sentire la terra che tremava sotto i miei piedi, come se una voragine mi potesse inghiottire da un momento all'altro. Che cosa stava succedendo? No, si stavano sbagliando di sicuro, non c'era altra spiegazione. Sbiancai, mentre il respiro si faceva più ansante. "Che cosa posso fare?" dissi poi, con un filo di voce soffocata "Devo venire in centrale? Io.. che cosa.." mormorai, cercando di calmarmi "Siete sicuri? Lo state cercando?" mentre sentivo le lacrime che iniziavano a scorrere. Sentivo questo strano liquido sulle guance. Ne avevo sentito parlare, certo, ma non credevo di avere questa possibilità. E in quel momento desiderai essere un robot senza emozioni per non provare quello che mi stava pian piano dilaniando. |
23-10-2016, 05.07.16 | #150 |
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“Manderemo un agente da lei appena avremo notizie certe.” Disse la voce a Clio.
E staccò. Quelle lacrime, quelle sensazioni erano reali. Dopotutto sapeva di essere qualcosa di speciale. Non del tutto macchina e molto più di quanto si potesse pensare umana. Ebbe allora paura e sentì sola. Terribilmente sola. Allora ricordò le parole di Anellos. Parole che le dicevano di aprire la sua cassaforte a muro, di cui solo lei conosceva l'esistenza nel caso gli fosse accaduto qualcosa.
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