03-10-2012, 01.41.21 | #151 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“E' un contrabbandiere, milady.” Disse il soldato ad Altea. “Un individuo che vive raggirando ed eludendo la legge. Che fa commercio clandestino ai danni del governo e in barba delle autorità che vigilano su queste terre. Abbiamo scoperto quella banda di contrabbandieri al porto, ma uno ci è scappato... e molto probabilmente si è nascosto in questa strada... forse proprio in questo albergo.”
“Un simile individuo” fece il padre di Altea “deve essere assicurato alla giustizia.” “E' ciò che stiamo tentando di fare, signore.” Replicò il militare. “Qui non c'è nessuno, sergente.” Disse un altro di quei soldati, appena finito di controllare quelle stanze. “Cercheremo in altre stanze, allora.” Mormorò il sergente. “Perdonate il disturbo. Vi auguro una serena notte.” Ed uscirono. “Ora farò un discorsetto ai tuoi genitori, signorina...” disse sottovoce Odette ad Altea con tono minaccioso.
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03-10-2012, 01.45.22 | #152 |
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A quelle parole di Elisabeth, il misterioso uomo tentò di alzarsi, ma la ferita gli impedì ogni movimento brusco.
“Dannate...” disse “... cosa volete da me? Pechè non mi consegnate subito ai soldati? Volete la mia storia? E perchè mai? Cambierebbe qualcosa per voi? Resto pur sempre un fuorilegge!” “Chi siete dunque?” Chiese Ingrid. “Il demonio!” Urlò l'uomo. “Sono come il demonio! Sono condannato!” Ma proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta. “Sono io, il padrone dell'albergo...” disse dall'esterno “... perdonate per l'ora, ma qui ci sono dei soldati e devono fare un controllo nelle vostre stanze... apriteci, per favore...”
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03-10-2012, 01.51.55 | #153 |
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Il misterioso uomo rise a quelle parole di Clio e poi con un cenno del capo congedò il suo servitore di colore.
Si sedette allora su un grosso seggio davanti al letto e piantò i suoi occhi scuri sulla ragazza. “Un regolare duello...” disse quasi sarcastico “... e magari mi concederai anche la scelta delle armi, vero?” Rise nuovamente. “Ah, sciocca ragazza!” Esclamò divertito. “Ci sono più uomini in questo emisfero che mi odiano e mi danno la caccia, di quanti pesci invece non nuotino nei mari! Ogni giorno scampo alle fregate e ai velieri, ad ogni angolo evito sciabole e pistole e poi dovrei perire in un duello per mano di una ragazzina?” E di nuovo quella sua risata. “No, faremo così invece... tu mi dirai chi sei veramente e per quale motivo non dovrei darti in pasto ai pescecani dopo averti concessa, come premio, a ciascun uomo della mia ciurma!” La fissò con uno sguardo inquietante che sembrava rendere ancor più reali quelle sue terribili parole.
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03-10-2012, 02.00.05 | #154 |
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Giunti a Lacroas, Rynos, Cavaliere25, Emas e Fidan raggiunsero subito il porto per rendersi conto della situazione.
Fidan, avvicinandosi ad un uomo in una bottega, chiese di eventuali navi pronte a salpare. “Laggiù, sul molo vecchio” disse l'uomo “si trova una grande nave inglese e da quel che so stanno ancora arruolando marinai.” “Bene!” Esclamò Rynos. “A quanto pare abbiamo la fortuna dalla nostra! Forza, ragazzi! Andiamo ad arruolarci come marinai!”
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03-10-2012, 02.25.40 | #155 |
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Cheyenne, tornata in albergo, riuscì finalmente a riposarsi.
Ma la notte per lei fu tutt'altro che serena. Strani sogni, infatti, tormentarono il suo sonno, mostrandole immagini e visioni inquiete ed angoscianti... Il villaggio era in fiamme e tutt'intorno dominavano solo distruzione e morte. Cadaveri giacevano a terra, con le carne lacerate e gli avvoltoi che scendevano a cibarsi di quei resti. I pochi superstiti venivano condotti via in catene, con i vincitori che già si dividevano i vari ostaggi. E tra questi vi era anche Cheyenne. La ragazza camminava tra quei pochi disperati, sotto l'ombra e la minaccia di un destino avverso. Ad un tratto un uomo fece fermare il gruppo ed indicò proprio lei. Era vestito come un ufficiale ed era di età avanzata. “Quella...” indicando Cheyenne “... voglio quella.” “Questa, signore?” Domandò uno dei soldati. “Perchè proprio questa?” “Perchè è mia nipote!” Rispose il vecchio ufficiale. Cheyenne si svegliò di colpo. Era agitata e sudata, mentre la chiara sera di Las Baias appariva muta e indifferente, dominata, com'era, da una pallida ed incantata Luna che giungeva a specchiarsi, malinconica ed enigmatica, sulle calme acque del mare.
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03-10-2012, 07.58.25 | #156 | |
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Fuori, sulla piazza, passeggiava tranquillo un gattino, al vederlo il mio cuore si calmò e andai a sedermi sul bordo del letto. Passai almeno un'ora a pensare al mio sogno, se un sogno era veramente, insomma, che cosa mi garantiva che quello non era un ricordo, il volto del vecchio ufficiale mi sembrava così reale, così famigliare......... La luce invase la mia stanza e mi svegliò.Era già mattino inoltrato.
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03-10-2012, 15.26.39 | #157 |
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Appena le guardie se ne furono andate e i genitori si ritirarono nelle stanze la balia si scaglio' verbalmente verso me come fossi una bambina.. "Odette, sono cresciuta ormai e so quello che faccio..non dirai nulla e il discorso termina qui.. Ora se permetti andrei finalmente a riposare".
Entrai nella stanza mi stesi nel letto..pensai più volte al futuro a Las Baias, se le premesse erano quelle attuali potevo solo dolermi. Non ci pensai più.. forse dovevo riposare e lasciare tutto scorresse come un fiume e buttarmici dentro.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
03-10-2012, 16.27.33 | #158 |
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Le parole di mio padre risuonarono alle mie orecchie come un’eco: dapprima deboli e lontane, vagamente sbiadite, com’era stata la mia vita da quando mi trovavo a Las Baias, poi via via sempre più intense e colorate, vivaci, come il ricordo che avevo del nonno...
Notai solo di sfuggita il disappunto nella voce di mio padre nel dare quella notizie e lo sconcerto di mia madre, tanto ero concentrata su quella inattesa e vivida gioia che mi era scoppiata in mezzo al cuore... La stanza era invasa da un fitto buio ed il fuoco che crepitava nel camino disegnava sulle pareti inquietanti disegni mutevoli. I miei occhi erano fissi sulla fiamma danzante da non sapevo più quanto tempo, ormai... li sentivo bruciare, li sentivo rossi e lucidi, ma non mi importava. Le mie guance erano arrossate per il troppo calore ed i capelli sciolti mi ricadevano scompostamente sulla schiena e sulle spalle, fino a sfiorare le ginocchia che tenevo strette al petto con entrambe le braccia. “Oh... ecco dove eri finita!” disse ad un tratto una voce alle mie spalle “Ti ho cercata sulla terrazza alta e nel cortile... non riuscivo a trovarti!” L’uomo rimase per qualche attimo immobile sulla soglia poi, vedendo che non rispondevo, entrò nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle. “Sai... sono stupito...” disse guardandosi un momento intorno, quasi con noncuranza, per poi, riportando gli occhi su di me ancora accoccolata sul tappeto di fronte al camino, andarsi elegantemente a sedere su una poltrona dall’alto schienale “In fondo domani è un gran giorno per te... stai per partire, per salpare su una di quelle navi che sempre osservavi scomparire all’orizzonte... e conoscerai un nuovo mondo, avrai una nuova vita... dovresti essere felice!” Per qualche lungo momento calò il silenzio nella stanza, un silenzio pesante e cupo... “Ti ricordi quando ero piccola?” mormorai ad un tratto, la voce ruvida “Ricordi il modo in cui correvo fino in terrazza ogni volta che papà stava per tornare? Lo attendevo con una tale gioia e con un’aspettativa così vivida... volevo che tornasse, bramavo qualsiasi momento potesse dedicarmi... rammenti?” Il nonno esitò... “Si!” disse poi “Si, ricordo!” “Ma lui non ha mai avuto molto tempo per me... arrivava e si chiudeva nel tuo studio, aveva appena il tempo per dirmi che ero cresciuta e per dirmi che mi aveva portato un dono... doni che, poi, era sempre e solo mia madre a consegnarmi. Si trattenevano qualche giorno e poi ripartivano! Sempre!” esitai appena, poi ripresi a parlare “Ed io... io presto ho iniziato a pensare che era colpa mia... che se, al mio posto, avessero avuto un figlio maschio lo avrebbero amato di più... che non avrebbero avuto bisogno di lasciarlo, ogni volta...” “Talia!” mi interruppe la voce del nonno, alzandosi dalla sua poltrona e venendosi ad inginocchiare accanto a me “Talia, non dire queste cose! Non pensarle neanche, queste cose...” “Non fa niente, nonno...” mormorai, sorridendo tristemente “Non fa niente! Ero triste e mi sentivo in colpa perché mi mancavano i miei genitori... ma la verità è che sono sempre stata felice qui con te, tu ti sei preso cura di me più di quanto non abbiano mai fatto loro!” Il nonno rimase in silenzio per qualche momento, fissandomi... era preoccupato, ora... lo vedevo. “Ed è per questo che non capisco...” proseguii “Desideravo che mi portassero con loro, quando ero piccola... anche una volta soltanto... lo desideravo più di qualsiasi altra cosa al mondo... ma non l’hanno mai fatto. E allora perché ora si? Perché adesso, che io vorrei poter restare qui con te, vogliono portarmi via? Non è giusto, nonno! Non è giusto!” L’uomo sospirò e portò gli occhi sulla fiamma... “No...” disse lentamente “No, non lo è! Ma, lo sai, tuo padre ha il terrore della cattiva influenza che potrei avere su di te...” aggiunse sarcastico. “Adesso! Non aveva però questa paura anni fa...” ribattei. “Forse ce l’aveva...” rispose il nonno “Ma, forse, la sua carriera a quel tempo non aveva preso una piega tale da potergli permettere di pensare che aveva anche una figlia!” C’era astio e risentimento nelle sue parole... un astio che riuscì a celare solo in parte. “Mi mancherai, nonno!” dissi ad un tratto. Lui riportò gli occhi su di me e sorrise... “Anche tu mi mancherai, piccola mia!” Il resto del tempo trascorse lento, mentre la fiamma nel camino si abbassava man mano che il fuoco consumava gli ultimi residui di legna... io e il nonno non parlammo più, restando entrambi in silenzio ad osservare i giochi di luce e di ombra che il fuoco rifletteva nei nostri occhi. Non avevamo bisogno di parlare, non ne avevamo mai avuto particolarmente bisogno perché in fondo eravamo uguali... sì, in fondo, nonostante lo sdegno che ciò causava in mio padre, io ero esattamente la nipote di Arkwin Van Colbye, e probabilmente ero come lui. I miei pensieri, tuttavia, erano cupi quella sera... “E poi c’è lui, qui...” mormorai ad un tratto, come chi prosegue a voce alta un ragionamento che a lungo aveva ponderato silenziosamente “Lui... che papà vuole non veda più... vuole che neanche ne parli. E' andato su tutte le furie, papà... ha detto che siamo dei traditori e dei pazzi e... e tante altre cose orribili!” Il nonno sbuffò appena... non aveva bisogno di chiedere chi fosse ‘lui’, lo sapeva... e tuttavia non parlò subito. “Sai, Talia... temo di non essere esattamente il tipo d’uomo che possa permettersi di giudicarne altri...” disse poi “Non sono così arrogante. Né così ipocrita! Ciò che posso dirti è solo ciò che so... ed io so che esiste una particolare categoria di uomini audaci e sognatori, uomini che mai si accontentano. Sono quegli uomini che non conoscono le mezze misure e che mai valutano la ragionevolezza, meno che mai se di mezzo c’è il loro cuore... Ed io credo che quel nostro giovane amico rientri in questa categoria! Una categoria che poco e male si mescola con quella cui appartiene tuo padre!” Battei le palpebre mentre quel ricordo sfumava tra i miei pensieri... il ricordo della mia ultima sera in Olanda, l’ultima volta che avevo visto il nonno... Sospirai, appena... Mi mancava! E, forse scioccamente, pensai che non era il solo che mi mancava...
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
03-10-2012, 17.16.39 | #159 |
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Dannato uomo,..." Sembrate piu' un pesce fuor d'acqua che annaspa senza respiro, che non il demonio in persona.......abbiate la prudenza di non urlare almeno...e se vi viene bene fate il demonio in persona e sparite in una nuvola di zolfo....."....ero furiosa piu' con me stessa che con lui...riuscivo sempre a cacciarmi nei guai, quando udii bussare alla porta....era il locandiere con alcune guardie.....guardai il volto dell'uomo e il tremore di Ingrid che si faceva sempre piu' palese......" Un attimo perfavore il tempo di rendermi presentabile........spostai la candela sul tavolo, lontano dal letto, in modo che solo quel lato della stanza fosse illuminato...." Ingrid aiutatemi a togliere il vestito...."...lo e lo poggiai sulla sedia in modo che fosse in bella vista, misi la camicia da notte...." e ora grande uomo fatemi spazio e appiattitevi contro di me piu' che potete.....se vi preme la pelle....".....mi misi a letto su un fianco in modo che lui mi stesse dietro e lascia volontariamente una spalla scoperta..." E ora Ingrid aprite la porta..."......il gelo scese nella stanza, se fossi stata illuminata abbastanza il colorito del mio volto andava dal rosso al viola...asseconda di cio' che in quel momento la scena mi avrebbe portata a recitare.........
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03-10-2012, 20.06.25 | #160 |
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Elisabeth entrò così sotto le lenzuola, facendo quasi da scudo col suo corpo per impedire ad altri di vedere il misterioso fuggitivo.
Ingrid restò in un primo momento quasi interdetta davanti all'idea che aveva avuto Elisabeth. Avrebbe voluto probabilmente protestare contro quell'avventata e malsana, per lei, trovata, ma la paura del momento era troppo forte. Si segnò tre volte e poi, tremante, aprì finalmente la porta. Nella stanza entrarono così il padrone dell'albergo e i militari. “Perdonateci, milady...” disse il proprietario nel vedere a letto Elisabeth “... ma purtroppo stiamo facendo questo anche per la serenità e la tranquillità di voi clienti... vedrete, occorreranno solo pochi minuti. Dobbiamo accertarci che nessuno sia entrato qui a vostra insaputa.” Il sergente allora ordinò ai suoi di controllare in giro. Trascorsero così diversi momenti nei quali la tensione sembrava potersi quasi tagliare con un coltello. Elisabeth vedeva Ingrid pallida e tremante che si guardava intorno, per poi fissare, quasi a cadenza regolare, il letto nel quale lei si trovava insieme a quell'uomo. La sua attenzione però non era solo per la balia, ma anche per quel fuggitivo che ora si trovava nascosto con lei sotto le coperte. Poteva avvertire il suo respiro ed il calore del corpo di quell'uomo contro il suo, insieme alle sue mani che per il poco spazio erano praticamente sui fianchi e sulla schiena della donna. E mentre i soldati cercavano in giro, il sergente, rimasto nella stanza con il proprietario e le due donne, cominciò a fissare la balia. “Comprendo che l'ora sia tarda” mormorò “e per questo mi chiedo come mai voi non siate ancora a letto... forse vi ci vorrà ancora un po' per abituarvi al clima di Las Baias.” “Si...” balbettò Ingrid “... si... è... è proprio così...” “Allora” fece il militare “di sicuro avrete, se non visto qualcosa nelle strade, almeno udito rumori da li provenienti... giusto?” A quelle parole del sergente, Ingrid cadde nel panico e senza rispondere nulla si voltò a fissare Elisabeth, quasi ad invocare il suo aiuto.
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