21-07-2011, 21.53.36 | #1981 |
Cittadino di Camelot
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"Mio Dio Pasuan, questo è l'inferno" dissi esprimendo con la voce tutto lo schifo e lo sdegno che provavo. "c'è un uomo laggiù, è tutto ricoperto di sangue e... e... il bambino che la strega aveva in braccio gli sta cavando la pelle a morsi, oddio..." mi voltai e vomitai... degluttii più volte e poi mi ripresi. Mi guardai intorno e ripresi a parlare "non siamo mai stati in questo posto, Pasuan, non è la stanza nella quale eravamo stati rinchiusi e non ricordo nemmeno di averla vista prima. Temo che questo posto cambi forma di volta in volta".
Ero molto spaventata e tremavo vistosamente. D'un tratto la luce mancò e ci ritrovammo immersi nel buio. Fui sul punto di gridare quando sentii la mano di Pasuan tapparmi la bocca.
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"Gli uomini che meglio riescono a stare con le donne sono gli stessi che sanno starci benissimo senza" Baudelaire |
22-07-2011, 02.02.10 | #1982 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Melisendra si nascose appena in tempo per non farsi scorgere dalla sagoma che un attimo dopo entrò nella tenda.
Era una donna di età avanzata e di robusta corporatura. Gettò uno sguardo sul bambino e poi posò distrattamente davanti lui due ciotole, una con dell’acqua, l’altra con un pugno di minestra di verdure e pane. “Non hai fame?” Chiese dopo qualche istante ad Uriel. Il piccolo scosse il capo. “Devi mangiare o ti ammalerai.” Fece la donna. Si avvicinò al bambino ed un velo di compassione rese opaco il suo sguardo. Fissò quella catena che teneva il piccolo legato a quel palo e scosse lievemente il capo. Si chinò allora davanti a lui e gli accomodò il ciuffetto di capelli che scendeva ribelle sulla sua fronte. “Facciamo così…” disse accennando un sorriso “… se mangi tutto quel che ti ho portato, io dopo ti racconto una storia… ma una storia vera, dico, non una favola! Eh, cosa dici?” Il piccolo scosse nuovamente il capo. “E’ la storia di un grande cavaliere.” Continuò la donna. “Forse il più forte che sia mai nato. Un cavaliere che è vissuto proprio in queste terre.” Prese allora la ciotola con la minestra e cominciò ad imboccare lei il bambino. “C’era una volta un bambino come te…” cominciò a raccontare, mentre imboccava Uriel “… che un giorno trovò presso un vecchio cimitero un cavaliere ferito… ecco, bravo, mangia. Visto che è buono!” Uriel annuì lievemente. “Allora, dicevamo…” sorridendo la donna “… quel bambino si chiamava Ardea…” In quel momento qualcuno entrò nella tenda. “Tutto bene qui dentro?” Chiese Gouf alla donna. “Si, milord.” Uriel, nel vedere il cavaliere vestito di nero, smise di mangiare. “Cosa fa, i capricci?” “E’ un bambino, mio signore…” rispose la donna “… è spaventato ed è normale che gli manchi l’appetito. Ma pian piano qualcosina comincia a mangiarla.” “Spaventato?” Ripeté Gouf. “Dovrebbe sapere che altri bambini come lui stanno morendo di fame e sete a Capomazda. Un po’ di disciplina e gli tornerà l’appetito.” Scalciò allora la ciotola con l’acqua e con un altro calcio fece volar via quella con la minestra dalle mani della donna. Uriel allora cominciò a piangere per la paura. “Se ti vedo piangere ti prenderò a frustate.” Minacciò Gouf. “No, milord.” Disse la donna, asciugando il viso di Uriel. “Lui è bravo e non piangerà più. Su, dai…” sorridendo al bambino “… sei un ometto e gli ometti come te sono forti e coraggiosi.”
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22-07-2011, 03.59.25 | #1983 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Il buio.
In un attimo avvolse ogni cosa. Dafne sentì mancare il contatto con Pasuan ed un senso di profonda paura la raggiunse. Poi il rumore di lotta, di scontro. Grida, gemiti. Poi una risata delirante ed angosciante. Poi il silenzio. Il campo era gremito di gente. Le dame erano tutte sulle tribune sotto il palco ducale, mentre il popolo riempiva i bordi dello spiazzo in cui si sarebbe tenuta la giostra. Ovunque vi erano sorrisi, grida gioiose e sguardi innamorati. Ogni dama sognava il proprio cavaliere vincere tutti gli altri e portare in trionfo il proprio colore. Dafne era tra quelle dame. Stringeva in mano il suo velo rosato, mentre il vento sembrava volerglielo strappare e portare via. Fissava le fila degli sfidanti, ma non vedeva il suo cavaliere. Ogni dama riconosceva tra i pretendenti alla vittoria il proprio campione, chiamandolo per nome e salutandolo con il proprio velo colorato. Ma non Dafne. Fissava la folla, i paggi, gli scudieri, i marescialli di campo, ma non vedeva quel volto a lei tanto caro. Il Cielo era terso ed azzurrissimo e grandi nuvole, sospinte dal fresco vento, navigavano verso Est. Il Sole disegnava su di esse riflessi di varie tonalità, dal vermiglio, al dorato, al purpureo e sagome di città lontane sembravano prendere forma su quelle sterminate nuvole. E nel vedere quelle città galleggianti nel Cielo, Dafne immaginava viaggi ed avventure in quei mondi sospesi tra la terra e l’infinito. Ed in ogni viaggio ed avventura il suo cavaliere giungeva a salvarla ed a portarla via da tutto e tutti. Lo squillo delle trombe destò Dafne da quei sogni. La giostra iniziò ed ogni cavaliere si contese la vittoria da dedicare alla propria dama. Alla fine vinse uno sconosciuto messere che raccolse i colori della sua amata e li portò in trionfo su tutto il campo. La giostra si sciolse e tutti andarono via. Dafne tornava a casa sempre col suo velo tra le mani. Era triste ed una lacrima accarezzò il suo bellissimo volto. Ad un tratto tre ragazzi le si avvicinarono. “Ehi, damigella, sei tutta sola?” Fece uno di loro. “Perchè non vieni a divertirti con noi?” Dafne cercò, quasi istintivamente, di nascondere il suo velo rosato. “Cosa c’è?” Il tuo cavaliere ti ha lasciata da sola? Dai, scegli chi fra noi tre ti piace di più e premialo col tuo velo!” “Si, dai!” Gli fece eco il suo compare. “Siete troppo brutti voi tre!” Disse all’improvviso qualcuno appena giunto. “Nessuna dama vi sceglierebbe come campioni! Ora tagliate la corda o vi taglio quei brutti musi che vi ritrovate!” Minacciò Pasuan. I tre gli furono subito addosso, ma il cavaliere li sistemò in un momento, mettendoli in fuga. “Stai bene, piccola?” Chiese poi avvicinandosi a Dafne. “Mi sa che quella giostra non era poi tutto questo granché!” Esclamò sorridendo. “Se il vincitore non ha scelto i colori della più bella fra le dame presenti!” Dafne fissò il suo velo rosato. “Sono ancora in tempo per guadagnarmi quel velo, damigella?” “Ti ho atteso fino all’ultimo…” sussurrò Dafne. “Perdonami, amore mio, ma il capitano mi ha spostato il turno di guardia.” Rispose Pasuan. “Ma ora fino a domani nessuno ci disturberà! Allora, cosa devo fare per poter ambire a quel velo? Forse sfidare madonna Avventura?” Sorrise. “Allora andiamo!” La fece salire in sella al suo cavallo ed insieme raggiunsero il lago vicino. Qui sognarono di grandi avventure, fatte di duelli impossibili e viaggi ai confini del mondo. Quel lago divenne lo scenario incantato per ogni loro sogno. E sulle sponde di quelle acque dorate danzarono fino al tramonto, quando poi la scia della Luna nascente rese quelle stesse acque magiche ed argentate. Pasuan allora vinse l’ambito velo di Dafne, divenendone il solo campione del suo cuore. E quando giunse la notte trovò i due giovani amanti uniti in unico abbraccio fatto di quei sospiri che solo l’amore sa donare. Dafne si svegliò, ritrovandosi in una stanza illuminata da un’apertura sul soffitto a volta. Attorno a lei vi erano brandelli di vesti e mobili fracassati. Il forno era acceso e dentro vi bruciava qualcosa che produceva, a tratti, intense fiammate.
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22-07-2011, 04.34.25 | #1984 |
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Talia cercò di capire da dove giungeva quel rumore.
Proveniva dal piano sottostante, dove si trovava la stanza in cui l’avevano imprigionata precedentemente. Cominciò allora a chiamare e con la mano a battere a terra. La sua voce era disperata. Inizialmente nessuno rispose a quelle drammatiche invocazioni, ma poi, all’improvviso, qualcuno parlò. “Non gridare, o Shezan tornerà e ti punirà…” disse il piccolo Morgan “… quando si arrabbia fa paura… sai, quel cavaliere che è arrivato pochi giorni fa… è partito per la prova… ha salutato i suoi compagni ed è entrato nel verziere… ogni volta che un cavaliere parte per quella prova, lady Layla non si vede in giro… si chiude in camera sua fino a quando non è tutto finito… forse passa il tempo a pregare…” aggiunse il bambino “… la sua stanza è la più bella del palazzo… nessuno può entrare… solo una volta l’ha fatta vedere a noi bambini… dentro ci sono dei candelieri sempre accessi e immagini della Madonna col Bambino, degli Angeli e dei Santi… e poi, vicino al letto, c’è il ritratto del cavaliere che somiglia tanto a quello arrivato qui con i suoi compagni…”
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22-07-2011, 05.27.35 | #1985 |
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Le ombre del crepuscolo si addensavano intorno al cavaliere ed al suo cavallo.
Il vento con un gemito accarezzava le cime degli alberi e destava appena quella lussureggiante macchia verde dagli incanti che la sera portava con se. Pian piano l’imbrunire copriva quel bosco, mentre il bagliore lontano, oltre le nuvole che si raccoglievano lungo l’orizzonte, del Sole morente illuminava ogni cosa intorno ad Icarius e Matys. Ad un tratto l’Arciduca giunse in una radura irregolare, nella quale il sentiero si allargava sensibilmente. E ad osservare quel dorato tramonto vi era una donna. Era bionda e pallida, con occhi vispi e languidi ed indossava una lunga tunica stretta in vita di un tenero rosato. Aveva fra le mani una piccola tela su cui stava raffigurando un pastorale scenario nel quale prendevano forma due giovani amanti. “Salute a voi, milady” Salutò Icarius. La donna sorrise e rispose con un cenno del capo. “Potreste indicarmi dove…” “Un momento, cavaliere.” Fece lei, interrompendolo. “Risponderò a quanto chiedete, ma prima devo domandarvi una grazia.” “Ditemi, milady.” “Devo terminare questo quadro e sono giunta ad un punto morto.” Spiegò la donna. “Il paesaggio mi è ispirato da questo splendido crepuscolo, ma non riesco a dare un volto ai due amanti della mia tela.” “Siete un’artista, mia signora?” “Si… sono La Maestra delle Imprese di Amore e devo terminare questo quadro prima della festività dell’Assunta.” “Come posso esservi utile?” Chiese Icarius. “Siete giovane e sicuramente avete amato.” Si, mia signora.” Annuendo Icarius. “In verità amo tutt’ora e amerò per sempre.” “E chi è la fortunata, messere?” Domandò sorridendo la donna. “In realtà sono io ad essere fortunato.” Rispose Icarius. “La donna che amo è mia moglie.” “L’amate molto, vedo.” “L’anteporrei a qualsiasi altra donna.” “Allora un cuore come il vostro non avrà difficoltà a suggerirvi il volto di una bella fanciulla.” Disse la donna. “Descrivetemelo ed io lo riporterò sulla mia tela.” “Non sono un artista, milady.” “Credete? Ogni innamorato è un artista.” Icarius allora chiuse gli occhi e cominciò a descrivere il volto per lui più amato. “La vedo… ha lungi capelli di un castano chiaro simile al colore che il grano maturo assume all’imbrunire, quando le ombre della sera avvolgono la campagna, mettendo in risalto gli ultimi bagliori lasciati dal Sole morente.” Sussurrò l’Arciduca. “I suoi occhi sono simili a quelle gocce d’ambra che i marinai di Ceylon utilizzano come dono votivo alla sposa prediletta di Krishna e dalla quale ricevono straordinarie grazie. Il suo volto invece… non è facilmente descrivibile, sebbene è impresso così bene nei miei occhi… ogni volta che lo vedo assume un’espressione diversa, nuova… come la campagna di Provenza, tra il verde delle viti e il profumo di lavanda, o come quei giardini d’agrumi delle isole del Sud, dove i colori della terra sembrano unirsi alla luminosità del mare e ai riflessi del Cielo… si crede di aver visto ogni meraviglia di questo mondo, eppure si resta poi incantati dalle alte e levigate scogliere della Magna Grecia, dove spumose onde disegnano la roccia da millenni con il loro impeto… così è il volto di lei… di una bellezza indefinita e mutevole… come i sogni, sempre nuovi, che si fanno ogni notte…” “Parlatemi del suo sorriso…” disse la donna “… sorride ella?” “Oh, si…” rispose Icarius “… ella sorride sempre… ed in quel sorriso vi è la felicità di tutto il mio mondo, la mia più grande Gioia… un sorriso che sa illuminare il cuore come solo il Sole può fare con la terra…” “Siete un poeta, milord?” “Io? Oh, no… no, mia signora… sono solo un uomo innamorato…” “Ed io allora vi affiancherò nel mio quadro con la bellissima donna che mi avete descritto…” Icarius sorrise. “E nessuno potrà dividervi.” E a quelle ultime parole dell’artista, l’Arciduca sentì una profonda tristezza. “Si…” mormorò “… almeno saremo uniti in quel quadro…” “Cosa volevate chiedermi poco fa?” “Si.” Fece Icarius. “Devo raggiungere il luogo dove si terrà la Dolorosa Costumanza. Potete aiutarmi a trovarlo?” “La Dolorosa Costumanza…” ripeté la donna “… non credo di conoscere quella prova, ma non si dovrebbe preservare ciò che porta un nome tanto triste… vi consiglierei di desistere dal volerla risolvere, mio signore. Siete un uomo fortunato. Tornate da vostra moglie.” “E’ per lei che devo affrontare quella prova.” “Allora seguite il sentiero.” Indicò la donna. “Alla fine di esso troverete ciò che cercate.” Icarius ringraziò, salutò poi la donna e riprese il suo cammino.
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22-07-2011, 14.30.19 | #1986 |
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Residenza: Un paese invisibile ad occhi umani...
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Salutai tristemente Icarius che si allontanava per affrontare la Dolorosa Costumanza; poi io, Luna, Nishuru e Lho entrammo a palazzo e ci mettemmo a cercare Lady Talia.
Camminai per i larghi e lunghi corridoi, finchè non trovai davanti a me un'enorme porta. L'aprii e mi ritrovai in una grande sala. La sala era davvero molto bella e mi soffermai a guardarne i dettagli. C'erano molte armature e stendardi appesi alle pareti. Poi la sentii. Veniva dal soffitto, probabilmente da una stanza che si trovava proprio sopra di me. Una risata agghiacciante e malefica. Improvvisamente l'aria divenne gelida e mi strinsi nella tunica. Quella risata... Che cos'era? Da dove veniva? Sembrava provenisse dal soffitto... Ma chi può avere una risata simile? Devo andare a vedere. Attraversai il salone a passo svelto e vidi che c'era una piccola porta. Girai il pomello ed essa si aprii cigolando. Dietro la porta c'era una scala, con stretti e ripidi gradini. Era buio. Richiamai un po' di potere e sul palmo della mia mano prese forma una sfera luminosa, di un azzurro intenso. Proseguii piano finchè non mi trovai davanti ad un'altra porta. L'aprii ed entrai nella piccola stanzetta. Era un posto lurido e mi portai una mano alla bocca reprimendo un conato di vomito. L'aria era stantia e notai che non c'erano finestre. Una figura esile stava rannicchiata in un angolo della stanza. I capelli grigi ed unti le coprivano il viso. Era una vecchia. Quando si accorse della mia presenza, smise improvvisamente di ridere e mi sorrise. Un sorriso enigmatico. Feci per parlare, volevo chiederle chi fosse e perchè se ne stava rinchiusa in quella topaia. Ma la vecchia si pose un dito sulle labbra, facendomi segno di tacere. Chi è questa vecchia? E perchè mai rideva in quel modo? Decisi che non era prudente starmene lì da sola e chiamai Luna. Luna... Luna! Devi sbrigarti! Segui la scia del mio potere e raggiungimi. Credo che mi possa servire aiuto. Vieni il prima possibile, ti prego. Il Segno Maledetto cominciò a pulsare mandandomi fitte lancinanti al braccio. Non sono abbastanza forte! Come potevo pensare di poter parlare con Luna e tenere la sfera luminosa, dopo che ho bevuto solo poco sangue animale? Mi accasciai a terra; la testa mi girava, ma resistetti. Non potevo svenire, non con quella vecchia inquietante che mi fissava.
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"La Morte non è una punizione, ma una liberazione" Dragon Heart. |
22-07-2011, 14.42.12 | #1987 |
Cittadino di Camelot
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Residenza: Dai boschi nebbiosi
Messaggi: 610
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La durezza delle parole di Gouf mi fece trasalire.
Attesi di sentire i suoi passi allontanarsi e poi, lentamente, scostai la tenda. La donna era ancora lì. Uriel mi vide ma non disse niente, si limitò a guardarmi. Attesi fino a quando la donna non uscì a prendere un'altra ciotola di zuppa. Appena fu fuori dalla tenda mi avvicinai a Uriel e iniziai ad armeggiare con la catena. Presi lo spillone che mi fermava i capelli e cercai di forzare la serratura. "Sii forte, piccolo mio!" Mi guardava con i suoi grandi occhi e tirava su col naso.
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Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente. |
22-07-2011, 15.51.23 | #1988 |
Cittadino di Camelot
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Morgan!
La sua voce mi giunse attutita dal legno del pavimento che ci divideva... eppure la riconobbi subito. “Morgan, mio piccolo amico...” dissi “Sei tornato!” Lo dissi d’impulso, provando quasi sollievo nell’udire la sua voce ormai a me tanto cara e familiare. Le sue parole, tuttavia, spensero subito in me ogni sollievo e mi lasciarono perplessa... Rimasi in silenzio per qualche momento... pensando a ciò che Morgan mi aveva detto e a ciò che avevo appreso da quando ero lì... c’erano tante, troppe cose strane in quella storia, c’erano troppe coincidenze... “Morgan, non preoccuparti...” iniziai a dire “Non preoccuparti per lord Icarius... vedrai che andrà tutto bene! Se c’è anche una sola possibilità di riuscire in quell’impresa, lui ci riuscirà! Vedrai che tornerà presto, vedrai che starà bene...” Lo dissi con voce fervente, tentando di incutere coraggio nel bambino e di infonderne in me allo stesso tempo... sarebbe tornato Icarius... sarebbe tornato e saremmo stati felici... ci credevo, mi sforzai di crederci con tutta me stessa... E intanto, mentre parlavo, iniziai a muovere le mani e a scorrere lentamente le dita sul pavimento... doveva esserci una botola lì da qualche parte, doveva esserci un’apertura che aveva permesso a Shezan di mettermi lassù, doveva pure avermi fatta passare da qualche parte... Il pavimento era liscio e non si vedevano aperture, ma non mi detti per vinta... dovevo uscire di lì e scoprire che cosa stava succedendo... dovevo raggiungere Morgan e prendermi cura di lui... dovevo vedere il ritratto nella stanza di Layla e scovare le misteriose figure che, secondo il bambino, si aggiravano per il castello... Improvvisamente le mie dita incontrarono un solco tra le assi di legno... era praticamente invisibile e tanto sottile da non poter essere afferrato. Spinsi allora quella che credevo essere una botola, cercai una maniglia... ma tutto fu vano. “Va tutto bene, Morgan!” dissi, tentando di far presa con le unghie sul leggerissimo bordo “Tra un minuto sarò da te... e non dovrai più avere paura di Shezan, tesoro. Mai più!”
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
22-07-2011, 21.26.46 | #1989 |
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Sayla era a terra, quasi senza più forze.
Ad un tratto di nuovo quella delirante risata si diffuse nell’aria. La vecchia rideva come se la ragione l’avesse abbandonata da tempo. Emise poi un gemito, nel quale affogò quella sua angosciante risata. “Andate via da questa casa!” Gridò a Sayla. “Andate via! O anche voi perderete il senno e poi la vita!” E di nuovo si abbandonò a quella sua terrificante risata. E nel fissarla meglio, Sayla si accorse che quella vecchia aveva le caviglie incatenate alla sedia. Chiunque l’aveva segregata in quella stanza, si era assicurato anche che non sarebbe più uscita da lì.
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22-07-2011, 21.36.33 | #1990 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Melisendra cercava di forzare la catena che teneva Uriel legato al palo.
Il bambino la fissava senza dire nulla e di tanto in tanto gettava lo sguardo verso l’entrata della tenda. In quel momento la donna rientrò. “E tu chi sei? Come sei arrivata qui?” Urlò la donna a Melisendra. “Lascia subito quel bambino! Lascialo ti dico!” E si lanciò su Melisendra. La sua stazza robusta fece si che la ragazza cadesse subito al suolo, per poi restare bloccata nella forte morsa di quella donna. “Come sei entrata?” Chiese di nuovo a Melisendra. “Sei una zingara, vero? Volervi rapire il bambino? Ma ora avrai ciò che ti meriti!”
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