Torna indietro   Camelot, la patria della cavalleria > Sezione Gioco Di Ruolo (Leggere regolamento GDR) > Il palazzo delle arti
Login:

Rispondi

 
Strumenti discussione
Vecchio 18-04-2010, 14.53.29   #11
SakiJune
Cittadino di Camelot
 
L'avatar di SakiJune
Registrazione: 17-03-2010
Residenza: Clavasium
Messaggi: 149
SakiJune è un gioiello nella rocciaSakiJune è un gioiello nella rocciaSakiJune è un gioiello nella roccia
Grazie Sir Hastatus, mi lusingate
Ecco un altro capitolo...
Il luogo qui descritto è il cerchio di Brodgar.




CAPITOLO SEI.

Dove si racconta dello struggimento d'amore di Branwen, e di come Sir Bedivere viene aspramente accolto dalla regina di Orkney.



Al centro del cerchio, una figura inginocchiata. Una melodia triste dalle labbra chiuse. Il vento che sbuffava come una massaia che scaccia le galline dalla soglia di casa, come un puledro memore della sferza ma con le narici frementi d'impazienza.

- Vostra zia sarà adirata per la vostra fuga, madamigella Branwen.
- Tornate indietro, farà molto freddo verso sera. Potrebbe anche piovere...

Non era la prima volta che Branwen scappava dal castello e si avventurava per l'Isola Grande, scortata da una o due fantesche timorose, ma non si era spinta mai così lontano.
Oltre il lago, le pietre disposte in tondo svettavano verso il cielo.

Troppi mesi erano ormai passati dalla battaglia di Camlann, non c'era in lei la più tenue speranza di rivederlo.
Lui, che le aveva aperto gli occhi, senza nemmeno saperlo!
Lui che la credeva degna dell'amore di suo padre! E forse anche del suo...

Si aggrappava a quel ricordo, non perché si illudesse che servisse a qualcosa, no. Ma per quanto doloroso fosse, riusciva un poco a scacciare dai suoi pensieri tutto quanto era accaduto dopo la partenza dell'esercito per il continente: le voci spaventose che annunciavano la morte del re, a cui Sir Mordred sembrava credere senza cercar conferme; le avances non gradite di suo cugino Melehan, l'esatto opposto di un gentiluomo; la fuga della regina e la decisione della zia di lasciare Camelot prima che fosse troppo tardi...

Le gambe le si erano intorpidite dal freddo, e il sole iniziava ormai a calare; era tempo di tornare a casa, come sempre.

Un tuono spaventò i cavalli e la convinse ad affrettarsi.



Clarissant non attendeva visite importanti per quella settimana, e aveva programmato di discutere con il siniscalco e gli artigiani di corte su come rendere il castello più accogliente, ma anche compiere particolari modifiche. Ad esempio, aveva chiesto di chiudere l'accesso all'ala più antica... alle stanze che erano appartenute a sua madre Morgause. Non doveva restare nulla del male e della sofferenza inflitti tra quelle mura. Aveva ormai compreso che, come Morvydd aveva affermato una volta, sua madre e Morgana si somigliavano, e non era la devozione per la Dea ad unirle - ma la ferocia, la follia, quel loro giocare con le vite degli altri. Al principio Morvydd era rimasta ad osservare sulla soglia di quel mondo di oscurità, ma la sua iniziazione era infine avvenuta: forse in seguito all'abbandono di Sir Colgrevance, ma più probabilmente già lassù, a Orkney. Quando aveva mandato quella lettera per informare i suoi cugini della relazione tra Morgause e Sir Lamorak.

Era dunque molto indaffarata, tanto da non accorgersi che Branwen era uscita senza permesso per l'ennesima volta, e da rifiutare di ricevere colui che, a detta del maggiordomo, era solo un vagabondo, forse un pazzo. Aveva comunque dato ordine di sfamarlo e farlo riposare.
Le era sempre piaciuto organizzare gli affari domestici. Lyonors e Lynette erano solite ripeterle che era davvero un'ottima padrona di casa, e ne andava fiera. Credeva anche di essere stata una moglie rispettosa e dolce, almeno quanto lo era stato Sir Colgrevance con lei... eppure si era dimostrato debole e sciocco, fino a dare la sua vita per una causa futile e crudele...

- Ora concederete un colloquio a quell'uomo? - le fu ricordato, quando i dettagli dei lavori furono stabiliti. Sospirò: era ormai molto tardi. Strinse le spalle, a testa alta: non aveva nulla da temere e non voleva smentire così presto la sua fama di sovrana generosa e ospitale.

Quando lo vide comparire zoppicando nella sala, così smagrito e pallido, sulle prime non lo riconobbe... ma quello sguardo le era familiare, e mentre le veniva incontro notò la sua menomazione e non ebbe più alcun dubbio.

- Voi! Qui... voi, vivo...

Dentro di lei si mescolarono stupore, confusione, rabbia, e quest'ultima prevalse.
Ogni loro incontro aveva segnato una grande perdita per lei... l'aveva chiamato corvo, iettatore, araldo della morte, e proprio lui era sopravvissuto a Camlann! Osava presentarsi nel suo regno, per adempiere al suo compito di eterno rammemoratore!
Quasi sperò si trattasse di uno spettro, ma non lo era. Assurdo. Completamente assurdo.

- Mia signora.
Si era inginocchiato davanti a lei con fare umile e commovente - o almeno, avrebbe commosso chiunque altro.

- Non siate sciocco, duca, alzatevi.
- Non mi appartiene più alcun titolo, signora. Vengo a voi come un servo, un messaggero, come un relitto del mondo che fu e che mai più sarà.
- Come debbo chiamarvi, dunque?
- Bedwyr, se vi fa piacere. - Aveva usato il suo nome in gaelico, come gli suggeriva l'atmosfera antica che lo circondava. Come se fosse morto davvero, in guerra, e risorto in un tempo più fertile e ragionevole. - Amico, se mi concedete questo onore.
Amico. E da quando, tanta confidenza? - Giusto, Bedwyr Bedrydant. - Era un appellativo che l'aveva sempre fatta sorridere. Ma non sorrideva, anche se i suoi denti erano scoperti in una smorfia.
- Quale altra funesta notizia siete venuto a portarmi? - L'ironia risuonava nelle sue parole, spietata, eretta a difesa del suo animo di donna.
- Che cosa credete che io sia? Non capite che cosa significate per me? La fedeltà che accordai con tutto il mio essere ad Arthur Pendragon e a vostro fratello, ora vi appartiene. Se mai vi ferii, se mai vi causai un dispiacere...
- Mai? Sempre! Dal primo giorno in cui metteste piede qui, non mi avete annunciato che sventura e terrore! Perché questa volta dovrebbe essere diverso? Mi obbligaste a mentire, e poi rivelaste voi stesso la verità su Gaheris...
- Per salvarvi la vita! Non volli mai null'altro che il vostro bene! - Perché non capiva? Egli era davvero un fantasma, l'incarnazione delle ultima volontà di Gawain. Non sperava né desiderava vivere più a lungo, ma non si era aspettato un benvenuto così gelido.
Clarissant distolse lo sguardo dai suoi occhi lucidi e febbricitanti. Sapeva di non avere una vera ragione per mostrargli una tale ostilità... ma i suoi sentimenti non erano cambiati: quell'uomo la disturbava. La sconvolgeva.
D'altra parte, non poteva essere accaduto nient'altro di terribile, ormai. Se era davvero là per consegnare un messaggio, perché mai esitava tanto? Che si sbrigasse, e ripartisse al più presto!

- Non vi perdete in moine e parlate - riformulò, spazientita. Si massaggiò la tempia, dove avvertiva un lieve dolore pulsante.

Era accaduto sulla barca, raccontò. Gawain non sembrava essersi davvero ripreso dai due scontri con Lancelot, e sebbene facesse di tutto per non dare a vedere che soffriva, non era riuscito ad ingannarlo.
- Non combatterete, è una follia nelle vostre condizioni! - l'aveva implorato, minacciando di avvertire il re... ma Gawain l'aveva fermato.
- Se avete pietà di me, se considerate il mio onore più importante della misera vita che, lo sento, mi sta abbandonando, mi lascerete morire in battaglia contro il traditore, non per i colpi ricevuti in una guerra fratricida. Sir Bedivere! Giurate!
Come poteva ignorare quella preghiera? O tutto il resto... tutto ciò che gli avrebbe confidato quel giorno, mostrandogli quel tesoro che aveva tenuto nascosto per tutta una vita proprio là, dentro il suo cuore?
- Sento... so che voi vivrete. Non chiedetemi... non so spiegarlo. Non posso tornare indietro e cancellare i miei errori, ma voi ci sarete anche per me. Là, là dove desiderate essere anche ora...

- Vi disse che ci avreste trovate qui? - Il mal di testa era peggiorato, tanto che era stata costretta a sedersi. Il lieve pallore sul suo volto la rendeva più umana, più fragile, e Sir Bedivere ne fu compiaciuto; fu un istante folle, in cui si sentì di nuovo uomo.
Annuì. - Mi spiegò che se fosse accaduto qualcosa di irreparabile, che avesse pregiudicato la vostra sicurezza, avreste dovuto rifugiarvi qui fino... al nostro ritorno... aveva dato disposizioni precise.
- Già. La situazione a Camelot era diventata insostenibile, e siamo state ben liete di partire. Ora, sono stanca... non vedo perché prolungare questa conversazione.
L'uomo portò la mano al petto e sfilò qualcosa da sotto gli abiti.
- Con la morte di re Arthur si è dissolta la mia ragione di vivere in mezzo agli uomini - dichiarò, porgendole una busta sigillata, sporca e macchiata di sangue. - Per mesi le ferite ricevute a Camlann mi hanno tenuto sullo stretto ciglio tra la vita e la morte... e sempre, nella sofferenza e nel delirio, vostro fratello Gawain mi è apparso in sogno, incitandomi a combattere quest'ultima battaglia, a sopravvivere per rivedervi e consegnarvi le sue parole. Questo è tutto.
La carta pareva scottare sotto le sue dita, ma Clarissant non aprì la busta. Strinse le palpebre, e quasi non udì le frasi di cortesia con cui il suo ospite si congedava:
- Non che io tenga alla mia vita, ma non sono solo sulla nave... chiedo il vostro permesso di trascorrere la notte nei pressi del porto, e partire domattina. Il tempo è assai inclemente.
Lui parve voler dire qualcos'altro, ma abbassò gli occhi e tacque quando la vide annuire con fare assente e allungare una mano in un gesto stizzito.
Il rumore della porta che si chiudeva tra loro mise fine a quell'agonia.

Mentre il dolore allentava la sua stretta, Clarissant sentì il rumore della pioggia che ormai scrosciava, riportando l'urgenza della realtà a vincere su quei frammenti di passato che ancora infestavano la sua vita:
- Mandate a chiamare mia nipote, subito. - La servetta che passava in quel momento nel corridoio sussultò e arrossì, quasi fosse stata colta in flagrante nell'atto di rubare o mancare gravemente ai propri doveri. Tale reazione non suscitò in lei alcuna curiosità.


Branwen era riuscita a sgattaiolare inosservata nel castello per l'ennesima e ultima volta, poco prima che scoppiasse il temporale. Si stava riscaldando accanto al camino del salone, fissando le scintille che scomparivano. Non poté fare a meno di paragonarle ai soldati uccisi a decine, a centinaia, in quella guerra alimentata da un fuoco di odio atroce... e cosa era rimasto? Tizzoni spenti, cenere fredda, buio. Sapeva che era inutile continuare così, cercando in quel cerchio di pietre significati sepolti da secoli, quando il santuario del suo cuore recava scolpita la figura così chiara del suo desiderio!
- Madamigella, grazie a Dio siete tornata. - udì sussurrare una voce ansante. - Vostra zia vuole vedervi!
- Mi ha scoperta, allora! Lo sapevo... - Scattò in piedi e prese a mordicchiarsi un dito. - È meglio togliersi il pensiero.
Quando entrò nella stanza, già aveva pronte parole di scusa e rammarico,

- Entrate, cara, sedete.

ma comprese di essersi sbagliata. Esisteva qualcosa di peggio di un rimprovero: ed erano i giorni andati che come onde che tornavano a scontrarsi con gli scogli eretti dalla sua anima. Il mare che s'insinua dovunque, infido e salato come le lacrime, o le acque di due laghi che straripano e si mescolano tra loro, sommergendola mentre sogna al centro del cerchio.
- Ci hanno portato una lettera di vostro padre. La scrisse sulla nave che lo riportava in Britannia, mentre l'esercito si preparava a scontrarsi con Mordred e l'esercito sassone.

Sorella mia, figlia mia,
Ho trascinato il mio re in una guerra inutile, ho usato il suo affetto per i miei scopi, e me ne vergogno. Ma soprattutto, ora vi abbandono, poiché sento che ogni minuto mi avvicina alla fine... e non ho mai avuto un sorriso per voi due, che siete ormai tutta la mia famiglia, tutto ciò che mi resta e di cui m'importa.
Clarissant, conosco la vostra forza e non ho dubbi nell'affidarvi il regno di nostro padre.
Piccola Branwen, vi chiedo perdono per avervi fatto credere di odiarvi, ma ci sono sentimenti che un uomo riesce a comprendere solo quando è troppo tardi. Forse pensate che io non sappia nulla di voi, ma non è così. So che siete virtuosa e degna e sono orgoglioso di voi.
Non avete mai riflettuto sul perché vi abbia fatto crescere lontana sia dalla lussuria di vostra madre, che dagli intrighi di Camelot? E in tal senso, come avrei mai potuto raggiungere lo scopo di conservarvi innocente e sincera, se aveste conosciuto i miei stessi peccati ed intemperanze?

Branwen si era animata tutta, e quasi si era lasciata alle spalle le sue pene, perché una forma più grande di amore la avvolgeva man mano che andava avanti nella lettura...
Ma poi si fermò a queste parole:

Se state leggendo queste righe, significa che il nostro buon amico, Sir Bedivere, è sano e salvo, ed è con voi. Possiate trovare gioia, sempre.

Aveva spalancato gli occhi, ed erano così avidi e colmi di speranza... - Lui è stato qui? È possibile? Ditemi! - supplicò, giungendo ad aggrapparsi alle sue vesti, come quando era piccola e chiedeva alla nutrice di raccoglierle le ciliegie dall'albero in giardino.
Clarissant finse di scandalizzarsi a quel contegno così poco rispettoso, ma la sua mente era troppo occupata a cercare di comprendere: a chi si riferiva Branwen? A Gawain? Si illudeva dunque che il padre non fosse morto, nonostante la premessa che le aveva fatto prima di consegnarle la lettera?
- Mia cara, cosa volete dire? Calmatevi!
- Il duca è stato qui? - ripeté la ragazza. sull'orlo dell'isteria. - Vi prego, non fatemi impazzire!
Portando le mani alla bocca, Clarissant la guardò come se fosse la prima volta. La pioggia fitta come una cascata, il vento gelido, la forza distruttiva del rancore che albergava nel loro sangue da generazioni ruggirono ad un tempo e si placarono improvvisamente.
In un istante dilatato all'infinito la sua mente tremò, per rinascere di una consapevolezza bruciante e di disarmata abnegazione.
- Voi... l'amate! Bambina, bambina mia, voi amate l'uomo che finora ho giurato di odiare!
__________________
"Mio re, mia vita, mia patria! Il lago è profondo, tranquille le sue acque. Più sottile è questo petto che palpita nel tormento. Ora ditemi, dove dovrei affondare Excalibur per amor vostro?"
(da "Thus I shall love thee")
SakiJune non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 19-04-2010, 23.49.16   #12
SakiJune
Cittadino di Camelot
 
L'avatar di SakiJune
Registrazione: 17-03-2010
Residenza: Clavasium
Messaggi: 149
SakiJune è un gioiello nella rocciaSakiJune è un gioiello nella rocciaSakiJune è un gioiello nella roccia
CAPITOLO SETTE.

Dove uno spettro cambia il destino dei nostri amici, e ogni rancore viene spento, nell'amore o nel sangue.




- Che cosa sono quelle luci?
Le guardie del castello avevano avuto l'ordine di scortarlo per gentilezza, e anche a causa della vecchia superstizione secondo cui il fantasma di un cane infernale si aggirasse nottetempo nelle campagne di Hrossey. Ma per Bedivere, già spezzato dal contegno della regina, si sentiva un prigioniero condotto verso l'esilio.
- Laggiù a Gareksey, volete dire? Sono i falò dei pastori, che trascorrono la notte riparati, si fa per dire, nelle grotte naturali dell'isoletta, insieme alle greggi. Non li invidio, a volte finisce con il piovere anche dentro. Di stravento, sapete. Ma guardate, ha già smesso!
- Gareksey. - Assaporò quella parola con curiosità, ma ben poco stupore.
- Aye, signore, la nostra buona regina l'ha chiamata così: l'isola di Gareth. Prima non aveva un nome. Ma se mi è concesso chiederlo, perché andate via così presto? Non siete stato invitato a rimanere a corte?
- Non sono una persona gradita, temo. E ho compiuto la missione che mi era stata affidata, posso tornare al mio rifugio e attendere la pace.
Ma già sapeva che non gli sarebbe più bastata la pace, né la morte, né il Paradiso: da quando, ancora convalescente, era partito dal suo eremo per compiere quell'ultima missione, aveva inconsciamente compiuto un passo per riunirsi alla vita.

Aveva continuato a voltarsi indietro, per il breve tragitto che lo riconduceva al porto, come se sperasse che Clarissant potesse cambiare idea e richiamarlo al castello. Non voleva... non voleva partire.
Ricordava il sentimento fresco, dolce, che l'aveva accompagnato e a volte spinto, trascinato, attraverso quei mesi bui. Ma era un amore disinteressato, e mai avrebbe rivelato alla piccola Branwen che il suo cuore le apparteneva. Si sentiva troppo vecchio, se non per amare, per essere amato; e gli incubi che ancora lo scuotevano nel sonno erano un tormento da non condividere con alcuno.

Fermò il cavallo. Sentì su di sé gli sguardi dei suoi accompagnatori, ma non li ricambiò. Lentamente smontò, con i gesti cauti di chi ha le ossa fragili, ma la sua voce suonò brusca:
- Se non vi reco incomodo, preferirei proseguire solo. Non ho paura dei cani del diavolo.
Lo stupore attorno a lui fu grande, e altrettanta la preoccupazione, ma nessuno osò negargli il diritto alla solitudine. Erano al limitare di un bosco di sempreverdi, nero e umido, e le guardie erano uomini semplici che forse non temevano archi e spade, ma in quanto ai fantasmi...

In quanto a me,
i miei occhi di brace si spengono al tuo passaggio.
Le mie impronte insanguinate svaniranno dal sentiero -
Non mi vedrai mentre ti fai strada tra gli alberi,
non ti spaventerò, poiché non desidero vederti alzare le vele:
sarò il vento contrario che soffierà domattina
per sussurrarti di non andare.


L'aria umida della notte non aveva certo giovato alle sue cicatrici, e fu con fatica che Bedivere si alzò dal giaciglio per guardare fuori. Un sole opaco, a cui il forte vento aveva aperto una breccia tra le nuvole spossate, depositava ombre chiare e una fioca luce di inizio autunno.
- Non andremo da nessuna parte, stamane - borbottava l'equipaggio.
- Potrebbe cambiare dopo mezzogiorno...
- Oppure è un segno. Dio lo voglia - mormorò lui.
Gli uomini, che avevano famiglia a Gallaibh, fecero gli scongiuri ma non osarono contraddire il cavaliere stanco.

Respirò a fondo quell'aria salmastra e ascoltò i richiami degli uccelli sulla spiaggia farsi sempre più acuti e insistenti.
Aveva sognato il letto insanguinato di Morgause, vuoto. Ai piedi del letto c'era un cane dagli occhi rossi, che pareva malato di rabbia. Ma d'improvviso aveva agitato la coda e si era accucciato, addormentandosi e svanendo ai suoi occhi. Non poteva considerarlo un incubo, perché non si era svegliato di soprassalto né provava paura ora, nel ricordare.

Scese al porto, dove già alcune barche erano tornate dalla pesca, e sperimentò il sapore di un'attesa quasi infantile. Ma non era nell'orizzonte, che pure fissava intensamente, che sperava; l'unica vita ancora possibile era dietro le sue spalle. Tese l'orecchio più volte, mentre la decisione di trascorrere i suoi ultimi anni da eremita gli sembrava sempre più stridente e folle. Non voleva davvero rinunciare a ciò che di giusto e bello era rimasto al mondo.

"Basta non fermarsi alle apparenze, perché questo non è fuoco da cui fuggire, o maschera così incollata ad un volto da non poter essere tolta. Questa terra mi accarezza, non mi respinge. Ci vorrà solo un po' di tempo."
Lo capì ancor prima di sentire i cavalli in arrivo. Erano le guardie che tornavano con un messaggio.

"Non lascerò morire di dolore la persona che amo di più, solo per alimentare il mio sciocco risentimento. Perdonatemi se potete, e tornate... fatelo per lei."

Era valsa la pena aspettare. Era valsa la pena che il vento avesse cambiato direzione quella notte...



Branwen tremò quando lo vide, e né l'etichetta né la presenza della zia poterono frenarla dall'esprimere appieno la propria gioia.
Non servì nemmeno ricordarle, come ultima titubanza, l'abisso della differenza di età che si ergeva tra loro; e quando si furono scambiati per la prima volta le caste carezze riservate agli innamorati, fu semplice fingere che tale divario non esistesse. Era decisa a intrecciare la propria vita con la sua, donargli giorni di pace e baci delicati, calore e figli e il suo amore ingenuo, cinguettante, senza compromessi.

Bedivere parlò della straordinaria coincidenza di eventi che l'avevano condotto lassù: come aveva potuto Gawain sapere per certo che lui si sarebbe salvato?
Lo sperava, forse; quando non esistono più certezze, la speranza è l'unica certezza che rimane. Ma c'era di più. Lui sapeva dei sentimenti dell'amico per la figlia. È probabile che Sir Lucan non avesse trattenuto la sua lingua, non c'era da meravigliarsi.
No, non era stata una coincidenza, avrebbe convenuto con Clarissant quando tutto il disprezzo riservatogli fino ad allora si fosse mostrato per ciò che era: il rifiuto di guardarsi allo specchio, di riconoscere un proprio simile. Lui l'aveva salvata due volte, la prima con una menzogna e la seconda con la verità, dall'ira colpevole di Gaheris. Ma poiché ammettere che il Male si annidasse in famiglia non era nello stile dei figli di Lot, era stato ben più facile per lei portare rancore ad un estraneo per una colpa inesistente. Ugualmente cieco, Gawain era corso in Francia a sfidare Lancelot, piuttosto che cercare di capire perché Mordred avesse messo tanto zelo a svelare lo scandalo di corte.

È stato un suicidio, ora me ne rendo conto, e prego Iddio di perdonarmi. Spero di combattere, domani, ed espiare la mia presunzione con il sangue e l'estrema fedeltà al mio re, Arthur Pendragon.

Branwen sfiorò ancora una volta quelle parole sulla carta e le fece scivolare dentro di sé, dove risiedeva ormai la sicurezza che suo padre l'aveva sempre amata.


- Voi non c'entravate nulla. Eravate uno spettatore impotente delle mie disgrazie, e vi ho scambiato per un nemico... la fantasia e la realtà si sono confuse in me, e non posso rimediare altrimenti che chiedendo il vostro perdono.
- Vi sono devoto, signora, e peccherei di presunzione concedendo un giudizio che non mi appartiene. Iddio perdona, io amo. - Pronunciò queste parole con gli occhi negli occhi di Branwen, mentre attendevano il chierico che avrebbe celebrato il loro matrimonio.
Clarissant era serena per essersi rappacificata con lui, ma ancora sentiva lo stomaco chiudersi pensando che mai più avrebbe vissuto quella felicità.
Era invidia? Sì, un poco, non quell'invidia cattiva e sterile che distrugge i rapporti e congela l'anima, semplicemente si rendeva conto che la nipote era più fortunata di quanto lo fosse stata lei, null'altro. Ma a ben guardare, ora erano entrambe fortunate ad averlo accanto; poiché lei e Branwen erano davvero le due facce di una moneta, i due volti della luna. Benedisse la loro unione, ed infine pianse di gioia.



Alla fine dell'anno seguente, prima che nascesse Amren - futuro sovrano di Orkney e di Norvegia - appresero della morte di Melehan e di suo fratello Melou per mano di re Constantine.
La spada di Sir Colgrevance andò perduta per sempre. Si narra che Lancelot, giunto in Britannia dopo la grande battaglia, aveva provato vergogna del sangue che tale strumento aveva versato per sua mano e l'aveva distrutta. E in quello stesso istante, in un castello di Gore una donna era scoppiata a ridere - e quando la vecchia madre le aveva chiesto perché, ella l'aveva uccisa.
__________________
"Mio re, mia vita, mia patria! Il lago è profondo, tranquille le sue acque. Più sottile è questo petto che palpita nel tormento. Ora ditemi, dove dovrei affondare Excalibur per amor vostro?"
(da "Thus I shall love thee")
SakiJune non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 21-04-2010, 18.59.56   #13
SakiJune
Cittadino di Camelot
 
L'avatar di SakiJune
Registrazione: 17-03-2010
Residenza: Clavasium
Messaggi: 149
SakiJune è un gioiello nella rocciaSakiJune è un gioiello nella rocciaSakiJune è un gioiello nella roccia
EPILOGO.


Amren non era stato un bel bambino e non sarebbe mai diventato un bell'uomo, ma non aveva motivo di crucciarsene. Era nato per diventare re, un proposito che non gli era stato mai nascosto. Abbandonati i giochi con la sorellina - che da parte sua aveva sempre preferito la musica alle bambole - anno dopo anno si faceva sempre più bravo con la spada, grazie all'allenamento quotidiano ma anche ad un talento naturale, che il padre aveva saputo riconoscere ed incoraggiare. Erano una famiglia felice, che governava un popolo sereno. Il tempo sembrava essersi fermato, come un fiore che dimentica di chiudersi al tramonto, o un tramonto che non giunge, perché così erano le notti estive a Hrossey - un lungo, subdolo crepuscolo.

Un esercito preparato ad attaccare non ama la Patria, guarda solo avanti, calpestando le macerie di ciò che ha appena conquistato e distrutto. Ma gli ufficiali di Orkney erano come madri che proteggevano le isole - bambine altrimenti indifese. Clarissant era stata lungimirante... abbastanza da assicurare alla sua terra un lungo periodo di pace, ma non abbastanza perché tale pace potesse durare all'infinito. E chi avrebbe potuto?
I mercanti dell'est, che un tempo suscitavano curiosità e meraviglia ed erano sempre stati i benvenuti, si erano trasformati in feroci saccheggiatori.
Quando le navi dalle vele rosse giungevano in vista, le sentinelle dai promontori suonavano i corni, e i cavalli dei soldati galoppavano fino alla spiaggia, le frecce volavano sull'acqua, e a volte bastava per farli desistere. Ma non sempre.
Anche se Branwen avesse sposato Cynon, non avrebbero comunque ricevuto soccorso dalla Britannia. La guerra civile aveva distrutto il sogno dei Pendragon: a Constantine era succeduto Aurelius, poi Gartbuir e Maelgwn Hir, e infine i Sassoni avevano avuto la meglio.
Dunque era giusto così. Era bello, anche in quei tempi difficili.
Erano soli, soli nel mare, soli con l'amore a tenerli uniti.

E venne il giorno in cui non si riuscì ad impedire una nuova scorreria, perché questa volta i nemici avevano organizzato l'attacco con grande precisione e dovizia di risorse; essi sbarcarono, armati di lance e asce, ma invece di avanzare in massa si sparpagliarono per l'isola, creando scompiglio e panico nei villaggi. Gli uomini del castello erano accorsi all'allarme, e questa volta Amren si era unito a loro.
Aveva compiuto da poco quindici anni, e avrebbe dovuto provare emozione e orgoglio al pensiero di essere finalmente considerato degno di una missione importante: ma così non fu. Quel giorno sentì tutto il peso di essere uomo, la serietà della situazione e un senso di responsabilità che annientò nel suo animo ogni traccia di spensieratezza. Cavalcava al fianco di suo padre, cercando di captare la presenza dei nemici con un istinto che non aveva ancora avuto il tempo di affinare... ad ogni svolta della strada tratteneva il respiro, dietro ogni albero si nascondeva forse un'ombra...



Clarissant era affacciata alla finestra.
Non era scesa strillando come Branwen, non aveva pianto in silenzio come la piccola Eneuawc.
Era rimasta a guardare il cortile affollarsi e poi quella folla dividersi in due, per lasciar passare il ragazzo in sella e il suo fardello insanguinato. Sei braccia avevano deposto il corpo sulla terra nuda. Gli occhi di lui erano aperti e spenti, un frammento di lancia gli spuntava ancora dal fianco.

Ricordate quando credevo di detestarvi?

Amren alzò la testa, e lei gli lesse in volto una sola parola: vendetta. Nulla era cambiato, l'orgoglio di famiglia non aveva saltato nemmeno questa generazione.

Ricordate perché?

- Onore a Bedwyr, figlio di Corneus, eroe di Camlann e martire di Orkney! - La sua voce era arrochita e stridula, quasi un incantesimo l'avesse fatta invecchiare di colpo.

Io no, il passato è così confuso. Come la nebbia che talvolta nasconde Gareksey al mattino.

- E onore ad Amren, figlio di Bedwyr, re di queste isole!

Il giovane si irrigidì, sconvolto dalle sue parole. La videro sporgersi e poi cadere, ma qualcuno giurò che era morta prima di toccare terra.



Aprì gli occhi sul soffitto della sala da pranzo di Carlisle. Quando incrociò lo sguardo di Gawain, si sentì sollevata. Le era parso per un momento di avere non sedici, ma cinquant'anni e più; ma ora il tempo ed i pensieri tornavano a scorrere al ritmo giusto.
- Re Uriens è morto - disse d'un tratto, spezzando il silenzio in tono macabro.
Gawain le sfiorò la fronte in un gesto che pareva affettuoso, ma Clarissant sapeva che si prendeva gioco di lei. - Chi vi ha detto una cosa simile? Delirate, sorella.
- No! Me l'ha detto Morvydd! Era nella tenda, mi ha detto ogni cosa - ella ribatté, ma sentiva quel ricordo perdere forza e verosimiglianza.
Il falco scosse la testa: - Morvydd è nata per recitare in una tragedia greca. Credo l'abbiate fraintesa. È vero che suo padre e Sir Colgrevance hanno avuto una brutta discussione, ma... ne sono usciti con qualche scalfittura. Davvero. Se nostra cugina abiurerà la vecchia religione, è possibile persino che le nozze non vadano a monte.
Clarissant l'ascoltava a bocca spalancata. - Ma...
- Oh, via, l'avete scampata bella, e avete tenuto testa a Gaheris, che Dio lo maledica! Ma sarò più tranquillo quando anche voi sarete sistemata. Credevo proprio che Colgrevance fosse un gran bel partito per voi, sapete? Ma ora dovrò ripiegare su qualcun altro. D'altronde...
Sorrise.
- Sir Bedivere mi ha chiesto la vostra mano, e credo di non aver sbagliato ad accettare. Mi siete sembrata molto affezionata a lui, da come vi siete comportata poc'anzi.
Clarissant non rispose e per un po' rimase ad ascoltare il battito del proprio cuore. Come se potesse trovarvi la risposta.

La verità fa paura, ed il corvo è un messaggero di verità. Posso continuare a fingere di odiarlo, oppure... ammettere che Dio ha unito le nostre vite già in quel triste giorno di sangue.

Gawain riprese, quasi intimorito dal suo silenzio: - Lindsey è un luogo bellissimo in qualsiasi stagione, vedrete. Credo che sarete felice; Gareth mi dice spesso che vi manca il mare!
Clarissant pensò alle onde che ingoiano la spiaggia, e al tramonto sembrano dense come miele. Pensò agli uccelli quando si alzano in volo ed era proprio un'onda a passarle sullo stomaco in quel momento, ed era un frullio d'ali che sentiva in petto,
ed era amore.



FINE
__________________
"Mio re, mia vita, mia patria! Il lago è profondo, tranquille le sue acque. Più sottile è questo petto che palpita nel tormento. Ora ditemi, dove dovrei affondare Excalibur per amor vostro?"
(da "Thus I shall love thee")
SakiJune non è connesso   Rispondi citando

Rispondi


Regole di scrittura
Non puoi postare nuovi argomenti
Non puoi postare repliche
Non puoi postare allegati
Non puoi modificare i tuoi messaggi

BB code è Attivato
Le faccine sono Attivato
Il codice [IMG] è Attivato
Il codice HTML è Disattivato

Vai al forum


Tutti gli orari sono GMT +2. Adesso sono le 22.11.59.

Copyright © 1998 - 2015 Massimiliano Tenerelli
Creative Commons License