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Vecchio 07-02-2012, 14.49.29   #11
Talia
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Talia sarà presto famosoTalia sarà presto famoso
ah, gli sfavillanti anni '30 non deludono mai...
E quanta poesia in quest'ultimo racconto, sir!
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** Talia **


"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."

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Vecchio 07-02-2012, 16.56.02   #12
elisabeth
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elisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella rocciaelisabeth è un gioiello nella roccia
Bel racconto Sir Guisgard.....un racconto in bianco e nero......un amico una volta si diverti' a raccontarmi qualcosa del genere.....ma fu tanto tempo fa.........
elisabeth non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 08-02-2012, 14.52.21   #13
Chantal
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Chantal sarà presto famosoChantal sarà presto famoso
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Originalmente inviato da Guisgard Visualizza messaggio
La vita mi piace immaginarla in tanti modi.
Come un romanzo, come un cartone animato.
Stanotte, con un ricordo che mi scivola fra le dita che battono sulla tastiera, la vedo come un vecchio film in bianco e nero.
Alla mia margherita il compito di colorarlo col colore dei miei sogni…

I vecchi magazzini erano perfetti.
Di fronte al grande capannone, dove mio padre aveva l’esposizione in cui mettere in mostra i vari articoli da fa vedere ai clienti.
Con le sue scale di ferro con il pianerottolo in alto, le ampie e lunghe vetrate, poi i pannelli scorrevoli e le luci sui piani rialzati simili a tante stanze laterali, poteva prestarsi a qualsiasi cosa.
Da galeone dei pirati a fortino dei legionari, da maniero fortificato ad astronave per viaggi interstellari.
E molto altro ancora.
Ma quel giorno avevo promesso loro una città fumante e nebbiosa, come quella dei grandi noir degli anni’30 e degli anni’40.
E per quella promessa erano giunti da me subito dopo la scuola.
“Io sarò un gangster!” Disse uno di loro.
“Io il commissario di polizia!”
“Io un miliardario!”
“Io un killer a pagamento!”
“E io?” Domandò Elea.
“Tu chi vorresti essere?” Chiese uno di loro alla bambina.
“Una principessa…”
E tutti a ridere.
“Non ci sono principesse in una città malfamata e piena di misteri!” Spiegò uno di quei bambini.
“Allora è un gioco solo per i maschi?” Avvicinandosi Laska, la sorella maggiore di Elea.
“Già!” Risposero in coro i miei compagni.
Lei mi fissò.
“Ho promesso questo a loro” mormorai “e non posso deluderli. Magari domani giocheremo nella giungla malese o nelle foreste inglesi bardati di corazze.”
“Non esiste un gioco che possa escludere le femminucce.” Sentenziò lei. “E tu dovresti saperlo.”
“Allora partecipate…” sorridendo io “… la città è grande e tutta da scoprire…”
Lei mi fissò indispettita e poi annuì.
Andate via le due bambine, cominciammo a giocare.
Io ero un investigatore privato, in cerca di clienti e di avventure.
Oziavo alla scrivania che il ragioniere di mio padre usava per parlare con i clienti, tenendo in bocca un ramoscello di liquirizia per simulare una sigaretta.
E ad un tratto entrò lei.
Laska mi era sempre piaciuta.
Molti preferivano Elea, sua sorella.
Era carina, dolce e molto vivace.
Ma Laska era diversa.
Era intelligente, perspicace, ma non solo.
Aveva qualcosa di particolare, di speciale.
Quando mi fissava, sembrava quasi capace di leggermi dentro.
Come se fosse in grado di sognare e vivere come nessun altro il mio mondo.
Entrò con un capello preso dall’armadio di sua madre e con una borsa rubata forse a sua zia, che aveva una ricchissima collezione.
Aveva un chupa chups in bocca.
Si avvicinò alla scrivania e fece finta di accenderlo come se fosse una sigaretta.
Io sorrisi.
Ero felice che fosse venuta a giocare con noi.
“Vedo che ami giocare col fuoco, angelo…” feci io in puro stile Humphrey Bogart.
“Dipende…” fingendo di soffiare via il fumo lei “… dipende da chi poi arriverà a spegnerlo…”
“C’è da far restare bruciata tutta la città…”
“Mi avevano detto che eri il migliore…” sedendosi lei e accavallando le gambe.
“Per spegnere gli incedi, angelo?”
“O per accenderli…” fissandomi lei “… sei sposato?”
“Ho fatto molte sciocchezze in vita mia…” sedendomi sulla scrivania davanti a lei “… ma mai di così grosse…”
“E sbagli, sai… può essere piacevole… a volte…”
“Immagino…” fingendo di fumare io “… cosa posso fare per te? Tuo marito è geloso? O lo è il tuo amante?”
Lei sorrise in modo impercettibile.
“Mio marito è troppo sciocco” giocando col chupa chups lei “… ed il mio amante troppo pieno di sé…”
“Ma non mi dire…” caricando la pistola giocattolo che avevo sulla scrivania “… vuoi che li faccia fuori entrambi?”
“Poi resterei sola, non trovi?”
“Angelo, sei troppo pessimista…”
“Non vedo fiori qui…” disse lei “… non sei tipo da fiori?”
“Sono un duro, piccola…”
“Ci starebbero bene dei fiori qui…” fissandomi lei “… io adoro i fiori…”
Io sorrisi, accarezzandomi l’orecchio, come solitamente faceva Bogart nei suoi film.
“La tua parcella?” Domandò lei.
“Solitamente lavoro gratis per certi clienti…”
“Certi clienti?”
“Clienti particolari…” facendole l’occhiolino “… parlami del tuo amante, angelo…”
“Crede che io non sia in gamba…” fingendo di nuovo di soffiare via il fumo “… parte pòer avventure lontane e mi trascura…”
Io sorrisi nuovamente.
“Sono qui perché qualcuno ha rubato un oggetto di valore appartenuto alla mia famiglia da generazioni…”
“Lo troverò.”
“Lo troveremo!” Fissandomi lei. “Ci sono anche io… oppure pensi anche tu, come il mio amante, che io non sia in gamba?”
Così cominciammo a vagare per quella città immaginaria, tra i fumi della strada e l’odore pesante di bische clandestine.
Tra sparatorie all’ultimo sangue e agguati in vicoli bui, ingannando la malavita e gli sbirri troppo curiosi.
La salvai.
La salvai più volte.
La salvai dai contrabbandieri, dai gangster e dai sicari.
La salvai infinite volte.
Fino a quando recuperammo l’oggetto rubato.
E alla fine, tra il fumo della stazione, aspettando l’ultimo treno, mi donò qualcosa.
“Che cos’è?” Chiesi io.
“La tua parcella…” rispose lei “… non vuoi soldi ed io ti pagherò con questo… manca un fiore nel tuo ufficio…” sussurrò “… e questo ci starebbe bene…”
“Dove l’hai preso?” Domandai io. “In città non crescono fiori.”
“Ma nelle aiuole del tuo cortile si…” sorridendo lei “… nella tua città non c’è un parco?”
Io annuii e presi quel fiore.
“Domani attorno a questo fiore” disse mentre andava via “ruoterà il tuo prossimo gioco…”
“Tu ci sarai?”
Lei si voltò e mi sorrise, per poi accarezzarsi le labbra con un dito e soffiando verso di me un bacio.
Poi andò via, lasciandomi in quell’immaginaria stazione della mia città con quel fiore tra le mani.
Un fiore attorno al quale avrei dovuto immaginare un’altra storia.
Una storia con un eroe e col suo fiore.
L’eroe, naturalmente sono io, Guisgard e quel fiore è la mia magica margherita.
A me piace ancora giocare a fare la "signora",intesa come donna grande,matura,provando gli abiti della mamma,e dato che da piccina molte volte ho indossato gli abiti della mamma e un collo di pelliccia e la borsa della nonna,non riesco a non sorridere ripensando a quelle buffe immagini dove "sfoggiavo" scarpe grandissime dal tacco alto e un cappellino con fiori e veletta prelevato di nascosto dall'armadio.
Allora,sir Guisgard,permettetmi di ringraziarvi e di portarvi,un momento solo e col vostro permesso,in quei miei ricordi del passato dove,sono certa,se vi foste stato,io vestita da "signora" e voi da galantuomo,vi avrei invitato per un the e riservato anche un mazzolino di fiori.
E vi avrei certamente detto:"Ehi,Guisgard!Spegni quella sigaretta ed annusa un fiore.."(strizzando l'occhio).
Grazie,i vostri ricordi sono sempre delicati e preziosi.

Chantal non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 02-04-2012, 04.04.13   #14
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
In una notte come questa tutto può accadere, anche rincorrere, sulle ali di un ricordo, un sogno nato in una chiara mattinata tra i banchi di scuola...

Quel mattino era particolarmente luminoso e nella classe il chiarore delle grandi nuvole che attraversavano quel cielo terso sembrava riflettersi con un'intensità diversa dal solito.
Il cortile della scuola, sul quale si affacciava la classe, era animato dai bambini dell'asilo che si rincorrevano, tra risa e grida, in giochi sconosciuti o incomprensibili ai più.
Le tre grandi palme, circondate da piccoli giardinetti di cespugli fioriti, ondeggiavano quasi ritmicamente alla lieve brezza che attraversava il cortile.
La luce delle finestre giungeva a lambire la lavagna, sulla quale ancora erano segnate le divisioni occorse per risolvere il problema del contadino appena ritornato dal mercato e la grande cartina politica dell'Europa, con i suoi improbabili colori e tutti quei puntini neri per indicare le capitali.
“Tu, Matteo?” Chiese la maestra. “Tu cosa vorresti fare da grande?”
“Il Robot, signora maestra!”
“E perchè mai?”
“Per salvare il mondo dagli alieni, signora maestra!”
“Sei sicuro che gli alieni vogliano proprio attaccare la Terra?” Sorridendo lei.
“Si!” Sicuro il bambino.
“E come fai a saperlo?”
“Perchè sono cattivi!”
“E tu, Biagio?” Chiese la maestra ad un altro bambino. “Cosa vorresti fare da grande?”
“Il re, signora maestra!”
“Che bello!” Esclamò la maestra. “E perchè proprio il re?”
“Perchè il re è ricco e non lavora!”
La maestra rise.
“E tu, Anna?” Chiese poi ad una bambina.
“Voglio essere Barbie, signora maestra.” Rispose la bambina. “Ma qual'è poi il mestiere di Barbie?”
“Non lo so.” Sorridendo la maestra.
Lui però non badava molto a quelle chiacchiere.
Fissava la finestra e il suo sguardo, come i suoi pensieri, si perdeva nel cortile e in quei cespugli fioriti attorno alle grandi palme.
Fissava tutto quello, ma soprattutto un fiore.
Un fiore che spuntava dal giardinetto e che sembrava fissare a sua volta quel bambino.
Lui allora cominciò a disegnarlo sul quaderno che aveva davanti.
E mentre ne disegnava le forme, iniziò a vedere tante cose.
Cose che lo portavano via da quella classe e dai desideri espressi dai suoi compagni di scuola.
Quel fiore lo chiamava a sé nel cortile, dove un mondo diverso prendeva forma.
Le palme si moltiplicarono e divennero l'inospitale giungla malese, animata dai terribili Thug, irascibili rinoceronti e feroci tigri mangia uomini.
Dal meraviglioso e quasi infinito delta del Gange, poi, vedeva salpare mille e più imbarcazioni in fuga dalle navi inglesi.
Aveva con sé una ciurma di fedelissimi e il cuore della bellissima figlia del Maharaja che batteva solo per lui.
Poi le acque di quel fiume sterminato mutarono nel caldo e libero Mar dei Caraibi, dove navi che battevano bandiera olandese, spagnola o portoghese erano tutte sulle tracce del suo galeone.
Un galeone che portava il nome della sua amata, la deliziosa figlia del governatore di Las Balias.
Si ritrovò poi nel selvaggio West, a regolare un conto in sospeso con una banda di criminali, poi in una verdeggiante foresta a capeggiare una banda di briganti ribelli alla corona.
Fissò il disegno e si destò in un silenzio canneto, rischiarato dalla Luna e attraversato dal sibilo del vento, impugnando una katana e sfidando un samurai rinnegato.
Gli apparve allora la Lampada magica e strofinandola chiese al Genio di rapire il palazzo della principessa e condurre loro due lontano da tutto e tutti.
Un attimo dopo, bardato di corazza, impugnò la spada e vinse una terribile maledizione, liberando un intero reame e conquistando l'amore di una bellissima dama.
“Cosa c'è di così interessante la fuori?” Domandò all'improvviso la maestra.
“Eh, cosa?” Destato dai suoi pensieri il bambino.
“Stai fissando il cortile da un bel po'...” fissandolo la maestra “... magari c'è qualcosa di bello... vuoi indicarcelo?”
“Veramente, io...”
“Sei dei nostri?”
Gli altri bambini risero e lui li fissò.
Si voltò anche Adeila, la ragazzina dai capelli chiari seduta poco più avanti.
“Ecco, sei hai finito di distrarti” sarcastica la maestra “potresti partecipare alla lezione. Ti va?”
Il bambino coprì istintivamente il foglio col disegno ed annuì.
“Allora...” fissandolo la maestra “... cosa vorresti fare da grande?”
Lui fissò nuovamente quel fiore nel giardinetto fuori.
Sorrise lievemente e si voltò verso la maestra.
“Io sarò il Primo Cavaliere!” Esclamò lui.
“Davvero, mio giovane Lancillotto?” Incrociando le braccia la maestra. “E cosa fa di solito il Primo Cavaliere?”
“Vivrò avventure mozzafiato” rispose lui “e compierò imprese straordinarie, fino a conquistare il cuore della dama più bella del mondo!”
“Dovresti distrarti meno, però” scuotendo il capo la maestra “e impegnarti di più... e magari sognare un po' meno.”
In quel momento suonò la campanella e tutti corsero in cortile per la ricreazione.
Lui allora ripiegò il disegno di quel fiore e lo conservò in una tasca.
Uscito nel cortile si avvicinò al giardinetto per vedere da vicino il suo fiore, ma quello non c'era più.
Stupito, il bambino, cercò tra i cespugli, ma non c'era traccia di quel fiore.
Ad un tratto si avvicinò qualcuno.
“Ti ha sgridato la maestra...” mormorò Adeila “... mi spiace...”
“Lascia perdere...” fece lui “... tanto la maestra non può capire... nessuno può capire...”
“Sai...” sorridendo lei “... io invece ho visto... ho visto tutto dalla finestra...”
“Cosa hai visto?” Chiese lui.
“La giungla, il mare e le navi che inseguivano il tuo veliero...” entusiasta lei “... ho sentito l'odore della salsedine e la puzza della polvere da sparo...” sorrise nuovamente, mentre il Sole irradiava i suoi boccoli chiari “... mi ci porterai? Domani, mi porterai con te? Sul tuo veliero?”
Lui restò un momento sorpreso e poi annuì.
Lei allora gli diede il fiore.
L'aveva raccolto nel giardinetto appena giunta nel cortile.
“A domani...” sussurrò lei per poi lasciargli un tenero bacio.
E lui, in quel momento, stringendo il mano quel fiore, si sentì davvero l'eroe dei suoi sogni.
Quel bambino, naturalmente, realizzerà il suo sogno e diventerà sir Guisgard e quel fiore sarà la sua magica margherita.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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Vecchio 02-04-2012, 10.09.12   #15
Talia
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Talia sarà presto famosoTalia sarà presto famoso
Affascinante, mio signore...
un racconto fatto di sogni che diviene esso stesso un sogno.

E poi quel misterioso veliero che batte il Jolly Roger...

Affascinante, mio signore!
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Vecchio 02-04-2012, 13.45.13   #16
Altea
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molto delicato questo racconto..Sir Guisgard, come i sogni dei bambini...i più belli direi.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe

"Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit.

"I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam)

"La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea
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Vecchio 11-06-2012, 20.26.30   #17
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Chissà perchè, ma l'Estate da piccolo non mi è mai parsa afosa.
I soleggiati e azzurri pomeriggi di quei giorni senza più la scuola mi apparivano straordinariamente lunghi, colorati, vivi e pronti a divenire palcoscenico e scenario di infiniti giochi ispirati ad un libro assegnatoci dalla maestra da finire durante le vacanze estive, ad un film scoperto per caso alla tv o all'ultimo cartone animato giapponese arrivato da noi.
Talvolta era poi un argomento di storia o di letteratura fatto in classe a colpire la nostra immaginazione.
Già, l'immaginazione di un bambino.
Credo che poche cose siano così straordinaria a questo mondo.
Perchè?
Forse perchè i bambini credono ciecamente che tutti i loro sogni siano possibili e allora quello che agli adulti appare un semplice gioco, per loro invece è solo l'inizio di un qualcosa di più grande.
Chi vorrà dunque seguirci in questa storia dovrà chiudere gli occhi ed immaginare di tornare bambino.
Perchè, come io credo, i grandi eroi dei romanzi vivono e realizzano ciò che noi sognavamo da piccoli...

La scuola era finita da diversi giorni e la Santa Rita era ormeggiata in un verdeggiante molo nella baia di Virgenmagra, tra le Antille e Las Anas.
Il Sole picchiava forte, ma fortunatamente era un caldo asciutto.
La ciurma attendeva sul ponte il suo capitano, mentre una varietà di individui attraversava la banchina, trasportando frutti esotici, tabacco, tè, sandalo ed ebano.
Ad un tratto un ragazzino arrivò correndo, salì di corsa le scale di ferro della piattabanda, che aveva prestato la sua ruggine all'immaginazione di quei ragazzi che ne avevano fatto salsedine e si presentò a tutti loro.
“Alla buon'ora, capitano Guisgard!” Disse uno di quelli nel vederlo.
Il nuovo arrivato sorrise e mostrò un vistoso inchino.
“Quando salpiamo?” Domandò un altro. “Ormai l'ammiragliato olandese ci sarà addosso, capitano.”
“No, erano gli spagnoli a darci la caccia!” Fece un altro.
“No, gli spagnoli sono cattolici!” Lo corresse uno dei ragazzini. “Sono gli inglesi i nostri mortali nemici. Diglielo anche tu, Guis.”
Guisgard sorrise nuovamente e saltò sulla ringhiera, fingendo di trovarsi a prua della sontuosa Santa Rita.
“Dimenticate il governatore e le giacche dei guardiamarina di sua maestà.” Disse. “Dimenticatevi i mari del Sud e la baia di Virgenmagra. Niente più tè, né rum e pappagalli da portare in spalla.”
“Ma come?” Fissandolo uno di quelli. “Non giochiamo più ai pirati?”
“Per giocare ai pirati” fece Guisgard “bisogna essere nei Caraibi, tra palme al vento, onde di corallo e dobloni che il mare lascia talvolta sulla sabbia dorata... vedete qualcosa di simile attorno a voi?”
Tutti loro si guardarono intorno e non videro più la lussureggiante vegetazione caraibica, né quella gente che affollava il molo.
E sull'albero maestro della Santa Rita non sventolava più la bandiera del teschio.
“A cosa si gioca allora?” Chiese un ragazzino.
“Oggi farò di voi dei cacciatori di tesori!” Esclamò Guisgard, per poi mostrare a tutti loro un libro.
“Che libro è?”
“E' un libro magico” rispose Guisgard “scritto da un grande poeta. Parla di un Tesoro straordinario e noi oggi partiremo per cercarlo.”
Tutti esultarono a quelle parole.
“Sempre a bordo della Santa Rita?”
“Ovvio!” Annuì Guisgard.
“Di che Tesoro si tratta?”
“Un forziere carico di monete?”
“Una lampada magica?”
“Una spada incastrata nella roccia?”
“No, amici miei...” fissandoli Guisgard “... partiremo alla ricerca di un Qualcosa di unico, di magico, di meraviglioso... un Fiore!”
“Un Fiore?” Ripeterono stupiti tutti loro.
Lui annuì e sorrise.
“Ma non è un Fiore qualunque...” fece lui “... no, immaginate una chiave capace di aprire la porta di una stanza sempre chiusa... o un flauto in grado di lasciare una dolce melodia anche se chi lo suona non sa adoperarlo... immaginate una moneta d'oro che si spende eppure non si esaurisce mai... immaginate, insomma, Qualcosa capace di far realizzare il vostro sogno più grande.”
“E cercheremo quel Fiore per mare?”
“I fiori si cercano nei prati, nei boschi o alle pendici di colline e monti.”
“E noi” disse Guisgard “lo cercheremo per cielo, per mare e per terra allora! Ora guardate qui...” e mostrò loro un piccolo sacchetto di plastica.
“Che cos'è?”
“Qui dentro” fece Guisgard “sono conservati dei semi... l'ho comprato prima di venire qui. Ho scelto a caso e quindi nemmeno io so quale Fiore spunterà... ecco perchè la nostra avventura sarà magica!”
“Cosa faremo?”
“Ora pianteremo questi semi in un vaso” rispose lui “e lo nasconderemo nel vecchio cantiere abbandonato... e poi comincerà la nostra avventura. E solo alla fine scopriremo di che Fiore si tratta!”
Tutti acclamarono quell'idea.
I ragazzini corsero allora a nascondere il vaso nel cantiere abbandonato e si prepararono per la loro nuova ed entusiasmante avventura.
“A cosa giocate?” Domandò avvicinandosi a loro una ragazzina.
“Stiamo cercando un Tesoro.” Rispose Guisgard. “Tu chi sei? Non ti ho mai vista giocare qui intorno.”
“Mi chiamo Alya.” Sorridendo lei. “La scuola è finita da pochi giorni ed ora i miei genitori mi permettono di uscire a giocare.”
“Io mi chiamo Guisgard.”
“Che Tesoro cercate?”
“Forse ti sembrerà strano” disse lui “ma il nostro Tesoro è un Fiore... il Fiore Azzurro.”
“Perchè strano?” Fissandolo lei. “Io adoro i fiori. Sai che a casa abbiamo un piccolo giardino dove ho piantato pochi giorni fa dei bellissimi fiori? Posso giocare con voi?”
“Certo.” annuendo Guisgard.
“Cos'ha di speciale quel Fiore?”
“Quando lo troveremo” disse Guisgard “lo saprai. Sei pronta per giocare?”
“Chi sarò?” Chiese lei.
“Dimmi tu...” fece lui.
“Vorrei...” sussurrò lei “... vorrei essere me stessa, ma in un mondo di sogno... vedere posti sconosciuti eppure reali... sentirmi in un libro o in un film... e... oh, sto parlando troppo, vero?”
“No, affatto.” Sorridendo Guisgard. “Su, andiamo, la Santa Rita sta per salpare!”
“E' la tua nave?” Domandò lei. “Cerchiamo un Fiore per mare?”
“Non sai” disse lui “che le cose più preziose nascono e crescono dove nessuno immagina? Su, dammi la mano... sta per cominciare il nostro viaggio!”
Lei sorrise e diede la sua mano a Guisgard.
Passarono così caldi giorni di un'Estate fatta di avventure e sogni.
Videro luoghi magici ed esotici, gotici ed enigmatici, indefiniti e sognanti.
La Santa Rita attraversava le soleggiate mattinate e i freschi pomeriggi, fino a condurre il suo equipaggio nel fatato scintillio delle sere estive, fra stelle cadenti e canti di grilli.
E una mattina, come ogni giorno, Guisgard appena sveglio raggiunse la sua ciurma ma trovò tutti i suoi amici sconsolati ad attenderlo.
“Cosa accade?”
“Guis...” fece uno di quelli “... hanno ripreso i lavori al cantiere e non ci è più permesso di andare a giocare lì...”
“E il Fiore che abbiamo seminato?” Chiese lui.
Nessuno rispose.
Guisgard allora corse verso il cantiere.
Di nascosto riuscì ad intrufolarsi e raggiungere il luogo dove aveva nascosto il suo Fiore.
Ma il vaso dove era stato piantato non c'era più.
Probabilmente l'avevano tolto i muratori quando il cantiere aveva riaperto.
Ad un tratto tutto mutò.
Quel cantiere, che fino al giorno prima era stato la selvaggia ed ancestrale selva di Turingia, ora tornava ad essere una casa in costruzione, mentre la Santa Rita aveva tirato su le vele e fatto calare l'ancora in mare.
Il cielo si velò e cominciò a piovere.
E le navi non salpano con il mare in burrasca.
Solo verso il tardo pomeriggio il cielo tornò ad aprirsi e l'aria a farsi asciutta.
Guisgard era sulla via di casa quando una voce lo chiamò.
“Alya, cosa ci fai qui?”
“Ti ho cercato per tutto il pomeriggio...” disse lei “... ho visto il cantiere e...”
“Già.”
“Ora la nostra avventura non continuerà?” Fissandolo lei. “Non cercherai più quel Fiore?”
“Non tutti possono trovarlo...” mormorò lui “... quel Fiore non è per tutti...”
“E' vero, non è per tutti...” sorridendo lei “... ma tu non sei tutti, tu sei Guisgard...”
Lui la fissò sorpreso.
“Sai, ti avevo portato un regalo, ma ora mi sento sciocca...” fece lei “... si, insomma... tu sarai ancora deluso per il gioco interrotto...”
“Dai, ti prego...” disse lui “... quale regalo?”
“E' una sciocchezza...”
“Si, è una sciocchezza continuare a chiamarlo una sciocchezza.”
“Davvero?” Sorridendo lei.
Lui annuì.
“Beh...” fece lei “... ricordi il mio giardino? E quei fiori piantati giorni fa? Ecco, stamani sono fioriti ed io nel vederli ho pensato a te...”
“Davvero?”
“Si... e ne ho colto uno per te...” e diede a Guisgard il fiore “... pensi... si, insomma... pensi che potrà colmare la delusione per aver smarrito il Fiore che cercavi?”
“E' bellissimo...” prendendolo lui “... bellissimo...” poi sorrise “... sai, Alya... il Fiore Azzurro cresce spontaneo... non dove vogliono gli uomini... forse per questo solo in pochi riescono a trovarlo e poi a coglierlo...”
“Ora devo andare...” sussurrò lei “... ma, se ti interessa, domattina tornerò qui per giocare ancora... vuoi?”
“Certo!” Esclamò lui. “E ti condurrò in un posto speciale!”
“Guarda che me ne ricorderò!” Sorridendo lei. “Ora vado... a domani...” gli lasciò un tenero bacio e corse via.
“A domani...” sussurrò lui “... a domani, se Dio vorrà...”
E restò a fissare quel fiore, confidandogli tutti i suoi sogni che vedeva riflessi in ogni suo petalo.
Quelli erano i sogni del Primo Cavaliere e quel fiore, naturalmente, era la sua meravigliosa margherita.
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Vecchio 12-06-2012, 21.58.16   #18
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Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Oggi mi sono sentito come impazzire...
E forse ho davvero rischiato di perdere il senno...
Poi stasera, come per magia, ho ricominciato a sognare...
Forse è vero... forse davvero la follia e i sogni sono spesso così vicini da potersi quasi toccare...
E a tutti i folli che amano credere ai propri sogni, io voglio raccontare questa storia...
Dedicandola al mio sogno più bello, che oggi ho temuto di aver smarrito per sempre...

La dottoressa rientrò col suo solito fascio di giornali e di riviste sotto il braccio, per poi lasciarli cadere sul divano.
“Sono a casa.” Disse.
“Bene, mamma.” Rispose una voce di ragazza dalla stanza accanto.
“Ancora davanti alla tv?”
“Oggi fa troppo caldo” replicò la ragazza “e non mi va di fare nulla.”
“Potresti preparare la cena, allora.”
“Ordino due pizze o cinese?”
“Tira fuori il pollo dal freezer” indossando il camice la dottoressa “o non si scongelerà in tempo.”
“Ma, mamma...” sbuffando la ragazza “... non mi va il pollo...”
“Oggi ti do anche la possibilità di scegliere il contorno.” Disse la donna. “Peperoni o piselli.”
“Uffa!” Esclamò la ragazza.
“Ha chiamato qualcuno?”
“No, ma nello studio c'è un cliente...” rispose la ragazza “... è un ragazzo...”
“Si, oggi aspettavo il signor Romano.” Ed entrò nel suo studio.
Qui trovò ad attenderla un giovane, intento a fissare la scacchiera esposta su un tavolino in noce davanti alla finestra.
“Buongiorno, signor Romano.” Salutò la donna. Per poi sedersi alla scrivania ed accendere il suo portatile.
“Buongiorno a voi, dottoressa.” Sorridendo lui. “Davvero bella questa scacchiera.”
“Si...” alzando per un momento gli occhi lei e sorridendo “... è danese, del XIV secolo...”
“Io credo che gli scacchi siano una notevole metafora della vita...” fece lui “... il re, principio maschile e perderlo equivale di fatto alla sconfitta... la regina invece, principio femminile, è molto più completa e perdere lei significa, in pratica, essere sconfitti...”
“Lei gioca a scacchi?” Chiese lei, alzandosi, spegnendo il cellulare e sedendosi poi ad una delle due sedie attorno al tavolino.
“Purtroppo non sono abbastanza bravo.” Sedendosi sull'altra sedia lui.
“Cosa mi porta oggi?” Domandò lei, mentre accendeva alcuni bastoncini profumati.
“Incenso.” Disse lui. “La settimana scorsa era invece sandalo. “L'altra ancora... vaniglia.”
“Vedo che lei è molto attento ai profumi.” Sorridendo lei. “Si, mi piacciono le essenze profumate. Allora, cosa abbiamo oggi?”
“Ieri sera ha visto la tv?”
“No, ieri sera ero impegnata con del lavoro arretrato.” Rispose lei. “Non guardo molto la tv. Qualche sera, se mia figlia resta in casa ed io non devo lavorare troppo per il giorno dopo. Perchè? Cosa c'era ieri alla tv?”
“Un film...” disse lui “... uno di quei vecchi film, un'avventura mista... tra il genere cappa e spada e quello fantastico...”
“Ah, allora uno dei suoi film preferiti.” Annuì lei. “Di cosa parlava?”
“Si, era un vecchio film, ma non in bianco e nero...” spiegò lui “... era stato colorato, come purtroppo talvolta fanno... tuttavia, nonostante questo, presentava colori un tantino vaghi, sbiaditi, quasi fiabeschi e giochi d'ombra davvero riusciti, tanto da sembrare quasi un film d'animazione... era un'avventura cavalleresca ed il protagonista era naturalmente sir Guisgard, il cavaliere più famoso di tutti i tempi.”
“Ah, capisco, il suo alter ego.”
“No, dottoressa.” Sorridendo lui. “Guisgard non è il mio alter ego... io sono Guisgard.”
“Signor Romano...” disse lei “... rammenta il compito che le avevo assegnato la scorsa settimana?”
“Perfettamente, dottoressa.” Annuendo lui. “Oggi mi sarei dovuto presentare con il mio nome di battesimo.”
Lei sorrise e gli fece un cenno.
“Dottoressa...” alzandosi lui “... Cristiano de Guisgard, cavaliere d'amore e cortesia. Per servirla.” Mostrando poi un vistoso inchino.
“Allora” sorridendo lei “per la prossima settimana le chiederò di aggiungere, signor Romano, oltre al suo nome di battesimo, anche il cognome con cui normalmente si firma.”
“Due o tre sedute fa” disse lui “le chiesi del perchè la gente ricorre alle cure di uno psicologo. Ricorda? E lei mi rispose che lo fanno per stare meglio. Per superare un disagio che non le porta a vivere bene. Giusto?”
“Perfettamente.” Annotando ogni cosa lei.
“Ebbene, se questa mia, diciamo, convinzione di essere Guisgard non mi procura disagio, perchè allora lei cerca di sopprimerla? Se sono felice di essere il Primo fra tutti i cavalieri, perchè lei poi tenta di convincermi del contrario?”
“Vede, signor Romano” rispose lei “questa sua, come lei stesso ha voluto chiamarla, convinzione di essere qualcun altro, diverso da ciò che invece lei è, la porta poi a vivere in maniera conflittuale tutta una serie di rapporti col mondo circostante. La vita non è partire per la Terrasanta e guerreggiare contro gli infedeli, o cercare il Santo Graal. Non si può andare in giro a combattere le ingiustizie con la propria spada come un novello Lancillotto, o scalare torri per liberare donzelle in difficoltà. Ecco, prendiamo ad esempio la sua idea dell'Amore. Questa dimensione romantica e romanzata, assoluta e di predestinazione con cui lei vive i suoi sentimenti. La ricerca di una storia perfetta, da romanzo, non è la realtà. L'amore, come tutte le cose di questo mondo, vive varie fasi, evoluzioni. Subisce compromessi e ci porta spesso a fare delle scelte anche dolorose e quasi sempre poco romantiche. L'Amore è come tutte le cose di questo mondo. Quindi nasce, cresce e talvolta, purtroppo, muore.”
“Posso parlarle del film di ieri sera, dottoressa?”
“Certo.” annuì lei.
“Guisgard era alle prese con un'incredibile avventura...” spiegò lui “... doveva cercare un Tesoro straordinario... un Fiore capace di realizzare il più grande desiderio di ogni uomo... sa di cosa parlo?”
“No, me lo dica lei, signor Romano.”
“La felicità, quella vera.” Disse lui. “La Gioia. E solo l'amore vero porta la vera Gioia.”
“E nel film” fece la dottoressa “era da solo il nostro Primo Cavaliere?”
“Ovviamente no.” Rispose lui. “Era insieme alla sua amata.”
“E com'era stavolta?” Chiese la dottoressa. “La dama di turno, intendo. Visto che in ogni film vi è una dama diversa ad affiancarlo.”
“Vi sbagliate, dottoressa...” sorridendo lui “... Guisgard è un uomo che ama la stessa donna per tutta la vita... lo stesso sguardo... lo stesso sorriso... le stesse carezze... gli stessi baci...”
In quel momento squillò il suo cellulare.
Fece cenno alla dottoressa indicando un minuto e rispose al cellulare.

La balia andò incontro al cavaliere.
Gli sorrise ed accennò un breve inchino.
Si avvicinò e gli lasciò un biglietto, per poi andare via.
“Domani sarà Lunedì... stupiscimi... voglio sognare come mai prima d'ora... un bacio... a presto...” recitava quel biglietto.
Il cavaliere richiuse il biglietto e lo sfiorò con le labbra.

Cristiano chiuse il cellulare e si scusò di nuovo con la dottoressa.
“Credo che per oggi abbiamo finito.” Disse lei. “Se non c'è altro.”
“Forse bisognerebbe discutere un po' sul suo concetto di amore, dottoressa.” Sorridendo lui. “Posso chiederle se è sposata?”
“Sono divorziata.” Rispose lei. “Questo è un problema per lei? Visto che è molto cattolico?”
“Affatto, dottoressa.”
Lei sorrise.
“L'amore non è mai tranquillo...” aggiunse lui “... e non va mai giudicato o spiegato... sapete? Mi date l'idea di una donna particolare... di quelle che si leggono in certi romanzi... all'apparenza razionali... ma che nascondono un grande amore vissuto in passato...”
“Anche questo l'ha letto in un romanzo di sir Guisgard?”
“Si...” sorridendo lui.
“Comunque...” sorridendo anche lei “... in verità sto vedendo una persona... non è nulla di che, un mio ex amico dei tempi dell'università... lui vorrebbe... ma io non sono più un'adolescente e...”
“E quel fiore sul tavolino?” Indicò lui. “Forse...”
“L'ho preso in un locale in cui eravamo andati a bere...” disse lei vagamente imbarazzata “... lui è rimasto l'esuberante di sempre e mi ha chiesto di accompagnarlo ad un convegno... ma io...”
“Se deciderà di andarci, mi lascerà quel fiore?” Chiese lui.
Lei sorrise.
Una settimana dopo, Cristiano si presentò nello studio della dottoressa, ma sua figlia spiegò al ragazzo che lei era dovuta partire all'ultimo momento.
Si scusava e aveva lasciato una scatolina al suo paziente.
Cristiano aprì la scatolina e vi trovò dentro quel fiore.
Salutò la ragazza e scese in ascensore.
Qui trovò un ragazzino che giocava.
“Sarò un cavaliere da grande, sai?” Fece il piccolo.
“Bravo.” Sorridendo Cristiano. “Sai che lo sono anche io? Sono un cavaliere, come lo diventerai tu da grande.”
L'ascensore si aprì e lui uscì.
“E quale cavaliere sei?” Domandò il piccolo.
“Io?” Voltandosi lui. “Io sono naturalmente sir Guisgard e questa” indicando il fiore che aveva in mano “è la mia magica margherita.”
E andò via, sotto gli occhi sognanti di quel bambino.



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Ultima modifica di Guisgard : 26-07-2012 alle ore 04.32.25.
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Vecchio 18-10-2012, 03.19.40   #20
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Si, la vita è come un film e noi ne siamo i protagonisti.
E stanotte vorrei sognare della mia vita, sfogliandone tutti i capitoli fino all'alba.
E leggere, in ognuno di essi, il nome con cui poter dividere la scena...

L'ispirazione.
Cos'è l'ispirazione?
Io credo che per ognuno di noi sia differente e particolare.
Basta un'immagine, un colore, un profumo o anche solo qualcosa che desti in me una sensazione o un'emozione per ispirarmi.
Per me l'ispirazione è trovarsi in uno stato particolare, di grazia potrei dire, nel quale riesco a sentire ciò che nessuno può sentire e dire e fare ciò che per altri forse è impossibile anche solo immaginare.
Un momento, dunque.
Si, l'ispirazione è un momento speciale nel quale siamo in grado di compiere qualsiasi cosa e nella vita di un uomo vi sono diversi momenti speciali.
Ma in un'intera vita vi è un solo e straordinario momento nel quale un uomo può davvero realizzare qualsiasi sogno... quando, cioè, ci si innamora per la prima volta.
Ma per uomini straordinariamente fortunati e privilegiati, questi momenti possono essere addirittura due... perchè al primo può aggiungersene un altro, quando nell'innamorarci conosciamo il vero amore, quello che dura per sempre.
Era una soleggiata mattina d'Autunno ed ero sceso in strada per passeggiare proprio in cerca di una possibile ispirazione per il mio lavoro.
Io amo scrivere e quando lo faccio sono sempre in cerca di qualcosa di speciale.
Ero giunto nel centro storico, lontano dai grattaceli del Centro Direzionale, dalle insegne luminose al neon, dalla nuova sede universitaria con i suoi richiami futuristici e dai lavori di ampliamento del nuovo stadio di calcio.
Mi piacciono le viuzze strette, quegli antichi palazzi settecenteschi, la via che guarda al mare, con il Borgo Marinaro, la cittadella aragonese fortificata e la calata con le sue meravigliose ville nobiliari d'altri tempi.
Non potrei vivere in una città senza una sua storia.
Che sia una città di mare o una città d'arte.
Le grandi metropoli fatte solo di cemento, di vetro e di infinite luci psichedeliche finiscono, presto o tardi, per mettermi tristezza.
Forse perchè non riescono a farmi fantasticare, a farmi immaginare e quindi sognare.
E così, proseguendo in quel mio giro in cerca di chissà cosa, girando tra piazze e vicoletti, accadde qualcosa.
La vidi.
Camminava a passo svelto, fissando la strada davanti a lei, con i lunghi capelli chiari che le scendevano sulle spalle e la sua pelle chiara.
Nessun altro particolare degno di nota, nulla più che potesse colpire o incuriosire.
Non aveva infatti bisogno d'altro per rapire tutta la mia attenzione.
E per un momento mi sembrò di essere il protagonista di una vecchia canzone, “L'Isola di Wight”.
Per un attimo provai a seguirla con lo sguardo, fino a quando entrò in un vecchio e appariscente edificio.
Era un teatro.
E senza accorgermene, un attimo dopo, anche io vi entrai.
C'era una sala semibuia, con poche luci e tutte rivolte sul palco vuoto.
“Ragazzo...” disse una voce all'improvviso “... sei qui per il provino?”
In quel momento mi accorsi che nella penombra vi erano alcune persone sedute dove prendevano posto gli spettatori.
“Oggi è l'ultimo giorno” continuò quell'uomo “ma sei fortunato perchè la parte è ancora da assegnare.”
Lo fissai confuso, senza rispondere nulla.
“Su, cominciamo che non abbiamo tutto il giorno...” sbuffò quell'uomo “... detesto quando abbiamo la protagonista senza però il protagonista...”
Compresi allora che quella ragazza era l'eroina di ciò che stava per andare in scena.
Alzai così lo sguardo verso il palco e vidi un cartellone con un titolo a caratteri cubitali: “Il Magnifico Cavaliere e la Dama che non credeva ai Sogni”.
“Questo è il copione” disse quell'uomo “e ti ho segnato con un evidenziatore il brano che domani dovrai recitarci. Cerca di fare del tuo meglio, imparalo stanotte, non so, ma se vuoi la parte domani devi saperlo a memoria.”
Lessi di getto quel brano durante la strada per ritornare a casa.
E lo lessi ancora una volta, poi due, tre, fino a perdere il conto.
Ormai sapevo ogni battuta a memoria.
Ma sarebbe bastato?
Il protagonista era sir Guisgard, il Primo Cavaliere e Amante Perfetto.
Come interpretarlo dunque?
Un attore deve calarsi in un personaggio non solo imparando un copione, ma dandogli un po' di se stesso, viverlo come se fosse un vero e proprio alter ego, fino ad immedesimarsi con l'eroe.
Pensare, parlare e agire come lui.
O forse, farlo pensare, farlo parlare e farlo agire come me.
Cosa avevo in comune con un cavaliere immaginario?
Io non sono sir Guisgard e non giro il mondo infilzando felloni, liberando dame in pericolo e salvando la Cristianità da infedeli ed eretici.
Cosa potevo avere in comune con quel cavaliere nato per la letteratura ed il cinema?
Forse solo una cosa... io e lui amavamo la stessa donna.
Quella ragazza vista per strada era la protagonista della storia, quella a cui sir Guisgard con il suo amore doveva insegnarle a sognare.
Io e quel cavaliere, dunque, avevamo lo stesso sogno.
Guisgard allora avrebbe avuto il mio volto ed il mio cuore.
Il giorno dopo, davanti al regista e agli sceneggiatori, recitai quel brano.
E mentre parlavo fissavo il volto di lei disegnato sul manifesto.
Finita la mia audizione, attesi il loro verdetto.
Mi fissarono per diversi momenti, fino a quando il regista si alzò e rise.
“Ti viene bene il tono guascone quando parli con i tuoi cadetti” con aria soddisfatta “e allo stesso tempo sai assumere quel caratteristico sguardo cupo ed ombroso da eroe romantico e tormentato. Forse sarà una pazzia, ma mi piaci!” Esclamò. “Domattina alle otto qui. Bisognerà che impari a tirare di spada però. Ah, lavora un po' su qualche espressione e posa provocatoria, ragazzo... ricorda, il tuo personaggio deve conquistare le dame, ma risulta il più delle volte antipatico ai vari messeri.” Ridendo. “Chissà poi perchè!”
Alla fine restati da solo su quel palco.
Era seduto a terra con quel copione in mano.
“Ce l'abbiamo fatta allora!” All'improvviso una voce. “Sono qui, sul balcone!”
Alzai lo sguardo fino all'impalcatura superiore, dove era stato issato il balcone della bella.
“Sarai tu allora sir Guisgard!” Era lei.
“Si, sembra di si...” fissandola io.
Vestita con i costumi di scena e affacciata a quel balcone sembrava una novella Giulietta da conquistare.
Era bellissima.
“Domani allora cominceremo a provare le scene.” Sorridendomi lei. “Sei preoccupato? Emozionato? A cosa pensi?”
“A come fare per conquistarti...” sorridendole.
“Eh, Primo Cavaliere...” fece lei “... domandalo al tuo fiore...” e mi lanciò un fiore colto tra le piante che adornavano il balcone “...ora devo andare... a presto allora!”
Uscì anch'io dal teatro e all'ingresso vidi due giovani che leggevano il manifesto dello spettacolo.
“Di cosa parla?” Chiese uno dei due all'altro che leggeva.
“Di un cavaliere innamorato di una dama...” rispose l'altro “... farla sognare per poi farla innamorare...”
“E ci riuscirà?” Domandò il primo.
“Bisognerà vederlo per saperlo!” Fece l'altro all'amico.
Li lasciai davanti a quel manifesto e con quel fiore tornai a casa.
“Si...” pensavo “... si, riuscirò a conquistarla... perchè io sono sir Guisgard e questo fiore, mio alleato, è la mia straordinaria margherita.”



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