07-10-2011, 05.35.48 | #11 | |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Eh, ma quanti complimenti, amici miei!
Io ne sono lusingato, anche se, ad essere onesto, non è che io poi abbia tutti questi meriti visto che la storia mi fu raccontata tempo fa e non ho fatto altro che riportarla qua Lady Morrigan: che bello questo frammento di racconto che ci avete riportato. Non ho riconosciuto subito l’autore, ma devo dire di essermi immedesimato all’istante in quel ragazzo! Come lui, anche a me basta poco per sognare davanti ad un’immagine… Ricordo la bellissima e superba statua di San Michele in chiesa ed io a perdermi nel fissarla. Restavo non so quanto tempo a raccontare i miei sogni, le mie fantasie alla statua dell’Arcangelo. Allora immaginavo i cavalieri, le avventure e gli amori che animavano i romanzi e i film cavallereschi, giurando a me stesso che un giorno anche io avrei vissuto tutto questo. Scriveva Rafael Sabatini che gli uomini più fortunati sono quelli che non dimenticano i sogni fatti da bambini. E se a dirlo è l’autore di straordinarie storie che hanno fatto sognare milioni di lettori, beh, allora c’è da credergli Citazione:
In verità non avevo mai pensato di mettere quel quadro come sfondo del monitor! Chissà che un giorno o l'altro non decida di farlo (anche se, ad essere sinceri, sono molto legato anche all'immagine che c'è ora sul mio monitor)
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07-10-2011, 08.23.40 | #12 | |
Cittadino di Camelot
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Citazione:
Bene!... Ehm... Dov'è che avevo messo quel secchio regalatomi da Lady Llamrei?...
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Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà! (Metastasio) |
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07-10-2011, 13.24.11 | #13 |
Cittadino di Camelot
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Mio signore...
che racconto! Che storia! Affascinante, misteriosa, spaventosa e avvincente insieme... come ogni volta mi son trovata a leggere con assoluta avidità e come ogni volta, al termine, mi son trovata a cercare tra le righe quel quid che, immancabilmente, ponete e che è sempre un piacere sottile scoprire... Molte cose potrei dirvi in merito, milord... ma forse, temo, non è questo il luogo né il momento. Chissà, forse un giorno ve ne sarà occasione! E a tutti voi, che avete arricchito e impreziosito il già prezioso intervento di sir Guisgard... Morrigan, Emrys, Altea, Chantal... che dirvi, miei cari? Tornare in città e poter leggere tanto profonde e splendide parole è una gioia e un privilegio per me... Per questo vi rendo omaggio.
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
07-10-2011, 15.00.15 | #14 | |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Citazione:
Eh, voi siete un attento ed arguto osservatore e sapete ben leggere in chi vi circonda; vi dirò, mio buon bardo, che l'immagine sul mio monitor è intimamente legata a quel certo fiore, perchè rappresenta il suo contorno, inteso come scenario, ideale. Del resto, come diceva un grande poeta, "per cercare il fiore più bello bisogna seguire il profumo e i colori del giardino nel quale è custodito" Ed io, se Dio vorrà, attenderò quel giorno, milady
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30-09-2013, 16.31.44 | #15 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Ieri è stato il giorno della Festività di San Michele Arcangelo ed anche quest'anno, per celebrarla, voglio narrarvi una vecchia storia che mi fu raccontata da piccolo...
Maddola è un'antica cittadina a Nord della capitale Capomazdese, posta ai piedi dei monti, dandole la possibilità di dominare con lo sguardo una ridente vallata. Maddola è famosa in tutto il ducato, oltre e soprattutto per il culto dell'Arcangelo Michele, per la coltivazione delle castagne e di una rarissima e pregiata qualità di mele, unica nel suo genere, che cresce solo in queste zone. E grazie al raccolto e alla vendita di questi prodotti, i Maddolesi possono dirsi benestanti. La città ha la forma di un vasto borgo, con alte mura e torri di avvistamento sparse sulle pendici dei monti tutt'intorno. Questo perchè in passato doveva permettere ai Maddolesi di potersi difendere da un terribile percolo: i Longobardi. Questi invasori, infatti, a quel tempo erano Ariani ed avevano ancora costumi barbari, rozzi e violenti. Assalivano le città, le saccheggiavano, portando via oggi cosa preziosa, insieme a donne e bambini, per poi bruciarle radendole al suolo. Altre volte invece le conquistavano, vi si insediavano e rendevano la popolazione schiava. Ecco perchè i Maddolesi stavano sempre in guardia. La posizione della città permetteva loro di controllare l'intera vallata e al minimo segnale di pericolo avvistato dalle torri o da qualsiasi finestra di una delle abitazioni, si faceva suonare il campanile della chiesa e scattava l'allarme. La porta della città veniva chiusa e ciò permetteva ai Maddolesi di respingere l'attacco dei feroci barbari. Un anno il raccolto di castagne e di mele fu molto abbondante, per Grazia di Dio, permettendo ai Maddolesi di riempire molti più depositi del solito. E proprio nel giorno di San Michele accade poi qualcosa. Alcuni giovani aveva catturato una piccola civetta e la portarono in piazza per mostrarla a tutti. Voleva impagliarla e metterla in bella mostra dove tutti potessero vederla. I vecchi della città, però, essendo la civetta l'animale simbolo del casato dei nobili Taddei, questi ultimi consacrati proprio all'Arcangelo Michele, decisero di lasciarla andar via, proprio come dono per il loro Angelo Patrono. E la civetta fu fatta volare via. Quella notte, poi, una terribile tempesta scoppiò, tormentando l'intera vallata con lampi, tuoni, fulmini ed una pioggia fitta ed intensa. I Maddolesi pensarono così che ciò fosse un segno assai fortunato. Infatti in una simile notte non c'era pericolo delle scorrerie longobarde. E così, senza organizzare i consueti turni di guardia, andarono tutti a letto, stanchi com'erano per aver da poco festeggiato proprio il giorno di San Michele. Ma contro ogni aspettativa, dal buio della notte e dal furore della tempesta emersero le sagome minacciose dei terribili Longobardi. Ancora oggi gli studiosi non sanno da dove derivi il loro nome, se dalle lunghe barbe che portavano o dalle micidiali alabarde con cui erano armati, ma fatto sta che proprio con il loro terrificante aspetto e le affilate armi che impugnavano raggiunsero in breve la porta della città che non era sorvegliata. Ma proprio in quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare senza sosta, svegliando così tutta la popolazione. I Maddolesi allora, accorgendosi di essere attaccati, raggiunsero subito le mura della città ed ebbero l'idea, anche un po' disperata, di prendere le ceste di castagne in esubero, di incendiarle e di gettarle poi giù dai bastioni. Le castagne, ormai ardenti, appena raggiunsero il suolo cominciarono a scoppiettare come tante piccole bombe. I rozzi Longobardi, davanti a questa scena, credendosi di trovare di fronte ad una nuova arma sconosciuta, scapparono via spaventati. Cessato il pericolo, i Maddolesi corsero subito verso la chiesa, per scoprire che avesse suonato le campane proprio in quel momento, salvando così la città dalla rovina. Raggiunta la chiesa, si accorsero che non vi era neanche il sacerdote e allora si chiesero chi avesse suonato le campane. Salirono sul campanile e con loro grande meraviglia trovarono la giovane civetta liberata proprio il giorno prima, con gli artigli impigliati sulle corde ancora oscillanti delle campane. Com'era stato possibile ciò? Oggi, molti affermano che si trattò solo di un caso fortuito, in quanto il forte vento nella tempesta, a loro dire, aveva spinto via la civetta dal bosco, portandola verso la chiesa ed essa, per sfuggire alla furia del vento, si era tenuta con gli artigli sulle corde delle campane, facendole suonare incessantemente. Che poi i Longobardi si trovassero in quel preciso momento alla porta della città, questa, dicono, era stata soltanto una coincidenza. C'è qualcuno, almeno, che afferma proprio questo. E forse la verità sta nel cuore di chi legge questa antica storia. Ma la cosa importante è che quella notte, per un fortuito caso oppure no, Maddola riuscì a salvarsi dalla furia dei Longobardi. E ancora oggi, davanti alla chiesa della città, vi è una civetta in ardesia scolpita per ricordare quell'evento.
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30-09-2013, 16.38.45 | #16 |
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Santo a me caro San Michele Arcangelo...........grazie di aver ricordato oggi alla gente di Camelot.....bella storia
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30-09-2013, 16.52.32 | #17 |
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Davvero affascinante...oppure può essere stato proprio un segnale di uno dei grandi Arcangeli e della sua presenza.
Ed io, essendo San Michele proprio il mio Santo Patrono, penso di credere che pure egli abbia aggiunto un pò del suo potere. Grazie per questo bel racconto
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
30-09-2013, 17.57.50 | #18 |
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Il Giorno di San Michele,
nell'anno di grazia millesettecentonovantatrè, un nobile signore della guerra decaduto nell'estrema povertà nelle nefandezze dei suoi sfarzi andati, in una sorta di estremo riscatto della sua anima, volle costruire con l'aiuto di un mastro vasaio, una grande statua in onore del santo traumaturgo e volle polra sul balcone della sua casa di pietra alle pendici di un medioevo crepuscolare. Un grande falò venne innalzato in onore del Santo ed un pallone aeostatico di provenienza provenzale venne scagliato in cielo per celebrare quell'insolito evento propiziatorio come a salutare la stagione estiva che lasciava spazio all'atunno decadende. Era logicamente un'allegoria della sua vita...ma oggi come allora, dopo tanto tempo, un Bardo riecheggia con la sua musica in quel rione dimenticato dagli uomini moderni, e una stella si illumina alta nel cielo come a simboleggiare il passaggio di Dei o di Re...in una sorta di abbraccio ancestrale tra gli uomini e il Divino.... Taliesin, il Bardo
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01-10-2014, 20.24.59 | #19 |
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Lunedì è stata la festività di San Michele Arcangelo, patrono della mia Capomazda e custode della stirpe dei nobili Taddei.
E come è ormai tradizione a Camelot, in onore di questa solennità, io giungo a narrarvi una delle tante Grazie che il Principe delle Milizie Celesti ha diffuso nel mio felice ducato... Tempo fa, quando ormai il re aveva riconosciuto Capomazda ai fedeli Taddei, il duca Taddeo detto il Vecchio volle donare al sé ed alla sua stirpe una degna dimora. Fece così costruire un grandioso palazzo, destinato ad ospitare la magnificenza della sua corte. Quando la sontuosa costruzione fu terminata, il duca chiamò a sé non solo tutti i suoi familiari, ma anche quelli di sua moglie, ossia i nobili membri della stirpe dei Dantoi. Essi vissero dunque in quella corte insieme ai Taddei, senza pagare tributi o pegni e ciò grazie alla generosità di Taddeo il Vecchio. Ma quando questi morì allora i Dantoi si sentirono in diritto di vantare pretese sul palazzo, riconoscendolo come propria dimora. Ciò portò ben presto ad uno scontro con i discendenti del Vecchio. Così i più giovani fra i Taddei cominciarono a scontrarsi sempre più spesso con i pari età appartenenti alla famiglia dei Dantoi, generando caos e disordine nel ducato. Ed infine, riunitisi i saggi anziani sentenziarono che per ridare serenità a Capomazda doveva terminare questa faida. Si decise allora che otto fra i migliori e più giovani guerrieri Taddeidi avrebbero sfidato altrettanti giovani guerrieri della stirpe Dantoide. Così Ardas, il migliore fra i Taddei sfidò, insieme a sette compagni, Guin, il più forte e superbo dei Dantoi e sette dei suoi più potenti familiari. E la sfida fu fissata proprio il giorno di San Michele. Così, i sedici eroi passarono la notte preghiera. Secondo la tradizione infatti quel giorno si poteva ottenere qualsiasi Grazia dall'Arcangelo Michele. Allora Guin ed i suoi chiesero al Divino Angelo armi e corazze degne della sfida, mentre Ardas e gli altri Taddei invocarono la sola presenza di San Michele in mezzo a loro durante la battaglia. E quando giunse l'alba, davanti allo stupore generale, alcuni vassalli dei Dantoi si presentarono a Capomazda con armi appena forgiate, degne dell'imminente impresa. Guin ed i suoi le indossarono e a tutti apparvero ancora più belli e potenti. Quando i due schieramenti si ritrovarono sul campo di battaglia, il solo vedere i Dantoi così superbamente armati causò inquietudine ed incertezza nei Taddei. La sfida poi cominciò ed in breve Guin ed i suoi fecero scempio degli eroi Taddeidi, tanto che Ardas, nel vedere ciò, colto da paura, lasciò il campo e fuggì nella vergogna, consegnando di fatto il palazzo ai Dantoidi. Ardas, maledicendo la sua vigliaccheria, galoppò senza sosta, fino a raggiungere il Monte Sacro, luogo in cui era apparso l'Arcangelo Michele secoli prima. Salito in cima, si recò verso la chiesa per chiedere perdono, ma la trovò chiusa. E questo gli apparve come un segno che condannava la sua codardia. E mentre si affliggeva davanti al cancello chiuso, udì dei passi. Vide così giungere qualcuno. Era un bellissimo cavaliere, anch'egli giunto per pregare in quella chiesa. Vedendo poi Ardas afflitto ed in lacrime gli si avvicinò per chiederne il motivo. Il Taddei allora narrò ogni cosa al cavaliere. E questi, per consolarlo, cominciò a raccontargli un'antica storia. Una storia dimenticata dagli uomini. Era quella in cui si descrivevano le grandiose imprese di Ardea, capostipite dei Taddei. Un racconto epico e mistico, ricco di allegorie e significati celati. E man mano che udiva di quelle gesta, Ardas cominciò ad avvertire meno dolore e pena verso se stesso, fino a provare una sconosciuta voglia di rivalsa. Terminato il racconto, ringraziò il cavaliere e tornò a Capomazda. Qui riprese le sue armi e corse poi col suo carro più volte intorno al palazzo eretto da suo nonno ed ora dimora dei Dantoi. E ad ogni giro lanciava la sua sfida a Guin ed ai suoi compagni. Questi allora, decisi ad eliminarlo una volta per tutte, indossarono le loro fantastiche corazze ed uscirono per affrontarlo. Ardas però, nel vederli, essendo impari lo scontro, corse verso il bosco. E più lui correva, quelli con più foga lo inseguivano. Il Taddeide raggiunse infine una piccola grotta e vi entrò. Così fecero poi altrettanto Guin ed i suoi compagni. Ma essendo l'antro di quella caverna molto stretto, i Dantoidi furono costretti a calarsi uno alla volta, dando così la possibilità ad Ardas di sfidarli tutti in singolar tenzone ed uscirne sempre vincitore. Alla fine si ritrovò faccia a faccia con Guin. La sfida fu lunga e drammatica e solo alla fine Ardas ebbe la meglio, uccidendo anche il più superbo dei Dantoi. Tornò allora al palazzo e fu accolto come un eroe e portato in trionfo dalla sua gente. Il giorno dopo, per ringraziare San Michele per quella vittoria, condusse le armi dei Dantoi alla chiesa sul monte, lasciandole come dono. Qui raccontò ai monaci della sua vittoria e chiese poi di poter pregare davanti alla statua dell'Arcangelo. Ma, raggiunto l'altare, fissando la statua si accorse che il volto di San Michele era lo stesso del cavaliere che gli aveva raccontato di Ardea de' Taddei. Ardas allora cadde in ginocchio e pianse di gioia davanti all'altare. Da quel giorno il poema di Ardea si diffuse in tutto il ducato, fino agli estremi confini del regno, come più alta rappresentazione dell'ideale religioso e cavalleresco di ogni uomo.
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01-10-2014, 21.02.06 | #20 |
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Mentre leggevo il racconto avevo proprio pensato quel cavaliere fosse l' Arcangelo..e a dimostrazione che non è la corazza a fare valoroso una stirpe o un uomo ma il suo animo puro e coraggioso..d'altronde l' Arcangelo sfidò il Demonio da solo, senza grandi armate.
Grazie sir Guisgard, per aver ricordato pure questo anno il mio santo patrono..strana coincidenza.
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