03-11-2011, 21.14.38 | #11 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Quando si parla di miti e leggende Arturiane, bisogna sempre ricordare che si tratta di una materia che non è racchiusa in una documentazione scritta ed accertata.
Le opere che trattano la materia di Bretagna, ossia i romanzi cortesi e gli scritti di Goffredo di Monmouth, non offrono nessun tipo di riferimento storico e geografico. Nell’’Historiae Regnum Britanniae dello stesso Goffredo (opera inserita nel genere storiografico-cronachistico, ma in realtà questa definizione è molto “ottimistica”) la Britannia viene descritta come un luogo fiabesco ed incantato, partorita dalla fantasia sfrenata dell’autore che prende spunto da poche fonti scritte (Gilda, Nennio, Beda, gli Annales, Cambriae, oltre che da una massa di leggende orali che circolavano da tempo in Britannia, in Galles e in Bretagna). L’opera abbandona di simboli, allegorie e metafore, soprattutto di tipo zoologico, e si rifà ad una cronologia ed una geografia impossibili e inverificabili. Lavorando su quest’opera è praticamente impossibile per gli studiosi anche solo delineare il contesto in cui sono ambientate queste vicende. A differenza di poemi classici, come quelli di Omero, di Arato da Soli, di Apollonio Rodio o di Virgilio, l’opera di Goffredo non offre nessun tipo di riferimento certo o anche solo riconoscibile. E questo vale per qualsiasi altra opera riguardante il ciclo Bretone. L’unico modo per avere almeno un’idea che possa in qualche modo avvicinarsi ad una possibile veridicità storica, è quello di immaginare la Britannia all’inizio del V secolo, quando venne abbandonata dalle legioni romani. E’ proprio in questo contesto civilizzato e romanizzato che potrebbe aver preso forma l’epopea che poi le leggende ci hanno tramandato come Arturiana. Allora, secondo questo ragionamento, le terre Arturiane potrebbero aver coinciso con l’Inghilterra centro-meridionale, zone appunto dove la romanizzazione era stata più presente. Però, è solo una delle tantissime ipotesi che si possono fare su quell’antico e silenzioso passato.
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03-11-2011, 22.05.23 | #12 |
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C'è del vero in quel che dite, penso tuttavia che si possa procedere, per puro diletto, se non con un'intenzione presuntuosa di ricostruire la Storia attraverso le troppe nebbie del mito, a riscontrare le tante analogie che il mito arturiano presenta con fatti realmente certificati accaduti in Britannia nel V secolo. Ad esempio, è un fatto che l'espansione sassone dall'est verso l'ovest dell'isola si sia interrotta intorno alla metà del secolo e per circa 50 anni, attestandosi in corrispondenza di una sorta di "confine invisibile" che divideva l'isola a metà da nord a sud. Così come è un fatto che alcuni esuli britanni emigrarono in Bretagna dando poi vita ad alcune signorie locali, così come è accertato che vi furono scambi commerciali e rapporti politici fra l'Armorica-Bretagna e la Britannia, così come il mito arturiano testimonia...
Insomma, il senso del vostro discorso lo comprendo e condivido, ma per me è bellissimo voler dare una forma a quel mito che si ha la certezza abbia avuto, nelle sue parti essenziali, una base di verità. In fondo anche Troia e l'Iliade venivano considerate pura leggenda impossibile da riscontrare nella storia reale, eppure Schliemann dimostrò il contrario.
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03-11-2011, 22.39.56 | #13 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Messere, ciò che ho scritto non è frutto di opinioni personali (io sono il primo a sperare nella veridicità storica di re Artù!), ma di ciò che la storia, l’archeologia e la filologia hanno accertato fino ad ora.
Purtroppo fino all’anno Mille non c’è una documentazione scritta nelle isole Britanniche e tutte le ipotesi che possiamo fare restano, almeno per ora, tali. Del periodo risalente all’invasione dei Sassoni, degli Juti e degli Angli si sa ben poco. Quel poco di civiltà che la Britannia conosceva lo doveva alla dominazione romana e andati via i romani, il tutto finì nel caos. Voi citate Omero ma lo fate, perdonatemi, in modo improprio in questo caso. I poemi omerici hanno sempre racchiuso una dimensione geografica e storica (infatti in età ellenistica furono redatti manuali di geografia e storia su questi poemi. Basti ricordare il celebre “Catalogo della Navi”) e la stessa cosa non si può dire dell’opere di Goffredo di Monmouth. Non solo Shliemann, ma anche Arthur Evans si rifece ad Omero nelle sue celebre campagne a Creta. Ma, nonostante tutto, noi sognatori non smettiamo di credere riguardo ad Artù che “fu re in passato e sarà re in futuro!”
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03-11-2011, 22.54.55 | #14 |
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Ma qualcuno ser Guisgard sostiene che Artù non fosse un re...bensi un valoroso condottiero.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
03-11-2011, 23.01.34 | #15 |
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Si, milady, questa ipotesi è tutt'altro che improbabile.
Anzi, oggi la maggior parte degli studiosi ritengono che Artù, o almeno colui (o coloro) che ha dato il nome a questo personaggio, potesse essere un condottiero celtico romanizzato. Una sorta di capo barbaro al comando di armate federate al servizio di Roma. E sappiamo che molti altri esempi simili ci furono nella Tarda Antichità. E questo spiegherebbe il perché proprio questo Artù si sia poi messo a capo della resistenza bretone contro gli invasori venuti dall’Est. Da qualche parte dovrei avere un bellissimo saggio che raffigura Artù proprio sotto tre vesti: condottiero romano; comandante gallo-romano e capotribù celtico. Appena lo ripesco posterò qualcosa
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03-11-2011, 23.13.55 | #16 |
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sarebbe molto interessante vedere questo Artù in diverse vesti e aspetterò con ansia.
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04-11-2011, 10.54.30 | #17 |
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Certamente quel che si sta dicendo all'interno di questa discussione rientra nel campo delle ipotesi e delle congetture, in assenza di una documentazione certa.
Credo tuttavia che ci siano delle ipotesi più fondate di altre, e mi piace pensare che parlandone fra appassionati possiamo avvicinarci forse al compromesso più storicamente credibile. Anche io penso che Artù, se davvero è esistita una figura storica alla base della sua leggenda, sia stato un condottiero fortemente influenzato dalla cultura romana. La Cavalleria legionaria e il suo armamento pesante, poi, giustificherebbero il mito dei "Cavalieri della Tavola Rotonda" in un mondo in cui gli invasori barbari sicuramente non erano specializzati in unità a cavallo. E' un fatto storico accertato che nel 180 d.C. l'imperatore Marco Aurelio introdusse in Britannia 5000 cavalieri sarmati armati di clibanus-segmentata (molto più pesanti della lorica da fanteria), ed è interessante supporre che la guarnigione del Bremetenacum Veteranorum, da essi composta, sia sopravvissuta nei secoli seguenti ed abbia magari rappresentato, anche dopo il ritiro delle truppe dalla Britannia da parte di Roma, il "nucleo" di quell'esercito romano-britanno che si oppose all'invasione sassone bloccandola per quasi un secolo, fino alla metà del VI. Sempre parlando di ipotesi, il crollo di una civiltà e di un ordine costituito porta nella maggior parte dei casi all'emergere di potentati e signorie locali, e non è da escludersi che questo Artù, generale romano o capo celtico che fosse, sia assurto al ruolo di signore egemone fra i vari potentati, guidando i vessilli di guerra dei vari regni romano-britanni contro il nemico comune sassone. Si voleva appunto capire, partendo dal presupposto che questa ipotesi fosse presa per buona, quale sarebbe stata, sempre ipoteticamente, l'area della Gran Bretagna interessata dal mito arturiano... E a mio avviso, le mappe della Britannia del V secolo che spaccano a metà la regione come se i Sassoni avessero trovato per oltre un secolo una fiera resistenza da parte di qualche potenza locale, rappresentano un'ipotesi molto suggestiva. Fra l'atro questa mappa rappresenta l'espansione sassone intorno al 600 d.C., quindi già con un'ulteriore spinta di conquista rispetto a quello che dovrebbe essere il "periodo arturiano", chiamando con questo nome il periodo della fiera resistenza britanna e dei 50 anni di relativa pace fra i due contendenti instauratasi dopo la battaglia di Mons Badonicus nel 496 d.C (schiacciante vittoria romano-britanna solitamente attribuita da alcuni studiosi all'Artù storico, sempre che sia esistito). Il che renderebbe lecito pensare che, un secolo prima, i territori britanni fossero ancora più estesi, spingendo molto più a est i territori conquistati dagli anglosassoni. A questo link per chi fosse interessato si trova invece una disamina dell'armamento della cavalleria pesante romana. Non siamo certamente al livello delle armature del XIV e XV secolo, tuttavia il mito del Cavaliere armato a cavallo tramandatoci dalla leggenda non si discosta poi così tanto da quella che è stata la realtà. Volevo poi specificare che non ho assolutamente intenzione di scavalcare chi, come Sir Guisgard, mi sembra di aver capito abbia dedicato vita e anni di studi alla passione per la storia; tutt'altro, vorrei da profano confrontare ciò che io credo con la sua competenza, proprio per uscirne entrambi arricchiti, se possibile
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04-11-2011, 14.57.48 | #18 | ||
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Qui siamo tutti appassionati e come spesso accade è dalla passione che si raggiungono i sogni più belli. Io amo i miti arturiani nella stessa misura in cui appassionano voi, forse con l'unica differenza che ho sviluppato una concezione più critica verso le varie, seppur suggestive, ipotesi storiche (in realtà è l'unico mezzo che ho, se voglio convincere il mio professore di "Letteratura Medievale ed Umanistica" a farmi proseguire la strada per il dottorato... eh, dura la vita universitaria... ). Quindi, vi prego non datemi "numeri" e meriti che non posseggo, amico mio In verità credo che noi due abbiamo la stessa cultura, la stessa passione e forse i medesimi sogni
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04-11-2011, 15.22.14 | #19 |
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"...i medesimi sogni...", i medesimi sogni appunto.
Tanti anni fa nella rinascimentale città di Dante incontrai un vecchio marchese decaduto carico di anni, di debiti, di ricordi, di passioni e di sogni. Per tutta la vita aveva inseguito la figura di un condottiero britannico del VI secolo d.c. dal nome incerto Owein Dantwyein, soprannominato per le insegne he usava mostrare in battaglia assieme ai vessilli romani, semplicemente "Art", ovvero "Orso". Era soprannominato il Re Orso. Ossessionato dal personaggio intraprese numerose battaglie di carta in vecchi testi consumati e società araldiche di passaggio per incoronarsi diretto discendete di quel prode condottiero. Rimasi con lui per qualche mese, incuriosito della mia musicalità, così affine ai suoi sognio di eterno fanciullo e devo confessare che un affetto primordiale invase la mia anima nell'accerezzare la fronte di quel povero vecchio, emozionarsi alle note del mio strumento ed alle parole delle mie canzoni. Prima di lasciare la sua vetusta dimora per una ridente casa famiglia sui colli bucolici, volle chiamarmi per un utlima volta e farmi un grande dono: una copia settecentesca dell'Historia Brittonum di Nennio, il primo grande testimone di un epoca che era già trascorsa e di un re che era già polvere. Custodisco come una reliquia quel ricordo di carta ingiallita e consunta, e devo dire che ogni qualvolta leggo del "dux bellorum", mi sembra di tornare in quel campo di battaglia, con lo scudo della fede al braccio, con la spada nell'anima e con un'altra canzone da scivere.... Cavaliere della Carretta niente è come sembra e come appare, ci sono cose che la nostra cienza e la nostra filosofia, come qualcuno molto più in alto di noi ha scritto in una sua tragedia, non possono spiegare.... Cavaliere dell'Intelletto, tutto il resto è silenzio... Taliesin, il bardo |
06-11-2011, 12.22.54 | #20 |
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Questa mappa rende abbastanza bene quanto si fosse ridotto il dominio sassone sull'isola durante il periodo "di Artù", cioè a ridosso della battaglia di Badon Hill e alcuni decenni a seguire...
Anzi, credo sia lecito pensare che negli anni immediatamente seguenti la battaglia, all'apogeo della potenza britannica sotto questo nuovo leader carismatico dal nome non meglio precisato, ma che guidò i britanni in 12 battaglie leggendarie culminate poi nella riscossa di Badon Hill, la zona azzurra dei sassoni fosse se possibile ancora più assottigliata verso la costa, o forse addirittura scomparsa del tutto (Nennio parla di diversi sassoni che dopo Badon Hill ripresero il mare in fuga). Io trovo tutte queste ipotesi e questo investigare veramente suggestivo....
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