22-07-2011, 22.50.31 | #1991 |
Cittadino di Camelot
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Non riuscivo a rialzarmi e Luna tardava ad arrivare.
Ero lì, insieme a quella vecchia che ricominciò a ridere e mi mise in guardia. "Ma voi chi siete? E perchè siete stata incatenata?" anche se avevo paura di quella vecchia, m'irritai pensando che qualcuno avesse potuto incatenarla! Non mi stupirebbe scoprire che l'ha incatenata Lady Layla stessa! "E' stata Lady Layla a farvi questo, non è vero?" dissi indicando le grosse catene. "Avete ragione, signora. Se non me ne andrò al più presto verrò sicuramente uccisa da Schezan. Ma per ora sono qui, quindi... Voi sapreste dirmi perchè Lady Layla ha rapito la moglie del Nobile Taddei?" era una domanda che mi assillava da moltissimo. Era oramai ovvio che a Lady Layla non importava nulla della Granduchessa; era invece molto interessata all'Arciduca. Ma perchè? Non me lo so spiegare... Forse Nishuru aveva ragione e la Dolorosa Costumanza a qualcosa a che fare con la Gioia dei Taddei. Dopo tutto era stato con questo pretesto che Lady Layla rapì Talia. Fissai la vecchia ed ella, a sua volta, fissò me. La sfera luminosa che risplendeva ancora sulla mia mano, pian piano perse potenza e la luce che emanava si affievolì. Improvvisamente fu di nuovo buio. E la risata agghiacciante della vecchia risuonò nell'aria.
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"La Morte non è una punizione, ma una liberazione" Dragon Heart. |
23-07-2011, 02.50.08 | #1992 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Quella risata, vaneggiante, allucinante, sconvolgente, sembrava come prendere fuoco nella testa di Sayla.
La vecchia ebbe un sussulto, quasi a volersi alzare da quella sedia alla quale era stata incatenata. “Anche lei è incatenata!” Urlò all’improvviso. “Anche Layla è vittima di questa tragedia! Questa tragedia che lei stessa ha evocato dal più profondo e desolato dei gironi infernali!” Emanò un grido stridulo e grottesco, ma capace di far gelare il sangue nelle vene di Sayla. “Quella donna vuole portarvi tutti con lei!” Continuò. “Dovete partire da questo posto, prima del suo ritorno! Ella non trova pace e vuole tormentare anche l’ultimo dei Taddei! E’ pazza! Ha perduto il senno in quell’attesa che l’ha trasformata in ciò che è oggi! Ha rapito la moglie dell'Arciduca perchè solo così avrebbe potuto costringerlo ad affrontare quella mortale prova! Eccoli…” mormorò, cambiando tono all’improvviso “… li sento… anche tu puoi sentirli…” fissando Sayla “… sono qui e non se ne andranno senza portarsi via un’anima… quella di Layla, o quella dell’Arciduca…” e cominciò a piangere, mentre nei corridoi si sentivano rumori di passi agitati e diverse ombre cominciavano ad allungarsi tra le stanze, le scale e le pareti del palazzo. All’improvviso giunsero Luna e Nishuru. Questi accese una candela, mentre Luna corse ad aiutare Sayla. E nell’illuminare il folle volto di quella vecchia, Nishuru lesse nei suoi occhi bagliori di follia e di dolore.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO Ultima modifica di Guisgard : 23-07-2011 alle ore 02.58.25. |
23-07-2011, 04.01.57 | #1993 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Per il Cielo ormai spento nel crepuscolo, sospinte da un fresco ed asciutto vento, correvano sulle cime dei monti lontani, mescolandosi e confondendosi, eteree masse nuvolose che lasciavano cadere cupe e lunghe ombre indefinite lungo l’orizzonte.
Chi mai poteva vegliare in quell’ora sconsacrata nel verziere? Quali ombre si celavano fra quella vegetazione sempre più opprimente che dominava incontrastata in quel luogo incantato? Queste cose si domandava Icarius, mentre, seguendo il sentiero, penetrava sempre più in profondità in quel lussureggiante scenario. Ad un tratto scorse una sagoma sul sentiero. Era un ragazzino scarno e vestito con abiti consumati e malandati. Stava accanto ad un piccolo carretto trainato da un asinello. “Salute, mio giovane amico.” Salutò l’Arciduca. “Salute a voi, cavaliere.” Il ragazzino stava riparando alcune marionette ammassate in un baule sul carretto. “Sei un burattinaio?” domandò Icarius. “No, mio signore.” Quasi risentito il ragazzino. “Io sono il Maestro delle imprese di Amicizia.” “ Oh, chiedo a te scusa per il malinteso.” Sorridendo Icarius. “Queste marionette sono molto belle.” Osservò il taddeide. “Le hai fatte tu?” “Si, milord.” Annuì il ragazzino. “Sono per lo spettacolo che celebrerà la fine dell’Estate.” “Che spettacolo metterai in scena con queste tue marionette?” “Una tenzone poetica fra i paladini di re Carlo, signore dei Franchi.” “Davvero notevole!” Esclamò Icarius. “Ma sono nei guai…” “Perché?” “Perché ho finito la stoffa e devo ancora cucire le vesti dell’ultima marionetta.” Rispose il ragazzino. “Ma non ho più denaro.” “Quale marionetta ti è rimasta da vestire?” Chiese Icarius. “Quella di Oliviero, l’amico di Rolando, milord.” Icarius allora, mosso a compassione, si slacciò il mantello. “Usa questo e vedrai che saprà essere adatto al tuo lavoro.” Porgendogli il mantello. “Ma è preziosissimo, mio signore!” Esclamò il ragazzino. “E’ sprecato per una marionetta!” “Servirà a vestire uno dei paladini di Francia.” Facendogli l’occhiolino Icarius. “Quale uso migliore potrebbe avere, dunque.” Il ragazzino ringraziò e baciò le mani del taddeide. “Dai, smettila.” Fece Icarius. “Piuttosto, se vuoi aiutarmi, indicami dove si terrà la Dolorosa Costumanza.” “E cosa sarebbe?” “Possibile che nessuno la conosca!” Esclamò turbato l’ardeide. “Si tratta di una prova, di una sorta di sfida.” “E vi hanno indirizzato qui, milord?” “Si, dicendomi di seguire sempre il sentiero.” “Allora percorretelo tutto, non manca molto.” Indicò il ragazzino. “Probabilmente alla fine troverete ciò che state cercando.” Icarius ringraziò il ragazzino e dopo avergli augurato buona fortuna per il suo spettacolo riprese il cammino. Percorse un folto tratto del verziere, sempre più simile ad un incolto bosco, per poi ritrovarsi finalmente alla fine del sentiero. Questo terminava in una piccola conca tra due collinette. L’eroe capomazdese si guardò intorno, ma non vide nessuno. Ma proprio in quel momento si accorse, sulla sommità della collinetta posta a Nord, di un’antica tomba di marmo.
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24-07-2011, 16.41.14 | #1994 |
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"Sssshhh! Fai silenzio o arriveranno tutti!" Feci in tempo a dire solo questo che la donna mi fu addosso.
A malapena riuscii a liberarmi abbastanza da dire: "Non mi toccare! Questo è mio figlio e tu non mi impedirai di portarlo lontano da qui!" Il fuoco del braciere vicino a noi crepitava in modo sospetto, capii subito che erano lì, che se glielo avessi chiesto avrebbero fatto qualcosa. Rovesciai il braciere con un calcio e il fuoco riuscì a distrarre la donna, mentre io tornavo a occuparmi del chiavistello. Con un movimento deciso riuscii a far scattare il meccanismo e liberai Uriel. Lo presi in braccio e mi voltai verso la donna. Ero pronta a usare i miei poteri per uscire da lì con mio figlio.
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24-07-2011, 19.40.58 | #1995 | |
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"Pasuan" urlai. Non ricevetti che un mugugno per risposta. "Pasuan, stai meglio?" ancora solo mugugni. Il fuoco scoppiettò, la stanza si illuminò maggiormente. Riuscii a vederlo meglio: era nudo anche lui, legato con le catene alle mani, ai piedi e aveva un pesante collare attorno al collo. Sul suo corpo vi erano spruzzi di sangue, non era stato spalmato come nel mio. Le sue mani in particolare erano tutte vermiglie. Capii all'istante che cosa doveva essere successo poco prima: il mostro o la strega, o entrambi, dovevano aver fatto dei tagli sulle mani di Pasuan e dovevano averlo costretto a ricoprirmi con esso. Chissà per quale motivo e chissà per quale strano e orribile rituale. Mi resi conto in quel momento che eravamo spacciati. Lì saremo morti e nessuno l'avrebbe mai scoperto. Scoppiai a piangere pensando a com'eravamo stati stupidi a ridiscendere in quella cavità mortale. E nella mia testa mi arrabbiai con Pasuan: per il suo ideale cavalleresco ci aveva condannati a morte. Noi che avremmo dovuto crescere il nostro bambino. Invece morivamo così, prima dei trent'anni, quando Hubert era troppo piccolo anche solo per ricordare i nostri volti.
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25-07-2011, 02.37.53 | #1996 |
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La donna si alzò abbastanza rapidamente, nonostante la sua stazza non indifferente.
Fissò allora Melisendra con uno sguardo indiavolato. “Tu menti!” Disse. “Quel bambino non è tuo! Ci ho visto giusto, sei una zingara e vuoi portarlo via con te! Quel bambino non ha più nessuno al mondo, i suoi familiari sono morti tutti nel massacro di Poggio del Sole!” A quelle parole della donna, Uriel si strinse con forza a sua madre. Il bambino, infatti, aveva rivisto gli orrori che avevano preceduto la sua cattura. “Avanti, lascia quel bambino o darò l’allarme e per te sarà la fine!” Intimò la donna a Melisendra. Intanto, il fuoco del braciere stava già prendendo vigore nella tenda ed in breve buona parte di essa fu avvolta da alte fiamme. Un attimo dopo tre cavalieri entrarono nella tenda.
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25-07-2011, 02.47.04 | #1997 |
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"E tu chi saresti? La sua carceriera, immagino... non mi sfidare..." con una mano riuscii a invitare le fiamme ad avvicinarsi a lei, frapponendosi tra noi. Strinsi Uriel. Lo coprii col mio velo. Non volevo vedesse.
"Lasciai mio figlio alle cure di un cavaliere e di sua moglie a Poggio del sole... appena ho saputo cosa era successo, sono venuta qui. Non pensare nemmeno per un momento di potermi impedire di portarlo lontano da questo luogo, vecchia!" Il fuoco si era arrestato, gli spiriti non avrebbero fatto nient'altro che rimanere in guardia, finchè non avessi dato loro il segnale di attaccare. La tentazione di appiccare un incendio nell'accampamento era tanta, ma mi domandavo se Uriel non avesse già visto abbastanza orrori. Era mio dovere risparmiargli altri incubi. Lo sentii stringersi a me, mi teneva le braccia al collo e si teneva stretto.
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25-07-2011, 02.56.54 | #1998 |
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Gli spiriti avevano ammansito e poi spento quel principio d’incendio, ma il fumo aveva già attirato qualcuno.
I tre cavalieri giunti nella tenda subito bloccarono l’uscita e circondarono Melisendra. “Come hai fatto ad entrare qui dentro?” Chiese alla ragazza uno di loro. “Poco male…” fece un altro “… sicuramente non ne uscirà viva…” “Prendetele il bambino!” Gridò la donna ai tre. “Zitta tu!” Le intimò uno dei cavalieri. Si avvicinò poi a Melisendra e tentò di strapparle il bambino. Uriel cercò di resistere, aggrappandosi prima ai vestiti e poi ai capelli di sua madre, ma alla fine dovette cedere. Madre e figlio furono separati. Melisendra fu immobilizzata e schiaffeggiata dal cavaliere, che poi le puntò la spada alla gola. “Sai che ho una gran voglia di sfigurare il tuo bel viso?” Mormorò il cavaliere, sfiorandole il volto con la lama della sua spada. “Va bene così.” Disse Gouf entrando nella tenda. “Lasciatela a me.” “Si, milord.” Risposero in coro i tre.
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25-07-2011, 03.16.36 | #1999 |
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Lottai contro l'istinto che mi suggeriva di dare fuoco a ogni cosa e ucciderli, nutrirmi di loro e andarmene con Uriel. Non potevo fare una cosa del genere davanti ai suoi occhi, ma cercai di trattenerlo tra le mie braccia con tutte le mie forze.
Quando entrò Gouf la mia rabbia esplose. "Tu! Come puoi fare una cosa simile! Puoi fare una cosa del genere a me, ma non puoi farla a tuo figlio, miserabile verme!" Liberai un braccio con uno strattone e continuai a dibattermi e a inveire contro di lui. "Non ti avvicinare!" evocai nuovamente il fuoco.
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25-07-2011, 03.28.40 | #2000 |
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Gouf fissò Melisendra senza tradire emozioni.
I suoi occhi neri, il suo spettrale pallore ed il suo viso erano una maschera di enigmatica impenetrabilità. Alle minacce di Melisendra prese un tizzone dal braciere e lo strofinò contro il suo stesso volto. “Credi davvero che il fuoco o il dolore possano spaventarmi?” Fissandola come se non avvertisse alcun dolore. Fissò per un istante Uriel e poi tornò a Guardare Melisendra. Si avvicinò e con un gesto improvviso quanto fulmineo l’avvolse nel suo mantello nero. “Non siete una donna, né tanto meno una madre…” disse Guisgard fissandola “... cosa farete quando dovrete nuovamente nutrirvi? Ucciderete davanti a vostro figlio?” “Siete come la mia mamma…” mormorò Gavron addormentato sulla spalla di Melisendra. “Avanti, Melisendra…” fece l’oscuro signore “... diglielo che verrai con me di tua spontanea volontà...” “Il fuoco non mi spaventa…” disse Gouf avvicinandosi alla ragazza “… e nemmeno il dolore...” In quel momento Melisendra aprì gli occhi. Avvertiva un lieve capogiro, ma un attimo dopo riuscì a ricordare ogni cosa. Si guardò allora attorno, cercando suo figlio. Era accanto a lei, addormentato. Ma erano entrambi incatenati ad un palo conficcato nel terreno. E non erano soli nella tenda. Seduto su un seggio a pochi passi da loro vi era Gouf.
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