25-07-2011, 03.42.40 | #2001 |
Cittadino di Camelot
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Accarezzai Uriel, mi pareva che respirasse regolarmente, era esausto. Poi mi guardai intorno.
Appena lo vidi mi lanciai verso di lui. Avrei voluto avere la forza di farlo a brandelli. Sfortunatamente le catene fermarono il mio slancio a poca distanza da lui. "Avevi ragione ad ammirare il mio coraggio..." sibilai guardandolo negli occhi "senza di esso non sarei mai riuscita a entrare nel letto di un uomo abietto come te..." Lo guardai con disprezzo. Lanciai un'occhiata alla catena. Questa volta non c'era modo di forzarla.
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25-07-2011, 03.57.55 | #2002 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Allora, probabilmente, ne avrai conosciuti molti di uomini come me.” Disse con disprezzo Gouf a Melisendra. “Dovresti essermi grata, mia cara, visto che la mia misericordia di permetterà di condividere lo stesso fato di tuo figlio…” sorseggiò del vino dalla sua coppa “… mi meraviglio come il tuo signore ti abbia lasciata andare… beh, mi ha fatto un favore… domani sacrificherò due anime al cospetto di Aytli, invece di una soltanto…”
Ma in quel momento una musica si diffuse nella tenda. Gouf cercò nella penombra e notò una figura avvolta nel suo mantello. “Come sei giunto qui, menestrello?” Domandò il Cavaliere del Gufo. “Sono qui per te…” mormorò la figura nel mantello “… perché hai finito di seminare il terrore in queste terre…” “E ad impedirmelo sarà un menestrello come te?” Domandò con disprezzo Gouf. “Orfeo e Paride erano superbi nella musica, ma inetti come guerrieri… dedicati al tuo strumento, menestrello…” “Re Davide e Tristano però eccellevano in entrambe le arti…” “Vuoi vincermi con quell’ocarina, musico?” La misteriosa figura allora smise di suonare ed aprì il mantello, mostrando la spada che pendeva dalla sua cintura. “Chi sei tu?” Chiese Gouf. “Colui che stavi aspettando…” rispose Guisgard.
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25-07-2011, 04.14.14 | #2003 |
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"La tua misericordia, come tutte le altre tue qualità, vale ben poco..." replicai.
Arretrai verso mio figlio, nel vano tentativo di proteggerlo da un destino ormai segnato. Non c'era nessun braciere vicino a me. La tenda era nella penombra, probabilmente perchè Gouf si aspettava che sarei ricorsa ai miei trucchi. Improvvisamente una musica attirò la nostra attenzione. Quella musica era fin troppo familiare. Scrutai nell'oscurità della tenda e spalancai gli occhi per lo stupore. Non poteva essere. "Tu?" domandai sorpresa. "Ma... che cosa..." i miei pensieri confusi non trovarono modo di esprimersi. Lo vidi emergere dalla penombra.
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25-07-2011, 04.39.59 | #2004 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Guisgard fissò, per un momento, gli occhi di Melisendra.
Gouf invece aveva il suo sguardo fisso sul cavaliere. “Vuoi sacrificare una madre e suo figlio” disse Guisgard “per vendicare chi fu vittima delle sue stesse colpe.” “Chi sei tu?” Chiese di nuovo Gouf. “Quella donna decise da sola la sua vita” fissandolo Guisgard “e la sua morte…” “Chi sei, maledetto?” Urlò Gouf. “Sono un cavaliere… il mio nome è Guisgard… sono qui, ora libera loro due e risolviamo tra noi la nostra questione.” Gouf si alzò di scatto e con gesto fulmineo della sua spada spezzò le catene che tenevano imprigionati Melisendra e Uriel. Un attimo dopo il Cavaliere del Gufo si lanciò contro Guisgard. Questi estrasse rapido la spada e cominciò a duellare col suo formidabile rivale. Gouf colpiva con rabbia e con forza, mentre Guisgard era costretto alla sola difesa. I colpi del Gufo erano a stento parabili ed avrebbero di certo ridotto in pezzi la spada del suo avversario se questi non avesse avuto con sé Parusia. I due contendenti, come lupi feroci, combattevano senza risparmiarsi, come se entrambi fossero mossi da vivo odio. Lo scontro era acceso e ben presto i due si ritrovarono fuori dalla tenda. Il campo di battaglia divenne allora un piccolo spiazzo che sovrastava la palude sottostante. All’improvviso Guisgard urlò. Gouf era riuscito a ferirlo ad un fianco. Il cavaliere nero allora cercò il corpo di grazia, ma Guisgard evitò il suo attacco e, girandogli intorno, riuscì a ferirlo ad una spalla. “Come… com’è possibile?” Mormorò stupito Gouf “… come hai potuto penetrare la mia corazza?” Fissò allora la spada del suo avversario. “Che spada è quella?” Chiese. “Quella che ti spedirà all’Inferno!” Lo scontro riprese con ancora più ardore. Gouf, accecato dalla rabbia, si lanciò sul suo avversario, ma questi evitò di nuovo il suo attacco. Ed approfittando del momento propizio, nel quale Gouf era senza difesa, con un colpo preciso gli mozzò la mano sinistra. Il Gufo lanciò un urlo straziante, ma poi, quasi rinvigorito dalla rabbia per quel colpo subito, si lanciò nuovamente verso il suo avversario. Stavolta Guisgard non riuscì ad evitarlo. Lo scontro fu terribile ed entrambi persero la propria spada. Gouf allora colpì con un pugno Guisgard, gettandolo a terra. Sollevò poi un grosso masso, deciso a frantumare la testa del suo avversario. Guisgard però lo evitò rotolandosi nel terreno, fino a raggiungere Parusia. Gouf gli si lanciò contro per impedirgli di riprendere l’arma, ma Guisgard riuscì ad impugnarla e a lanciarla contro il suo rivale. Parusia penetrò la corazza ed il petto di Gouf. Ma questo non arrestò la corsa del Gufo che riuscì comunque a raggiungere Guisgard, spingendolo nella palude. Un attimo dopo Gouf si accasciò, fissando compiaciuto il suo odiato nemico affondare nelle sabbie mobili. E con rabbia estrasse Parusia dal suo petto. “Peogora!” Gridò Guisgard, mentre cercava di non affondare. “Peogora!” La fedele Peogora si avvicinò alla palude e scuotendo la testa cercò di portare le redini verso il suo padrone che tendeva le mani verso la cavalla. E dopo alcuni tentativi, il cavaliere riuscì ad afferrarle. “Tira, Peogora! Tira!” La cavalla riuscì così a portare in salvo il suo padrone.
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25-07-2011, 05.12.07 | #2005 |
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Dafne aveva visto quell’orrenda visione di sangue.
In quel momento qualcuno entrò nella sala. Era il bambino deforme. Ignorò Dafne e fissò Pasuan incatenato. Emise una sorta di grottesco vagito e corse verso il cavaliere. Ma un istante prima che il bambino lo raggiungesse, Pasuan alzò il capo, fino a quel momento chino, ed avvolse le catene attorno al suo collo. Il mostruoso bambino cercò di divincolarsi da quella stretta, ma fu inutile. Pasuan lo strangolò, lasciandolo poi cadere a terra tra il sangue che inondava quella stanza. Cercò allora tra i vestiti del bambino fino a quando trovò una chiave. Aprì le sue catene e chiamò la sua amata: “Dafne, va tutto bene?” Ma proprio in quel momento una nera figura apparve sulla porta. Era la donna, che vedendo il suo bambino a terra senza vita cominciò a gridare. Il suo grido era simile ad un sibilo straziante che sembrava voler vibrare fino a frantumare ogni cosa in quel luogo. Poi, togliendosi le mani dal volto orrendamente alterato dal dolore, fissò Pasuan. Un attimo dopo il cavaliere si ritrovò addosso la strega. Questa con le unghie e con i denti cominciò ad attaccare Pasuan. Gli graffiava il torace e le braccia con le sue mani, mentre con la bocca cercava di azzannarlo. Il cavaliere cercava di resistere, ma la forza di quella donna demoniaca sembrava superiore a quella di un uomo comune. “Sarai il mio pasto, maledetto!” Gridò la strega con una voce che ormai di umano aveva ben poco. “E dopo mi ciberò delle carni della tua amata!” I due continuarono a lottare, fino a giungere davanti al forno, nel quale ardeva una grossa fiamma. La donna spinse Pasuan contro le pareti ardenti del fuoco ed il cavaliere grdò per il dolore. E approfittando di questo, la strega azzannò la spalla di Pasuan, lacerandogli le carni. Di nuovo il cavaliere si abbandonò ad urlo di straziante dolore. Allora, con le ultime forze, raddoppiate forse per la rabbia e la disperazione, afferrò il volto della donne e lo strinse con forza, fino a girarla verso la bocca infuocata del forno. La megera cercò di resistere e di liberarsi da quella morsa, ma la determinazione di Pasuan ebbe la meglio. Il cavaliere riuscì a sollevarla e poi a spingerla nella bocca del forno. Una fiammata avvolse l’orribile strega, mentre questa grugniva e si contorceva. Alla fine però dovette arrendersi alle fiamme, che simili a quelle dell’Inferno, avvolsero e consumarono il suo corpo. Pasuan, stremato si accasciò a terra, tenendosi la spalla che sanguinava e che gli procurava un intenso bruciore. Ad un tratto però sentì una fitta agli occhi. Cominciò a strofinarseli, come a cercare sollievo. Quella fitta durò alcuni istanti, per poi svanire pian piano. Si voltò allora e chiamò nuovamente la sua amata: “Dafne!” Disse. “Dafne, dove sei?”
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25-07-2011, 05.21.59 | #2006 |
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Morgan fissava il soffitto, dal quale proveniva la voce di Talia.
Ma ad un tratto qualcuno entrò nella stanza. Il bambino si voltò a fissare il nuovo arrivato. Ma, entrando, Lho aveva sentito le ultime parole di Talia. E da come Morgan fissava il soffitto, il vecchio guerriero capì che la sua Granduchessa doveva trovarsi in un vano comunicante posto sopra la stanza in cui si trovavano. “Ora vi tirerò io fuori da lì, mia signora!” Disse il guerriero. Cercò allora il passaggio che metteva in comunicazione i due ambienti e, trovatolo, con la spada usata come leva riuscì a forzarlo. Sollevò l’apertura ed aiutò Talia a scendere da lì. “Mi aveva insospettito il modo di fare di quel dannato Eunuco.” Fece Lho. “Ecco perché sono tornato a controllare questa stanza. E fortunatamente ci avevo visto giusto… voi come state, milady? Vi hanno fatto qualcosa quei maledetti?”
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25-07-2011, 13.12.33 | #2007 |
Cittadino di Camelot
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La botola, forzata dalla spada, scricchiolò e poi si aprì, le assi che fungevano da apertura furono rovesciate indietro e il volto di Lho comparve in quel riquadro di viva luce proveniente dalla stanza sottostante. E finalmente, appoggiandomi al braccio del guerriero, mi calai dall’apertura e uscii da quella sorta di cella di prigionia.
“Sto bene...” risposi all’uomo “Mi hanno soltanto rinchiusa quando ho iniziato a poco a poco a rammentare qualcosa, a fare troppe domande e ad esser meno docile...” Mi voltai, quindi, e mi inginocchiai per poter guardare Morgan negli occhi... “Grazie!” mormorai al bambino “Grazie per essere rimasto con me! Sei molto coraggioso, lo sai?” Gli sorrisi, passandogli una mano tra i capelli scuri, poi lo abbracciai. “Ora andrà tutto bene...” lo incoraggiai poi, tornando a guardarlo “Non permetterò a Shezan né a nessun altro di spaventarti ancora! Te lo prometto!” Osservai ancora per un momento il bambino, poi presi la sua piccola mano nella mia e mi alzai, tornando a fronteggiare Lho... “Ho visto Icarius avventurarsi nel bosco...” mormorai mestamente “Non doveva farlo! Non glielo dovevate permettere!” Lo dissi senza pensare, in preda a quel cieco dolore che mi stava stracciando l’anima in mille minuscoli pezzi... ma subito il dolore e la preoccupazione che colsi in fondo agli occhi dell’uomo mi riscosse e mi fece pentire di quelle parole avventate... “Perdonatemi!” mi affrettai a soggiungere “So quanto tenete a lui e alla sua incolumità... non era mia intenzione offendervi, Lho! E’ solo che... se dovesse accadergli qualcosa, io... Ma so che voi non avete colpa per quella decisione... no, se vi è qualcuno che ne ha colpa, quel qualcuno sono io... tutto questo non sarebbe mai accaduto se io non fossi stata tanto sciocca da credere a Layla, se io non avessi...” Mi interruppi, chiusi gli occhi e inspirai profondamente: non volevo che Morgan mi vedesse piangere, non potevo cedere alla paura e allo sconforto, non in quel momento... Presi un paio di respiri e, quando fui certa di potermi dominare, riaprii gli occhi... “Ma c’è qualcosa che è necessario fare...” dissi, tentando di cambiare discorso “Morgan mi ha parlato di strane cose che avvengono qui e io credo che sia giunto il momento di vederci chiaro! Anzi, vorrei proprio cominciare da quel misterioso ritratto... Morgan...” soggiunsi rivolta al bambino “Te la senti di mostrarmi dove si trova la stanza di lady Layla?” Sollevai lo sguardo, poi, e lo puntai sull’uomo di fronte a noi: “Il vostro aiuto e il vostro consiglio sarebbe per me molto più che utile e oltremodo gradito, Lho... Volete accompagnarci?”
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
25-07-2011, 18.56.46 | #2008 |
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Mi ripresi a stento dalla visione dell'uccisione del bambino. Il mio cuore di madre a fatica tollerava quella morte, sapevo che era un piccolo demonio, sapevo che quel bambino era un mostro ma... era pur sempre un bambino. Poi era arrivata sua madre, impotente com'ero a causa dei lacci che mi imprigionavano avevo guardato lo scontro tra lei e Pasuan. Le tre urla di Pasuan mi avevano quasi ucciso, il mio amore per lui era così grande che non sopportavo di vederlo soffrire. Temetti per la sua vita quando furono vicini al forno ma, all'improvviso, quasi inaspettatamente fu la strega a caderci dentro. Era finita!
Mi sentii chiamare da Pasuan "Pasuan! Sono qui, qui sul tavolo di pietra. Non mi posso muovere. Sono legata per le mani e per i piedi" lo guardai, vidi che non riusciva a capire dove fossi. "Segui la mia voce, Pasuan, sono qui al centro della stanza. Alzati e vieni avanti, mi raggiungerai". Fece come gli dissi e si alzò, vidi il suo corpo nudo completamente ricoperto di lividi e la carne lacerata sulla spalla. Grondava di sangue. "Pasuan! Liberami, presto! Sei tutto ricoperto di lividi, bisogna pulire le ferite o si infetteranno. Liberami e usciamo di qui".
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"Gli uomini che meglio riescono a stare con le donne sono gli stessi che sanno starci benissimo senza" Baudelaire |
25-07-2011, 20.38.27 | #2009 |
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Un vento sordo ed ululante attraversava lo sterminato bosco circostante, rendendo il cielo terso e le grandi nuvole che su di esso si stagliavano bianchissime ed inquiete.
La vegetazione cresceva libera ed incolta e per buona parte aveva già cominciato ad avvolgere tra sterpi e rovi quell’antica tomba. Dominava dall’altezza della piccola collinetta, dando le spalle all’Occidente, oscurandosi così man mano che il Sole giungeva a terminare il suo cammino e proiettando la sua lunga ed inquietante ombra sulla bassa conca che la precedeva. Era una tomba abbandonata, appartenuta di certo, dato il decadente splendore tutt’ora ancora vivo, a qualche vecchia e nobile famiglia, forse dimenticata dal tempo e dagli uomini. Era di granito antico, scolorito, consumato e corroso dalla natura. Coperta com’era dalla vegetazione, almeno per buona parte, diveniva visibile solo quando si giungeva ai piedi della collinetta sulla quale si erigeva. La porta della tomba, una grossa e spessa lastra di marmo un tempo policromo, poggiava su massicci cardini di ferro ormai arrugginiti ed inservibili all’originario scopo. Ecco perché una larga asta di pietra, posta perpendicolarmente all’asse verticale della porta, la teneva bloccata ai battenti un tempo finemente decorati ed ora invece logorati dalle intemperie. Una profonda fessura che si apriva sulla cupola, un unico blocco posto sulla struttura funeraria, fino quasi a raggiungere l’altezza della stessa porta, lacerava un terzo della tomba e conferiva alla pietosa ed austera costruzione un’aria tetra e spettrale. La fessura, simile in realtà più ad una profonda spaccatura, era stata causata probabilmente da un fulmine abbattutosi sulla tomba molti anni prima, dato che il marmo, lungo il margine di quella crepa, presentava segni di bruciatura piuttosto marcati. Quasi si fosse trattato di un segno divino lasciato da qualche Angelo come monito a chiunque s’imbattesse in quel luogo dimenticato e maledetto. Icarius si guardò intorno, ma non vide nessuno. “Eppure il sentiero termina in questa conca…” pensò. Allora decise di avvicinarsi alla tomba. Si accorse così che sulla porta vi era una scritta, incisa chissà quanti secoli prima su quel marmo ormai consumato. L’incisione non era facilmente leggibile anche a causa degli sterpi che crescevano incontrollati attorno al monumento. L’Arciduca strappò alcune di quelle piante e pulì la scritta, per leggere ciò che diceva. E dopo un attimo il suo viso sbiancò ed il suo sguardo trasalì. Una smorfia di profondo turbamento alterò i suoi bei lineamenti ed un gemito prese forma dalla sua voce. Indietreggiò di alcuni passi, per poi inciampare nella fitta vegetazione. Sentì allora delle voci e dei rumori lontani, come se il vento avesse mutato il suo sibilo. Si voltò e vide in lontananza le mura di Capomazda assediate da un esercito nemico. Ma dove si trovava? Si chiedeva Icarius. Com’è possibile che Capomazda fosse visibile da quel luogo, che invece doveva trovarsi quasi fuori dalle terre dei Taddei? E quell’esercito che l’assediava? Era forse quello di Cimarow? Allora un allarmante pensiero si fece strada nel suo cuore. Forse anche i suoi antenati avevano visto quella tomba e letto quel nome inciso su di essa, prima di morire orrendamente sfigurati da un’innaturale spavento. Quel nome. Il solo leggerlo dopo aver visto la Dimora degli Innamorati avrebbe fatto impazzire per la paura chiunque. Si voltò di nuovo verso la tomba e lesse ancora quel nome. Stavolta ad alta voce, quasi a vincere l’incanto che sembrava volerlo rendere folle. “Layla D’Ancertrbury…” mormorò. Chinò allora il capo, cercando di scacciare quell’inumana paura che l’aveva preso. Poi il ricordo del volto di Talia lo destò, per un momento, da quell’angosciante morsa. “Allora…” sussurrò “… quella donna… e tutti gli altri… sono tutti dei…” Strinse il Crocifisso che aveva al collo e si rialzò. “Devo tornare in quella dimora…” farfugliò confusamente “… Talia e tutti gli altri sono in pericolo…” Ma proprio in quel momento Matys cominciò a tradire un vivo nervosismo, per poi imbizzarrirsi, come spaventata. “Buona, Matys!” Gridò Icarius cercando di afferrare le redini della sua cavalla. “Buona!” Ma un terrificante nitrito, proveniente dalle sue spalle, gli gelò il sangue, ammutolendo anche Matys. Icarius si voltò e lo vide. Uno spettrale cavaliere su di un cavallo nero come la morte stava accanto alla tomba e lo fissava. Aveva una spessa corazza ed un mantello rosso come il sangue avvolgeva la sua infernale figura.
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25-07-2011, 21.45.37 | #2010 |
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Pasuan si avvicinò a Dafne e cominciò a fissarla.
I suoi occhi erano visibilmente arrossati e lacrimavano. Si avvicinò alla ragazza e le sorrise. “Sei bellissima, amore mio…” sussurrò il cavaliere “… sei la più bella donna che io abbia mai visto…” La liberò dai lacci e la baciò con passione. “Si…” aggiunse “… io posso vederti, Dafne…” e l’abbracciò. Prese allora la ragazza e corse verso una galleria che li condusse in un antro dove si trovavano gli altri prigionieri. “Aiutami a liberarli, Dafne!” Urlò alla ragazza. Dopo aver liberato i prigionieri, tutti loro lasciarono finalmente quella tomba. Pasuan aveva recuperato due mantelli e ne aveva usato uno per sé ed uno per Dafne. Risalita una galleria, si ritrovarono in superficie, in un bellissimo campo fiorito, davanti ad una piccola chiesetta di campagna. Pasuan prese Dafne per mano e si avvicinò alla chiesetta. I due entrarono e subito l’atmosfera di pace rasserenò i loro animi. Accanto all’altare c’era una candela che splendeva. Pasuan e Dafne raggiunsero l’altare ed il cavaliere si chinò per pregare e ringraziare il Cielo di aver superato quella dura prova. “Pace e bene, figlioli.” Disse un prete avvicinandosi ai due. Pasuan sorrise. “Padre, cosa significa quest’unica candela accesa?” “Simboleggia la Fede.” Rispose il prete. “Quando si è quasi consumata, viene sostituita da un’altra. Così la fiamma che simboleggia non si spegne mai.” “Si è quasi consumata.” Fece Pasuan. “Possiamo cambiarla noi con la nuova candela?” “Certo.” Annuì il prete. Questi allora diede al cavaliere una nuova candela. “Dafne…” disse Pasuan “… possa il mio amore per te ardere per sempre come la fiamma di questa candela della Fede…” e accese la nuova candela. “Padre…” aggiunse poi “… questa è la donna che amo e già ho perso troppo tempo lontano da lei… voglio che diventi mia moglie… ora.” “Che meraviglioso proposito!” Esclamò il prete. “Sono certo che lei ne sarà felicissima! Andiamo, vi è un altare nel cortile della chiesa… celebreremo là.” Nel cortile tutto era pronto per la cerimonia. Il giardiniere della chiesetta e la perpetua del prete fecero da testimoni alle nozze. “Un momento… gli anelli!” Disse all’improvviso Pasuan. Si guardò allora intorno e colse alcuni piccoli fiori di campo. L’intrecciò fra loro e formò due anelli. “Quando saremo a casa ti comprerò un anello meraviglioso e degno della promessa del mio amore eterno…” sussurrò a Dafne. Il prete allora celebrò il matrimonio e finalmente Pasuan e Dafne si baciarono da marito e moglie. E un bellissimo tramonto purpureo diffondeva il suo magico alone nella campagna, quasi a voler benedire l’unione dei due giovani sposi.
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