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Vecchio 06-07-2010, 03.08.48   #201
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

“L’amore è dunque cosa si benedetta,
un si felice travaglio che nessuno, privo
del suo insegnamento, può perseguire
onore e perfezione.”
(Goffredo di Strasburgo, Tristano)


Ardea fissò i due ai suoi piedi.
“Cosa si nasconde dietro tutta questa storia, milady?” Chiese il cavaliere a Maria. “Rispondete, in nome del duca!”
Maria lo fissò, singhiozzando ed asciugandosi le lacrime.
Ardea la guardava con un sguardo austero, che esigeva risposte per svelare quell’oscura situazione, ma in cuor suo restava turbato e colpito dall’espressione di quella donna.
Sempre fiera, altera, sprezzante, ora invece appariva docile ed avvilita.
“Giovanni” cominciò a raccontare la donna “entrò giovanissimo al servizio di mia madre. Era forte e leale. Amava i cavalli e sembrava capace di comprendere il loro linguaggio. Mi sentii subito attratta da lui e trascorrevamo spesso interi pomeriggi a cavalcare nella brughiera.”
Si asciugò di nuovo quel fiume di lacrime che le scendeva sulle rosee gote ed aggiunse:
“La brughiera sa assumere colori e suoni straordinari, a seconda della stagione che l’attraversa. Anche il vento, mentre soffia tra le cime degli alberi, sembra inneggiare alla vita.”
Detto questo strinse ancor più forte a se Giovanni.
“Milady, la verità…” disse Ardea con un tono che non lasciava dubbi sul suo stato d’animo.
Maria lo fissò, poi con un impeto di orgoglio si alzò e sembrò quasi voler sfidare il suo sguardo.
“La verità” disse “è la cosa più naturale del mondo. In breve ci innamorammo.”
“E come può l’amore generare tutto l’orrore che è accaduto a Frattagrande negli ultimi tempi?” Chiese Ardea.
“Perché” rispose di getto Maria “quando Amore è ostacolato scatena su tutto e tutti la sua ira!”
“Cosa vi ha impedito di essere dunque felici?” Chiese ancora Ardea.
“Le miserie umane!” Rispose Maria.
“Spiegatevi meglio.”
La donna accarezzò il capo di Giovanni e poi lo baciò.
“Fu la mia famiglia.” Disse. “Furono tutti loro che si opposero alla nostra felicità.”
Ardea la fissò senza dire nulla.
“Morta mia madre... ” aggiunse Maria “... ben presto tutti si accorsero dell’amore tra me e Giovanni. Ed a quel punto mio fratello e le mie sorelle mi imposero di dimenticarlo. Dicevano che era indegno per una nobile accoppiarsi con un umile servo!”
“E voi?” Chiese Ardea.
Maria abbassò il capo senza rispondere nulla.
“Amore è un privilegio” disse Ardea “che richiede sacrifici per poterlo meritare.”
“Voi non capite…” rispose quasi sussurrando Maria “... se non avessi lasciato Giovanni la nostra famiglia si sarebbe lacerata. Ho dovuto farlo…”
“Milady, non giustificatevi con me.” Disse Ardea con un ghigno che lasciava trasparire un misto di rabbia e disillusione. “Del resto, se non si è davvero innamorati nessuno può farcene una colpa.”
“Cosa intendete dire?” Chiese turbata Maria.
“Quello che ho detto.” Rispose Ardea.
“Non credo di capirvi.”
“Avete compreso benissimo.”
“Cavaliere, badate a ciò che dite!”
“Milady, non siete nella posizione di intimare nulla.”
“Voi non sapete quanta sofferenza abbiamo dovuto sopportare io e Giovanni!”
“Ho troppo rispetto per l’amore” rispose Ardea “per lasciarmi impressionare dalle vostre lacrime.”
“Voi parlate di amore!” Esclamò stizzita la donna.
“Si, parlo di amore!” Replicò Ardea. “Parlo del vero amore. Quello che ti brucia dentro e ti stravolge la vita! Quello che irrompe nel tuo mondo e ti desta dal grigiore di un’esistenza senza slanci! Quello che rende superfluo ed inutile tutto il resto! Di quest’amore parlo. Un amore che smuove le montagne con la forza dei sospiri di chi ne è colpito!”
“Voi non sapete nulla di me!” Esclamò fiera Maria.
“Si” ribatté Ardea “e le vostre parole mi mostrano benissimo ciò che pensate.”
“Non devo rispondere a voi della mia vita!”
“La vostra vita è affare vostro.” Rispose Ardea. “Potete innamorarvi ogni giorno di un uomo diverso, per quanto mi riguarda. Ma i delitti ed il disordine esplosi a Frattagrande mi riguardano eccome! Ed in nome del duca i colpevoli pagheranno! Statene certa!”
“Come osate parlarmi così!” Esclamò Maria. “Non accetto un simile affronto da chi si fa chiamare Cavaliere Disonorato!”
“Siamo disonorati entrambi, mia signora!” Rispose lesto Ardea. “Perché entrambi abbiamo disonorato chi amavamo!”
Maria lo fissò turbata, senza rispondere nulla, come fulminata da quelle parole.
“Se amavate davvero quest’uomo” continuò il cavaliere “allora dovevate restare al suo fianco nonostante tutto e contro tutto! Come può sentirsi chi viene abbandonato dalla persona amata?”
“Io non l’ho abbandonato!” Replicò Maria.
“Non avete avuto il coraggio di seguirlo!” Disse Ardea. “Vi è mancata la forza di mettere il vostro amore al primo posto! Davanti a tutto il resto! E questo, per chi dice di amare, è imperdonabile!”
Maria lo guardò impietrita, con gli occhi pronti ad esplodere.
Giovanni invece restava a terra, con lo sguardo chino, senza dire nulla.
Per un momento nella grotta scese un irreale silenzio e l’unica cosa che si udiva era il fuoco delle torce che bruciavano.


(Continua...)
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Vecchio 07-07-2010, 01.57.07   #202
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ARDEA DE' TADDEI

“Neppure dovete scordare le vostre azioni passate,
ma confessare innanzi a Dio tutto con diligenza.
Questo vi raccomando, nobilissimi guerrieri.
Se Dio non l’impedisce dal cielo, questa sarà l’ultima
messa.”
(I Nibelunghi, XXXI, 1856)


La tiepida luce che dominava nella grotta, frutto di quelle torce, generava bagliori ed ombre che sembravano prendere forma e vita sulle annerite pareti di granito.
Quasi a voler raccontare storie antiche, epiche, forse dimenticate e custodite per sempre nel seno della brughiera.
Il rumore della legna che si consumava echeggiava nel sordo silenzio di quel luogo, dando l’idea che tutto fosse fermo ed immutabile, proprio come l’angoscia e le pene di tutti loro.
Il corpo del molosso era ormai in un lago di sangue, vischioso e scuro, come se da quella carcassa fosse fuoriuscito il sangue di tutte le vittime della belva.
Ardea fissava quel corpo senza vita, mentre pensieri di turbamento ed ansia si accavallavano nella sua mente.
E all’improvviso, in un impeto di rabbia, conficcò al suolo la sua spada.
Parusia, incastrata nel terreno della grotta, colpita dai riflessi delle torce, emanava bagliori purpurei che sembravano quasi illuminare a giorno quella prigione di pietra.
“Quanti morti.” Disse Ardea. “Quanti innocenti sono stati vittima di quest’orrore e di questo delirio.”
“Quella belva ormai è morta” intervenne Biago “e la pace tornerà a Frattagrande.”
“Credi davvero che il vero colpevole fosse quel cane?” Rispose con rabbia Ardea.
“Ecco io…” tentò di rispondere Biago.
“No, i veri colpevoli sono costoro!” Disse Ardea indicando i due amanti a terra. “Costoro con la loro vigliaccheria e le loro miserie!”
“Sinceramente” intervenne Maria con un filo di voce “potete pensare e dire ciò che credete, cavaliere... nessuna offesa e nessuna punizione potrebbero farmi più male di quanto non ne abbia già subito in vita.”
“Se amavate davvero quest’uomo” chiese Ardea “perché non avete lottato per lui?”
“L’avete detto voi stesso... ” rispose Maria con un sorriso di beffa e rassegnazione insieme “... le miserie umane…”
“E voi!” Urlò Ardea prendendo per il collo Giovanni. “Voi, perché avete fatto scempio di tanti innocenti, pur di sfogare il vostro odio? Perché, in nome del Cielo? Perché?”
Giovanni lo guardò con uno sguardo di apatia, senza rispondere nulla.
Ad un tratto si udirono dei passi.
Un attimo dopo nella grotta entrarono Luigi, le altre sue sorelle ed alcune guardie del palazzo.
I loro sguardi erano di vivo stupore misto a terrore.
“Come avete trovato questo luogo?” Chiese Ardea a Luigi.
“Abbiamo seguito le vostre tracce con i cani” rispose dopo un attimo di smarrimento Luigi “e una volta trovati i vostri cavalli abbiamo fatto presto a scoprire questo triste luogo.”
“Tutta questa storia è triste. Triste ed infamante.” Disse Ardea. “Da quanto siete qui?”
“Da abbastanza tempo per aver udito ogni cosa.” Rispose Luigi con lo sguardo basso.
“Allora non vi è più nulla da aggiungere.” Disse Ardea. “Ora imporrò su Frattagrande la legge del mio signore, il duca.”
“E noi, come sempre, vi obbediremo.” Rispose Luigi.
Così, il feroce molosso fu seppellito nella brughiera e quella grotta purificata da riti e preghiere.
Il giorno seguente, al palazzo dei Mussoni, Ardea presentò il conto a tutti loro.
“Entro sette giorni a partire da oggi vi occuperete di far giungere al duca tutti i tributi arretrati.” Sentenziò Ardea. “Fra tre mesi a partire da oggi, comunicherete al Castello delle Cinque Vie come amministrerete questa contrada. Se continueranno ad esistere dissapori fra di voi, la vostra stirpe perderà il diritto di amministrare queste terre.”
“Tutto ciò che avete disposto” rispose Luigi “sarà compiuto. Avete la mia parola d’onore.”
“L’infamia che ha colpito la vostra famiglia” aggiunse Ardea “si potrà estinguere, se Dio vorrà, solo con una giusta amministrazione di queste terre.”
“E così sarà, a Dio piacendo.” Rispose Luigi.
Fatto ciò, Ardea e Biago si apprestarono a partire.
Ma prima del loro congedo, Maria avvicinò il cavaliere.
“Credete che Giovanni pagherà con la vita?” Chiese la donna.
“Il suo destino” rispose Ardea “dipenderà dal giudizio dei Migliori che sarà sancito alla presenza del re. Quel che i nobili del regno decideranno sarà il suo destino.”
“Se egli tornerà un giorno da me” chiese ancora Maria “credete che ci sarà un’altra possibilità per noi due?”
“Amore non è un tiranno, milady.” Rispose Ardea. “Ma bisogna essere degni dei suoi doni.”
“Cosa devo fare, dunque?” Chiese Maria.
“Continuare ad amare il vostro uomo.” Rispose Ardea. “Qualsiasi sia il suo destino.”
“Non potrei fare altrimenti, cavaliere.” Disse la donna.
“Lo so, milady.”
Detto questo, seguito dal fedele Biago, il cavaliere Disonorato si congedò da Frattagrande e dai suoi abitanti.
Un cielo velato salutava quella partenza.
Ed anche nell’animo di Ardea, dopo quei fatti, si addensavano alte e grigi nuvole, come se preannunciassero un forte temporale all’orizzonte.


(Continua...)
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Vecchio 07-07-2010, 03.48.01   #203
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Talia sarà presto famosoTalia sarà presto famoso
complimenti ad Ardea per la felice risoluzione di un'altra questione!
Anche se queste nubi all'orizzonte non preannunciano niente di buono... ma non ha mai un momento di pace il nostro?
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"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."

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Vecchio 07-07-2010, 20.54.15   #204
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Ardea porta nel cuore una grave pena.
E questo è il suo tormento.
Un tormento che nemmeno la sua formidabile Parusia può annientare.
Tutto sembra sfumare, anche l'amore.
Un amore che gli appare come un'illusione, un incanto, simile ai sogni più belli che però all'alba volano via.
Sue compagne di viaggio ormai sono solo due dame: madonna Amicizia e madonna Fede.
E solo loro possono, in questo viaggio, dargli conforto e mostrargli misericordia.
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Vecchio 08-07-2010, 04.19.24   #205
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ARDEA DE' TADDEI

QUARTA QUESTIONE: CASORRE, LA GIOSTRA DI GOVAROLA

“Così dicendo gli mostrò tre scudi appoggiati
al muro, tutti dipinti d’argento, uno con una
banda vermiglia, l’altro a due bande, il terzo
a tre.”
(I romanzi della Tavola Rotonda, I tre scudi della pulzella Saraide)


Ben presto Frattagrande ed i suoi intrighi furono ormai alle spalle dei due compagni, che proseguivano verso la prossima contrada.
Il cielo era grigio e la pioggia a sprazzi compariva sulla campagna, rendendo lenta e malinconica quella giornata.
Ardea e Biago si erano ritrovati ad affrontare pericoli ed ostacoli diversissimi tra loro nelle tre contrade già visitate, sfiorando la rovina e rischiando le loro vite.
Erano però consapevoli di quella drammatica missione intrapresa.
Ardea, tormentato dalle sue colpe, sentiva tutto questo come una sorta di purificazione e metteva in conto che tutto ciò avrebbe potuto richiedergli il più estremo dei sacrifici.
E forse, nel profondo del suo cuore, la morte gli appariva come il sacrificio più adatto e giusto per i suoi peccati.
Quel cavaliere andava così incontro al suo destino, pronto anche a deporre, ai piedi del suo fato, la sua stessa vita, pur di liberarsi dal fardello dei suoi tormenti.
Così, con la sensazione perenne di sfida verso l’ignoto, accompagnato dal suo compagno e scudiero, Ardea si addentrava, attraverso una strada che quasi veniva inghiottita dalla foresta, nelle terre di Casorre.
Il grigiore e la malinconia di quella giornata sembravano fiaccare fin nello spirito i due ardimentosi.
La foresta aveva assunto un verde chiaro e brillante sotto l’umidità di quella pioggerellina che a brevi intervalli scendeva sul quello statico paesaggio.
Sulla strada un leggero manto di fango e pietrisco ricopriva il terreno e rendeva come sordi i lenti passi dei loro cavalli.
“Come è scuro questo luogo.” Disse Biago, rompendo il silenzio tra loro. “Questa foresta sembra volersi raccogliere su se stessa e impedire alla luce di toccare la terra.”
“Già” rispose Ardea guardandosi attorno “e sembra che questo giorno, con il suo grigiore, voglia scoraggiare il nostro viaggio.”
“Cosa mai troveremo qui?” Chiese Biago.
“Nelle altre contrade” rispose Ardea “abbiamo trovato la morte ad attenderci. Forse qui non sarà diverso.”
“Pensare al male non è un buon auspicio.” Disse Biago.
“Le contrade sembravo essersi smarrite.” Rispose con un sguardo grave Ardea. “E’ ovvio perciò ritenere che qualcosa in esse non vada per il verso giusto.”
Ad un tratto la strada si fece ancor meno luminosa.
Gli alti e robusti alberi, che fiancheggiavano folti le due sponde della strada, intrecciavano i loro grossi rami da un verso all’altro, ricoprendo il cammino come fosse una tettoia.
Così, la strada assumeva la forma di una lunga galleria, mentre le leggera pioggerella rumoreggiava su quella naturale e folta copertura.
E, ad un certo punto, sugli alberi iniziarono ad apparire degli scudi.
Erano inchiodati ai tronchi e messi bene in vista, tanto da essere subito notati da chi attraversava quella strada.
Erano tutti diversi fra loro e, ad occhio e croce, sembrava coprire la distanza di diverse miglia.
“Che novità è questa?” Chiese stupito Biago.
Ardea non rispose, intento com’era a cercare di comprendere quel singolare scenario.
“Che da queste parti” chiese ancora Biago “usino questo curioso modo per segnalare le distanze sulle strade?”
“Non credo sia così.” Rispose Ardea.
“Perché lo escludi?”
“Dubito” rispose Ardea “che i proprietari di questi scudi prestino i loro simboli per indicare il cammino ai viaggiatori!”
“Credi che appartengano a qualcuno questi scudi?”
“Su di essi” rispose Ardea “sono in bella mostra stemmi nobiliari. Hanno quindi aristocratici padroni. O avevano, per meglio dire.”
“Perché parli al passato?”
“Perché, chiunque siano stati i proprietari, non li hanno di certo ceduti di loro spontanea volontà.”
“Non ti seguo…” rispose confuso Biago.
“Osservali bene, mio buon amico.” Indicò Ardea. “Vedi che sono tutti scalfiti o lacerati?”
“Per Belzebù!” Esclamò Biago. “E’ vero!”
“Questi scudi sono trofei di guerra, amico mio.” Disse Ardea.
“E chi li ha vinti?” Chiese Biago, sempre più scosso da quella strana situazione.
“Credo lo scopriremo presto.“ Rispose Ardea. “Appena saremo giunti a Casorre.”
E proprio in quel momento la pioggia si fece più intensa, picchiando con forza sulle foglie dei rami che ricoprivano la strada verso Casorre.


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Vecchio 08-07-2010, 11.22.19   #206
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Pessimo, davvevo pessimo segno! Tutti quei cavalieri... che fine avranno fatto?
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Vecchio 09-07-2010, 02.09.35   #207
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ARDEA DE' TADDEI

“Tu ti potrai provar, se ne hai pur voglia;
ma guarda ben che mal non te ne coglia.”
(Luigi Pulci, Morgante, X, 42)


I due penetravano sempre più, attraverso quell’alberata strada, nelle terre di Casorre.
Il cielo era perennemente grigio e la pioggia, come un umido mantellino, copriva ora una parte, ora un’altra di quella campagna.
E più i due viaggiatori penetravano tra i fitti alberi, che come miliari segnavano il tragitto, più quella folta gabbia sembrava volerli inghiottire per poi chiudersi alle loro spalle, come ad imprigionarli in quell’astratto scenario.
Ed ogni scudo, posto su ciascun singolo albero, rendeva ancor più inquieti gli animi dei due viandanti.
“Non so perché” prese a dire Biago “ma avverto qualcosa di sinistro in questo luogo.”
Ardea non rispose nulla, intento com’era a scrutare ogni angolo di quel posto.
Ad un tratto i due giunsero in un piccolo ed irregolare spiazzo, circondato da cespugli e alberi tranne che in un lato, dove si apriva una viuzza dissestata.
Ai bordi di questa vi erano due figuri, sgradevoli nell’aspetto quanto nei modi.
Erano seduti sul bordo della viuzza e consumavano avidamente un rinsecchito pasto.
“Che posto è questo?” Domandò ai due Ardea.
“Questa è Casorre, messere.” Rispose uno dei due.
“E questi scudi, posti per almeno quattro miglia di alberi, a chi appartengono?”
“A chi appartenevano, dovreste dire, milord!” Rispose il figuro.
“Tutti morti?” Chiese Ardea.
“Non direi, mio signore.” Rispose divertito il figuro. “Dite piuttosto sgozzati e ridotti a cibo per cani ed uccelli!”
“Chi ha fatto questo?” Chiese Ardea stizzito.
“Giungete da contrade assai lontane, milord, se ponete una simile domanda!” Rispose il bifolco.
Ardea lo fissò.
“Questi scudi” aggiunse il rustico individuo “appartennero a gran cavalieri, alcuni dei quali duchi e marchesi.”
“Ed anche conti!” Intervenne l’altro figuro.
“Hai ragione, vecchio mio... anche conti!” Disse l’altro ed entrambi scoppiarono a ridere.
“Badate, villani, che sto perdendo la pazienza!” Tuonò Ardea.
“Non vi alterate, mio signore!” Disse il primo villano. “Non è il caso, credetemi!”
“Quindi questi scudi” chiese Ardea “sono cimeli di duelli?”
“Si” rispose il primo bifolco “ed ora sono trofei per il nostro padrone!”
“Chi è il vostro padrone?” Chiese incuriosito Ardea.
“Egli è un gran cavaliere, mio signore.” Rispose il primo bifolco.
“Forse il più grande mai nato!” Rispose il secondo.
“Sicuramente il più feroce e violento!” Aggiunse il primo.
“Sembra abbia una gran passione per i duelli.” Intervenne Biago.
“Forse è attratto dalle ricchezze dei suoi avversari.” Disse Ardea.
“No, mio signore!” Esclamò il primo bifolco. “Egli è un uomo ricco, essendo il signore di tutta Casorre!”
“In realtà” aggiunse l’altro “egli è attratto dalle contese. Adora sopraffare gli altri, gettandoli nel disonore e nella vergogna... per poi trucidarli tra mille sofferenze.”
Ardea e Biago si scambiarono un veloce sguardo.
“E come può” prese a dire Ardea “un simile uomo definirsi cavaliere!”
“E’ il diritto che gli da la sua forza!” Rispose il bifolco.
“Il vostro padrone” disse Ardea “è solo un folle sadico e sanguinario. E un simile individuo disonora la cavalleria ed i suoi più alti valori!”
“Perché allora non lo sfidate voi, mio signore?” Chiese con un ghigno il villano.
“Ricorda che siamo diretti a Casorre” intervenne Biago “e non possiamo fermarci a sfidare ogni cavaliere che incontriamo.”
“Io non lo definirei un cavaliere colui che sfida i suoi avversari solo per amore della violenza!” Sentenziò Ardea.
“Non discutete su questo!” L’interruppe il bifolco. “Nessuno può entrare o uscire da Casorre senza aver sfidato e vinto il nostro signore!”
“E questo” intervenne l’altro bifolco “non è mai accaduto!”
Ed entrambi scoppiarono in una grassa e grottesca risata.
Ardea allora fissò Biago per alcuni istanti senza dire nulla, mentre tutto intorno a loro sembrava etereo ed incantato a causa di quel perenne manto d’umidità, che pareva eternamente adagiato sulla misteriosa ed inquieta contrada di Casorre.



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“Amleto: <<Tutto ciò mi turba assai. Siete
di guardia stanotte?>>
Marcello e Bernardo: <<Si, mio signore.>>
Amleto: <<E’ armato, dite?>>
Marcello e Bernardo: <<Armato, signore.>>
Amleto: <<Dalla testa al calcagno?>>
Marcello e Bernardo: <<Da capo a piedi, signore.>>
Amleto: <<Sicché non lo avete visto in faccia?>>
Orazio: <<Oh, certo! Aveva la visiera alzata.>>”
(Shakespeare, Amleto, I, II)


La pioggia scendeva a tratti, lasciando ovunque, su quella sterminata campagna, un alone di umidità ed apatia.
Le foglie perennemente inumidite formavano un verdeggiante manto, compatto ed immobile, che ricopriva ogni cosa.
La strada era resa pesante da un vischioso strato, fatto di fango e terriccio, che la ricopriva.
L’eco delle irritanti e volgari risate dei due villani si diffondeva nell’aria, quasi a voler rompere l’irreale ed avvilente silenzio che dominava in quel luogo.
“E chi l’ha proclamato signore di Casorre?” Chiese Ardea ai due villani.
“La sua forza, mio signore!” Rispose di getto il primo dei due.
“Egli uccise gli antichi signori di Casorre” aggiunse l’altro “e ne prese il posto.”
“E nessuno è mai giunto a chiedere conto del suo atto di violazione?” Chiese Ardea.
“Certo, mio signore…” rispose il primo bifolco “... e giunse tempo fa un manipolo di soldati inviato dal duca in persona... ma egli li annientò in breve tempo!”
“E se voi, mio signore, aveste la pazienza di cercare i loro scudi su questi alberi” aggiunse l’altro “potrete aver testimonianza di quanto vi abbiamo raccontato!”
Ed entrambi diedero di nuovo forma e suono alle loro deformi risate.
“Quale nome ha questo spregevole ed indegno cavaliere?” Chiese visibilmente alterato Ardea.
“Il nostro signore è il possente ser Govarola!” Rispose con baldanza il primo bifolco.
“E questa dove molti sono stati abbattuti è la sua giostra!” Aggiunse l’altro.
“E sia!” Esclamò Ardea. “Ora vedremo se il vostro degno padrone è all’altezza dello scempio che mi avete raccontato!”
“Vuoi sfidarlo?” Chiese Biago. “Ne sei davvero sicuro?”
“Siamo diretti a Casorre” rispose Ardea “e per farlo sembra bisogna confrontarsi con quel feroce cavaliere.”
“Ed è proprio così, mio signore!” Esclamò il primo dei due villani.
“Come e dove posso incontrare il vostro malvagio padrone?” Chiese Ardea.
“Imboccate questa stradina” cominciò a dire il primo dei due villani “e percorretela tutta. Giungerete così nel cuore di questo bosco. Lì troverete una piccola cappella, nella quale si trova un dipinto della Vergine con il Bambino. Accanto al dipinto vi è una campanella appesa. Prendetela e fatela suonare.”
“E una volta fattala suonare cosa accadrà?” Chiese Ardea.
“Arriverà il nostro padrone a raccogliere la vostra sfida, messere!” Rispose il Bifolco.
“Bene, io vado.” Disse Ardea voltandosi verso Biago.
“Verrò con te.” Rispose questi.
“Impossibile, mio buon amico!” Intervenne a dire il bifolco. “Uno sfidante alla volta può recarsi verso la cappella.”
“Io non sono uno sfidante, ma uno scudiero” rispose nervosamente Biago “ed il mio compito e seguire il mio cavaliere!”
“Impossibile!” Sentenziò il bifolco.
“Chi ci dice che il vostro padrone sarà solo” chiese irrequieto Biago “e non avrà invece qualche sgherro a dargli man forte?”
“Egli ama troppo le sfide” rispose il bifolco “e non si è mai fatto spalleggiare da nessuno quando ne ha sostenuta una.”
“E dovremmo credere a due villani come voi?” Ringhiò irritato Biago.
I due villani risposero accennando una risata di scherno ai timori di quello scudiero.
“Tu resta qui, Biago.” Ordinò Ardea.
“Allora, con vostra licenza, mio signore, noi ci giocheremo le vostre armi.” Disse ridendo il primo bifolco.
“Aspettate il mio ritorno!” Disse Ardea.
Detto questo spronò il fedele Arante e infilò la via indicatagli dal bifolco.
Poco dopo scomparve nell’irreale foschia di quel luogo, lasciando Biago inquieto ed intimorito da quella nuova e singolare Questione.


(Continua...)
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Vecchio 10-07-2010, 13.18.56   #209
Talia
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Talia sarà presto famosoTalia sarà presto famoso
che orribile soggetto deve essere questo Govarola... orribile quanto quei due indegni figuri che ha lasciato a decantare le sue gesta!!
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"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."

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ARDEA DE' TADDEI

“Se avesse con se qualche compagno
del suo valore, il fellone che ci molesta
se ne andrebbe sconfitto e coperto d’onta.”
(Chretien de Troyes, Ivano)


Il bosco appariva come un irreale angolo al di fuori del mondo.
La vegetazione era folta e selvaggia, dominando ogni porzione di quel chimerico luogo.
Un velo di perenne umidità pareva ricoprire ogni cosa, fissando l’intero scenario come in un immutabile attimo di eternità.
Ma ciò che colpiva e turbava Ardea, nell’attraversare quel bosco, era la totale mancanza di suoni.
Un bosco, per sinistro o misterioso che sia, è sempre attraversato da rumori, versi, echi.
Questo invece sembrava incantato.
Neanche il fiero passo del suo Arante sembrava provocare alcun rumore.
E man mano che penetrava in quello strano scenario, una viva inquietudine sorgeva nel suo cuore.
Ad un tratto il cavaliere sembrò cogliere qualcosa.
Un eco, una risonanza, una sensazione.
Qualsiasi cosa fosse, egli l’aveva avvertita in pieno.
Come se qualcosa avesse attraversato, per un istante, quel luogo.
Si voltò di scatto e per alcuni istanti fissò le cime degli alberi che si incontravano verso l’alto, negando quasi al cielo la possibilità di illuminare quel bosco.
Eppure niente sembrava mutato.
La stessa staticità, la stessa immobilità dominava quel luogo.
Continuò allora a percorrere quella stradina.
Ma poco dopo, di nuovo, sentì qualcosa.
Un qualcosa che echeggiava fin dentro il suo animo.
“Eppure” pensò “c’è qualcosa qui…”
Si guardò intorno, ma neanche stavolta vide nulla.
Ora pero l’ansia e l’inquietudine erano forti.
A tratti insopportabili.
Sentì allora un forte bisogno di scendere dal suo destriero e toccare terra.
Prese un pugno di terra nel suo guanto e se la fece scivolare fra le dita.
Era alla ricerca di qualcosa di concreto, di reale, di vivo.
Di qualcosa insomma che rendesse vero e tangibile quel bosco.
Restò così qualche istante, per poi riprendere il cammino.
La stradina era in cattive condizioni e ed un denso strato di melma la ricopriva.
L’umidità si avvertiva sempre più, lasciando tante goccioline sulla sua argentea corazza.
Ad un tratto la via si allargò sensibilmente.
Dava allora ad un piccolo dosso, dove anche i fitti alberi sembravano cedere un po’ più di spazio.
E appena vi fu sopra vide al centro del dosso una piccola cappellina.
Vi si avvicinò e scese da cavallo.
All’interno vi era un dipinto della Vergine con il Bambino.
Il cavaliere allora si inginocchiò e recitò delle preghiere.
Invocò poi la Santa Benedizione Divina su di sé e si segnò tre volte.
Si accorse allora di un piccola campana appesa accanto al dipinto.
La prese e la suonò con vigore.
In quel momento un alito di vento attraversò quel luogo, scuotendolo dall’irreale torpore che sembrava averlo dominato fino a quel momento.
Un attimo dopo si udirono alcuni decisi passi di cavallo.
Comparve allora, dall’altra parte del dosso, un robusto e massiccio cavaliere.
Una spessa ed ottonata corazza lo copriva totalmente ed una tunica di un turchese spento era avvolta sul suo grosso busto.
Il misterioso cavaliere teneva una lunga ed appuntita lancia con la mano destra, mentre con la sinistra portava un largo e poderoso scudo.
Era immobile, senza dire e fare nulla, fissando Ardea come la belva feroce fa con la sua preda poco prima di attaccarla.


(Continua...)
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