10-09-2011, 23.46.49 | #201 |
Cittadino di Camelot
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Lo guardai e non credetti ai miei occhi. Era lo stesso marchio che avevano i cavalli di lord Tudor...non potevo credere a quello che avevo appena visto.
" Ma perchè vi siete messo in un pasticcio simile..io i giorni passati ho parlato di voi al lord , non capisco che avete fatto di male". Io non so se posso aiutarvi, continuai..non so quanto possa essere influente la mia parola..ma vi prometto che vi aiuterò". Uscì di corsa dalle scuderia per andare in cerca del duca , quando ad un certo punto, accanto al laghetto del palazzo, sentì delle risate..e una voce di donna... Mi fermai e voltandomi lo vidi...lord Tudor in compagnia di una bellissima dama...sembravano molto amici... Chi era costei ? Quanto è bella e dal suo portamento cosi elegante di certo è una nobildonna. Mi fermai osservandoli....
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[SIGPIC][/SIGPIC][B][I][SIZE="2"][COLOR="Wheat"] Nessun sole potrebbe risplendere se gli occhi del cuore non ne vedessero la luce.(anonimo)[/COLOR][/SIZE][/I][/B] |
11-09-2011, 00.33.28 | #202 | |
Cittadino di Camelot
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"Buonasera compagni! Per la vostra gioia eccomi di ritorno, so di esservi mancata molto... Sono stanca morta dopo aver viaggiato tutto il giorno a cavallo, ma non abbastanza da non voler sentire gli aggiornamenti della settimana. Cosa è successo in mia assenza?" A parlare era una giovane dai lunghi capelli rossi, con ridenti e profondi occhi verdi, legata a Missan e De Jeon da un'amicizia che durava oramai da diversi anni. L'ultima settimana l'aveva trascorsa ad Honfleur, a suo dire la più bella cittadina della regione, lontana da tutte le tensioni che agitavano gli animi della novella Repubblica di Magnus.
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"Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana [...] Se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato." |
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11-09-2011, 00.55.01 | #203 |
Cittadino di Camelot
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Mi soffermai un attimo a guardare i due nobili cavalieri e mi alzai, con un leggero inchino mi presentai a loro "I miei omaggi, sono milady Altea Costance O' Kenninghton. Scusate la mia irruenza nel rispondere, ma parlo anche poco la vostra lingua". Mi soffermai, e il mio pensiero andò alla mia terra natia, la verde terra d'Irlanda dove lasciai i miei genitori in modo poco consono. Mio padre, nobiluomo aristocratico e membro delle guardie reali, si scontrò spesso con me per la mia poca gratitudine per la terra dove dimoravo e la mia strana indole nei confronti del mistico. Una sera venne nelle mie stanze reali mentre la mia dama di compagnia mi pettinava i lunghi capelli del color del tramonto e fissando i miei occhi mi mostrò una fodera color nero, e sguainò una spada dall'impugnatura d'oro con inciso lo stemma della nostra casata e incastonato uno splendido smeraldo. "Vedi figlia mia, ho fatto incastonare questa pietra del color dei vostri occhi" disse nascondendo le lacrime.
Capii subito, me la pose vicino al letto. Il mattino dopo presi quella spada e pochi bagagli e mi affrettai verso il piccolo porto urlando ai marinai di un galeone di aspettarmi "scusate verso dove siete diretti?". Un mozzo si voltò sbalordito "milady..verso la terra di Camelot ma non è posto questo per una nobildonna come voi". Dopo vari dibattiti salii a bordo del galeone e dopo un lungo viaggio approdai nelle lande di Camelot. La voce del giovane dalla pelle chiara mi destò dai miei pensieri, dolci lacrime stavano per scendere ma la mia indole e l'educazione rigida che mio padre mi diede, quasi da guerriero, mi fecero ridestare e un finto sorriso rivolsi ai due giovani.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
12-09-2011, 02.44.17 | #204 |
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Gonzaga era andata in cerca di lord Tudor.
Voleva parlargli del giovane Daniel e della sorte che gli era toccata. Ma giunta dal duca, trovò il nobile signore di Camberbury in compagnia di una bellissima dama e di un ecclesiastico. “Ah, sei qui.” Disse lord Tudor vedendo arrivare Gonzaga. “Vieni qui, voglio presentarti alcuni nostri amici… questi è monsignor vescovo di Touls… e questa deliziosa dama e lady Melisendra Du Blois, Duchessa di Beuchamps, insieme alla sua governante. Ah, dimenticavo il nostro amico sir Hagus, il mio amministratore in terra di francese.” Aggiunse lord Tudor. “Questa è lady Gonzaga.” Indicando la sua pupilla. “I miei omaggi, milady…” facendo un lieve e cortese inchino Hagus “… è un piacere per me conoscervi.” “Bene, messer Hagus, credo non ci sia altro da dire.” Fece lord Tudor rivolgendosi al suo amministratore. “Credo che abbiate un compito da svolgere… trovare informazioni su quanto raccontatoci da lady Melisendra. Attenderemo con ansia il vostro ritorno.” “Farò il prima possibile, milord.” Disse Hagus, per poi salutare tutti i presenti e andare via.
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12-09-2011, 03.14.20 | #205 |
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Il giardino era intriso del delicato profumo ed animato dai vivaci colori di quei fiori che circondavano ed avvolgevano i due giovani.
Brianna fissava Theo con occhi sognanti, che sembravano richiamare in essi tutta la luminosità di quella bella mattinata di Settembre. Theo guardandola sentiva una forte gioia nel cuore, quasi sussultando ad ogni parola della ragazza. “La Francia è un paese unico…” sussurrò Theo “… non è simile a nessun altro luogo al mondo… nell’aria sembra esserci un’eterna poesia, che possiamo riconoscere nel verde della campagna, nell’incanto delle colline, nel fruscio del vento che accarezza gli alberi, nel silenzioso e dolce scorrere di un fiume in un lussureggiante bosco… le città sono arricchite ed animate da sontuosi palazzi e imponenti monumenti… oh, dovresti vederla, Brianna… servirebbe un poeta per descriverti le meraviglie di quella terra e non un semplice cavaliere come me…” sorrise alla ragazza “… in verità non ho avuto molto tempo per girare… essendo al seguito di sir Hagus sono stato quasi sempre impegnato… a proposito, stasera devo recarmi al palazzo del Belvedere perché sir Hagus ha promesso di presentarmi a lord Tudor, signore di queste terre… mi piacerebbe portarti con me… ti farebbe piacere, Brianna?” E restò a fissare i dolci occhi della ragazza.
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12-09-2011, 03.48.41 | #206 |
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Le parole di Altea risuonarono nella mente di Lyo, lasciando quasi un eco, simile ad un sospiro, che attraversò il cuore del giovane.
“Vi porgiamo il nostro saluto, lady Altea Costance O' Kenninghton.” Disse Arthos. “Il vostro accento è irlandese, vero? L’ho riconosciuto subito.” Aggiunse sorridendo. “Siete dunque irlandese?” Intervenne Lyo. “Provenite allora dalla terra della fiabe e dei miti. Io conobbi un tempo un irlandese… studiava con me all’accademia quando ero ancora un cadetto… mi parlava sempre della sua verde terra e della bellezza delle donne che vi abitavano… ma, nel vedervi, mi accorgo che la realtà supera qualsiasi racconto…” “Ehm, Lyo…” fece Arthos “… lady Altea ci ha spiegato che, essendo straniera in queste terre, non può aiutarci riguardo alla nostra destinazione… e direi quindi di affrettarci a trovare la strada per il Belvedere, perché sai bene che lord Tudor non ama attendere…” “Eh, cosa?” Voltandosi Lyo verso l’amico. “Ah, si, certo… perdonatemi, milady…” rivolgendosi di nuovo ad Altea “… da ciò che avete detto non conoscete queste terre e probabilmente neanche le persone che abitano qui… siete sola dunque in questo luogo… posso accompagnarvi alla vostra dimora? Vedete, non è consigliabile restare qui da sola… sono contrade poco sicure queste…” “Ma non mi dire…” mormorò sarcastico Arthos “… ed io che non ne sapevo niente… fortuna che non mi è capitato ancora nulla di male…” “Già.” Disse Lyo, voltandosi verso di lui. “Ma tu sei grande e forte e non hai nulla da temere. Perché ora, magari, non cominci a cercare il palazzo dove siamo attesi? Così recupereremo tempo. Va, su!” Esclamò facendogli segno di andare via. “Già, forse è meglio che io vada.” Sorridendo Arthos. “E mi raccomando di non fare tardi, Tristano…” e accennò una risata “… ora vi saluto, milady… è stato un piacere conoscervi…” e salutata Altea galoppò via. “Dunque?” Chiese Lyo ad Altea una volta rimasti soli. “Posso accompagnarvi a casa vostra, milady?” Fissando il bel volto di quella misteriosa ragazza.
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12-09-2011, 04.40.50 | #207 |
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Quel brivido di freddo.
Come un alito di morte. Morte nel cuore sentì per un breve, infinitesimale istante Chantal. La notte, profonda e misteriosa, sembrava aver portato via con sé suo zio. E la notte è fatta di mille cose, soprattutto sogni, ma anche incubi. Chantal camminava insieme a suo zio. I due attraversavano un lungo viale con diversi alberi ai lati della strada. Così i colori degli oleandri, dei ligustri e dei salici assumevano intensi e scintillanti riflessi sotto gli ultimi raggi del Sole morente. Chantal era serena e suo zio le sorrideva. “Visto che si è fatto tardi” disse il chierico “ed è ora di tornare a casa per la cena, che ne diresti di fermarci a prendere un pò di formaggio e del pane bianco?” Lei annuì. Ma proprio in quel momento qualcosa spaventò Chantal. “A morte i nobili!” Gridava la gente. “A morte il Clero!” Poi tumulti scoppiarono ovunque. La folla sembrava voler travolgere tutto e tutti e Chantal perse di vista suo zio. “La messa!” Urlava qualcuno. “Sta celebrando la messa! Andiamo in chiesa, rivoluzionari! Andiamo e lo troveremo là! Andiamo a prenderlo per condurlo poi dal boia!” Chantal si guardò intorno in cerca di suo zio e proprio in quel momento le apparve un’immagine sbiadita. Suo zio, solo, attraversava un lungo viale. Non più fiero e dall’andatura imponente, ma stanco ed ingobbito, come se stesse percorrendo l’ultimo tratto di strada della vita… I suoni dei canti e dei balli che si udivano nelle strade in lontana destarono la ragazza da quel sogno. Chantal si era addormentata poco dopo l’uscita di suo zio. Ma quel sogno aveva lasciato nel suo cuore una profonda inquietudine.
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12-09-2011, 05.47.51 | #208 |
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Si svegliò di soprassalto.
Chantal si ritrovò senza fiato,col cuore accelerato. I suoni della notte. D'un tratto tutto le apparve muto,tranne che il suo cuore che le urlava paura. Era stata colta dal sonno nella poltrona nella quale era solito accomodarsi lo zio quando ella suonava. Ebbe freddo ancora,vi si accoccolò,rannicchiandosi,si strinse le ginocchia al petto,poi poggiò il capo sulla spalliera,profumava dei capelli di suo zio,annusò il velluto,e guardò ancora attraverso la finestra,senza cognizione del tempo. Aveva avuto un incubo,non le accadeva certo per la prima volta,eppure si sentì stretta nella morsa del timore e dell'angoscia. Si alzò. "Perchè dovrebbe accadere"pensò,"Dio lo preserverà ancora in salute,ne sono certa.E' così che deve essere" Cercò di convincersi di questo perchè la speranza non l'abbandonasse e lo sconforto non la cogliesse. Ma il tempo,inclemente,incrementava le sue ore e la notte le appariva interminabile nel suo nero che abbracciava ogni cosa lì,fuori dalla sua casa appena rischiarata da una lampada ad olio che ancora ardeva incustodità. Si levò rapidamente.Andò di nuovo alla finestra. La grande e fredda vetrata rifletteva solo la sua immagine.Chantal vi si accostrò per scrutare fuori in cerca di un lumicino,una lanterna che le indicasse il ritorno di suo zio,ma il buio inghiottiva ogni cosa,era notte alta.Il suo respiro annebbiava il vetro tanto si avvicinasse per poter guardare fuori.Ma non scorgeva alcun lume.nè passi o suoni. Una notte inquieta che Chantal avrebbe voluto dissipare con un soffio,invocando l'alba perchè sopraggiungesse al più presto. Agitarsi non la conduceva a nulla. "Prega e spera;non agitarti.L'agitazione non giova a nulla.Iddio è misericordioso e ascolterà la tua preghiera". Queste parole le echeggiarono nella mente,le parole di un Santo. "Prega e spera".Si ripetè Chantal. Ma non riusciva a pregare in preda ad un inquietante pensiero che,oramai,la rapiva interamente. Raccolse la lampada,abbandonò la vetrata e le tenebre che essa incorniciava e si portò nello studio di suo zio nell'attesa interminabile e angosciante che quella notte si snodasse in seno alle prime schiarite delle luci dell'aurora.Solo allora,forse,anche i suoi pensieri avrebbero ritrovato serenità. Ma non riusciva.Non demordeva,non fu capace di abbandonare quell'agitazione.Pur nello studio,era accecata dai timori che non vedeva le carte di fronte a sè,non sapeva da dove prendere il capo per fare qualcosa che la tenesse occupata.Posò le mani sui documenti,sentiva d'essere smarrita.Ogni cosa si smarriva come lei in quella stanza orfana di suo zio. Prese fiato,cercò di abbandonare quell'ambiente alla sua solitudine ma,mentre si portva verso l'uscita,un riflesso generato dalla fiamma che si muoveva dalla lampada che aveva nelle mani,la spaventò,poi,scrutando bene,lo riconobbe proveniente da un fermacarte d'argento,a forma di fiore da molti petali intrecciati tra loro,che teneva bloccato un foglio ingiallito,un foglio posato su qualcosa che Chantal non riusciva a scorgere bene,una tazza,forse.Ritornò allo scrittorio,spostò il fermacarte e sollevò il foglio. Fu sorpresa. Quel foglio poggiava su un vaso ricolmo di terriccio. Chantal lo prese,ne annusò il contenuto che sapeva di humus.Fu rapita per un'istante,rimase perplessa e destata da un curioso incanto.Anche quel terriccio,rimestato dalle mani di suo zio,la riportò ai suoi più aspri timori di quelle ore. Ripoggiò il vaso coprendolo nuovamente con quel foglio e ritornò nella sala per rimanere,in piedi,ancora con lo sguardo perso attraverso la vetrata nel desiderio di scorgere la lanterna che annunciasse il ritorno di suo zio. E si abbandonò in balia dell'agitazione che non voleva lasciarle respiro in quella notte inquietante ed interminabile. Oramai i suoi pensieri non trovavano più spazio nel suo cuore,tanta era la sua inquietudine. E l'attesa corrodeva la sua speranza. Ultima modifica di Chantal : 12-09-2011 alle ore 05.54.49. |
12-09-2011, 06.04.02 | #209 |
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Gaynor entrò a suo modo nella stanza dove i due Ginestrini stavano discutendo.
“Temevamo di averti persa…” con sarcasmo De Jeon a Gaynor “… mentre tu viaggiavi tra le bellezze del nostro paese, qui succedevano diverse cose… e non tutte piacevoli, temo…” “Eh, la nostra Gaynor è sempre stata affascinata dalla bellezza e dal richiamo del mondo aristocratico.” Fece Missan. “Ed immagino abbia accettato con gioia il suo nuovo incarico, quello cioè che la porta a catalogare tutti i beni sottratti all’aristocrazia e al Clero.” “Ormai quei beni sono del popolo.” Replicò De Jeon. “Sono stati confiscati in seguito alle leggi che vietano la proprietà privata. Ma parleremo in un altro momento di questo, Gaynor. Lascia pure qui i tuoi rapporti… c’è ben altro su cui discutere… e, conoscendoti, credo che lo troverai ben più interessante…” “Già, la nostra bella Ginestrina ha un debole per le storie romanzesche e i misteri…” sorridendo Missan. De Jeon fissava Missan senza tradire emozioni. “Amica mia, devi sapere che qualcuno sta sottraendo nobili ed ecclesiastici dalle mani del boia…” continuò Missan “… qualcuno che ama firmarsi con questo…” e mostrò alla ragazza il biglietto sul quale era impresso il simbolo del Giglio Verde.
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12-09-2011, 06.17.11 | #210 |
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Daniel era nelle scuderie, ancora incatenato e marchiato come si fa con le bestie.
Meditava la fuga, animato com’era dal disprezzo e dall’odio per coloro che gli avevano tolto la libertà. Ad un tratto alcuni uomini entrarono nelle scuderie per condurvi un bellissimo cavallo. “Chi è costui?” Chiese Guisgard fissando Daniel. “E’ un ladruncolo che vostro zio ha fatto marchiare e poi diventare schiavo.” Rispose Jalem. “Oh, bella!” Esclamò vagamente divertito Guisgard. “Mio zio non ha mai perso la mania di trattare meglio i cavalli che i suoi servitori!” E rise di gusto. “Questo gaglioffo ha insultato il duca, milord.” Spiegò Jalem. “Davvero?” Continuando a ridere Guisgard. “Cioè, se ho ben capito, questo ragazzo ha osato mancare di rispetto al più importante uomo d’Inghilterra, dopo sua maestà?” “Esattamente, milord.” “Ed io che sono andato in Italia perché mi annoiava la nebbiosa ed umida campagna inglese!” Esclamò il nipote del duca. “Sarei invece dovuto restare qui a Camelot! Mi sarei divertito molto di più!” E rise ancor più forte. “Avrei voluto vedere la faccia di mio zio! Lui che ha fatto tremare in gioventù persino in turchi, preso in giro da un ragazzo!” Gli altri lo fissavano stupiti. “Su, forza, liberate quel ragazzo.” Disse Guisgard. “Cosa avete detto, milord?” Chiese Jalem. “Quel che hai capito, amico mio.” Rispose Guisgard senza scomporsi. “Non trovate che questo cavallo sia bellissimo? Io ci sono molto affezionato e voglio che se ne occupi un servitore capace.” “Ma questo gaglioffo è un ladro!” “Chi ha tanto coraggio da prendere in giro un pari del regno” con candore Guisgard “non è certo un sempliciotto. Avanti liberatelo.” Pochi istanti dopo Daniel era libero. “Ascolta, ragazzo…” spiegò Guisgard a Daniel “… lo vedi questo magnifico cavallo? Ecco, portalo ad abbeverare presso il ruscelletto che sta tra il Belvedere ed il villaggio… lui beve solo acqua pura di fonte. Poi lo riporterai qui ed attenderai altre mie disposizioni. Ora va, ragazzo.” “Il conte non comprenderà questa vostra trovata, milord.” Mormorò Jalem. “E si arrabbierà, temo.” “Tanto è sempre arrabbiato.” Ridendo Guisgard. “Specialmente con me. Ora su, forza, bisogna affrontare il leone nella gabbia. Accompagnami da mio zio.” Ed un attimo dopo i due uscirono dalle scuderie per recarsi da lord Tudor.
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