18-10-2010, 04.14.44 | #241 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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ARDEA DE' TADDEI
"Orazio: <<E' l'immaginazione che lo rende disperato.>> Macercello: << Su, svelti, non è bene assecondarlo.>> Orazio: <<Andiamo. - Come finirà la storia?>> Marcello: <<C'è qualcosa di marcio in Danimarca.>> Orazio: <<L'assista il Cielo.>>" (William Shakespeare, Amleto, I, IV, V) Sulla soglia di quella porta, davanti a loro, apparve un uomo. Era di robusta corporatura, alto e ben fatto. Un lungo ed umile saio ricopriva la sua bella presenza, mentre aveva con se una verga di legno nella mano destra ed un rosario in quella sinistra. Il volto, incorniciato dai bianchi capelli, nonostante le rughe dell’età, manteneva vivi i bei lineamenti e gli intensi e profondi occhi chiari davano vigore ed intensità a quei tratti. Ma il gradevole aspetto mal si legava con l’espressione crucciata ed incupita. Il frate osservava i due nuovi arrivati con lo sguardo cupo e sospettoso, mentre il suo cane ringhiava con nervosismo pochi passi dietro di lui. Iniziò allora ad impugnare nervosamente la sua verga, come monito ai suoi visitatori e cominciò a dire: “Siete insistenti e scortesi. I buoni Cristiani non impongono la loro presenza quando non sono graditi.” “Rasserenate la voce” rispose lesto Ardea, poco impressionato dalla verga e dai modi del frate “e mettete via quella verga. Il rosario che avete nell’altra mano è arma ben più degna per il vostro abito.” “Se deciderete di rispettare questo santo luogo” disse il frate “andando via all’istante, questa verga tornerà ad essiccarsi accanto al mio braciere e questo santo rosario vi dedicherà ogni grano della sua catena. In caso contrario, io ed il mio fedele amico sapremo impartirvi le regole da seguire per un buon Cristiano.” A queste parole del suo padrone, come se avesse ben inteso di essere stato chiamato in causa da questi, il cane iniziò ad abbaiare con foga verso Ardea e Biago. Ardea sorrise a quelle parole. “Frate, fareste bene a smettere di vestire i panni del soldato, che mal vi si addicono” rispose “e ad indossare invece quelli del penitente, che sono ben più adeguati al vostro ruolo.” “Tranquilli che dopo avervi cacciato, con le buone se posso, con le cattive se devo, saprò recitare ben tante di quelle orazioni da liberare decine di anime dalle indicibili pene del Purgatorio!” “Oggi il Signore vi ricorda il Suo Vangelo, Frate...” rispose Ardea “... e fareste bene a non ignorarne i precetti.” “Andate via, vi dico, furfanti!” Intimò il frate, agitando minaccioso la sua verga. “Questa mia arma sarà degna del bastone di San Giacomo, che ben purificò le sante terre di Spagna dagli infedeli!” “Non agitate quest’arma, frate!” Gridò Ardea. “Non fatelo che non è degna della Lancia di San Longino!” Il frate allora, gridando per la rabbia cercò di colpire Ardea con la sua verga, ma questi, urlando a sua volta con tutta la forza che aveva in corpo, bloccò con la mano quel rabbioso colpo, mentre tutt’intorno, la buia selva sembrò essersi destata per quell’indomito scontro. Il vento, forte ed impetuoso, percorreva con rapide e tonanti raffiche la buia selva che circondava la vallata. Alte e spesse nuvole nere ricoprivano ogni cosa, rendendo quella terra orfana persino della pallida luce lunare. Un gelido freddo aveva avvolto ogni cosa, bussando alla porta di quella chiesetta con insistente ardore. Il sinistro sibilo del vento e gli ululati lontani di qualche oscura fiera erano gli unici suoni che quella notte lasciava trasparire. Il caldo fuoco donava tepore e luminosità, rendendo la chiesetta un docile e tranquillo riparo. La legna bruciava con vigore, tra schiocchi e vampate, mentre in una ruvida teglia si cuoceva lenta l’ambita cena. “Ecco, le verdure sono ormai ben lesse” disse il frate mescolando il contenuto della teglia “ed il lardo è sciolto a dovere. Non abbiamo carne, ma il suo odore ingannerà i nostri sensi. La fame farà il resto.” Guardò poi il cavaliere accovacciato accanto al fuoco e chiese: “Come va la vostra mano? Premeteci su ancora quell’intruglio che vi ho dato... vedrete che domani non sentirete più nulla.” “La mia mano è tutta addormentata” disse Ardea cercando di scoglierla con rapidi movimenti “ed a volte mi sembra paralizzata.” “E’ l’effetto del colpo subito.” Rispose il frate. “Inoltre, il freddo non aiuta di certo.” “Li sapete tirare bene i colpi voi, pur essendo un chierico!” A quelle parole di Ardea il vecchio frate rise di gusto. “E voi, pur essendo un cavaliere, siete un gran testardo!” Replicò. Poi aggiunse: “Ecco, la cena è pronta... vedrete che questo pasto, per semplice che sia, vi donerà tempra e salute!” Così i tre sedettero attorno ad una vecchia e robusta tavola e consumarono quel genuino ed austero banchetto. “Questo liquore d’erbe” disse il frate dopo che ebbero terminato di mangiare “è fatto con le erbe di questa valle. Saprà scaldarci e concilierà il nostro sonno.” Si sedettero poi accanto al fuoco a consumare quel rigenerante elisir. “Perché non volevate darci ospitalità per stanotte?” Chiese improvvisamente Ardea. Il frate a quella domanda si alzò e si avvicinò al fuoco. Non disse nulla per alcuni istanti, fino a quando gettò nel fuoco il contenuto del suo boccale. Una vampata si animò dal braciere ed per alcuni istanti illuminò quasi a giorno l’intera stanzetta. Gli occhi del frate erano rossi, come se contenessero una pesante carica di rabbia pronta ad esplodere. Fissava con intensità le fiamme del braciere come se davanti a lui si fosse spalancata la porta dell’Inferno. Ardea e Biago lo fissavano in silenzio, ma percependo in pieno la sua inquietudine. Poi il frate si voltò verso Ardea e lo guardò come se avesse visto il demonio in persona. In quel momento una raffica di vento aprì rumorosamente una delle finestre, facendola sbattere con forza contro la parete di pietra. Il vento da fuori soffiava forte, come se portasse con se i peggiori auspici del mondo. (Continua...)
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21-10-2010, 04.29.07 | #242 |
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ARDEA DE' TADDEI
"Ora l'eroe dal grande coraggio si pentì quanto mai d0essere stato così pigro a domandare quanto stava presso l'infelice suo ospite." (Wolfram Von Eschenbach, Parzival, libro V, 256) “Cos’avete, frate?” Chiese Ardea con un tono austero, di chi si attendeva di udire i peggiori auspici del mondo. Il frate restò in silenzio per alcuni interminabili istanti. Fissava il braciere con uno sguardo tanto intenso che pareva voler gareggiare per ardore col fuoco stesso. Nella stanza intanto, attraverso la finestra aperta violentemente dal vento, era giunta una morsa di gelo che attanagliava ogni cosa. Da fuori, come se percorresse l’intera vallata, un infausto lamento si diffondeva folle nell’aria, generando negli animi nei tre un sordo ed innaturale tormento. Biago allora chiuse con forza quella finestra, come a voler zittire quel lamento di morte che sembrava giungere da un indicibile incubo. E quando il freddo e quel visionario eco svanirono, il frate, come destatosi da un irrazionale sonno, riprese la parola. “Vi avevo avvertiti...” disse quasi confusamente, senza smettere di fissare il fuoco con quel suo grottesco sguardo “... vi avevo avvertiti...” “Cosa accade in questo luogo, frate?” Chiese ancora Ardea, percependo totalmente il malessere del chierico. “Il vostro sangue...” disse il frate “... il vostro sangue cadrà su di me…” “Il nostro sangue ed i nostri peccati cadranno solo su noi stessi.” Rispose Ardea. “Ma le vostre parole dipendono invece da voi solo. Diteci cosa vi turba, frate?” Il chierico allora si sedette, come vinto da quel suo misterioso tormento, su un piccolo sgabello posto accanto al braciere. Si portò le mani fra i capelli e si strofinò forte gli occhi. Poi fissò il vuoto della stanza con lo sguardo umido e pietoso. A quel punto Ardea gli prese con forza un braccio e lo scosse con vigore. “Frate!” Urlò quasi a destare lo smarrimento che dominava il chierico. “Frate, parlate in nome del Cielo!” “Andate via!” Gridò alzandosi in piedi il frate. “Andatevene o finirete come tutti coloro che hanno cercato di giungere o di fuggire da questo luogo di morte!” Biago sbiancò a quelle parole. “Cosa ha portato la morte in questa vallata?” Chiese Ardea. “Dovete dircelo, frate!” “Lasciatemi perdere, dannati!” Urlò il frate liberandosi dalla presa di Ardea. “Non voglio le vostre anime a tormentare la mia coscienza!” “Se non ci direte tutto” gridò Ardea “allora non solo le nostre anime saranno una colpa della vostra coscienza, ma anche quelle di tutti coloro che continueranno a perire nel male che alberga quaggiù!” Il frate, come scosso da quelle parole del cavaliere, fissò per qualche istante i suoi occhi. Il suo volto era come vinto dal più assurdo degli orrori. Un orrore tuttavia reale, che sembrava, a sprazzi, rendere folle quel frate. “Siamo giunti qui per aiutarvi!” Gridò ancora Ardea. “Il duca in persona ci ha inviato a Maddola!” “Aiutarci?” Ripeté con una grottesca espressione il frate. “Nessuno può aiutarci! Nessuno! Possiamo solo confidare nella Misericordia di Dio che possa chiamarci presto a Lui e liberarci da questo giogo di morte!” Rise follemente e corse verso la porta, come se volesse fuggire dai suoi demoni. Demoni che sembravano avergli sottratto il senno. Ma Ardea lo raggiunse e lo braccò. Lo tenne stretto, mentre il frate si dimenava con tutte le sue forze. Forze che sembravano essersi quadruplicate per la follia. “Aiutami a tenerlo, Biago!” Gridò Ardea. “Ha una stazza poderosa e sembra impazzito!” Biago allora lo prese per le gambe ed insieme al suo amico lo sollevarono, portandolo poi di peso sul modesto giaciglio che il chierico usava come letto. Lo tennero fermo a fatica per lunghi momenti. Fino a quando, finalmente vinto dalla sua stessa foga, cadde addormentato. “Credevo che avesse forze infinite...” disse ansimando Biago “...ma, in nome del Cielo... cosa può averlo ridotto in questo stato? E’ un uomo di Chiesa... dovrebbe trovare sostegno nella sua Fede... invece qualcosa sembra averlo reso folle. Ma cosa?” “Il male. Il male nella sua forma più reale.” Rispose Ardea, mentre fissava i bagliori del fuoco che si consumavano sul braciere. Un fuoco che sembrava disegnare orrende e grottesche figure sulle austere pareti della stanza. (Continua...)
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24-11-2011, 03.54.57 | #243 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Talvolta capita che questo mondo e quello che ciascuno di noi porta dentro di sé arrivino ad unirsi ed a confondersi.
Allora i personaggi di cui narriamo giungono a vivere i nostri stessi sogni e a combattere contro quegli stessi fantasmi, quegli stessi demoni che ci tormentano. Il loro cammino diviene il nostro cammino e arriviamo a condividerne anche la stessa missione. Ed anche la loro redenzione diventa la nostra. Ed è forse giunto il momento che Ardea riprenda il suo viaggio. Un viaggio che rappresenta l’unico modo per riscattare la sua anima, e quella dei suoi discendenti, agli occhi di Dio… +++
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24-11-2011, 04.12.14 | #244 |
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Tu sei un talento per me.E io ti accolgo come dono.
Tu sei il mio talento,e l'unico mio scopo è aiutarti a fiorire. Me lo ha insegnato padre Ermes Ronchi. Buon viaggio,Ardea. |
24-11-2011, 09.56.20 | #245 |
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Una gioia immensa nel rincontrare Ardea......ho atteso tanto il suo ritorno.....e come ogni buon amico egli ritorna sul mio cammino....sia gioia e luce Ardea.....
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24-11-2011, 14.56.23 | #246 |
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oh, milord...
sai quanto l'ho atteso e dunque puoi ben immaginare la gioia nel reincontrarlo... Bentornato Ardea. Grazie, sir!
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
24-11-2011, 14.56.51 | #247 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Qualcuno una volta mi disse che il vero ed unico tesoro di un uomo è l’attesa che hanno per lui le persone care.
Ed ogni attesa è il preludio alla Gioia di ritrovarsi. Lady Chantal, lady Elisabeth, lady Talia: vi ringrazio
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24-11-2011, 15.33.55 | #248 |
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che bello è ritornato Ardea evvivaaaaaaaaaaa
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fabrizio |
25-11-2011, 20.25.57 | #249 |
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Grazie anche a voi, amico mio
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26-11-2011, 08.51.07 | #250 |
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Ardea de' Taddei è una lacuna che dovrò colmare... E, a giudicare dall'entusiasmo con cui viene accolta la notizia del suo ritorno, sarà un vero piacere.
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Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà! (Metastasio) Ultima modifica di Emrys : 26-11-2011 alle ore 09.35.09. Motivo: dislessia o disfunzione psico-motoria |