25-03-2016, 18.38.56 | #361 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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"Diventerò un cavaliere, per vendicare l'onore di mio padre."
(Antico poema anonimo) L'acciaio di Parusia si infrangeva sulle scaglie che ricoprivano il drago, simili ad un'innaturale ed invalicabile corazza, generando scintille ed echi di un tintinnante clangore. I ruggiti e i latrati del mostro, che cupi, sordi e profondi, invadevano quel luogo, raggiungevano ogni meandro e incutevano in Cramelide e nei fanciulli un'insopportabile disperazione ed un'irrefrenabile paura. E a tutto ciò, le urla di battaglia di Ardea accompagnavano ogni colpo. L'aria era sempre più irrespirabile. Al fetore mefitico che impestava quel luogo, rendendo quasi impossibile respirare, si univa il caldo opprimente che aumentava ogni istante di più. Era infatti dovuto alle vampate che il drago vomitava insieme ai ruggiti, alle bave incandescenti e fetide ed al sangue che Parusia gli strappava con i suoi precisi fendenti. E dove quel sangue colava, la rocce da esso sporcate quasi si dissolvevano per la sua acidità, liberando tutt'intorno un vapore mortale. Ma la battaglia continuava senza sosta, senza tentennamenti, senza esitazioni. I due contendenti, il cavaliere Taddeide e l'immondo drago, non risparmiavano energia, foga, odio e rabbia in quella battaglia. Come uno scontro atavico, remoto ed assoluto, tra il Bene ed il male, tra la Luce e l'oscurità, quella lotta pareva mettere in gioco forze primordiali che ben raffiguravano l'eterno confronto tra l'umanità e la bestialità. E quell'immane lotta durò per ben tre ore, dove la corazza di Ardea in gran parte si fuse, causandogli intense bruciature quando il metallo liquefatto scivolava a contatto con le ferite del cavaliere, mentre la sua tunica si era già carbonizzata all'inizio dello scontro. Tuttavia, le difficoltà e le sofferenze per quell'insopportabile fatica, non parevano scalfire la volontà, la ferma decisione, la forza che il Taddeide aveva nel cuore per affrontare quell'ultima terribile Questione. In quei momenti davanti ai suoi occhi passarono molti suoi ricordi. La sua infanzia, l'incontro col duca Taddeo, il suo arrivo alle Cinque Vie. Poi gli anni trascorsi ad allenarsi duramente per essere un cavaliere ed il tempo passato alla corte del re. Le sue mancanze come figlio, le sue miserie e debolezze. Il pentimento, la morte di suo padre, il dolore e la disperazione. Ed ancora, una per una, tutte le passate Questioni, fino a quest'ultima. Ma in tutto ciò non mancava la figura del misterioso cavaliere che lo attendeva per affrontarlo nella Cappella dell'Apparizione dell'Arcangelo il Santo Giorno dell'Assunta e soprattutto il volto dell'amata Cramelide. E se aveva perduto gran parte di ciò che amava, presto forse anche la sua stessa vita, era proprio il volto di quella ragazza a dargli la forza di continuare. Per lei e per lei sola Ardea continuava a combattere, contro tutto e tutti. Quel drago appariva come l'ultimo ostacolo per redimere se stesso, per purificarsi delle sue mancanze di figlio, di uomo e di cavaliere. Sconfiggendo quel mostro, il Taddeide avrebbe liberato le sue terre ed onorato il nome di suo padre. E tutto ciò gli conferì la forza per alzare di nuovo, per l'ennesimo fendente, la sua Parusia verso il Cielo e farla ricadere ancora, come una sentenza, su quel malefico drago. Ardea urlò ed affondò quel colpo con tutto ciò che aveva nel cuore.
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25-03-2016, 18.45.47 | #362 |
Cittadino di Camelot
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Uno scontro mozzafiato, devo farvi i complimenti milord per lo scenario narrato.
E ora rimarrò col fiato sospeso..il drago ed il Male saranno sconfitti con quel fendente dalla forza del cuore di Ardea, del suo Amore per Cramelide e l' Onore di suo padre che lo prese da bambino per farlo diventare un grande Cavaliere? Io confido nel Bene milord...mai come in questo giorno speciale.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
05-04-2016, 18.03.54 | #363 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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"E questo, mia regina Crimilde, sarà per vostro amore."
(I Nibelunghi) L'urlo di battaglia di Ardea. Poi il ruggito del drago, colmo di rabbia bestiale ed odio primordiale verso gli uomini. Ma un attimo dopo quel terribile ruggito si mutò in un sordo latrato. Il calore allora aumentò, in un istante, in quel luogo, rendendo l'aria quasi incandescente. Poi un grave boato che fece sussultare le pareti di pietra che racchiudevano quell'Averno di fuoco e morte, seguito dallo scroscio violento delle dense e calde acque dello stagno sottostante. E silenzio. Un lungo, innaturale, angosciante, insopportabile silenzio che avvolse quel posto. Un silenzio che circondò Cramelide. E fu quello l'istante in cui la ragazza avvertì maggiormente la paura. Il suo istinto fu di aprire gli occhi. Era infatti in una coltre di oscurità e sentiva le palpebre bruciare per il calore e le lacrime. Si sentiva, ora in quel sinistro oblio, come ancora più impotente ed indifesa. Voleva aprire gli occhi e capire, scoprire, vedere l'esito di quella grandiosa e terribile battaglia. Ma non lo fece. Nonostante tutto non aprì gli occhi. Il suo udito allora si affinò, divenendo capace di cercare, di svelare ogni minimo soffio di vita. Se vita ancora vi fosse in quel luogo infernale. E fu in quel momento che cominciò ad avvertire qualcosa. Dei confusi suoni. Quasi infinitesimali, impercettibili. Erano i pianti rotti ed i lamenti dei fanciulli che stavano sotto di lei. E di nuovo sentì forte l'istinto, l'impulso di aprire gli occhi. Ma neanche adesso lo fece. Poi qualcosa. Un rumore confuso. Un rumore che in breve fu più riconoscibile per lei. Un rumore di passi. Come se qualcuno dal basso fosse risalito sullo spuntone di roccia per raggiungerla. “Ardea...” disse lei in un sospiro. Era più che una domanda, un'invocazione, una speranza. Avvertì allora il calore di un corpo avvicinarsi. Qualcuno era davanti a lei. Un attimo dopo la ragazza sentì due labbra calde e rassicuranti congiungersi alle sue. Un bacio. Un bacio capace di risvegliarla dal torpore della morte. Un bacio che riaccendeva la speranza e la stessa vita. “Cramelide...” sussurrò Ardea, lasciando appena la bocca di lei “... ora puoi aprire gli occhi, Amore mio...” accarezzandole il viso e togliendo la fuliggine dai suoi bellissimi lineamenti. Lei allora lentamente aprì gli occhi. Impiegò qualche istante a riabituarsi all'intensa luce di quel luogo, frutto di fuoco e fiamme. E così, pian piano, il volto di Ardea che le sorrideva cominciò a prendere forma davanti a lei. La ragazza vide allora prima i suoi occhi azzurri, scintillanti e luminosi, poi i bruni capelli lunghi ed infine i suoi tratti dolci e quel sorriso rassicurante. E forse fu proprio quel sorriso ora, così caldo, appagante, forte e bellissimo a scacciare, come quell'appassionato bacio prima, dal suo cuore ogni paura. Il cavaliere impugnò di nuovo Parusia e in un attimo spezzò le pesanti ed arrugginite catene che tenevano bloccata Cramelide a quell'oscuro altare di pietra forgiato nel fuoco e nell'odio, per il più terribile ed inumano dei sacrifici. Le catene caddero così a terra e la ragazza fu libera. Tentò di alzarsi, ma la paura e la disperazione le avevano sottratto ogni forza, facendola così quasi cadere. E fu lesto Ardea, che la prese fra le braccia. “E' finito, Cramelide...” fissandola nei suoi meravigliosi occhi chiari lui “... è tutto finito... per sempre...” Lei allora si abbandonò in un pianto liberatorio sul petto del Taddeide. E poi lo baciò di nuovo. Lo baciò intensamente e a lungo. Lui e lui solo aveva sfidato tutto e tutti per lei. Lui e lui solo, pur quasi senza conoscerla, era sceso in quell'Inferno per cercarla e liberarla. E lei lo ricompensò col suo Amore. “Ti amo...” piano lei, staccando appena le sue labbra da quelle di lui “... ti ho sempre amato... sin dal primo momento...” “Amore mio...” baciandola ancora lui. E tenendola fra le braccia, il cavaliere prese a scendere da quello spuntone roccioso per riportare, come Orfeo, la sua Euridice nel mondo dei vivi.
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05-04-2016, 18.09.04 | #364 |
Disattivato
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Stavolta sono senza parole....
Non ho che brividi, ed emozioni per commentare questo capitolo. Intensi, molto intensi, troppo intensi. Se provassi a tramutarli in parole, probabilmente li svilirei. |
05-04-2016, 18.49.56 | #365 |
Cittadino di Camelot
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Milord....stavolta mi avete fatto sentire una forte emozione...ma voi già lo sapete...un amore in grado di far compiere veramente gesta eroiche.
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21-04-2016, 17.01.43 | #366 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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"Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato, a Davide e alla sua discendenza per sempre." (Salmo 18) Un cupo e sibilante vento, simile ad un lamento, soffiava su Acerna, attraversando le sue silenziose e desolate strade. La contrada, arroccata, come fosse spaventata, attorno al suo grande castello, sembrava intrisa di paura mista a disperazione. Come se in quel luogo dimorassero solo ombre, pallidi riflessi di ciò che era stato vivo fino a qualche tempo fa. Le alte mura che la circondavano, scandite da robuste ed invalicabili torri, erano forse in grado di proteggere Acerna da innumerevoli nemici umani e così avevano fatto per secoli. Ma contro l'odio e la potenza del drago non erano riuscite ad opporre resistenza alcuna. Non erano state in grado di salvaguardare la contrada dalla furia primordiale ed infernale di quella bestia. E nel castello, coperto da drappi neri, con le bandiere calate, le lance abbassate e tende luttuose a coprire porte e finestre, il barone Avator, abbandonato senza più forze, né lacrime, né speranze sul suo seggio, fissava senza forze il vuoto della sala e senza avere il coraggio di alzare gli occhi sul quadro, posto sulla parete di fronte a lui, in cui era ritratta la sua bellissima figlia. “Dimmi, figlio mio...” disse a Giaccos, che era in piedi accanto a lui “... sono un pessimo padre, vero?” “Non crucciarti, padre...” mormorò il figlio. “No, lo sono...” scuotendo il capo Avator “... un padre deve sempre proteggere i propri figli...” “Ma deve anche proteggere il proprio popolo, se siede come te su un seggio...” fece Giaccos. “Come si può” replicò Avator “proteggere un popolo, se non si è stati capaci di difendere prima ancora la propria figlia?” “Padre, non tormentarti...” “Come ci si può” quasi zittendo suo figlio con un cenno della mano “definire un padre, se si manda al macello la propria figlia? Come si può credere di sopravvivere alla propria figlia? Non è naturale ciò...” “Padre...” mormorò Giaccos. “No, non è naturale...” quasi senza ascoltarlo il padre “... non si può seppellire la propria figlia... io non posso seppellire Cramelide... lei deve seppellire me... tu e lei... voi dovete seppellire me... questo è il corso naturale della vita...” Ma in quello stesso istante dalle strade cominciò ad alzarsi un confuso vocio. Un'indefinita e sempre più chiassosa Balele, indecifrabile, informe. Poi le campane. Rintocchi ripetuti, festanti. “Ma cosa sta succedendo?” Stupito Giaccos. “Chi festeggia in quest'ora di morte?” Alzandosi dal seggio Avator. “Chi, in nome di Dio?” Gridò. Giaccos allora tirò le tende di lato ed aprì la finestra. E vide. Vide la contrada in festa. Tutti gridavano, in preda ad un'irrefrenabile eccitazione, correndo come impazziti verso le porte delle mura. Come impazziti di felicità. Poi squilli di trombe e canti. Le chiese aprirono le loro porte e le immagini della Vergine col Bambino e di molti Santi furono portati nelle strade, in Sante Processioni. Poi l'ingresso fra le mura si aprì ed un'incredibile scena apparve a Giaccos che guardava dalla finestra. Alcuni fanciulli, gli stessi inviati come tributo al drago, entrarono correndo e trovando ad aspettarli le braccia delle loro madri e dei loro padri. “Padre!” Chiamò Giaccos. “Vieni a vedere!” Avator corse anch'egli alla finestra. E vide quella scena. E dopo i fanciulli, dalla porta entrò un cavaliere sul suo destriero, con una ragazza in sella con lui. E dietro di lui arrivò anche il suo scudiero. Avator e Giaccos continuarono a fissare tutto ciò increduli. Videro così tutte quelle madri e tutti quei padri, seguiti da tutta la popolazione, che si prostravano davanti a quel cavaliere. Davanti a quell'eroe liberatore, che ero sceso nel più profondo girone del loro Inferno ed era poi riemerso. Davanti ad Ardea che stringeva fra le braccia la sua Cramelide.
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21-04-2016, 17.04.35 | #367 |
Disattivato
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Alla fine la luce torna a splendere... sempre emozionate.
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21-04-2016, 17.24.07 | #368 |
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Ardea è di per sè un eroe ma l' Amore per Cramelide lo rende quasi epico.
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22-04-2016, 00.43.29 | #369 |
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Sono capitoli come questo che ancora oggi fanno capire come Ardea sia davvero il più grande cavaliere mai esistito.
Fino ad oggi. Con buona pace dei Cavalieri della Tavola Rotonda, dei Paladini di Carlomagno e tutti gli altri
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22-04-2016, 01.48.45 | #370 |
Cittadino di Camelot
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Avete ragione e questi ultimi capitoli hanno saputo trasmettere grande emozione...ma i complimenti vanno a voi sir Guisgard.
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