31-08-2011, 03.17.30 | #31 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Ex duca di Beauchamps, madame!” Esclamò il tenente, correggendo Melisendra. “E non vi sono signori qui, madame. Né in terra, né tanto meno in Cielo!” Il suo sguardo passò rapidamente dalla giovane vedova alla sua fedele nutrice, per poi ritornare sul bel viso della padrona. “Posso domandarvi cosa ci fate a quest’ora della notte in un posto malfamato come questo? Posto solitamente frequentato da profughi, fuggiaschi, evasi e nemici della repubblica?”
A quelle domande, che già sapevano d’interrogatorio, Marcien e sua moglie cominciarono a defilarsi. Fecero qualche passo indietro, come a voler prendere le distanze dalle due donne. “Noi non abbiamo fatto niente.” Mormorò Giselle. “Allora non avete nulla da temere.” Rispose il tenente. “Devo ripetervi ciò che vi ho domandato un attimo fa, madame?” Rivolgendosi poi di nuovo a Melisendra, con un tono che tradiva impazienza ed insofferenza.
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31-08-2011, 03.42.31 | #32 |
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Non avevo idea di quale fosse la risposta appropriata. Mi sarei cacciata nei guai? Posai il fagotto accanto a me e mi raddrizzai, a dispetto delle misere vesti rimanevo la figlia di Thierry Du Blois.
"Potrei dirvi che sono a passeggio... l'aria di mare rende più forti." Lo guardai ricambiando il suo gelido sguardo inquisitore. "In realtà desidero solo liberarvi della mia presenza su questo amato suolo e, dopo la prematura scomparsa dei miei genitori e del mio amato sposo, raggiungere la famiglia di mia madre, che si trova proprio oltre lo stretto." Accennai al mare inquieto che si agitava poco lontano da noi. "Avete ucciso mio padre, un Duca di Beauchamps e la sua sposa, Loyanna di Wendron... il casato di Wendron è stato informato di ciò che è successo alla loro congiunta. Continuerete a giustiziare tutte le persone nelle cui vene scorre sangue blu fino a quando i principi stranieri non uniranno le forze contro la vostra Repubblica?" Il vento mi scompigliò i capelli, qualche ciocca sfuggì e mi accarezzò il viso. "Lasciate che parta in esilio." Nel pronunciare quelle ultime parole chinai lievemente il capo, come a indicare tacitamente che sapevo che la mia sorte si trovava nelle loro mani.
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31-08-2011, 04.03.31 | #33 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“La vostra eloquenza è pari alla vostra bellezza, madame.” Sorridendo il tenente. “Volete lasciare la madrepatria? E perché mai? Per un paese umido e nebbioso, dove siamo odiati e disprezzati solo perché abbiamo raggiunto ciò che altri paesi troveranno forse solo fra secoli?” Un ghigno sorse sul volto dell’ufficiale repubblicano. “Nessuna congiura ha ucciso vostro padre, madame. Egli, come tutti quelli come lui, è stato processato e giustiziato per la libertà del popolo. Chiedete dunque l’esilio, madame? E sta bene, magari vi sarà concesso. Forse. Ma non lascerete questa terra con cose che non vi appartengono. Sapete bene che ogni vostra ricchezza è stata o sarà confiscata dallo stato, perché appartiene al popolo.”
Fece allora un cenno ai suoi e questi strapparono dalle mani di Melisendra e Giselle tutto ciò che avevano con loro. “Ora vi domando la compiacenza di volerci seguire, madame.” Riprese a dire il tenente. “Dove volete condurci?” Gridò Giselle. “Non vi basta quello che ci avete fatto? Ci avete strappato l’affetto dei nostri cari e l’amore per una terra che non sentiamo più nostra!” Ma uno dei soldati le impedì di proseguire, colpendola al volto. Un attimo dopo Melisendra e Giselle furono portate via dai soldati, mentre sul posto non vi erano più tracce di Marcien e di sua moglie. La notte proseguiva così il suo corso ed immagini, ricordi e sensazioni confuse correvano nella mente di Melisendra, mentre la veloce ed anonima carrozza le conduceva chissà dove. E prima ancora che l’alba si affacciasse nel cielo, la figlia del Duca di Beauchamps si ritrovò, da sola, in un’austera sala di un grosso palazzo, più simile in verità ad un vecchio casermone. Qualche istante dopo un uomo entrò nella stanza.
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31-08-2011, 04.17.56 | #34 |
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Nessuno aveva risposto alle mie insistenti domande. Dove volevano condurre me e Giselle? E perchè ci avevano separate? Niente panico. Dovevo rimanere calma.
Potevano anche tenersi tutti i miei bagagli, che in fondo contenevano solo vestiti e pochi preziosi. Sentivo i gioielli premere contro la mia pelle, attraverso la stoffa del corsetto. Giselle era stata previdente. Non avrei lasciato loro anche i gioielli di mia madre. Camminavo nervosamente lungo la stanza, quando finalmente la porta si spalancò ed entrò un uomo. Mi voltai di scatto verso lo sconosciuto e lo osservai. "Spero che voi possiate darmi qualche risposta, monsieur... perchè sono stata condotta qui? Cosa volete da me?"
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31-08-2011, 04.40.51 | #35 |
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L’uomo camminò per qualche istante in circolo attorno al tavolo sul quale le guardie avevano lasciato alcuni documenti, presumibilmente riguardanti la ragazza che era seduta davanti a lui.
“Ex marchesa di Beauchamps…” leggendo dai fogli presi proprio in quel momento in mano “… il tenente ha riferito che pronunciavate il vostro ormai decaduto titolo con orgoglio, superbia a sentir lui…” fissò Melisendra e sorrise “… un consiglio, dato il legame che avevate con uno dei nostri valorosi compagni, madame… non vi conviene sbandierare troppo i vostri trascorsi aristocratici… potrebbero causarvi guai… per questo mi rivolgerò a voi col solo titolo che vi spetta… madame Lambrois.” Riempì allora due coppe che erano sul tavolo con del vino, porgendone poi una alla ragazza. “Naturale che la vedova di un eroe della patria qui può giungervi solo come ospite…” continuò l’inquisitore “… anzi, vi dirò che per me è un onore potervi parlare, madame… e lasciate che mi presenti… sono Jules Oxio, rappresentante dei Ginestrini… noi ci stiamo occupando di voi da tempo e grazie ad un buon patriota come il signor Marcien siamo riusciti a non farvi commettere una sciocchezza… vedete, l’Inghilterra è terra ostile per noi… ma che sciocco…” sorridendo “… sono certo che voi questo lo sapete già, vero, madame? E sicuramente non avete commesso l’errore di portare con voi ciò che resta del vostro blasone, soprattutto in una terra barbara come quella che ha dato origine a miti che solo la nostra letteratura ha poi reso degni di essere letti oggi… e vi chiedo, madame… dove si trovano i gioielli appartenuti alla vostra famiglia ed ora di proprietà del popolo di Magnus? Avevo pensato di chiederlo alla vostra devota nutrice, ma sono certo che collaborerete… per il suo e per il vostro bene…”
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31-08-2011, 05.04.25 | #36 |
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Rimasi impassibile, non dimostrando alcun segno delle emozioni che mi stavano attraversando. Sorseggiai appena il contenuto della coppa e poi incrociai nuovamente lo sguardo del mio interlocutore.
"Suppongo che sia la stessa domanda che avete rivolto a mio padre prima di giustiziarlo..." sussurrai senza battere ciglio. "Vi devo deludere. Tutto quel che apparteneva alla mia famiglia è stato trafugato dai vostri valorosi compagni quando invasero il castello di Beauchamps... quanto alla mia dote di sposa... mio marito, il caro Gilbert Lambrois, l'ha sperperata per coprire i suoi debiti di gioco." Chinai il capo. "Almeno, questo è quello che mi è stato riferito... penso sappiate che conducevamo vite piuttosto separate." Sollevai nuovamente lo sguardo. "Quanto alle ragioni del mio viaggio: desidero solo ricongiurmi alla famiglia di mia madre. La Rivoluzione mi ha privata dei miei cari, dei miei beni e ora cerca di prendersi anche il mio nome. Non ho nessuno che possa garantirmi protezione. Mio marito è morto e io sono qui davanti a voi e vi supplico di liberare me e l'unica amica che mi è rimasta... e di lasciarmi partire in esilio con i soli abiti che ho addosso." Nonostante le mie parole suonassero disperate, i miei occhi rimasero limpidi, così come il tono della mia voce. Deglutii dignitosamente e posai la coppa sul tavolo. "Monsieur Oxlo, c'è qualcos'altro in cui posso esservi utile?"
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31-08-2011, 05.05.54 | #37 |
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Daniel era stato costretto a ritornare in cucina.
Non poteva fare altro che aspettare che le guardie si allontanassero dal palazzo. Era stato fortunato. Lord Tudor, prima arrabbiato per il ritardo con cui era stato servito in tavola, aveva dimenticato ogni cosa una volta rivista la sua pupilla Gonzaga. E questo lo aveva distratto abbastanza da non accorgersi del modo in cui era vestito Daniel. Ora il ladruncolo era bloccato in cucina ad attendere il momento propizio per fuggire via con quanto aveva raccolto. In quel momento però lo raggiunsero gli altri valletti, che si sedettero accanto a lui. Erano tutti in attesa degli avanzi dalla tavola del loro signore. “Allora, si può sapere perché sei vestito in quel modo?” Chiese quello che con lui aveva servito in tavola. “Se il padrone se ne accorge ti farà frustare a sangue!” Gli altri sorrisero scioccamente. “Si e magari lo metterà pure ai ferri!” Intervenne uno di quelli. “Si e forse, dopo, lo venderà a qualche altro padrone!” Gli fece eco un altro. “Su, ora basta.” Li zittì il primo valletto. “Non spaventatelo ora. Io sono John Carrey.” Presentandosi a Daniel. “E tu? Come ti chiami?”
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31-08-2011, 05.48.21 | #38 |
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Oxio restò un attimo pensieroso dopo aver udito le parole di Melisendra.
Giocherellava nervosamente con i documenti che aveva in mano e fissava la ragazza negli occhi, come a volerne carpire ogni singola emozione. “Vostro padre era nemico della patria ed amico invece dei suoi nemici…” disse, rompendo finalmente il suo silenzio “… cospiratori, monarchici, ecclesiastici… sapevate che il vostro nobile genitore era in contatto con gli inglesi? Era un traditore ed è stato condannato giustamente. Quanto ai gioielli di famiglia, vi assicuro che vostro marito non ne ha mai usufruito…” sorrise con un ghigno “… al povero Lambrois non negavate solo le vostre grazie, madame… ma a quanto pare anche alcuni beni della vostra famiglia… ora vi chiedo per l’ultima volta… dove sono quei gioielli?” Ma proprio in quel momento una terza persona entrò nella sala. “Repubblicano Oxio, come procede qui?” Chiese De Jeon. “Madame Lambrois afferma che i gioielli della sua famiglia sono stati tutti utilizzati dal suo defunto marito.” “Davvero?” Restando impassibile De Jeon, intento a controllare i documenti riguardanti Melisendra. “E’ ovvio che mente.” Sentenziò. “Falla arrestare.” “Ma è la vedova di Lambrois!” Fece Oxio. “E allora? Arresti lei, non suo marito. E’ stata portata qui da sola?” “Con la sua governante.” “Saranno processate entrambe.” Disse de Jeon. “Con quale accusa?” “Ha derubato il popolo.” Rispose De Jeon. “Probabilmente quei gioielli li avrà già fatti giungere da tempo in Inghilterra. Ecco perché ora stava fuggendo.” Oxio allora suonò un piccolo campanello e due guardie entrarono nelle stanza.
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31-08-2011, 06.12.06 | #39 |
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La carovana proseguiva lenta e svogliata e l’incedere dei loro cavalli sembrava accompagnarsi alla canzone che buona parte della compagnia aveva intonato.
Dei sette che componevano la compagnia, solo tre restavano in silenzio, limitandosi chi ad ascoltare gli altri cantare, chi a fissare la cittadina che era apparsa loro in lontananza. “Finalmente una città!” Esclamò il vecchio Essien, uno dei tre e capo della compagnia. Gli altri due erano il giovane Renart e colui che guidava il carrozzone, una sorta di casa ambulante, studio, spogliatoio e dimora di quegli artisti itineranti. L’uomo alla guida del carrozzone appariva silenzioso e distratto. Aveva un basco scolorito, un tempo rossastro, con tanto di piuma sulla testa ed una buffa maschera sul viso. “Più che città direi cittadina!” Fece Tissier. “Dì pure che quello è poco più grande di un borgo!” Aggiunse Gobert. “E cosa vuol dire mai?” Fece Essien. “Forse la gente di un borgo o di una cittadina si diverte meno di quella che vive in grandi città? Non credo che quella cittadina adagiata sul colle davanti a noi sia più piccola dell’Atene classica, in cui venivano inscenate le opere di Menandro, di Aristofane o di Cratino!” Con tono ampolloso e teatrale, come era suo modo di fare sulla scena e nella vita. “Senza parlare poi della Roma repubblicana, dove scrivevano Plauto e Terenzio!” “Roma non era più piccola di quella cittadina!” Esclamò Gobert. “Roma è la città più grande del mondo!” “Lo è diventata ora!” Fece Fantine, una delle due donne della compagnia. “Non lo è sempre stata!” “Le città di un tempo non erano paragonabili a quelle di oggi.” Spiegò con sontuosi gesti il vecchio Essien. “Sono poi i poeti e gli scrittori che, nel tramandarne le immagini, le ingigantiscono agli occhi dei contemporanei. Un po’ come avviene con noi attori oggi… noi che amiamo arricchire e vivacizzare la realtà quotidiana nei nostri spettacoli. Un palcoscenico degno dell’opera più bella non è direttamente proporzionale al perimetro delle mura della città in cui si trova.” Ed annuì, come ad aspettarsi un applauso ed un consenso che quell’esigua platea non poteva e non voleva concedergli. “Beh, cos’altro aspettiamo?” Fece Tissier. “Raggiungiamo quella degna città, cittadina o borgo che sia, per scoprire se è una novella Atene, un’ inaspettata Roma oppure un luogo che rifugge l’estro e la vivacità di quelli come noi.” Essien allora fece un cenno all’uomo che guidava il carrozzone e la compagnia riprese il viaggio. “Speriamo sia una bella cittadina, comunque.” Disse Renart. “Bella o brutta che sia” replicò Essien “tu non ne godrai di certo le attrattive, visto che hai almeno un paio, o forse anche tre, di copioni da provare e riprovare!” “Abbiate fiducia e vedrete che vi stupirò, maestro!” Rispose Renart sicuro di sé. “E stupirò anche te, vedrai.” Aggiunse, avvicinandosi col suo cavallo a quello di Talia. Poco dopo la compagnia giunse nella cittadina, che aveva nome Cardien.
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31-08-2011, 06.33.15 | #40 |
Cittadino di Camelot
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Presto mi avrebbero portata via. L'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio.
"Aspettate..." mormorai, quasi timidamente, scostandomi appena dalla presa delle guardie. "Così siete voi quel famoso De Jeon." Gli rivolsi un inchino, nonostante nel mio cuore provassi solo disprezzo per quell'uomo che, con le sue orazioni, fomentava il popolo e probabilmente aveva partecipato alla condanna di mio padre. La mia vita non mi apparteneva più, era finita nelle mani di quegli uomini ansiosi di trovare un nuovo spettacolo per gli occhi delle folle. "Se..." mi tremò la voce "Se recuperaste ciò che è rimasto del tesoro dei Du Blois... lascereste libera me e la donna che avete arrestato con me?" Rimasi immobile a guardare quegli uomini così tetri. Sapevo dove mio padre aveva nascosto alcuni preziosi che la sua famiglia si tramandava da generazioni: la cripta del palazzo di Beauchamps. Mi augurai che non mi vedesse mercanteggiare con i suoi assassini. I gioielli di mia madre, invece, sarebbero rimasti al sicuro nel mio corsetto. Dovevo scegliere tra l'eredità dei Du Blois e quella dei Wendron e mi spiaceva ammetterlo, ma quello che rimaneva dei Du Blois era ormai perduto. Occultarne i resti sarebbe stato sciocco, a quel punto.
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