23-04-2011, 02.38.49 | #451 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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La mano di Pasuan sulla pancia di Dafne.
Inizialmente aveva paura. Paura di un qualcosa che sembrava molto più grande di lui. Paura di perdere la sua libertà, la sua vita. La sua vita. In un attimo, tutta la sua vita gli attraversò il cuore. Ed ogni singolo evento di quella vita gli parve vuoto e senza senso. Qualcosa era cambiato da quando era comparsa lei nella sua vita. Ora lei era lì che lo fissava con quei suoi occhi luminosi e profondi. E Pasuan sentì qualcosa di indescrivibile. Era lì, con lei e con la presenza di quel bambino già così reale e concreta. Ed ebbe la forte ed intensa sensazione che tutta la sua vita fosse lì, in quella casa. Ed una grande gioia sorse allora nel suo cuore. “Non conosci nessun altro qui…” disse senza togliere la sua mano dalla pancia di lei “… e vorresti una guida per il tuo bambino… capisco…” mormorò chinando il capo “… è questo che vuoi da me… solo questo… si, forse hai ragione… non conosco la tua vita e non dovevo permettermi di dirti quelle cose... non ne avevo alcun diritto…” Ad un tratto dei rumori interruppero quella scena. Quei balordi che Cavaliere25 aveva visto presso le mura di Camelot erano sulla porta della casa. “Ehi, che bel bocconcino abbiamo qui!” Disse uno di loro, fissando Dafne. “Io ed i miei amici non mangiamo da un bel po’… e non tocchiamo una donna da ancora più tempo!” “Cosa cercate? Andatevene se non volete guai!” Minaccio Pasuan. Fece allora scendere la sua mano sul fodero, ma si ricordò in quel momento di non avere con sé la sua spada. “Ehi, qui abbiamo un duro!” Esclamò il balordo. “Facci vedere allora quanto vali, grande eroe!” “Vi fate forti perché siete in tre, vero?” Disse Pasuan. “Dafne, resta dietro di me e non muoverti…” rivolgendosi poi a bassa voce a Dafne. “Diamogli una lezione, ragazzi!” Gridò uno dei tre. I suoi compari allora si lanciarono su Pasuan. Questi però ne stese subito uno colpendolo con un pugno. L’altro allora gli lanciò la frusta che avvolse subito il braccio sinistro del cavaliere. “Ora soffrirai, cane!” Urlò il balordo. Ma Pasuan cominciò ad avvolgere la frusta attorno al braccio, tirando a sé il balordo. “Aiutami, Pat!” Gridò questi. Ed il compare, corso in suo aiuto, colpì con un bastone il braccio di Pasuan. Il cavaliere gridò forte per il dolore, accasciandosi a terra. Ma quando Pat gli fu quasi sopra, Pasuan si alzò di colpo, sferrandogli una testata allo stomaco. “Maledetta carogna!” Esclamò l’altro. “Sei duro ad arrenderti, eh! Ora la faremo finita!” Ed estrasse un lungo coltello. In quel momento giunse Cavaliere25 davanti alla casa di Dafne e vide tutta la scena.
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23-04-2011, 02.51.02 | #452 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Il ragazzino stava sul ciglio della strada.
Il viso sporco di fango e lacrime. “Guardate, il figlio della strega!” Disse uno dei fanciulli che lo fissavano dall’altra parte della strada. E cominciarono a tirargli delle pietre, una delle quali lo colpì allo zigomo. “Maledetti!” Ringhiò il ragazzino stringendo nella mano una di quelle pietre. “Perché non venite uno alla volta? Vigliacchi, vi odio!” E quelli andarono via ridendo e schernendolo. Restò così da solo in quella strada. “Questa è l’ultima volta che ho pianto…” mormorava “… lo giuro… lo giuro su quest’odio che provo per tutti voi!” E corse via. Corse fino a perdersi nel bosco, fino ad arrestarsi davanti ad una piccola cappella. In quel momento udì il canto di un gufo che salutava l’arrivo della sera. Allora i loro sguardi, per un istante, finirono l’uno nell’altro. “Vorrei essere libero come te…” sospirò il ragazzino “… libero… non mi servirebbe altro…” Il gufo allora spiccò il volo e si lanciò fra i rovi, dove con gli artigli afferrò un grosso topo e svanì poi fra gli alberi più alti. Il ragazzino guardò ammirato quel superbo rapace contro quell’insignificante preda ed un lampo attraversò i suoi occhi neri come la pece. “Non sei in paese con gli altri ragazzini?” Chiese una voce. Il ragazzino si voltò. “C’è la festa del paese e tutti i ragazzini ne vanno matti.” Continuò un vecchio che gli si avvicinava. “Non mi interessano queste cose…” rispose il ragazzino. “Verrà benedetta la statua di Sant’Apollinare.” “Non mi interessa… io non credo a queste cose…” “E non hai paura di perdere l’anima ed andare all’Inferno?” Domandò il vecchio. “Io non credo nell’anima…” “Io invece si…” sorrise il vecchio “… vuoi rendermi la tua?” Il ragazzino lo fissò incuriosito. “Se non credi di averla non ci rimetterai nulla nello scambio, non trovi?” “Sei pazzo.” “Forse. Allora? Mi rendi la tua anima, visto che non credi neanche di possederla?” “Mi prendi in giro…” “Cosa vorresti in cambio, dimmi?” “Voglio diventare un cavaliere…” dopo un attimo di silenzio il ragazzino “… il cavaliere più forte del mondo!” Il vecchio sorrise. “Ed un giorno” aggiunse il ragazzino “voglio battermi con lui!” Disse indicando l’affresco raffigurante San Michele Arcangelo nella piccola cappella. Il vecchio fissò quell’affresco e rise di gusto. “Dicono che sia il modello più alto per ogni cavaliere… il difensore della Chiesa… quella Chiesa che ha bruciato viva mia madre!” Mormorò con odio e rabbia il ragazzino. “Affare fatto, ragazzo mio!” Disse il vecchio stringendogli la mano. “Tu sarai il cavaliere più forte e se saprai farti valere, chissà che davvero tu non possa duellare, l’ultimo giorno, con San Michele!” “Quando?” Chiese il ragazzino. Il vecchio rise di nuovo, senza però rispondere nulla e andò via, perdendosi tra gli sterpi e le felci. Quel ricordo ricorreva spesso nella mente di Gouf. Ed a tratti pareva assumere la forma di una visione, di un’allucinazione. Talvolta giungeva nel sonno, a cavallo tra il sogno e l’incubo. E quando svaniva lasciava nel cavaliere un profondo senso di inquietudine. E nel rivederlo in sogno, Gouf urlò per poi svegliarsi bruscamente. Uscì allora dalla sua stanza e scese a passeggiare nel grande cortile del castello, tra le ombre di quella notte angosciante e tormentata.
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23-04-2011, 03.55.53 | #453 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Izar fissò Hastatus con attenzione.
“Non credo di conoscere questo cavaliere…” disse il filosofo. “E’ sir Hastatus di Camelot.” Intervenne Monteguard. “Egli gode della fiducia di re Artù e di quella di lord Astalate.” “Di Camelot…” mormorò il filosofo “… non di Capomazda. E questo non credo lo renda informato su ciò che sta accadendo qui.” “Ciò che dice sir Hastatus non è utopia…” replicò Monteguard “… chi conosce il duca non impiegherà molto a comprendere come stanno davvero le cose. Forse dovremmo dire la verità ai baroni e ai cavalieri del ducato.” “Si, sono d’accordo.” Annuì Ravus. “Del resto chi è fedele a sua signoria saprà comprendere la situazione.” “Non sono convinto…” mormorò Izar “… qualcuno potrebbe approfittare della sua debolezza.” “Sua signoria non è né debole, né indifeso.” Disse Monteguard. “Ha perduto la memoria, ma questo non fa di lui un inetto. Nelle sua vene scorre comunque lo stesso sangue dei suoi antenati… quegli stessi antenati che fecero grande Capomazda.” “E poi, secondo i medici, questa sua amnesia è solo momentanea.” Fece Ravus. “E presto dovrebbe ricordare ogni cosa del suo passato.” “Anche io sono d’accordo con il capitano Monteguard, il chierico Ravus e sir Hastatus.” Disse Lho entrando nella sala. “E poi sua signoria non mi è sembrato affatto un folle, o un debole… anzi, tutt’altro.” “Sir Lho… voi qui!” Esclamò Ravus. “Allora avevo visto giusto prima tra le gente… mi sembrava impossibile eppure siete qui… di nuovo…” “Come mai avete fatto ritorno a Capomazda!” Domandò Monteguard. “E’ grazie a sir Lho che sua signoria è ancora vivo.” Disse Izar. “Sono qui per il ruolo che da sempre spetta alla mia stirpe.” Mormorò Lho. “Sono qui per proteggere il mio e vostro signore.”
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23-04-2011, 04.12.44 | #454 |
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Mi svegliai all'improvviso. Rumore di passi.
Mi misi a sedere e tesi l'orecchio. Passato. La candela si era quasi consumata, quindi mi alzai ad accenderne un'altra. Che notte strana... mi venne un'improvvisa nostalgia. Posizionai un cero sul pavimento e presi un cristallo dal sacchetto che stava sempre alla mia cintura. Mi accoccolai sul pavimento di pietra, stringendo in una mano il cristallo e nell'altra la scheggia di vetro tagliente. Con un gesto rapido mi tagliai la mano. Il sangue uscì dal graffio, brillante e rosso come una fragola matura. Strinsi forte il cristallo e iniziai a sussurrare una nenia. Pensai a lui. Lo cercai con tutte le mie forze. Feci scivolare una goccia di sangue sulla candela davanti a me. La fiamma sfrigolò e si levò del fumo. Aprii gli occhi e lo vidi prendere forma. Un vecchio trucco... imparato molto tempo prima. Ovviamente dormiva. Tra il fumo era apparso il volto addormentato di un bambino. Tranquillo, quasi beato nel suo sonno. Nessuna paura, nessuna angoscia. "Uriel..." sorrisi, concentrata, in adorazione. Si mosse, come se mi avesse sentito. Cantai sottovoce e lo vidi sorridere. Com'era cresciuto. Non lo vedevo da tanti mesi. Ormai aveva quasi due anni. Ricordai il giorno della sua nascita, mentre attraversavo un noccioleto, insieme al fido Pandemonio. Ricordai quando presi la decisione di lasciarlo, al sicuro, presso una famiglia che si sarebbe presa cura di lui, dove sarebbe cresciuto tra fratelli e sorelle, con un caldo focolare e una brava donna a vegliare su di lui. Un vecchio cavaliere e sua moglie. Talvolta inviavo loro doni, lettere, senza mai specificare dove mi trovassi. Ero tornata solo una volta a vedere come stava poi, nel timore che potesse trovarlo il mio inseguitore, avevo deciso di non arrischiarmi più. Tesi la mano, come ad accarezzare i suoi scomposti riccioli quasi argentei. Non aveva preso da me quei colori chiari. Ogni tanto mi infilavo nei suoi sogni e mi sembrava di toccarlo. Sospirai. Confusa. Nessuno mi aveva mai spiegato che avrei sentito tali sentimenti. Soffiai e il fumo si dissolse, insieme alla malia. Le fiamme delle candele oscillarono. Mi sentii osservata e mi voltai verso la porta.
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23-04-2011, 04.37.57 | #455 |
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Il cavaliere fissava l’infinita oscurità di quella notte densa di foschia, dove ogni cosa appariva sbiadita e sfuggente.
La brughiera era insolitamente silenziosa e nulla sembrava provenire dall’altra parte della mura. “Neanche tu riesci a dormire, mio signore?” A quelle parole Gouf si voltò. “Anche le stelle sembrano nascondersi stanotte…” disse Aytli affiancando il cavaliere “… o forse siamo solo noi incapaci di riconoscerle…” Gouf fissò il cielo senza dire nulla. “Cosa ne faremo di quella donna?” Chiese la ragazza. “Sir Nyclos credo se ne sia invaghito… potrebbe essere un problema ucciderla in seguito…” “Quel giovane sciocco è incapace di riconoscere qualsiasi sentimento…” mormorò il Cavaliere del Gufo “… è un debole ed è l’ultimo dei miei pensieri… domani condurrò con me Melisendra” aggiunse “e vedremo se nasconde davvero qualcosa.” Nello stesso momento, la porta della stanza di Melisendra si aprì come sospinta dal vento e alcune candele nella stanza, insieme a quell’immagine che ancora attraversava il cuore dell’incantatrice, si spensero. “Un albero dalle radici marce…” mormorò una voce di vecchia dal corridoio “… non da mai buoni frutti… il sangue maledetto resterà sempre tale… nasconderlo non ti servirà a nulla…” Melisendra udì di nuovo quell’insopportabile e grottesca risata che si allontanava nel buio corridoio. Un attimo dopo anche il vento cessò di soffiare nella stanza.
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23-04-2011, 05.10.07 | #456 |
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Mi voltai indispettita. Quella vecchia si prendeva palesemente gioco di me.
Rimisi tutto in ordine e mi ripulii. Il sonno era tornato, insieme a una tranquillità inaspettata. Spensi le candele e mi addormentai, rannicchiata sotto le coperte. La luce del giorno mi svegliò quasi gentilmente, filtrando tra i tendaggi. Approfittai della toeletta e mi vestii. Non chiamai le cameriere. Chissà dove si erano cacciate... e comunque preferivo fare da sola. Mi avventurai nel cortile. Uomini in arme, via vai di persone affaccendate. Esitai.
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23-04-2011, 05.33.11 | #457 |
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Il Sole non era sorto da molto, ma nel cortile del castello tutti erano affaccendati in qualcosa che sembrava essere molto importante.
Un drappello di cavalieri era già pronto per partire, quando giunse Gouf con indosso la sua corazza. Gettò una rapida occhiata su tutti loro e poi fece cenno di prepararsi a partire. Improvvisamente si voltò, come se avesse sentito qualcosa. E vide Melisendra. La fissò per alcuni interminabili istanti, fino a quando un enigmatico sorrise sorse sul suo volto. “Oggi non sarà un bello spettacolo…” disse “… desidero dunque qualcosa che mi allieti… ti voglio… con me stamattina...” mormorò sorridendo di nuovo in maniera indecifrabile. Fece cenno ad un servo e questi condusse nel cortile un bellissimo sauro nero come la notte. “Non credo che occorrano abiti particolari per questa nostra uscita…” fece Gouf a Melisendra “… del resto le tue qualità non sono mai dipese, se ben ricordo, dai vestiti che indossavi… tutt’altro direi...” sorrise di nuovo, stavolta compiaciuto. “Andiamo, non facciamo attendere madonna Morte…”
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23-04-2011, 06.29.28 | #458 |
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Osservai Gouf con molto interesse.
Ecco... la famosa armatura! Con quella addosso nessuno dei miei trucchi avrebbe funzionato. Solo l'astuzia. Accarezzai il muso scuro della mia cavalcatura. "Oh, milord... non intenderete ridurre brandelli anche questi...", replicai come se stessi rimproverandolo. "Mi è stato insegnato a presentarmi alla Signora Morte sempre nel mio aspetto migliore...ma addirittura nuda, sarebbe vano esibizionismo!" Montai in sella agilmente. "Sono ai vostri ordini, mio signore", ero ironica. Lo seguii.
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23-04-2011, 16.41.54 | #459 |
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Mi lanciai nella mischia cercando di difendere Pasuan e la donna che stava con lui tirai fuori la spada e dissi allontanatevi da qui maledetti ho vi farò assaggiare il gusto di questa spada e mi misi in posizione di difesa mentre con la coda del occhio guardavo il cavaliere e la ragazza
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fabrizio |
23-04-2011, 17.25.58 | #460 |
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Gouf sorrise alle parole di Melisendra.
“Ho sempre ammirato il tuo coraggio…” disse alla ragazza mentre erano ormai in cammino, seguiti dagli altri cavalieri “… al mondo non vi è virtù più rara del coraggio e tu, nonostante sia una donna, ne hai sempre avuto… mi sono sempre chiesto se quella luce che attraversa i tuoi bellissimi occhi chiari” aggiunse “si fosse oscurata almeno davanti alla morte…” di nuovo quel suo indecifrabile sorriso, come se l’esaltazione e la pena si rincorressero costantemente nel suo cuore “… io e te siamo creature oscure, figlie della notte e forse dei grandi drammi che animano questa immensa tragedia che è il mondo…” La sua corazza, che molti credevano davvero incantata, rifletteva l’argenteo bagliore del cielo grigio che sterminato ricopriva ogni cosa nella brughiera. “Baldus!” Chiamò all’improvviso. “Recitami qualcosa…” Il cavaliere avanzò dai ranghi e dopo un inchino verso il suo signore cominciò a recitare: "Se qualcuno lo narasse, io all'istante crederei, che è questo il grande dramma dei nobili Taddei. Che sia un Angelo o forse un demonio è cosa ignota! Egli agisce per giustizia, sia essa luminosa o remota! Che scenda dai Cieli Alti, o emerga dall’Inferno dannato, verrà a reclamar un verdetto, che Iddio Ha pronunciato!” Baldus, finito di parlare, salutò con un inchino il suo signore e ritornò tra gli altri cavalieri. Poco dopo, giunti su un’altura, videro in basso un piccolo villaggio. “In queste terre” mormorò Gouf “sono tutti profondamente religiosi… se lo fossi anche io sarebbe per me una gioia morire appena un giorno dopo il mio Dio.” Era infatti il Sabato Santo, che precedeva la Santa Pasqua
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