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#471 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Nella biblioteca c’erano lord Tudor, Hagus e Jalem.
Appena Melisendra entrò nella sala, subito calamitò gli sguardi dei tre. “Jalem è appena tornato dal porto, milady.” Disse il duca, per poi fare un cenno al suo servitore. “Milady, sono stato al porto e ho cercato l’uomo di cui ci avete accennato.” Fece questi. “Non è stato facile, ma alla fine sono riuscito a trovarlo grazie ad alcuni marinai che avevano prestato servizio sotto lord Tudor. Ed incontrato quell’uomo gli ho subito consegnato la vostra lettera…” “Non credo sia un soggetto facile, milady.” Intervenne Hagus. “Da ciò che ci ha riferito Jalem, sembra si tratti di un individuo assai singolare.” “Ha preso con sé la lettera e la catenina con la foglia d’edera…” riprese a raccontare Jalem “… ma non mi ha voluto seguire al palazzo… ha detto che dovete essere voi a raggiungerlo… vi attende alla locanda delle Due Rose, milady.” “E’ inaudito!” Tuonò lord Tudor. “Un misero marinaio pretende che una dama lo raggiunga in una locanda! Come osa?” “In effetti sembra un tipo molto particolare.” Annuendo Hagus. “Probabilmente non si fida.” “Ma se ha ricevuto la lettera e la collanina come prova!” Esclamò lord Tudor. “Non saprei…” pensieroso Hagus “… come vi comporterete, milady?” Fissando Melisendra.
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#472 |
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Ero sulle spine, ma quando udii con le mie orecchie che quegli uomini erano riusciti nella loro impresa, finalmente presi fiato. Risposi quasi di getto.
"Acconsento, naturalmente..." guardai Lord Tudor "So bene, milord, quanto possa sembrarvi singolare, ma è stato uno degli uomini più fedeli a mio padre e non ho nulla da temere da lui..." Parlai con sicurezza e tranquillità. Una nuova quiete era scesa nel mio cuore e tacitava ogni timore. "Non c'è tempo per preparare una carrozza, posso benissimo cavalcare..." supplicai Lord Tudor con lo sguardo. Ero testarda e le circostanze richiedevano tempestività.
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#473 |
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Lord Tudor si alzò dalla sedia e cominciò a passeggiare nervosamente nella stanza.
“Spero che sia vero ciò che dite e non soltanto frutto del vostro entusiasmo ed ottimismo, milady…” fissando Melisendra. I suoi occhi erano gli stessi di quelli di sua madre e lui mai era stato capace di negarle qualcosa. “E sia…” mormorò “… andate alla locanda delle Due Rose… si trova nel villaggio. Però Hagus vi seguirà. Non sono tranquillo a sapervi da sola in quel luogo. Jalem, conduci lady Melisendra nelle scuderie. Mi raccomando, messere.” Fissando poi Hagus, come a volergli affidare la sicurezza della ragazza. "State tranquillo, milord." Rispose Hagus. Pochi istanti dopo i cavalli erano pronti.
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#474 |
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"Vi ringrazio, Milord..." sorrisi.
Non ero mai stata entusiasta dei lunghi viaggi in carrozza e neppure del modo aggraziato, ma tutt'altro che pratico, di cavalcare all'amazzone. Montai a cavallo coperta di un mantello scuro che celava il mio volto e spronai il cavallo. La strada sembrava non finire mai e quando scorsi in lontananza le luci di una cittadina, strinsi ancora più saldamente le redini e lanciai il cavallo al galoppo. Il mio accompagnatore non mi perdeva di vista e non cedeva di una distanza. Una volta giunti nei pressi delle prime case, cedetti il passo a Sir Hagus e mi lasciai guidare fino alla locanda. Mi domandai se avrei rivisto negli occhi di Tyler ancora lo stesso ragazzo che avevo conosciuto quando era giunto tra noi a Beauchamps. Dietro i modi sbrigativi dell'avventuriero c'era ancora quel giovane che non riusciva a incrociare il mio sguardo? Era stata quella singolare timidezza, nascosta sotto una dura scorza a farmi avvicinare pericolosamente a lui. Varcai la soglia della locanda.
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La locanda delle Due Rose era gremita di gente.
Giocatori di dadi e bari, zingare e prostitute, parassiti e mendicanti. E questa svariata umanità, tra vizi e miserie, animava quella scena fatta di volti, voci, sguardi, risate. Melisendra cominciò a cercare fra quei volti, quelle voci, quegli sguardi e quelle risate. Hagus restò in disparte al bancone, senza però perdere mai di vista la ragazza. “Hey, bel marinaio, per quella collanina posso leggerti la mano e svelarti il presente ed il futuro!” Disse all’improvviso la voce di una zingara. “E se come sembra è anche di valore…” aggiunse la zingara “… posso darti anche qualche altra cosa, bel marinaio…” “Il presente ed il futuro?” Mormorò Tyler alla zingara, senza però distogliere lo sguardo da Melisendra. “Invece è solo il passato ad aver valore per questa collanina…” e mostrò la mano con quel gioiello intrecciato tra le sue dita “… ben ritrovata, madame…” disse poi a Melisendra. ![]()
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#476 |
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Lo guardai con sorpresa. Era lì, davanti a me. Non avrei mai creduto di rivederlo.
"Tyler..." mormorai, sgranando gli occhi e scostando il cappuccio. La massa di boccoli rossi mi scivolò sulle spalle, rilucendo della luce soffusa delle candele. "Il passato..." abbassai gli occhi. Il suo sguardo. C'era qualcosa di nuovo nel suo sguardo che non riuscivo a cogliere. "E' tutto un cumulo di macerie... tra tutti io sono l'unica che si è salvata." Sollevai lo sguardo e questa volta fissai gli occhi nei suoi. "Ho... ho bisogno di te."
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“Mont Saint Michel…” ripeté Monsieur, mentre il taverniere servì loro quanto ordinato “… ci sono stato anni fa… credo sia un posto unico, dove davvero il Cielo sembra congiungersi con la terra… quella marea pare voler ricoprire ogni cosa e mutare ciò che vediamo… allora la terra scompare e le acque dominano… davanti a quello spettacolo si arriva a rimpiangere di non essere un poeta…” restò un attimo pensieroso “… ieri era il giorno di San Michele… al mio paese è festa grande… ci manco da così tanto tempo che quasi mi sembra di non esserci mai stato…” sorseggiò del vino “... voi rovinarmi la piazza?” Sorridendo ad Elisabeth. “Ed in che modo? Nessuna donna potrebbe essere gelosa di voi, visto che non manifestate alcun interesse verso di me.”
Il taverniere portò le focacce col miele in tavola. “Un ottimo dolce per festeggiare il vostro compleanno, madame.” Disse Monsieur. “Fulgenzio scriveva che per acquietare i latrati di Cerbero occorrono proprio focacce e miele.” “Eh, il nostro amico è un gran filosofo, madame.” Sorridendo il taverniere. “Non lasciatevi ingannare dalle sue parole… egli è un dotto col cuore di un filibustiere!” E rise di gusto. “E tu un cuoco con la lingua troppo lunga!” Replicò Monsieur. “Ti vedrei bene in una commedia di Menandro o di Aristofane!” “Ah, eccolo!” Scuotendo il capo. “Quando dico il vero e non sa come smentirmi, ecco che cerca di confondermi con le sue lettere!” Ed entrambi risero. “Ma voi siete stanca, madame…” fece Monsieur fissando Elisabeth “… forse vi ho davvero fatto affaticare troppo…” “Ma dove siete stati?” Domandò il taverniere. “Nell’Oltretomba…” mormorò Monsieur “… come Orfeo ed Euridice…” “E chi sarebbero?” “Mostraci una stanza per far riposare madame…” “Si, subito.” Annuendo il taverniere. “Seguitemi, prego.” Un attimo dopo il taverniere mostrò la stanza ad Elisabeth. “Ora riposatevi, madame…” disse Monsieur “… io attenderò il vostro risveglio… e dopo potrete riprendere la vostra missione.”
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Tyler fissò Melisendra per alcuni istanti.
I suoi occhi scivolavano sulla pelle d’alabastro di lei e tra quei boccoli rossi. Gli occhi di lei. Tyler li fissava, come se vi vedesse altro dentro. Un mondo, tanto rimpianto, quanto lontano. “La barca che deve condurmi dall’altra parte della baia è pronta?” Chiese Melisendra. Tyler era sulla prua e la fissò senza rispondere nulla. “Allora? Hai sentito ciò che ti ho detto?” “Le nuvole si stanno gonfiando troppo velocemente…” mormorò lui “... ed il vento ha cambiato direzione... non mi piace il mare oggi…” “A me non interessa cosa ti piace o meno…” seccata lei “... devi portarmi dall’altra parte della baia! O vuoi che vada a riferire questo tuo comportamento a mio padre?” “Vostro padre mi ha affidato la sua barca...” saltando giù da essa lui “... e non posso salpare con questo tempo... i vostri amici aspetteranno il sereno…” “Come osi?” Adirata lei. “Cosa ne sai tu di una festa dell’alta società? Sei solo un povero marinaio grezzo ed ignorante!” “Cosa accade qui?” Correndo un altro marinaio. “Philip, vi prego, portatemi voi dall’altra parte della baia!” Alterata Melisendra. “Al mio ritorno poi riferirò l’accaduto a mio padre!” Ad un tratto Tyler saltò sulla barca e mollò la cima, per prendere il largo ed allontanarsi. “Dove diamine vai?” Gridò Philip. “Torna indietro!” Scuotendo il capo. “Quello è tutto matto!” Anche quel ricordo lontano sembrò attraversare il mondo che Tyler vedeva negli occhi di Melisendra. “Già…” mormorò “… non è rimasto più niente di quel passato… ho saputo della sorte toccata alla vostra famiglia, madame… ma dubito che io possa aiutarvi ora… sono solo un povero marinaio grezzo ed ignorante…” e fissò la catenina che aveva in mano.
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#479 |
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Jolie condusse Altea e Carrinton nella sala degli Arazzi, dove lady Sophia si rifugiava per dedicarsi alle sue amate letture.
Era questa una donna di vecchio stampo, legata alle antiche consuetudini dell’aristocrazia inglese. Severa ed austera, lady Sophia non amava troppo quegli slanci e quegli impeti che invece animano spesso i comportamenti dei giovani. Legata alle sua abitudini, amava apparire sempre ben vestita e del tutto conforme ai canoni della vecchia nobiltà inglese. Aveva accettato di accogliere in casa sua la bella Altea in cambio di una cospicua rendita, che il padre della giovane le aveva assicurato. “Siete tornata, finalmente.” Fissando Altea. “Ormai vi davo per dispersa. Non sta bene che una dama vada in giro da sola per la campagna. Se lo sapesse vostro padre, si adirerebbe molto. Tanto con voi, quanto con me.” Riponendo sul tavolino il libro che stava leggendo. “Oh, ma vedo che non siete giunta sola…” alzandosi in piedi “… lord Carrinton, ma che piacere!” “Il piacere, come sempre, è il mio, milady.” Con un lieve inchino. “Vi prego, non adiratevi con lady Altea… ci siamo conosciuti mentre ci recavamo entrambi al ricevimento di lord Tudor e non ho saputo rinunciare alla sua cortese compagnia… se c’è qualcuno da punire, milady, temo di essere io…” “Come potrei punirvi, milord?” Sorridendo lady Sophia. “Siete un campione di cortesia e cavalleria… e sinceramente non comprendo cosa vi abbia attratto della nostra Altea… i suoi modi ed i suoi costumi” continuò la nobildonna “sono così diversi dai nostri… l’Irlanda è tanto bella, ma temo che potrei passarci solo le mie vacanze di Primavera… anzi, non credo che un aristocratico possa vivere in un luogo tanto selvaggio.” “Milady…” replicò con garbo Carrinton “… eppure anche in luoghi tanto selvaggi sanno sbocciare fiori dai rari colori e dagli straordinari profumi…” fissando poi Altea “… per questo, perdonatemi, sarei quasi tentato di vendere ogni mio bene per recarmi in quei luoghi…” “Siete il solito galante, milord!” Esclamò lady Sophia. “Se non vi conoscessi, sarei quasi disposta a prendervi sul serio!”
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#480 |
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Sorrisi un po' malinconicamente.
"E io... come dicevi? Ah sì... una pupattola dorata..." alzai gli occhi al cielo a quel ricordo. Eravamo poco più che ragazzini e litigavamo spesso. "Ti detestavo, Tyler... eri il figlio maschio che mio padre aveva sempre voluto... E se lo fossi stata, forse, non sarebbe finita così." Ordinai da bere un bicchiere di vino per me e uno per lui. Glielo offrii. "Ringrazio il Cielo che almeno tu ti sia salvato... la sorte ha voluto che non ti trovassi a Beauchamps durante la rivolta..." "Padre! Papà! Che lungo viaggio dalla capitale... lungo e polveroso!" sorrisi scendendo dalla carrozza e trovando mio padre ad attendermi a Beauchamps. Insieme a lui, a darmi il bentornato c'erano i suoi uomini e le dame di mia madre. Mi guardai intorno, istintivamente, alla ricerca di un volto familiare che non scorgevo. Ma celai quell'ansia dietro a un sorriso. "Bambina... il tuo ritorno ci ha sorpresi... eri così ansiosa di tornare alla vita di corte che non pensavamo di vederti tornare così presto. Il tuo biglietto, però, è giunto tempestivamente." Mia madre parlava con quel lieve accento straniero che rendeva affascinante ogni sua parola, come se scivolasse su un tappeto di velluto. Abbracciai mio padre, ma il suo sguardo era indecifrabile. Inarcai un sopracciglio. "Vuoi scusarci, mia cara? Vorrei parlare da solo con nostra figlia..." A un suo cenno il cortile si svuotò. Ero quanto meno stupita. "Padre..." riuscii a dire con aria interrogativa. "No, Melisendra... non dire una sola parola..." i suoi occhi erano freddi. Non era mai stato così freddo con me. "Lui non c'è. Due giorni fa abbiamo ricevuto il biglietto che annunciava il tuo ritorno e io... io l'ho allontanato. Si trova in Inghilterra adesso. Ed è meglio che te ne dimentichi." Sgranai gli occhi. Mi si seccò la gola. "Ma..." cercai di spiegarmi. "Ma niente! Non sono vecchio tanto da non accorgermi di certe cose!" I suoi occhi fiammeggiarono. "Non voglio sapere nulla di quel che è o non è successo! Anche perchè è un uomo d'onore e in quanto tale sono certo che non sia accaduto nulla di irreparabile, ma questo non giustifica la tua leggerezza! Se fosse stato chiunque altro... lo avrei fatto fustigare, giustiziare e gettare a mare il suo corpo!" Lo guardai talmente esterrefatta che si addolcì un pochino. "Non ne parleremo più... anche perchè ho deciso! Ti ho tenuta fin troppo con me... devi sposarti e ti sto combinando un buon matrimonio." Mi sentii raggelare. "Ti sposerai e sarà bene che il tuo futuro marito non rimanga insoddisfatto di te... ci siamo capiti?" Mi accarezzò dolcemente il capo. "Non fare così... è per il tuo bene e per quello del nostro casato. Sarai felice... lo prometto..." Non ne parlammo mai più. Una cameriera ci portò una candela e io potei osservare meglio il suo viso. Sorrisi. Posi la mia mano sulla sua che stringeva la catenina e racchiusi le mie dita attorno alle sue, che stringevano la foglia d'edera. "Suvvia, Tyler... il passato è andato come doveva andare, lo sai anche tu... ma ne conserviamo anche dei bei ricordi, no?" Era strano rivederlo senza l'uniforme nera bordata di cremisi che indossava al servizio di mio padre. E dov'era finita la sua spada? "Cosa fai qui? Credevo fossi tornato nel Kent... temevo non ti avrei più trovato..."
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