12-08-2009, 23.41.31 | #41 |
Cittadino di Camelot
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Non farei nulla, Sir Guiscard, per screditare i vostri convincimenti...vorrei tanto esser temprato di tale soave gioia....ma in me è più cresciuto il senso di vigilare sulle filosofie psicologiche dell'essere umano ..che per l'appunto varca il confine tra l'umano e il divino!
Ho stima di voi ...ma siate più cauto...seppur...non siate lontano da una plausibile verità! Sir Morris
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[I][B][COLOR=red]Sir Morris[/COLOR][/B][/I] |
13-08-2009, 02.23.52 | #42 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Messere, vi ringrazio del vostro consiglio e ne farò tesoro.
In fondo non è raro che due cavaliere discutano e si confrontino con diversi pareri su una discussione così complessa. Alla fine credo che la risposta giusta sia conservata nel cuore di ognuno di noi. Ovviamente anche da parte mia c'è stima nei vostri confronti
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15-08-2009, 01.57.51 | #43 |
Cittadino di Camelot
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A volte, i nostri cuori non possono conservare le nostre verità più nascoste, Sir Guisgard....perchè sono talmente rotti o spezzati..che non riuscirebbero a contenerle.
Vi è un altro luogo, inequivocabile e più sicuro...dove esse alloggiano con lustra schiettezza: i nostri occhi! Sir Morris
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[I][B][COLOR=red]Sir Morris[/COLOR][/B][/I] |
15-08-2009, 03.21.43 | #44 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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E chi, buon cavaliere, conosce i tormenti del cuore più di Lancillotto e Tristano?
Purtroppo la sofferenza in amore esiste ed anche i nobili amanti citati in questa lodevole discussione ne sanno qualcosa. Ma la sofferenza in amore ha un nobile compito: attraverso essa il cuore si purifica. Così, dopo i tormenti e le sofferenze, Lancillotto e Tristano trovano la pace. Quella pace che solo l'estasi dell'aldilà sa e può dare. E con questa pace essi troveranno anche il perdono delle loro colpe, proprio perchè purificati dalle sofferenze che hanno vissuto.
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15-08-2009, 22.05.33 | #45 |
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I due nostri protagonisti, si possono ritenere fortunati...sono e saranno un mero esempio per tutta l'umanità...ma state certo che ..i citati tormenti, hanno distrutto definitivamente, in modo irrecuperabile, i cuori ..di meno conosciuti e anonimi nobil'uomini di varie generazioni!
Essi, almeno, hanno avuto la possibilità di purificarsi e redimersi... altri... bruciano ..ancora...all'inferno! Sir Morris
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18-08-2009, 02.05.52 | #46 |
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Messere, purtroppo il tema di questa discussione, che passa tra le immortali storie di Lancillotto e Tristano, è molto delicato.
Non a caso prendiamo come termine di paragone il Primo Cavaliere e l'eroe di Cornovaglia. Due casi esemplari in cui entrano in ballo diversi aspetti. Per quanto mi riguarda io seguo l'ideale degli antichi greci, dove tutti gli uomini e tutte le donne vengono rappresentati come mele tagliate a metà. E la mela si congiunge nelle sue parti perfette solo quando c'è l'amore vero. E questa è la cosa più naturale e meravigliosa che esista al mondo.
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18-08-2009, 12.00.35 | #47 | |
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Saluti, Lord Fenner
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18-08-2009, 16.18.19 | #48 |
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Cavaliere, l'amore vero, quello appunto che i pagani paragonavano ad una mela perfettamente divisa, è il più grande tesoro che si possa trovare.
Purtroppo non a tutti è concesso tale privilegio. Però messer Amore, mio signore, ha donato a tutti, ricchi e poveri, nobili e plebei, il diritto di essere felici. Il grande Andrea Cappellano, nell'immortale De Amore, consigliava a tutti gli amanti una sola cosa: "Chiudere gli occhi ed attendere Amore, che dal suo giaciglio dispensa doni a chi gli è devoto e fedele."
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26-10-2011, 17.41.59 | #49 |
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Io credo che, nel paragone che è tema di questa discussione, siano necessarie due premesse fondamentali.
La prima, è che l'Amore di Lancillotto e Ginevra viene dal cuore, mentre quello di Tristano e Isotta viene dalla magia. La seconda, che Re Marco non è Re Artù. La prima premessa a mio dire già risponde alla domanda "quale è vero amore?" Abbiamo un cavaliere che ha tutto: la forza, la gloria, la nobiltà, in latenza, forse, persino la santità. E a tutto egli rinuncia, per Amore. Non solo. Questo cavaliere, non colpevole, ma vittima del suo sentimento, una volta posseduto l'oggetto del suo Amore vi rinuncia, scegliendo per sé una vita di romitaggio e meditazione, in espiazione della propria colpa. Un cavaliere la cui ultima scelta di vita è quella di sacrificarsi nell'ultima, grande battaglia del suo Re. Veramente vogliamo chiamare un cavaliere del genere, "traditore"? Re Artù non è solo il sovrano di Lancillotto e Ginevra, ne è l'amico, il confidente, il fratello d'armi e di ideali. Ginevra non sposa l'uomo Artù, ma tutto ciò che egli rappresenta di buono, e giusto e nobile a questo mondo. Come si può rifiutare qualcosa del genere? Come si può dire di non amare una persona del genere? Io credo che Ginevra abbia amato veramente Artù. Ma che l'amore provato per Lancillotto sia qualcosa che, al momento del matrimonio con Artù, ella non poteva neanche concepire esistesse. La nostra vita viene caratterizzata da molti sentimenti, e spesso i sentimenti di oggi sono talmente forti da far quasi sembrare quelli di ieri "falsi". Ma lo sono forse davvero? C'è veramente ipocrisia, nello scegliere dopo molto tempo qualcosa che in passato neanche conoscevamo, neanche sapevamo che potesse esistere? Certo, non possiamo negare che tradimento ci sia stato e tale sia. Ma veramente il nostro giudizio merita che continuiamo a condannare questi personaggi più di quanto essi stessi si siano condannati? Mi piace credere nella forza del perdono, più che della colpa. Voglio credere nella nobiltà dell'espiazione, più che nella vergogna del peccato. Così come non posso non ammirare chi dimostra Verità, Passione e Ardore in tutto ciò che fa, sia esso in battaglia, nel dovere verso il proprio re, o nel dimostrare sincerità verso i propri sentimenti. Se è la passione ad animare una vita, essa ne animerà ogni manifestazione, buona o cattiva che sia. Ma certamente non mi sognerei mai di condannare un personaggio appassionato come Lancillotto, posso soltanto sperare di far mia la sua passione, e cercare di riscattarmi con onore e con l'espiazione, così come lui ha fatto, nel momento del peccato.
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------------------------------ Un Cavaliere è devoto al valore, il suo cuore conosce solo la virtù, la sua spada difende i bisognosi, la sua forza sostiene i deboli, le sue parole dicono solo verità, la sua ira si abbatte sui malvagi ~~~oOo~~~ |
27-10-2011, 04.27.24 | #50 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Perdonatemi, messere, ma non sono d’accordo con voi in questo caso.
Io credo che l’amore tra Tristano e Isotta sia forte ed assoluto proprio come quello tra Lancillotto e Ginevra. Sono poi i personaggi, con le loro caratteristiche, che rendono le due storie differenti. Il filtro d’amore che scatena la passione tra i due amanti di Cornovaglia non è una limitazione o un artificio, ma, al contrario, ne rappresenta il valore e la più intima essenza. L’Amor Cortese, e quindi i suoi romanzi, è caratterizzato da un continuo fondersi e confondersi di temi e valori ora terreni, ora spirituali. Le personificazioni dei sentimenti (messer Amore, madonna Amicizia, ecc…) è una chiara testimonianza di tutto questo. Sono aspetti che hanno le loro origini nel Cristianesimo Celtico e in una visione “paganeggiante” dei valori della nostra Fede. Una visione che può essere compresa solo interpretando i segni e i simboli di questa concezione che non è soltanto letteraria, ma anche sociale e religiosa. Il filtro che dona l’amore eterno a Tristano e Isotta è uno di questi segni e di questi simboli. Proprio come lo è la Carretta di Lancillotto, la sfida al Cavaliere Verde di Gawain, La Gioia della Corte di Erec e la Grotta in cui si rifuggivano gli stessi Tristano e Isotta. Il filtro rappresenta le frecce d’oro di Amore, per dirla con una metafora classicheggiante. Quel filtro è il dono di messer Amore, la sua benedizione, la sua promessa di felicità eterna. Come la Carretta di Lancillotto, quel filtro rappresenta l’intervento di Amore che travolge ogni convenzione sociale, ogni limite della società che ci circonda ed ogni debolezza umana. Amore arriva e distrugge, per poi costruire qualcosa di nuovo, destinato a durare in eterno. Queste sono le meraviglie dell’Amor Cortese, dei suoi eroi e delle sue eroine, superbamente narrate dagli indimenticabili romanzi di Chretien de Troyes, Goffredo di Strasburgo e Wolfram von Eschenbach. Ricordo che nell’antologia di brani letterari delle superiori mi colpiva sempre il modo con cui venivano indicati Tristano e Isotta: “i due sfortunati amanti di Cornovaglia”. E questo mi faceva sorridere; tra me e me pensavo, infatti, che pochi a questo mondo potevano invece definirsi così fortunati.
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