21-06-2012, 23.10.14 | #51 |
Cittadino di Camelot
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Grazie Taliesin per i vostri altruistici e galanti scritti!
Profumano di umana coscienza e divina veritade! Attualmente la città di Camelot è abitata da 19 Messeri e 33 Dame, indi per cui, la sostanza di queste sacre mura è composta più dal sensibil animo di donna. Con gioia e speranza! Sir Morris
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[I][B][COLOR=red]Sir Morris[/COLOR][/B][/I] |
22-06-2012, 00.05.40 | #52 | |
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Citazione:
tra tutte le grandi donne da voi citate questa da me scelta è quella che più mi ha sempre incantata..sin da bambina. Grazie Taliesin per averne lasciato una bellissima traccia.
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[SIGPIC][/SIGPIC][B][I][SIZE="2"][COLOR="Wheat"] Nessun sole potrebbe risplendere se gli occhi del cuore non ne vedessero la luce.(anonimo)[/COLOR][/SIZE][/I][/B] |
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22-06-2012, 11.04.21 | #53 |
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Sir Morris,
come avete osservato in maniera impeccabile ed arguta l'Altra metà del Cielo ha solcato veramente i canali della Storia e della Fede, spesso celati dietro l'ufficialità degli eventi vinti o persi solo dagli Uomini... Grazie per il vostro sapiente intervento... Lady Gonzaga, attendevo il vostro passaggio di nudi calzari che ammorbidiscono le sempreverdi vie dell'animo...Rita vi sta sorridendo come quando eravate bambina, accarezzando quelle bambole di pezza con cui le sue fanciulle danzavano al vento, lasciando tracce di splendore.... Grazie per la vostra traccia... Taliesin, il bardo |
22-06-2012, 13.52.12 | #54 |
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Sul confine incerto dei Secoli Bui e dell'Età della Rinascita, ho voluto inserire la figura di un'altra Donna, il cui calamaio ha pesato come una spada di Damocle sulla testa dei rispettabili Uomini del suo tempo che ne scrissero la Storia...mentre in lontananza il suono degli archibugi rubava al Medioevo la sua Leggenda.
Dedicato a Milady Chantal...nell'attesa del suo ritorno Taliesin, il bardo NOSTRA BUONA SIGNORA: GIOVANNA FRANCESCA DI CHANTAL Nella storia della Chiesa troviamo alcuni casi in cui uomo e donna hanno agito insieme nel cammino della santità, ricordiamo così Francesco e Chiara, Elzeario di Sabran e Delfina di Glandève, Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, Benedetto e Scolastica, Luigi e Zelia Martin (genitori di santa Teresina di Lisieux), Giulia e Carlo Tancredi di Barolo, i coniugi Beltrame. Altra “coppia” sorprendente fu quella composta da san Francesco di Sales e Giovanna Francesca Frémyot de Chantal. Fu infatti grazie all’incontro con il vescovo di Ginevra che Giovanna definì il suo percorso di santità. I francesi la chiamano sainte Chantal e la venerano ad Annecy, dove riposa accanto a san Francesco di Sales. Nasce a Digione il 23 gennaio 1572 in una famiglia dell’alta nobiltà borgognona. Suo padre è Benigno Frémyot, secondo presidente del Parlamento. Rimasta ben presto orfana di madre, crescerà sotto l’educazione e la morale paterne. Il 29 dicembre 1592 Giovanna sposa Cristoforo II, barone di Chantal. Il loro è un matrimonio felice. Viene da subito chiamata «la dama perfetta» per quel suo prodigarsi nella tenuta di Bourbilly e per le attenzioni e premure che riserva al consorte. Da questa unione perfetta nascono sei figli: i primi due muoiono alla nascita, poi arrivano Celso Benigno, Maria Amata, Francesca e Carlotta. Dolce, serena, affabile, Giovanna è amata dai suoi familiari, come dalla servitù. Quando Cristoforo si assenta dal castello per adempiere ai suoi impegni di corte, Giovanna lascia gli abiti eleganti e si dedica ai poveri, ai quali non offre solo denaro, ma la propria persona, servendoli. La sua carità si fa immensa durante la carestia che colpisce la Borgogna nell’inverno 1600-1601. È qui che la baronessa, senza ascoltare i borbottii di molti e incoraggiata dal consorte, trasforma il maniero in un vero e proprio ospedale per ospitare madri e bambini in difficoltà e si occupa della costruzione di un nuovo forno per poter distribuire il pane a tutti coloro che bussano alla sua porta. Un giorno le viene detto che nel granaio non è rimasto che un solo sacco di segala… e lei, senza esitazioni, ordina di proseguire la distribuzione del pane, come prima… la segala finirà al nuovo raccolto. Ma ecco giungere la prima grande prova, la morte di Cristoforo, ucciso da un colpo di archibugio durante una battuta di caccia. Resta vedova a soli 29 anni, vedova e madre di quattro creature di cui la prima ha solo cinque anni e l’ultima pochi giorni. Matura, in questo tempo di lutto e di dolore, il desiderio di consacrarsi a Cristo, ma i doveri familiari non le permettono una scelta di vita così drastica. In attesa di conoscere la volontà di Dio, Giovanna si dedica totalmente ai figli, all’amministrazione della casa e alla preghiera. Il suocero, barone di Chantal, la informa che deve subito trasferirsi da lui, a Monthélon se desidera che i figli prendano parte all’eredità e lei accetta, pur sapendo che nella residenza dell’anziano barone comanda una «servapadrona». Per lungo tempo dovrà sopportare le angherie di quest’ultima. Il suo nome inizia a rendersi noto per la sua carità. Non è più chiamata «dama perfetta», ma la «nostra buona signora». Un’altra difficile prova deve ora affrontare: la sua guida spirituale non comprende la sua persona, non sa leggere la sua anima. Un giorno suo padre la invita a Digione, questa volta per ascoltare il quaresimale del vescovo di Ginevra, Francesco di Sales, la cui fama si diffonde sempre più in Savoia e in tutta la Francia. Il primo incontro fra Giovanna e il vescovo avviene il 5 marzo del 1604. Da allora si instaura un camino di unione fraterna e spirituale straordinario. La direzione spirituale di Francesco di Sales si realizza soprattutto attraverso l’epistolario, dove l’umano è «divinizzato» e il divino «umanizzato». In una lettera inviata al vescovo ginevrino Giovanna scrive: «… tutto quello che di creato c’è quaggiù non è niente per me se paragonato al mio carissimo Padre… Un giorno mi comandaste di distaccarmi e di spogliarmi di tutto. Oh Dio, quanto è facile lasciare quello che è attorno a noi, ma lasciare la propria pelle, la propria carne, le proprie ossa e penetrare nell’intimo delle midolla, che è, mi sembra, quello che abbiamo fatto è una cosa grande, difficile e impossibile se non alla grazia di Dio». Nel 1610 firma di fronte al notaio un atto con il quale si spoglia di tutti i beni in favore dei figli. Lascia dunque la famiglia e parte per Annecy e il 6 giugno, insieme a due compagne, Giacomina Favre e Giovanna Carlotta de Bréchard entra nella piccola ed umile «casa della Galleria», culla dell’Ordine della Visitazione. Rimarrà sempre “madre”, continuando ad amare profondamente e teneramente i suoi figli. Nuove morti, nuovi lutti… tanto che soltanto la figlia Francesca le sopravviverà tra figli, fratelli, generi e nuora. Perciò Dio diventa per lei l’unica ricerca, l’unico fine della sua attuale vita. Alla scomparsa di Francesco di Sales (28 dicembre 1622), Giovanna si trova sola alla guida della nuova famiglia religiosa della Visitazione. Si fa pellegrina sulle strade di Francia, fondando ben 87 case visitandine. Consumata «nell’amore di opera e nell’opera di amore», come usava dire, si spegne il 13 dicembre 1641 nel monastero di Moulins. Le «Lettere di amicizia e direzione» (tradotte per la prima volta in italiano, a cura dei monasteri della Visitazione d’Italia) sono la testimonianza più viva della grande spiritualità di Madre Chantal ed è la prova che fosse persona troppo intelligente e “libera” per ridursi ad un’ombra anonima di san Francesco di Sales. Taliesin, il bardo tratto da: www.santiebeati.it di Cristina Siccardi |
22-06-2012, 19.00.28 | #55 | |
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Taliesin, vi sono grato per questo ritratto ideale e sognante con cui avete descritto le mie terre. Il mio cuore corre proprio lungo quei confini nei quali siete riuscito a racchiudere quel mondo fatto di infinite meraviglie. E per questo vi sono debitore
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO |
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23-06-2012, 22.47.47 | #56 |
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AMOR, CH'A NULLO AMATO AMAR PERDONA: FRANCESCA DA POLENTA
«Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense» (Inferno V, 100-107) tratto da la Commedia di Dante Alighieri Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore Signore di Ravenna e Cervia “…siede la terra dove nata fui, sulla marina dove ‘l Po discende…..” e lì viveva tranquilla e serena la sua fanciullezza , sperando che il padre le trovasse uno sposo gradevole e gentile. Siamo nel 1275 e Guido da Polenta decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta (detto Giangiotto Johannes Zoctus – Giovanni zoppo) che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici. Il capostipite, Malatesta da Verucchio detto il Mastin Vecchio o il Centenario, concorda ed il matrimonio è combinato. Fu detto a Guido: “-…voi avete male accompagnato questa vostra figliuola, ella è bella e di grande anima, ella non starà contenta di Giangiotto… Messer Guido insistette: - Se essa lo vede soltanto quando tutto è compiuto, non può far altro che accettare la situazione”. Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca i potenti signori di Rimini e Ravenna tramarono l’inganno. Mandarono a Ravenna Paolo il Bello “piacevole uomo e costumato molto”, fratello di Giangiotto. Francesca l’aveva visto “…fu una damigella di là entro, dimostrato da un pertugio d’una finestra a madonna Francesca, dicendole – madonna, quegli è colui che dee esser vostro marito – e così si credea la buona femmina, di che madonna Francesca incontamente in lui pose l’anima e l’amor suo…” Francesca accettò con gioia ed il giorno delle nozze, senza dubbio alcuno, pronunciò felice il suo “sì” senza sapere che Paolo la sposava “artificiosamente” per procura ossia a nome e per conto del fratello Giangiotto. “…non s’avvide prima dell’inganno, che essa vide la mattina seguente al dì delle nozze levare da lato a sè Giangiotto…” Pensate alla sua disperazione! Ma ben presto si rassegnò, ebbe una figlia che chiamò Concordia, come la suocera, e cercava di allietare come poteva le sue tristi giornate. Paolo, che aveva possedimenti nei pressi di Gradara, sovente faceva visita alla cognata e forse si rammaricava di essersi prestato all’inganno! Uno dei fratelli, Malatestino dell’Occhio, così chiamato perchè aveva un occhio solo “ma da quell’uno vedeva fin troppo bene”, spiando, s’accorse degli incontri segreti tra Paolo e Francesca. Ed eccoci all’epilogo della nostra storia: un giorno del settembre 1289, Paolo passò per una delle sue solite visite e qualcuno (forse Malatestino “quel traditor”)avvisò Giangiotto. Quest’ultimo che ogni mattina partiva per Pesaro ad espletare la sua carica di Podestà, che per maggior equanimità non doveva avere appresso la famiglia, per far ritorno a tarda sera, finse di partire ma rientrò da un passaggio segreto e …mentre leggevano estasiati la storia di Lancillotto e Ginevra, “come amor li strinse” si diedero un casto bacio (questo è quello che Dante fa dire a Francesca!) proprio in quell’istante Giangiotto aprì la oporta e li sorprese. Accecato dalla gelosia estrasse la spada, Paolo cercò di salvarsi passando dalla botola che sitrovava vicino alla porta ma, si dice, che il vestito gli si impigliasse in un chiodo, dovette tornare indietro e, mentre Giangiotto lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo ma…Giangiotto li finì entrambi. Dante mette gli sventurati amanti all’inferno perchè macchiati di un peccato gravissimo, ma li fa vagare assieme: oltre la pena, che non abbiano anche quella della solitudine eterna. “…io venni men così com’io morisse; e caddi come corpo morto cade”. Gli sventurati amanti vengono così immortalati da Dante nella Divina Commedia – V canto dell’Inferno. Nel corso dei secoli poeti, musicisti, letterati, pittori e scultori si sono ispirati alla tragedia di Paolo e Francesca (da Pellico a D’Annunzio, da Zandonai a Scheffer, ecc.) ed ancor oggi la loro storia d’amore, avvolta in un alone di mistero, affascina migliaia di persone. Taliesin, il bardo tratto da www.gradara.org |
24-06-2012, 20.58.22 | #57 |
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La storia di Paolo e Francesca e' una storia che racchiude molte sfaccettature del comportamento umano.....quando ama o quando egoisticamente la parola amore non diventa altro che possesso ed egoismo ..spinto alle volte dal tragico interesse.....ma desidero una cosa da voi mio caro Bardo....
" Amor, ch’a nullo amato amar perdona"...... Ditemi..........che significato date a queste parole ? |
25-06-2012, 10.45.33 | #58 |
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" Amor, ch’a nullo amato amar perdona"......
Ditemi...che significato date a queste parole ? L'inclinazione naturale all'Amare qualcuno o qualcosa, non consente a chi è Amato di non Amare... Questo è quello che spiegano le carte dei posteri uomini di letteratura. Anche il Ghibellin Fuggiasco dovette ricredersi difronte a questa sublime massima poetica che immortalò i suoi scritti nell'eternità, poichè anch'egli, usando la sua Poesia come mezzo d'Amore e di evasione, non condivise mai nel mondo reale un significato d'Amore così vero e così grande, tanto da idealizzare la sua Divina Creatura, con una fanciulla incontrata due sole volte tra gli infratti di Ponte Vecchio e Santissima Trinità: Beatrice Portinari. Il mio modesto giudizio Milady Elisabhet è che spesso questa frase si è appropriata della vita altrui in un vortice assurdo di Amore suicida ed Amore assassino che, per una sorta di masochismo ancestrale, a fatto sì che coloro che fossero stati poco amati avessero sprigionato uno stato d'Amore idelaizzato... Per questo mio giudizio prenderò le critiche più acerrime ma nessuna massima, anche la più sublieme e poetica, può contenere un mondo edi emozioni... Taliesin, il bardo |
25-06-2012, 10.56.42 | #59 |
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Niente di piu' vero...dalle vostre parole avrei potuto leggere.....il male peggiore dell' uomo....utilizzare questa frase, profanando ogni concetto d' Amore......
Grazie mio buon Bardo..... |
25-06-2012, 14.41.10 | #60 |
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Grazie a voi Elisabetta la Buona,
per avere compreso le mie parole ancor prima che il sapiente calamaio virtuale potesse imprimerle sulla bizzarra pergamena... Taliesin, il bardo |
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