04-02-2012, 02.11.07 | #591 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Il chierico sistemò il fuoco e poi mescolò la minestra che aveva messo a riscaldare.
“I tuoi amici?” Fissando Cavaliere25. “Non conosco i tuoi amici. Perché dovrei sapere della loro sorte?” Si voltò poi a fissare la scatola di Jovinus. “Sei curioso, sai?” Tornando a guardare il boscaiolo. “Non sai che è scortese fare troppe domande quando si è ospiti in casa d’altri?”
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04-02-2012, 02.29.54 | #592 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Avid fissò Parsifal.
“Conosco sin da piccolo” disse “la leggenda della mitica Città posta tra le acque e i Cieli… e ciò che è stato scritto in quella lettera” indicando il documento appena letto da Redentos “è conosciuto da sempre dai membri del mio villaggio. Nessuno può pensare di raggiungere Tylesia sfidando il Calars. La città si trova in una regione freddissima e il contrasto dell’aria col calore sprigionato dal fiume genere terribili tempeste.” “Per terra è possibile raggiungere quella città?” Chiese Redentos. “Impossibile, milord.” Rispose il nano. “Tylesia è protetta dalle acque nascenti del Calars. Solo risalendo il fiume è possibile raggiungerla.” “Il nostro viaggio è dunque destinato a fallire?” “Forse no, milord…” Redentos lo fissò. “Secondo la tradizione” continuò il nano “vi è un momento in cui il Calars si ammansisce e diviene navigabile per tutto il suo corso…” “In quale momento?” “Il Primo Venerdì di ogni mese…” rispose Avid. “Allora risaliremo il Calars proprio quel giorno.” Disse Redentos. “Ora conosciamo la meta del nostro viaggio, allievo…” rivolgendosi poi a Parsifal “… lì troverò ciò che cerco… e forse anche tu scoprirai qualcosa riguardo al simbolo che porti sempre con te…” indicando la Croce di Longiniu.
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04-02-2012, 02.47.51 | #593 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Vayvet si sistemò meglio sulla sedia.
Con una smorfia tradì il dolore che quella ferita ancora gli procurava. “Siete combattuta, vero?” Domandò a Chantal. “Non sapete se sperare o meno nella mia morte. Si, posso leggere il disprezzo nei vostri occhi, ogni volta li posate su di me… se io morissi, chi terrebbe a bada i miei compagni? Questo pensate, vero? Tuttavia, la mia presenza vi provoca disgusto… come vi chiamate?” Chiese alla ragazza. “Questa è l’ultima volta che ve lo chiedo…” mormorò con tono minaccioso.
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04-02-2012, 09.10.37 | #594 |
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Il servitore scoppiò in una sonora risata "Ride" pensai "io vi trovo molto da piangere". Egli, però, con sorpresa ci disse che quelle pellicce erano per la nostra passeggiata e che ci avevano assegnato una stanza. Mi coprii con una pelliccia, è vero...il vento era implacabile e freddo, era quello che ci voleva. Era strano come qui il tempo cambiasse in modo cosi repentino.
"Le nostre stanze?" dissi al servitore "grazie, se volete accompagnarci anche perchè sarei molto stanca". Guardai Elisabeth chiedendomi se ci avrebbero messe assieme o lontane per non comunicare.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
04-02-2012, 12.33.41 | #595 |
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Scusatemi signore per le mie domande ma quella scatola lo vista in mano hai due clerici che stavano con me e vedendola qui mi è venuto spontaneo chiedere dove la avete presa sembra saporita la minestra da suo profumo dissi sorridendo a quel uomo
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fabrizio |
04-02-2012, 15.55.30 | #596 | ||
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Citazione:
Lo fissavo con gli occhi spalancati e lucidi, incapace di parlare... ero talmente felice di vederlo... talmente felice che fosse lì... Ma a quelle ultime parole abbassai lo sguardo per un istante, poi lo portai lontano... verso ciò che restava di quel grigio maniero... e allora, lentamente, mi allontanai da lui di qualche passo... “Li hai uccisi...” mormorai con voce rotta “Li hai uccisi a causa mia... potrai mai perdonarmi?” Rimasi in silenzio per qualche istante, poi sospirai... “L’ho fatto per loro!” ripresi a dire, con gli occhi sempre fissi su quelle rovine fumanti “Per loro... loro sono la mia famiglia. La nostra famiglia! Ed io mi sento così responsabile... se il Maestro non c’è più è principalmente per colpa mia, e non potevo permettere che venissero anche buttati fuori dal Casale... non potevo... non avrebbero avuto nessun altro posto dove andare! Io... io pensavo che quest’uomo volesse soltanto conoscere le nostre ragioni, che volesse soltanto parlare dei nostri diritti...” Un brivido improvviso mi corse lungo la schiena, scuotendomi tutta... “Come ho potuto essere tanto sciocca?” mormorai, la voce carica di rimprovero verso me stessa... Chiusi gli occhi, cercando di controllare quel brivido di orrore e di paura... ma fu vano. E allora, d’istinto, mi voltai di nuovo verso di lui e lo abbracciai, stringendomi forte a lui... potevo sentire il suo cuore battere contro il mio e il suo respiro sereno, anche se leggermente alterato... questo mi tranquillizzò un poco. “Ti ricordi...” mormorai poi, sollevando appena lo sguardo e portandolo nel suo “Ti ricordi quando mi promettesti che ci saresti stato sempre per me? Eravamo solo due bambini... ma io mi fidavo così tanto di te... mi sembrava che non ci fosse cosa che tu non potessi fare o situazione che tu non potessi risolvere...” I miei occhi si fecero appena più cupi... “Se solo tu sapessi quante volte ho pensato a quel giorno, durante questi dieci anni... se solo sapessi quanto ho pensato a te... quanto ti ho atteso... quanto...” esitai solo un attimo poi soggiunsi “Quanto ho sofferto per la tua partenza. Credevo che non ti importasse più niente di noi... che non ti importasse più niente di me...” Grida... urla... parole basse e cariche ti rabbia... Immobile, in cima alle scale, li sentivo litigare... ma non avevo il coraggio di scendere... Era anche colpa mia se stavano litigando, ed io non avevo il coraggio di scendere ad affrontarli... Poi, ad un tratto, quelle parole... “Vuoi attaccarmi, Guisgard?” “Ti odio, Maestro... ti odio e tu odi me... non tornerò mai più qui!” Passi affrettati, poi la porta sbatté e tutto ciò che rimase fu silenzio. Un silenzio rotto, dopo appena qualche istante, dalla voce del Maestro... “Fyellon...” disse “...non deve più avvicinarsi a Talia!” “Forse non tornerà più, Maestro...” replicò il figlio. Io rimasi immobile lì dove mi trovavo per un istante, il sangue gelato nelle vene... Mi sentivo sprofondare... sprofondare sempre più... non poteva andarsene, non poteva... aveva promesso! Di scatto, allora, mi alzai e corsi nella mia stanza, verso la finestra... e lo vidi... stava percorrendo il viale... “Voltati...” mormorai contro il vetro freddo “Voltati, ti prego... voltati...” Ma non lo fece e pochi minuti dopo era sparito alla mia vista. Un nero terrore si impossessò di me, le ginocchia mi cedettero ed io scivolai a terra, distrutta. Non so quanto tempo passò, non so per quanto tempo rimasi lì, immobile, respirando a fatica... ma ad un tratto qualche leggero colpetto sulla porta mi ridestò. Non risposi. Ancora due colpi, poi la voce del Maestro... “Talia... sei sveglia? Posso entrare?” Ancora una volta non mi mossi, non parlai... Silenzio, immobilismo... poi la porta si socchiuse e la testa del Maestro fece capolino... “Talia...” mormorò, poi però mi vide ed il suo tono cambiò... “Talia!” esclamò allora allarmato, corse verso di me e mi raccolse dal pavimento “Talia, mia piccola bambina...” Con delicatezza mi adagiò sul mio letto, restando poi immobile e fissarmi... Io tenevo il volto basso, scrutando il pavimento di fronte a me ma senza vederlo davvero. “Talia, ti prego...” mormorò dopo qualche momento, la voce ora tremante di preoccupazione “Ti prego, dì qualcosa!” Mi occorse un grande sforzo per ritrovare le parole e tornare a parlare, sentivo come qualcosa nella gola che mi impediva di dire alcunché e il cuore era diventato pesante. “Se n’è andato!” mormorai infine, senza muovere lo sguardo “L’ho visto... l’ho visto percorrere il viale e...” “Talia... a proposito di questo...” “Perché l’ha fatto?” lo interruppi, senza neanche ascoltarlo “Perché? Io mi fidavo di lui! E lui se n’è andato... mi ha lasciata... esattamente come hanno fatto mio padre e mia madre... perché? Io credevo che lui fosse diverso...” “Talia, ascolta...” “No!” gridai, sentendo all’improvviso una gelida furia sopraffare tutto quel dolore, come se la mia anima stesse disperatamente cercando un modo per sopravvivere “Non voglio ascoltare... non voglio più ascoltare nessuno! Io... io gli volevo bene... io ero... e... e credevo che anche lui fosse... credevo che tenesse a me... credevo che ci sarebbe stato sempre... me lo aveva promesso!” Gli occhi dell’uomo si allargarono a dismisura... “Ora basta, Talia!” ingiunse, poi “Tu non sai quello che dici. Ed io non voglio più sentir parlare di questo, intesi?” Finalmente alzai lo sguardo e lo puntai su di lui... i miei occhi erano rossi e lucidi ma il mio tono, quando parlai, era fermo... “Va’ via, Maestro!” dissi “Voglio restare sola!” “Talia...” “Va’ via!” I giorni che seguirono furono tra i più cupi che io rammentassi... dolore, incertezza, solitudine e quell’oscuro senso di abbandono... Finché, una mattina, non trovai il Maestro che piangeva sulle rive del lago... e capii molte cose. Quel ricordo mi sfiorò la mente ed attraversò i miei occhi mentre il mio sguardo era nel suo... erano passati tanti anni e tante cose erano successe, mi chiesi se e quanto anche noi eravamo cambiati... Citazione:
“Sheylon...” mormorai con un sorriso, avvicinandomi cautamente e chinandomi appena “Oh... ti ringrazio infinitamente, Sheylon, per avermi trovata là dentro... e sono assolutamente felice di fare la tua conoscenza!” Allungai una mano e sfiorai con la punta delle dita la testa dell’enorme felino... era bellissimo e la sua pelliccia era morbida e liscia... per qualche istante mi persi nella contemplazione di Sheylon... mi sentivo più tranquilla, ora, come se quella creatura avesse il potere di donare serenità alla mia anima... Poi tornai a guardare Guisgard. Lo osservai per un lungo istante, incerta... tutte le parole del mondo non sarebbero bastate ad esprimere tutto quello che avevo da dirgli, tutto quello che provavo per lui, da sempre... e forse non sarebbe neanche stato necessario... non era mai stato necessario parlare molto per comprenderci, fin da quando eravamo bambini. Infine sospirai... “Vorrei che tu potessi giurarmelo di nuovo, sai Guisgard?” mormorai, avvicinandomi a lui “...O che tu volessi giurarmelo di nuovo! Anche adesso! Qui! Come facesti quel giorno... quando mi promettesti che non mi avresti mai lasciata e che ti saresti preso cura di me!”
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
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04-02-2012, 20.23.09 | #597 |
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Osservavo tutto con molta attenzione.....sino ad arrivare a quel bellissimo cancello in oro..un diamante per chiusura...alabrastro per adorno....che sfarzo, che magnifico sfarzo.......passai la mano sul diamante...la pietra era fredda e sotto la mia mano cambio' colore....il blu diede vita al verde e il verde si tramuto' in rosso.........Preziosa roccia....un servitore fermo' la mia mano..e i miei pensieri, pelli.....pelli per riscaldarmi,animali del bosco e mi vennero i brividi........ne presi una tra le mie mani ma non la misi sulle spalle........sorrisi quando ascoltai Altea....amava dire le cose come le sentiva, senza molte cerimonie......" Grazie, portate i nostri ringraziamenti......alla Regina, e' stata molto ospitale verso degli sconosciuti....".......Avrei voluto passare la notte nel giardino, tra il mio mondo....avrei voluto vestirmi di petali di rosa..........ma non mi era ancora concesso.......appoggiai la mia mano sul braccio di Altea..." Andiamo amica mia..andiamo a riposarci, avete gli occhi pieni di pianto....vedrete che vi sentirete meglio......rendiamoci presentabili....."...mentre seguivamo il servo sussurrai ad Altea " non preoccupatevi se non staremo nelle stesse stanze......nessuno potra' dividerci...."......
Ultima modifica di elisabeth : 05-02-2012 alle ore 20.59.01. |
04-02-2012, 20.59.32 | #598 |
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Vayvet si sistemò meglio sulla sedia.
Con una smorfia tradì il dolore che quella ferita ancora gli procurava. Il volto contratto,il fiato corto,il petto ansimante,questo vedeva di quell'uomo Chantal.E poi..poi c'erano i suoi occhi. Quegli occhi che talvolta le esprimevano disprezzo,talaltre,invece,premura. Chi era realmente? E da cosa e chi fosse in fuga? Chantal si domandava questo e temeva di compatirlo,temeva di nutrire pena,sapeva non essere giusto compatire gli uomini,eppure,non riusciva a comprendere quali fossero i sentimenti suscitati dentro di lei da quell'uomo e dai suoi incongruenti atteggiamenti. Incongruenti come le sensazioni che nutriva lei,altalenanti tra la pietà e la rabbia,la misericordia e la condanna. Condannarlo,poi,per cosa? Condannarlo per aver strappato arbitrariamente la vita ai suoi ingannatori?Che,probabilmente,non avrebbero esitato a fare lo stesso con lui? Oppure difenderlo,giutifiucarlo perchè aveva avuto pietà di lei impedendo che il suo complice le usasse violenza,consumando la sua innocenza per sempre.Si,per sempre. “Siete combattuta, vero?” Domandò a Chantal. “Non sapete se sperare o meno nella mia morte. Si, posso leggere il disprezzo nei vostri occhi, ogni volta li posate su di me… se io morissi, chi terrebbe a bada i miei compagni? Questo pensate, vero? Tuttavia, la mia presenza vi provoca disgusto.." A quelle parole rivoltele con tanta arroganza Chantal rimase impietrita,tuttavia,usare ancora silenzio a quell'uomo avrebbe significato esprimergli davvero disprezzo o rancore,e lei sapeva di non nutrirne,sapeva di non essere realmente capace di sentimenti così forti e discutibili.Sentì,allora,di doverlo fronteggiare,sentì di doversi esprimere e mettere in chiaro la sua verità. Pertanto,si alzò lentamente da quell'angolino,suo rifugio,vicino al focolare,e mosse qualche passo verso l'uomo. Camminò adagio,camminò con incertezza,ma giunse proprio di fronte a lui,ad un passo dalle sue gambe tenute allungate con incuranza mentre cercava,senza troppa formalità,di sostenersi sulla sedia sulla quale si era riversato,e in posizione sconcia per il troppo dolore. Quando lo potè scrutare bene in volto arginò ogni suo sopetto,ogni malcontento e gli rispose:"Voi,milord,giudicate me ed il mio cuore incurante dei sentimenti che lo attraversano.Forse..forse..se voi foste capace di arginare il disprezzo che si riversa dai vostri occhi,potreste comprendere che non mi causate certo disgusto,monsieur." Inspirò,poi, profondamente,e in quel frangente quel fazzoletto che le copriva le spalle scivolò sul pavimento.Chantal lo raccolse,chinandosi e abbasando lo sguardo sul candore di quel lembo di tessuto.Rimase così per qualche istante,infine lo raccolse,e si sollevò in piedi irrigidendosi e rimanendo immobile di fronte a quell'uomo,sentiva che lo stava fronteggiando e doveva reggere il suo sguardo per convincerlo di ciò che certamente non provava in quel momento,e Chantal non provava disprezzo,ma tenerezza,forse.Teneva quel fazzoletto sul palmo della mano,trabordante da esso. Allungò il braccio verso l'uomo ferito,e lasciò che il fazzoletto di voile usato per coprirsi i capelli fluttuasse fino a giacere sulle gambe dell'uomo che egli ancora teneva allungate.E con voce ferma aggiunse:"E' bianco,lo vedete?"Indicando il fazzoletto."Eppure..eppure..sono certa che non riusciate a vederlo che nero!E,magari,riterrete di essere anche nella ragione!" L'uomo la guardò con severità,quasi interdetto. Esitò un momento,Chantal,prima di riprendere:"E,forse è questo il vostro errore,vedere in altri ciò che,invece,voi nutrite dentro di voi." Poi,il ferito le domandò ancora il suo nome. "… come vi chiamate?” Chiese alla ragazza. “Questa è l’ultima volta che ve lo chiedo…” mormorò con tono minaccioso. A quel punto,tra i pensieri di Chantal si aprì uno squarcio.Un brivido la attraversò,gli occhi le si sgranarono e quel ricordo la percorse in ogni fibra con incoercibile forza. Era il primo pomeriggio di un giugno assolato e caldo. Fuori dai cancelli della sagrestia tutti i bambini attendevano impazienti l'ora della catechesi. Tutti si intrattenevano con giochi freschi ed allegri,chi a rincorrere le farfalle nelle aiule ai bordi del sentiero,chi canticchiava i motivi corali della domenica,e chi si burlava dei suoi compagni. Chantal,invece,se ne stava col suo libro in mano a ripetere la lezione che si portava come compito. Un libro illustrato che la catechista le aveva donato con una graziosa ed amorevole dedica scritta solo per lei.Vi erano immagini sacre,luminosissime,in quel libro,e la bambina si perdeva in esse,ed una in particolare attraeva Chantal inverosimilmente,era la rappresentazione del Cristo attorniato dai bambini.Gesù che sorrideva loro,ed aveva le braccia aperte,come se quelle braccia planassero come ali verso le creature che gli andavano incontro. Chantal,sotto quella luce pomeridiana,calda ed ambrata che conferiva un alone dorato alle ingiallite pagine del suo libro,sentì gli occhi affaticati,tanto che avvertì necessità di staccarli da quelle pagine che riflettevano bagliori chiarissimi,tanto da penetrarle,attraverso gli occhi,fino all'anima. Sollevò gli occhi e,di fronte a lei,con la schiena rivolta verso il muretto,un bambino dai capelli d'oro e dagli occhi del chiarore del cielo la stava guardando attentamente. Chantal nutrì imbarazzo,non lo conosceva,ma lui la guardava così incessantemente che le creava un senso di disagio. Poi questi abbandonò la sua aria seria e prese a sorriderle,ma Chantal non gli sorrise di rimando,anzi,si fece più cupa in volto.Richiuse il suo libro,lo teneva in una mano e si sistemò il vestitino con l'altra per spezzare il suo imbarazzo,il vento e la corsa per raggiungere puntuale la lezione le avevano fatto slacciare il fiocco che portava al collo,Lo sistemò,prese,poi,a scuotere un po' l'ampia gonna dalla polvere e dal polline che le si era appiccicato addoso correndo per i campi che aveva attraversato per raggiungere la chiesa,ma quando sollevò la testa,quel bambino la stava ancora guardando. Allora Chantal lo guardò a sua volta. E questi,come incoraggiato,le domandò:"Come ti chiami?" "Chantal!"Rispose con tono secco e deciso la ragazza. E lui continuava a guardarla. Allora Chantal sentì di dover ricambiare la domanda."E tu?"Chiese sempre con aria seria. "Antoine!"Rispose questi. I due bambini rimasero a fissarsi ininterrottamente,il sole brillava e tra le nuvole bianchissime s'era creata una deiscenza per permettere ad esso di mostrarsi radioso. Giunse una suora ad aprire i cancelli,tutti i bambini si accalcarono ad entrare,tutit tranne Chantal ed Antoine che rimasero per un tempo lungo ad ascoltare l'eco dei nomi che si erano appena rivelati. Quand'ecco che giunse Pierre,prese Chantal per mano e la attrasse a varcare la soglia del cancello per andare a seguire la lezione. Chantal lo seguiva,col capo,però,rivolto a guardare quel bambino che,invece,non sarebbe andato con loro. Ad un tratto Pierre le domandò:"Chi è?" "Antoine"Rispose Chantal. "Lo conoscevi di già?" "No,l'ho conosciuto oggi!"Rispose la bambina. Pierre si fermò di scatto,le afferrò le spelle e gliele strinse,scuotendola un poco. "Gli hai rivelato il tuo nome?"Guardandola negli occhi con tono di rimprovero. Chantal non rispose,allora Pierre comprese,e comprese anche d'essere stato tanto brusco da intimorirla. Cambiò tono,allora,e prendendole le mani aggiunse:"Non farlo più.Un nome è intimo,non devi rivelarlo agli sconosciuti.!" Chantal non apprese cosa volessero significare quelle parole,ma annuì. Chantal ripensò a quel giorno,ed a quei momenti,e per un'ulteriore volta il figgiasco le domandava il suo nome. Ma ella non rispose,e non rispose certo a causa di quel ricordo,non rispose perchè non avrebbe desiderato udirlo da quel ferito,perchè egli non riusciva a comprendequant'ella fosse stata sincera nell'esprimergli di non nutrire disprezzo per lui. Ma,soprattutto,non desiderava lei stesso pronunciarlo. Non lo desiderava perchè quel nome era una parte inviolabile di lei da indurla a custodirlo nell'antro dele sue corde vocali senza liberarlo. E poi,e poi..non lo riteneva necessario dopo quella notte. Allora sminuì i suoi pensieri pur consapevole di non dire il vero:"Il mio nome.Non è poi importante.E non occorre che voi lo conosciate,esso non cambierà quanto è accaduto questa notte ma,soprattutto,non cambierà voi dopo averlo appreso." Ultima modifica di Chantal : 04-02-2012 alle ore 21.05.06. |
05-02-2012, 14.22.03 | #599 |
Cittadino di Camelot
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Avid conosceva quel posto.... le leggende della sua terra parlano chiaro ed anche questa lettera non può essere una menzogna.
Per un attimo, il Maestro sembrava che volesse tornare indietro sui suoi passi. Aveva paura di fallire. Anche l'uomo più eccelso ha i suoi cali, ma fortunatamente ciò è durato poco. Avid spiegò che per raggiungere Tylesia dovevamo risalire il fiume e partire il Venerdì di questo mese, avevo perso la cognizione del tempo, chissà quando dovremo tempo abbiamo viaggiato...... Il Maestro richiamò la mia attenzione affermando che questa impresa avrebbe portato anche alla spiegazione del mio simbolo, non ero più nella pelle. Ero pronto a tutto pur di scoprire la verità e la fine della ricerca di Tylesia.....
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"Covenant's Love"..... le dolci parole di colei che è entrata nel mio cuore..... |
06-02-2012, 16.21.25 | #600 |
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Il Chierico fissò Cavaliere25 con aria severa.
“Ho trovato quella scatola…” si avvicinò di colpo al boscaiolo “… non dovresti fare tante domande, sai! Potrebbe essere pericoloso! Meglio non impicciarsi degli affari altrui! Questa scatola l’ho sottratta durante un esorcismo! Non temi il demonio tu?”
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