17-03-2015, 18.44.41 | #61 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Lady Clio, i vostri scritti sono sempre particolari.
Quasi un'esperienza di vita ogni volta. La vostra. Al di là dello stile e dalla vostra bravura di narratrice, così efficace ed abile nel farci rivivere scenari antichi ed orientaleggianti, ciò che mi colpisce e mi piace è la grande capacità che avete di dar forma concreta ai vostri sogni. Così anche un viaggio interiore prende forma e diventa vero. Ma non dovrei stupirmi. Non più. Perchè voi siete l'eroina che vive questi straordinari viaggi. Siete Clio
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO |
18-03-2015, 02.49.23 | #62 | |||
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Citazione:
Eh, la vostra bimba più grande è davvero in gamba, non c'è che dire.... Citazione:
Citazione:
È il grande miracolo della scrittura, no? Dar forma ai nostri sogni, ai nostri pensieri, desideri, persino alle nostre paure. Quanto all'essere Clio, beh.. in questo caso mi basterebbe avere il favore della musa di cui indegnamente porto il nome in questo reame. (Quanto alla nostra eroina che porta quel nome.. allora è un'altra storia. ) Un ringraziamento a tutti voi per aver speso un po' del vostro tempo in questo angolo di Camelot, e aver lasciato il vostro pensiero. |
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18-03-2015, 05.01.33 | #63 |
Cittadino di Camelot
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Mia vergogna, non avevo notato questo angolo dedicato ai vostri scritti.
Davvero notevole, lady Clio.
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".....la purezza non si ottiene senza sforzo." Yamamoto Tsunetomo, Hagakure "Il cavaliere è l'uomo che percorre il tremendo cammino del sacrificio, per un bene superiore." Plinio Correa de Oliviera |
18-03-2015, 15.01.59 | #64 | |
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Citazione:
Nessuna vergogna, Sir Galgan, questo angolo polveroso è rimasto nascosto per molto tempo, ma devo dire che sono lieta di sapere che vi siate giunto , e che abbiate gradito i miei scritti. |
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19-03-2015, 15.13.04 | #65 |
Cittadino di Camelot
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Ho impiegato un po' di tempo per leggere i vostri scritti, Lady Clio.
Avete un grande dono: quello del saper narrare. Siete un'anima saggia e sensibile. Bravissima!
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Footfalls echo in the memory, down the passage we did not take, towards the door we never opened, into the rose garden. |
20-03-2015, 02.29.53 | #66 |
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Vi ringrazio, milady, per aver speso un po' del vostro tempo a leggere i miei scritti, e sono davvero lieta che vi siano piaciuti.
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13-04-2015, 17.38.44 | #67 |
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Un giardino inaspettato...
Ci sono momenti in cui vorrei davvero essere in grado di disegnare, di rappresentare forme e colori che mi si parano davanti.
Ed oggi è proprio uno di quei momenti, ma ho a disposizione soltanto le parole. Oggi la ricerca mi ha portato in questa cittá così vicina eppure così diversa dalla mia. Questa città in cui, incredibilmente, tutto si ferma in pausa pranzo, e la mia brillante idea di prendere solo una focaccia a portar via, per ottimizzare i tempi in puro stile Miralese, improvvisamente non sembrava più così brillante. È tutto chiuso: la copisteria dove rilegare la mia pila di fotocopie, la libreria in cui volevo curiosare, per non parlare della banca in cui volevo pagare una bolletta. Però è una splendida giornata, quindi mi metto a camminare, guardandomi intorno affascinata: è una realtà diversa, ma ho sempre adorato questa città, mi ricorda un giorno lontano, che è stato come un raggio di luce in uno dei periodi più oscuri della mia adolescenza, una rilassante passeggiata completamente sola, un po' come oggi, solo che allora avrei dovuto essere a scuola. Poi, d'un tratto, vedo comparire davanti a me un parco fiorito intorno all'imponente castello che tanto somiglia a quello della mia città, e mi fa sentire un po' a casa. Decido di raggiungerlo, ed è allora che mi toglie il fiato. La Primavera sembra esplosa in tutto il suo splendore, gli alberi rigoliosi di un verde acceso e brillante sono intervallati da arbusti fioriti bianchi e rosa che creano come un pergolato per riparare il sentiero dai raggi diretti del sole. C'è un atmosfera magica e surreale, i prati sono praticamente bianchi perché cosparsi quasi interamente di margherite, le pratoline, che se ne stanno lì, serene, a stendere i petali al sole. D'un tratto, un lontanissimo ricordo attraversa i miei pensieri, e quasi senza accorgermene cammino verso un punto preciso del parco. Sono già stata qui.... Sorrido vedendo spuntare il parco giochi, (naturalmente anche quello chiuso per pausa pranzo!) e allora rivedo una bambina troppo grande per la sua età, in quel doloroso gioco chiamato "un fine settimana con la mamma e uno col papà". Quanto mi arrabbiavo quando riuscivo a prendere il peluche che faceva vincere un giro gratis sul trenino ma la simpatica signora che gestiva il parco giochi diceva che non era valido perché ero troppo alta, e il mio papà ci litigava. Però c'erano anche i tappeti elastici, che mi regalavano alcuni momenti liberi e spensierati. Ma è ora di lasciare quei ricordi a volte dolci a volte tristi della mia infanzia lá dove devono stare, nell'angolo fiorito di un vecchio parco giochi, per ricominciare a camminare senza meta, finché non trovo un posto perfetto. Un posto che sembra immerso in una quiete senza tempo. Allora mi fermo, come non faccio mai, immersa nella mia musica, (che sembra sapere esattamente dove mi trovo dato che la riproduzione casuale continua a farmi ascoltare canzoni che spesso parlano di questa città), immobile e rilassata, ad ammirare la sagoma del castello incorniciata dai fiori, cercando inutilmente una parola per descrivere il colore del cielo, come un pittore che deve scegliere la migliore sfumatura di azzurro, mentre una brezza leggera rende sopportabile la calura primaverile, incurante del sole che mi batte sulle braccia libere dall'altissima protezione solare che di solito le avvolge (anche se so che domani mi dannerò se hanno osato prendere anche un minimo colorito). Lo so, potrei (anzi dovrei) iniziare a studiare le quattrocento pagine che ho fotocopiato, controllare se non ci siano altri libri che possano servirmi in questa città, oppure semplicemente tornare a casa. Eppure c'è talmente tanta pace in questo angolo fiorito, che mi rapisce dolcemente. E improvvisamene tutto quello che voglio è scrivere. Vorrei davvero saper dipingere il quadro davanti ai miei occhi, per mostrarvelo e condividere con voi tanta meraviglia, ma posso solo descriverlo. E le parole non sembrano più poca cosa, perché oltre alle immagini contengono le emozioni che sono indissolubilmente legate ad esse. In questo angolo fiorito intorno al castello, io penso a voi, al nostro bellissimo giardino, rendendomi conto che l'ho sempre immaginato così, baciato dal sole, o reso magico dagli enigmatici raggi della luna, imperniato dei colori e dei profumi dei molteplici e diversi fiori che lo popolano. Così provo a giocare ad immaginare che lo sia davvero, che il castello sia quello di Camelot. Riesco a scorgere tra i merli i soldati che fanno il giro di ronda pomeridiano, vedo le dame che passeggiano chiacchierando allegramente nel giardino, sento il suono di un'arpa che racconta melodie lontane. Chissà... Magari c'è una dama che sospira a quella finestra sulla torre, magari guarda proprio il giardino sperando di scorgere il suo amato alzare gli occhi a cercare i suoi attraverso l'austero vetro che la nasconde. Lo cerco quasi con lo sguardo, sperando di vederlo compiere quel gesto, e donare così un sorriso alla sua dama. Non so perché, ma la immagino mora, con grandi occhi verdi, i capelli raccolti in una treccia di lato, e un abito azzurro, stile impetro, mentre il suo amato lo vedo un po' scanzonato, con i capelli castano chiaro tagliati a caschetto ma spettinati, vestito di verde e bordeaux con uno di quei cappelli che si vedono nei film in costume. Chissà, magari li incontrerò. Magari dovrei dar loro un nome. Un nome che li renda reali. Ma poi vengo distratta da un rumore sordo, e mi volto di scatto: il ponte levatoio si è abbassato e una compagnia di cavalieri avanza spensierata verso la campagna, in cerca di Avventura, e gli zoccoli dei loro cavalli fanno tremare il suolo sotto i miei piedi, mentre le loro risate scanzonate mi strappano un sorriso, anche se non riesco ad immaginare il motivo che le abbia generate. Che sia tra quei cavalieri l'innamorato della bella alla finestra? No, lui non è un cavaliere, è più.. Un musico? Sì, un musico, uno di quelli che vanno in giro col liuto a cantare canzoni d'amore nelle corti. Chissà che serenata dedicherà alla sua bella senza nome. Però non mi piace, deve pur avere un nome.. Alzo gli occhi su quella finestra dove la posso vedere sospirare e cerco di indovinare il suo nome. Chiara? No.. Giulia? Nemmeno... Marta? Ni... Posso vedere il suo sorriso divertito ogni volta che la immagino con un nome diverso, che evidentemente non le si addice, un po' come Ariel col principe Eric, in quel cartone visto mille volte. Adesso so che non potrò alzarmi da questa panchina senza aver indovinato il suo nome, perché so che senza quel nome, lei sarà persa per sempre. Ne penso uno dietro l'altro, cercando di abbinarlo al suo viso Lili... No, non basta... Liliana... No, troppo.. Ma ci stiamo avvicinando... Allora... Ileana! Ileana? Pare di sì... Sì è perfetto, e la bella dama annuisce. Ed è buffo, perché non conosco nessuno con quel nome. Nessuno fino ad ora. E il suo amato? Vediamo un po'... Ha l'aria scanzonata, un andatura non troppo sicura e uno sguardo profondo. Marco? Giulio? Oreste? No... Nemmeno Michele... No, ha un nome tipo.... Bartolo... Beh, si è girato a quel nome, quindi direi che è giusto. Bartolo e Ileana: chissà che ne sarà di loro. Ma mi piace pensare che riusciranno a realizzare i loro sogni. Si è fatto tardi, volevo scrivere solo dei colori di questo giardino ma mi sono lasciata trascinare dall'atmosfera di questo luogo, dalle emozioni, dai ricordi, dalle storie nascoste dietro una finestra antica. È ora di tornare nella mia città, ma portando con me i colori e il profumo di questo giardino fiorito che tanto somiglia a quello di Camelot. Gli stessi che ora lascio qui, per voi... |
13-05-2015, 17.54.38 | #68 |
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Ercules Exurges
Il tempo è giunto.
Ho atteso e preparato questo momento per molto tempo. Per lunghi ed interminabili mesi. Mesi intensi, colmi di determinazione, sacrifici, allenamento, preparazione, lividi, fatica, fiato corto. Io e te, insieme, giorno dopo giorno. E più il momento si avvicinava, più saliva la tensione, l’emozione, la volontà. Giorno dopo giorno spostavamo il nostro limite un po’ più in là. Ora siamo qui, io e te, rosso e blu, specchio l’una dell’altra. Io sono e sarò il rosso. Ed è strano, o forse no. Rosso come il fuoco sacro che Coelia Concordia per ultima custodì nel cuore dell’Urbe. Quel fuoco che una mano empia spense sotto i suoi occhi. Quel fuoco che generazioni di donne hanno dimenticato di dover custodire. Quel fuoco che qualcuno crede estinto, ma che brucerà sempre in noi. Quel fuoco che portavano in battaglia con fierezza le donne migliori, quelle che sono il mio esempio e la mia forza. Quel fuoco che nulla mai spegnerà, finché ci saranno donne disposte a custodirlo. Oggi custodire ed alimentare quel fuoco spetta a me. E non solo per me stessa. No, anche per quella bimba che gioca da sola, in un angolo del giardino della scuola, e sgrana i suoi occhietti azzurri appena mi vede. Ha in mano un rametto, ma io so che per lei è una spada, so che sta vivendo un’avventura mozzafiato, che i suoi compagni non riescono a vedere, e la chiamano pazza. Forse hanno ragione, piccola, forse sei pazza, ma tranquilla, che lo sono anch’io. E fidati se ti dico che non vorrei essere diversa. Come vorrei abbracciarti e dirti che i tuoi sogni si avvereranno, forse non nel modo in cui avevi immaginato, ma si avvereranno. Ti renderò fiera e orgogliosa, te lo prometto. Oggi io combatterò anche per te, perché se oggi sono un guerriero nel corpo oltre che nello spirito, lo devo a te. A te che non hai mai ascoltato i commenti della gente, che non sei mai cambiata per essere come gli altri. A te che la battaglia non ha reso meno donna, ma solo più forte. Alle tue avventure solitarie nel cortile, alle tue spade di plastica, e a quelle da collezione. E forse non è un caso che a quella collezione manchi proprio un gladio. A quello, piccola, ci penso io. Posso quasi vedere il tuo sorriso sugli spalti dell’anfiteatro, quel sorriso così ricco di emozioni nascoste, ma che si accende se partiamo per un’avventura. Prendo un profondo respiro, già solo essere qui è da pelle d’oca. Quante storie possono raccontare queste pietre? Quanti combattimenti hanno visto, quante volte il rituale si è ripetuto sotto i loro occhi? Chissà se credevano di poterlo vedere ancora. Eppure noi siamo qui. Ancora. Tra poco tocca a noi. Ci guardiamo, uno sguardo d’intesa, che racchiude tutte le emozioni che abbiamo condiviso in questi mesi. È il momento. Ci armiamo, sotto il sole che brucia e mi acceca, e i sassolini che si infilano prepotentemente nelle calighe. È solo una dimostrazione, non un vero combattimento, annuncia l’arbitro. Eppure per noi è molto più di questo. Il vero combattimento sarà domani, certo, ma lui non ci ha mai visto combattere, e nemmeno i nostri fratelli che sono lì al nostro fianco. E poi dobbiamo combattere anche per loro, le nostre sorelle che meriterebbero di essere qui con noi, e che non avranno occasione di combattere se noi falliremo. Dunque combatteremo anche per loro. Abbiamo un minuto, un minuto per dimostrare che non è stato uno sbaglio credere in noi, che siamo degne di queste armi che portiamo in mano. E poi, vuoi mettere? Domani saremo in riva al mare, ma oggi siamo in anfiteatro. E so che tu stai pensando la stessa cosa. Sento il cuore accelerare, e d’improvviso attraverso le piccole fessure dell’elmo posso vederti, vedere il mio riflesso, mia sorella. Poi il segnale, e tutto ha inizio. Non conta più nulla, ci siamo solo io e te. Forse un giorno riuscirò a percepire ciò che accade intorno a noi, ma la strada è ancora lunga. E tutto dura fin troppo poco, riportandoci alla realtà. Ma quando voltiamo lo sguardo verso i nostri fratelli e vediamo i loro volti accesi, sorridenti e fieri, capiamo di essere sulla strada giusta. Chi aveva titubanze o timori, chi ci sottovalutava ha cambiato idea. E noi ci guardiamo, ma ci basta un sorriso, e poi un lungo abbraccio. La prova sarà domani, ma ora affrontiamo tutto ciò he viene prima con animo diverso, più leggero. Passano le ore tra le risate dei fratelli, i discorsi profondi, il mare che non vedevo da anni, ma che fa parte del gioco. Da quanto tempo non ero così spensierata, come mentre giochiamo con le onde? Eppure mi manca qualcosa, manca lui, il nostro maestro. Se penso che domani non sarà lì al nostro fianco, lui che ci ha preparato a questo momento con dedizione e pazienza, spingendoci otre i nostri limiti, insegnandoci a combattere i nostri demoni, lui che ci ha dato tutto, lui a cui dobbiamo tutto, se penso che non potrò cercare il suo sguardo dopo il combattimento, mi prende un morso alla gola talmente forte che non riesco a respirare. Ma mi basta sentire la sua voce per tranquillizzarmi un po’. Lui mi dice che sarà nel mio braccio. Ma io so che non è così, so che sarà in ogni mossa, in ogni colpo, in ogni schivata, in ogni scudata, in ogni respiro. Tutto quello che possiamo fare è renderlo fiero di noi. La sera scivola via leggera e quieta. E poi ancora sole, e sole, e sudore, e lividi, e piccoli combattimenti. (Mentre io cerco disperatamente di riportare a casa la mia pelle candida come è partita. Sarà un’impresa). Ma il momento si avvicina. E alla fine, arriva. Inesorabile. Sento in lontananza l’arbitro che spiega come non ci fossero solo gli uomini a combattere, ma anche le donne, e ci chiama. Sono impegnata ad ascoltare il mio respiro, ad invocare Ercole, perché sorga in me. Stavolta non sarà un minuto, non sarà una prova, non sarà un allenamento. Sarà tutto vero, ci porterà al limite, mentre ci guideremo l’un l’altra, in una simbiosi mistica e rituale che ora sembra la realtà. Ci siamo. Io e te, con le armi incrociate nel saluto che precede lo scontro, mi chiedo se tu riesca a vedere il mio sorriso. E l’equilibrio di cui parlavano prima, possiamo quasi toccarlo con mano. Un colpo, un altro, una scudata deviata, e poi un colpo evitato, un passo, un altro, il respiro corto, il braccio stanco, qualche colpo entra di striscio, qualcuno bene. Ma andiamo avanti, ancora e ancora. Finché l’arbitro non dichiara concluso il combattimento, e noi ci fermiamo, sfinite ma felici. Come posso spiegare quanto unisca due persone un’esperienza del genere? Come posso raccontare quanto ci leghino quei lividi, quel fiato corto, quelle botte? Forse non posso, Perché tutto è racchiuso nell’emozione di quegli istanti, nel nostro abbraccio. La gente che non conosce queste cose pensa che si combatta l’uno contro l’altro, che si sia rivali. No, non siamo rivali, siamo fratelli. Noi combattiamo insieme, perché insieme dobbiamo uscirne vive e solo allora avremo vinto. E solo ora comprendo appieno gli insegnamenti dei nostri maestri, che tanto hanno insistito su questo punto. Ora siamo ancora più sorelle. Dunque è finita, è andata, ce l’abbiamo fatta: forse è questo che pensiamo mentre, in silenzio, restiamo a contemplare incantate il sole che tramonta dietro l’anfiteatro, con la consapevolezza che da questo momento, nulla sarà più come prima. |
14-05-2015, 17.42.48 | #69 |
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Ho letto il vostro scritto Lady Clio.......e l'ho fatto cercando di immaginarvi.....l'emozione e' molto viva in cio' che avete scritto........dentro di voi arde come fuoco vivo e da donna non posso che provarne un grande piacere..........
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14-05-2015, 17.53.03 | #70 |
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Vi ringrazio milady, ho voluto scrivere proprio per questo, perché quelle emozioni non scappino via, ma restino cristallizzate tra quelle parole, cosicché nemmeno il tempo possa sbiadirle.
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