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#691 | |
Cittadino di Camelot
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Rimasi stupita dalle sue parole: era la prima volta che lo sentivo parlare in quel modo e con quel tono dei suoi doveri più che dei suoi diritti... tuttavia non dissi niente, limitandomi a sorridergli.
Poi montò in sella a sua volta... “Io non le ho detto niente!” risposi alla sua domanda “Al contrario... come ti ho detto, il suo comportamento dipenderà solo da te e dalla tua capacità di fare in modo che ti diventi amica!” Citazione:
“Sai... potresti davvero riuscire a prendermi cavalcando Matys. Ma questo solo se la convincerai a fidarsi di te!” Spronai il cavallo e uscii dalle scuderie, qui mi voltai a guardarlo. “Avanti, milord...” soggiunsi divertita, dando un colpo alle briglie e partendo al rapido trotto “Vediamo se sei davvero il cavaliere di cui si vocifera!”
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#692 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Pasuan si avvicinò al letto e fissò Dafne.
Aveva i capelli spettinati, il volto sudato e lo sguardo stanco. Ma in quel momento il suo viso emanava una bellezza particolare, pura, luminosissima. “Sei bellissima, sai…” disse Pasuan con un filo di voce. Un attimo dopo si ritrovò il piccolo Hubert fra le braccia. “Non restare lì impalato, fratellino!” Esclamò sua sorella Nian, con ancora gli occhi lucidi per la commozione. Il cavaliere allora cominciò a fissare e a sorridere teneramente a quel bambino. “Sei stata davvero brava, Dafne…” sussurrò “… questo bambino è bellissimo… come te…” Un attimo dopo, vinto dalla gioia, sollevò in alto il piccolo Hubert. “Ben arrivato, piccolo mio!” Raggiante, mentre il neonato cominciò a piangere. “Sei bellissimo e diventerai un grande uomo! Potrai realizzare qualsiasi cosa, te lo prometto! E tutte le più belle cose di questo mondo saranno per te!” Lo cullò poi con dolcezza, adagiandolo al suo petto ed il piccolo Hubert smise di piangere. E mentre lo cullava, Pasuan fissò Dafne. “Non pensavo potesse esistere tanta gioia a questo mondo…” disse sorridendole “… non ho mai conosciuto tanta gioia tutta insieme… oggi… oggi è il giorno più felice della mia vita…”
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#693 |
Cittadino di Camelot
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La notte la rendeva sempre inquieta...
Andare a riposare, le aveva detto Finiwell... ma esiste mai un riposo? Esiste il riposo dei giusti, ed esiste il riposo degli uomini felici. Dormono le donne innamorate, allacciate alle braccia dei loro amanti, e dormino i fanciulli nel calore della casa. Dormono gli uomini stanchi che hanno fatto ritorno a casa dopo aver svolto il proprio dovere, e dormono anche tutti coloro che non conoscono nulla della vita fuorchè se stessi. Ma Morrigan sapeva che tutti gli animi inquieti sceglievano la notte per vagare. Quella notte fatta di incubi e fantasmi, di ricordi e di rimpianti, di desideri inespressi e di sogni inappagati. Così, guardando la luna si era messa a passeggiare, lungo le mura della città. Si trovava a Capomazda già da parecchi giorni, e le guardie del palazzo si erano già passate la voce circa la presenza in città di quella strana donna guerriera, che andava in giro vestita come un uomo e che aveva osato affrontare in duello uno dei più famosi cavalieri del ducato. Così ormai nessuno le dava più fastidio, e la lasciavano camminare in libertà, senza intralciarle il passo. Morrigan pensava e sognava al contempo, combattuta tra vecchi e nuovi sentimenti, tra quello che aveva sempre conosciuto e quello che stava scoprendo... perchè il peccato non sta nel non conoscere, ma nel non cercare... Ivan de Saint-Roche... quel nome si faceva ancora strada nei suoi pensieri... quell'uomo che troppo spesso aveva turnato le sue notti. Non aveva mai compreso perchè suo zio Morven l'avesse lasciato in vita, dopo il suo tradimento. Carità cristiana, aveva detto lui. Ma nonostante le mille spiegazioni, Morrigan non aveva mai compreso. Perchè lasciare in vita un fantasma, ad oscurare le loro notti? Un fantasma che adesso stava ritornando in vita, a quel che aveva udito da Lho e da Finiwell. Riportato in vita dalla forza e dal denaro di lord Cimarow, e forse ancora assetato di sangue e di vendetta. E che toccasse proprio a lei, di metter fine a quella vita, le sembrava un inevitabile destino cui non sapeva sfuggire. Samsagra, che già una volta aveva appoggiato la sua lama su quel collo di traditore, la stessa Samsagra, la stessa spada con il quale Morven aveva sfregiato il viso di quell'uomo prima di graziarlo, splendeva adesso stretta al suo fianco... questo non poteva essere un caso, non era una coincidenza. Esisteva un destino, anche per questo. Così, mentre meditava, si trovò di colpo di fronte alle porte della città. Davanti a lei, il bosco si stenza oscuro e silenzioso, e appariva un intricato labirinto dove ogni vita era stata zittita di colpo dall'intensa luce della luna. Due sentinelle passaggiavano pigramente avanti e indietro, le alabarde sulle spalle, attendendo il cambio del prossimo turno. Morrigan le salutò con un gesto del capo. Doveva essere dura per loro, quella notte, quando già il Maggio fiorito spirava profumo di fiori dalle finestre delle abitazioni vicine. Doveva essere duro quel buio e quel freddo, da sopportare, nell'ansia che qualche terrore notturno potesse sopraggiungere a Capomazda, così come di certo stava accadendo in qualche villaggio sconosciuto, là fuori. Morrigan pensò che sarebbe stato gentile portare loro qualcosa da bere, così fece una corsa verso la più vicina locanda e prese due boccali di birra leggera e calda, quindi tornò con passo sicuro verso le due sentinelle. "Queste sono per voi" disse con un sorriso, porgendo agli uomini quella bevanda. Li osservò mentre prendevano i boccali. "Dite, soldati... a che punto è la guerra? E quali notizie da coloro che sono fuori, in pattuglia?" Poi mentre faceva loro quelle domande, si accorse che nei suoi pensieri si era nascosto un altro interrogativo. Una curiosità che le era venuta alla mente in quei giorni, non come un pensiero chiaro, ma come una sensazione che non aveva forma propria. Come quando ci si accorge dell'assenza di qualcosa a cui siamo ormai abituati nel momento in cui ci accorgiamo che non è più al suo posto... "Scusatemi se sono troppo invadente, ma... avete forse notizie di quel cavaliere che venne con noi da Camelot? Di sir Guisgard, intendo... è questo il suo nome. E da un po' che non lo si vede più in giro..."
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#694 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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I soldati soddisfarono la loro sete grazie alla bevanda che Morrigan aveva dato loro.
“Quel cavaliere dite? Non saprei…” disse uno dei due “… tu ne hai notizie?” Chiese all’altro. “No, non l’ho vedo in giro da qualche giorno…” rispose indifferente l’altro “… immagino sarà da qualche parte a far baldoria… tipi come quello hanno in mente solo il gioco, il vino e le donne…” E finito di bere, ringraziata Morrigan, i due soldati ripresero il loro turno di guardia. Ad un tratto però la ragazza, nel silenzio che avvolgeva la cittadella, udì una lenta e malinconica melodia provenire da qualche parte lungo le mura. ![]()
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#695 |
Cittadino di Camelot
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Musica, aria divina...
Si levava lenta nella notte. Lenta ed inspiegabile. Morrigan fissò le guardie e vide che erano intente a bere e a scherzare. Non avevano udito nulla? Ma lei sì. Così, come seguisse l'incanto di quella notte, prese a seguire quelle note. Non sapeva da chi provenissero, nè dove l'avrebbero portata, ma in fondo, da quando era giunta a Capomazda, era forse accaduto nulla di quanto ella stessa aveva preventivato? E avrebbe visto e conosciuto così tante cose se avesse sempre e soltanto seguito i suoi piani? In fondo la sua curiosità l'aveva fino a quel punto portata a vedere ciò che agli occhi degli altri era sempre rimasto celato. E chi era poi lei per rifiutare l'invito di quella notte così densa di pensieri? Ed in ogni caso, aveva sempre Samsagra accanto a sè, nel caso in cui fosse stato un demone e non un angelo a suonare così dolcemente nell'oscurità. Pensando tutte quelle cose in un solo istante, Morrigan seguì quel suono lungo le alte e robuste mura della città.
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#696 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Quella musica.
Sembrava farsi cullare e trasportare da quel fresco e pulito alito di vento che accarezzava le alte ed antiche mura della cittadella. Morrigan seguì quelle note che parevano racchiudere sospiri e sogni rubati a quella notte ed altre mille notti forse. Ad un tratto, la ragazza, intravide una sagoma nell’oscurità. Stava seduta ai piedi di un barbacane, su una bassa muratura merlata che celava un muretto a scarpa che correva lungo le basi interne delle mura. Morrigan si avvicinò a quella misteriosa figura che sembrava assorta in un mondo tutto suo. Un mondo lontano e forse mai abbastanza rimpianto. “Tua madre è molto bella, Guisgard...” disse Vivian “... ma è sempre così triste...” Guisgard si voltò a fissare sua madre. Stava seduta accanto alla staccionata e leggeva dei versi. Li leggeva a bassa voce, con un delicato e silenzioso movimento delle labbra. Di tanto in tanto, senza badarci, giocava con una ciocca di capelli che le scendeva lungo il viso, intrecciandola ad un dito. Era bella, pensava il ragazzo, troppo bella per essere così triste. “Mamma…” mormorò “… partiamo… andiamo lontano, dove finisce il mondo… dove non si invecchia e non si piange mai…lascia che ti conduca lontano da qui, da questa tua tristezza che odio ogni giorno di più...” Lei lo accarezzò con dolcezza e tenerezza. “Sei la mia gioia, Guisgard…” sospirò “… la mia unica e sola gioia, ma sufficiente per rendermi la donna più fortunata del mondo…” Ad un tratto smise di colpo di suonare. “Chi è là?” Chiese Guisgard fissando Morrigan nascosta tra le ombre di quella notte.
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#697 |
Cittadino di Camelot
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Il mondo di notte sembrava diverso.
Lei lo aveva sempre pensato. Tutto ciò che lo popola, uomini e oggetti, assume nuova sembianza. O ritorna alla propria primigenia, più sincera essenza. E lui, nonostante il suo sarcasmo, nonostante il suo mistero, di certo non poteva sfuggire a questa regola! Lo fissava mentre suonava, sapendo di non poter essere vista. E gli parve un'altro uomo. Sconosciuto, ancor più di quanto non lo fosse già la sua figura diurna. Rassicurante, in maniera bizzarra ed inaspettata. Sconosciuto e rassicurante... doveva proprio ammettere di avere una mente parecchio strana, se poteva eleborare un simile paradosso! Ma lui suonava, assorto in quella vaga oscurità della sera, illuminata da una luna che si disegnava come uno spicchio perfetto nel cielo. E in quella musica vi era un ricordo dolce e triste insieme... si, un ricordo, un'immagine lontana, forse perduta, ma di certo molto amata. E Morrigan l'ascoltò percè in quelle note c'era la terra, c'era il vento e c'era la vita, e c'erano infine ricordi e malinconie che lei poteva comprendere... finalmente una lingua che anche lei poteva comprendere! Ma poi di colpo la musica cessò, e una voce cupa, quasi infastidita, ruppe quell'incanto: “Chi è là?” chiese Guisgard. Lei sobbalzò, vedendosi scoperta, e per un istante non seppe cosa fare. Si vergognava di averlo spieto a quel modo, e non avrebbe voluto ammetterlo. Ma si fece avanti ugualmente, con lentezza, lasciando che la luce della luna scoprisse il suo viso, pronta ad affrontare il suo biasimo o il suo fastidio. "Sono io," rispose, e la voce le uscì inusualmente bassa, come disarmata "sono Morrigan..." Disse il suo nome semplicemente, come se fosse normale, come se lui avesse dovuto aspettarselo. Ma non era normale e non poteva pretendere che per lui fosse familiare accogliere un estraneo in quel momento in cui di certo avrebbe preferito restare da solo. "Mi dispiace avervi interrotto, così... quella musica era così bella, ed io non ho potuto fare a meno di fermarmi ad ascoltare"
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#698 |
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Gouf ascoltò le parole di Melisendra per poi restare in silenzio alcuni istanti.
“Ho imparato” disse rompendo finalmente quel silenzio “che gli ordini senza senso non danno mai frutti… il mio non è un ordine… potrebbe essere tante cose… forse una supplica, forse un consiglio… tu sei l’unica possibilità che abbiamo per penetrare in quel luogo senza attirarci sospetti… consegnando te, uno dei miei cavalieri potrà agire indisturbato e raccogliere le informazioni che ci occorrono...” Si avvicinò allora alle sue spalle e le sfiorò i capelli. “Cosa ti spaventa veramente?” Chiese alla ragazza. “Morire? Non ti ha mai fatto paura la morte in passato… ora è forse cambiato qualcosa? Hai forse qualcosa per cui valga la pena vivere?” Guardò poi verso la finestra. “La notte…” mormorò “… il suo silenzio è a volte insopportabile… come il tuo in questo momento… cosa condividi con questa notte, Melisendra? I suoi stessi fantasmi e i suoi medesimi demoni? Anche il meraviglioso azzurro dei tuoi occhi, come queste impenetrabili tenebre, cela forse qualcosa di misterioso?” ![]()
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#699 |
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I due cavalli si lanciarono al galoppo, prima attraverso la campagna, poi fino ai margini del folto bosco.
Il crepuscolo già ricopriva ogni cosa quando Icarius e Talia raggiunsero quel lussureggiante bosco. Il vento era calato ed ora il suo soffio era mite e l’aria, limpida e profumata, rendeva il cielo, che andava a specchiarsi nell’imbrunire, già chiaro delle prime stelle della sera. In lontananza andavano spegnendosi, nell’incanto della sera, le luci del borgo e dietro la corsa dei due cavalli si mostrava ormai solo un luminoso alone dorato che sembrava riflettersi tra il cielo e la terra. Talia era davanti e galoppava libera, come forse da tempo non lo era più stata. Icarius la seguiva poco dietro, sorridendo e chiamandola a gran voce. “Corri, corri, milady!” Diceva “Ma non riuscirai a starmi davanti ancora per molto! Avanti, Matys, raggiungiamoli!” Spronando poi la sua cavalla. “Dimostriamole cosa sa fare un cavaliere capomazdese quando è in sella ad un cavallo di Sygma!” Incitò allora ancor di più la sua cavalla, tanto che questa aumentò la sua corsa, raggiungendo Talia ed il suo cavallo. “Allora, lady so tutto io? E’ tutto qui quello che sai fare? Anche stavolta Ippomene sembra abbia raggiunto Atalanta!” Scherzò raggiante Icarius, affiancando Talia. “O forse preferivi essere Dafne che fugge Apollo?” E rise di gusto. Ma proprio in quel momento Matys aumentò improvvisamente l’andatura, superando di slancio Talia ed il suo cavallo. “Ehi, va bene così!” Esclamò Icarius. “Li abbiamo raggiunti, non occorre galoppare così velocemente!” Tentò allora di fermare la corsa della sua cavalla, tirando con decisione le redini, ma Matys cominciò a scalciare con forza. “Ma cosa ti prende?” Urlò Icarius, mentre la sua cavalla si dimenava e saltava come un ossesso. Quella strana danza tra i due continuò per un pò, fino a quando Icarius fu sbalzato via e rotolò rovinosamente nel terreno. E solo quando si liberò del suo cavaliere, la cavalla sembrò tranquillizzarsi, arrestando finalmente la sua indomita foga. Tutto questo mentre Icarius giaceva accanto ad essa senza muoversi, come se avesse perso i sensi.
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#700 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Guisgard fissò Morrigan con uno sguardo enigmatico.
Poi quel suo sorriso scanzonato e guascone giunse ad ammansire il suo volto. “Dovreste essere più prudente, milady!” Disse divertito. “Siete fortunata che abbia lasciato la mia spada dal maniscalco, o a quest’ora vi avrei già potuta infilzare! Sapete, c’è un mucchio di gente in giro che vorrebbe farmi la pelle…” continuò mettendo via l’ocarina “… mariti traditi, cavalieri sconfitti in qualche torneo e anche qualche dama gelosa!” E scoppiò a ridere. ![]()
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